• Non ci sono risultati.

Il successo della formula-festival

L’invenzione della «canzone italiana»

2. Canzone, italianità musicale e pubblico nazionale

3.1. Sanremo e l’«italianità» della canzone

3.1.2. Il successo della formula-festival

Sanremo non inventa certo la formula del festival, che è ben radicata nella storia della canzone in Italia a partire, almeno, da Piedigrotta (Prato 2010, p. 261), ma certamente la rilancia e popolarizza per soddisfare i suoi fini. Dopo il successo di Sanremo, i festival sbocciano ovunque: Prato (ibidem) ne elenca diverse decine a diverso tema, ma tutti incentrati sulla canzone italiana, variamente declinata fra tematiche regionali o varie. Nel 1955 nasce addirittura, a Como, un «Festival dei Festival».

In questo fiorire di rassegne e premi, i riferimenti alla valorizzazione della canzone e/o al suo carattere nazionale sono praticamente obbligati. Si veda ad esempio il bando di un concorso di quegli anni, Il pentagramma d’argento:

Le canzoni, versi (in italiano ed eccezionalmente dialetto napoletano), e musica, pur non trascurando la ritmica moderna, debbono ispirarsi alle tradizioni della canzone italiana, basate sul sentimento e giocondità del nostro popolo. (Prato 2010, p. 262)

O quello del Concorso Carisch della canzone del 1954, «il più grande concorso dell’anno»:

I premi e le garanzie della Carisch sono tali da incoraggiare anche il più umile fra gli autori, il quale potrà contare sulla serietà dell’iniziativa che mira a valorizzare la canzone italiana e portare alla luce qualche bella melodia destinata a vivere a lungo e non a perire fra la moltitudine dei motivi troppo comuni.41

O ancora una cronaca di Angelo Nizza dal Festival di Velletri, in questi anni considerato come «l’anti-Sanremo».

Occorre sottolineare anzitutto il buon successo del IV Festival della canzone, che ha visto un netto ritorno, da parte di compositori e “parolieri” alle più schiette fonti della tradizione italiana con composizioni che, pur conservando la stesura ritmica che le rende adatte alla funzione di ballabili (indispensabile per lo sfruttamento editoriale), si va allontanando dalle imitazioni troppo dirette della produzione nordamericana e afro-cubana. Compositori e parolieri sembrano infine persuasi che la strada battuta fin qui era sterile e che i modi, i risvolti armonici, gli spunti melodici di oltre Atlantico vanno lasciati alla produzione di quei paesi […] e che bisogna ritornare alla nostra canzone, fresca, emotiva, ricca di un passato gloriosissimo. […] fino all’anno scorso, per trovare una canzonetta popolare nostra, dovevamo rifugiarci nel genere partenopeo e cercare [nella canzone napoletana] un po’ di musica indigena, non imitata, non importata, non “ispirata” dalla piccola lirica di altre genti.42

Anche il secondo Festival Dialettale, a Catania, definisce in modo analogo il suo campo di interesse: «espressione genuina dell’anima musicale Italiana [sic]».43

La moltiplicazione dei festival risponde alla crescente domanda di canzoni della Rai, e non c’è da stupirsi dunque che le proposte delle diverse rassegne e i relativi regolamenti mostrino grande coerenza con le politiche dell’ente. Tuttavia, i festival sono anche eventi pubblici, da seguire nei teatri e nelle piazze, o in radio e televisione. Il loro successo risponde tanto alle esigenze dell’industria editoriale e della radio quanto ai nuovi bisogni del pubblico. Il

41 Annuncio «Concorso Carisch», Sorrisi e canzoni, a. 3, n. 33, 15 agosto 1954, p. 10. 42 A.N. (Angelo Nizza), «La canzone italiana ritorna alle origini», Stampa Sera, 6-7

febbraio 1956, p. 3.

contesto è quello di una nuova organizzazione del tempo libero degli italiani, prima della guerra saldamente monopolizzato dal regime e ora in crescita e «liberalizzato» dall’opposizione fra l’associazionismo cattolico e quello di sinistra. Se i programmi culturali di questi differiscono (come è prevedibile), non altrettanto si può dire per quelli musicali, che in entrambi i casi mettono al centro la «musica leggera». E se la Chiesa non sempre favorisce il ballo (a differenza del PCI: Gundle 1995, p. 146) per vari motivi,44 tuttavia appoggia la

canzone. La Sagra della Canzone Nova per canzoni italiane a tema cristiano, organizzata dalla Pro Civitate Christiana di Assisi, è trasmessa dalla Rai e si guadagna una dura critica dalle pagine della rivista Il Mulino.45

La dimensione della gara introdotta dal boom dei festival è anche fondamentale nel ridisegnare i discorsi possibili intorno alla canzone. La competizione fra canzoni o artisti può riguardare concorsi o festival, essere basata sul giudizio di una giuria, su esperti veri o presunti, o democratizzata con il coinvolgimento del pubblico, essere dal vivo o previo invio di spartito: tutte soluzioni sperimentate da Sanremo in vari abbinamenti, nel corso del suo primo decennio di vita. O, ancora, può essere gara di successo, e valutare in termini di popolarità il pezzo più eseguito, il disco più venduto, l’artista più applaudito. In ogni caso, la competizione introduce un elemento di valutazione che plasma i discorsi intorno alla canzone di conseguenza. Il riconoscimento di una «italianità» della canzone diviene allora un elemento discriminante di validazione, tanto in positivo quanto in negativo. Da un certo punto di vista, si può affermare che in questi anni i discorsi sulla canzone sono possibili proprio perché esistono le competizioni, perché le canzoni, o i cantanti, possono essere comparati fra loro. Sanremo e i suoi emuli rendono possibile tutto questo per la prima volta, e a livello nazionale: «[s]iamo riusciti a creare il tifo per la canzone», rispondeva Pier Bussetti – direttore del Casinò di Sanremo – a Mario De Luigi senior, che si interrogava sull’inatteso successo del Festival (De Luigi 1980, p. 24). Bussetti mostrava di aver compreso perfettamente il punto.

44 Sulle politiche culturali del PCI, la popular music e il ballo, oltre al citato Gundle

1995, si veda: Consiglio 2006; Fanelli 2014, e il CAPITOLO 8.1.3. Sul ballo, il CAPITOLO 6.

45 «La sagra della “canzone nova”», Il Mulino, a. 5, n. 8, agosto 1956, pp.552-4. Una

curiosità: vi partecipa, come autore (insieme a Carlo Donida) per Nicola Arigliano e Joe Sentieri, il futuro semiologo e musicologo Gino Stefani (Stefani 2009).

3.1.3. Il tifo per la canzone, le riviste popolari e la costruzione