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La Revue de Paris305 si unisce, fin dalla sua prima apparizione, alle voci di coloro che giudicano

indispensabile il rinnovamento delle arti. Questa rivista lega tutte le fasi dell'evoluzione artistica e letteraria di ciascun paese ai processi della storia e ai movimenti della società. La storia offre infatti un chiaro insegnamento: i grandi avvenimenti che hanno sconvolto l'equilibrio dei popoli sono stati sempre capaci di dare l'avvio ad importanti periodi culturali. La storia della letteratura europea è una dimostrazione evidente della validità di tale affermazione. In Italia Dante, Petrarca e Boccaccio hanno affermato il proprio valore a seguito della profonda crisi delle istituzioni medioevali. In Inghilterra Shakespeare e Milton ottengono un considerevole successo nel Seicento, il secolo della Rivoluzione Inglese e dei numerosi disordini sociali. In Francia lo splendore di Racine, Corneille e Molière emerge dopo la rivolta della Fronda. Di conseguenza, se si pensa ai terribili sconvolgimenti politici che si sono verificati tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento, è legittimo credere che la Francia del momento dovrà conoscere una nuova e straordinaria era letteraria. Per la Revue

303Ibidem, n° 45, 4 agosto 1839, p. 2. 304Ibidem, n° 121, 26 aprile 1840, p. 2.

305La Revue de Paris è una rivista letteraria fondata nel 1829 da Louis-Désiré Véron. Questa rivista contò fin da subito sulla collaborazione di importanti scrittori e critici, come Nodier, Sainte-Beuve, Stendhal, Balzac, Sue e Dumas. Il suo scopo era infatti quello di far emergere nuovi talenti nel panorama letterario francese. Fu la prima a pubblicare i romanzi a puntate. Sotto la direzione di Charles Rabou, proponeva spesso ai suoi lettori dei resoconti letterari di viaggio. In generale la sua struttura prevedeva articoli che si occupavano della letteratura antica, moderna e straniera; riflessioni sulla storia recente; servizi sulla musica, sull'arte e sull'economia politica; quadri dei costumi francesi antichi e moderni; ritratti di intellettuali; ricerche statistiche; bollettini bibliografici; pagine dedicate alla corrispondenza di personalità illustri. La rivista, che voleva stare al passo con i tempi, costruì gradatamente la sua identità romantica. Tuttavia non fu mai un organo di stampa dal carattere estetico e politico ben definito. Non mirò mai infatti alla costruzione di una dottrina unitaria. Ogni volume poteva contenere quattro o cinque numeri della rivista. L'abbonamento prevedeva il costo di 20 franchi per tre volumi, 40 franchi per sei volumi, 80 franchi per dodici volumi. Nel 1834 venne comprata da François Buloz, il proprietario della Revue des Deux Mondes. Questo passaggio non fu positivo, poiché la rivista vide un brusco calo delle vendite. La Revue de Paris e La Revue des

Deux Mondes erano in forte concorrenza. Nel 1845 le pubblicazioni della Revue de Paris furono interrotte e

ripresero l' anno successivo grazie alla volontà di Théophile Gautier, Arsène Houssaye e Maxime du Camp. Nel 1858 la rivista fu comunque soppressa dal governo francese. Riapparve nel 1864 con il titolo La Nouvelle Revue de

Paris. Non riscosse però molto successo e si fuse con la Revue française. Da questo momento in poi la rivista cercò

di ritornare sul mercato editoriale più volte, senza però incontrare mai un grande favore. La sua attività si concluse definitivamente nel 1970.

de Paris la Francia ha il diritto di sperare in una rinascita culturale dopo tutte le crisi politiche che

ha vissuto. Gli anni passati della Restaurazione sembrano del resto aver portato i cittadini francesi verso la giusta direzione. Gli indizi di questa svolta sono numerosi: sotto la monarchia di Charles X la letteratura ha ritrovato la sua vitalità; i dibattiti letterari si sono svolti con passione e con violenza; le opinioni più disparate sono sbocciate in ogni ambito; si è assistito alla diffusione della nuova filosofia romantica. Proprio il Romanticismo può essere capace di ridare ricchezza alle arti e di favorire quella vivacità intellettuale così fondamentale per la comparsa di buoni talenti e di valide opere. Nel progetto di rinnovamento culturale, la stampa ha sicuramente un ruolo cruciale. I redattori della Revue de Paris sostengono che essa ha il dovere di diventare il laboratorio perfetto per l'espressione e per la creazione. Perciò è importante che la stampa si mostri aperta verso ogni tipologia di sperimentazione artistica: essa non deve temere di lanciare né le opere degli autori più giovani né i testi degli scrittori stranieri. Ad esempio occorre riservare alle traduzioni la stessa considerazione che normalmente viene attribuita alle opere francesi. La credenza che le culture straniere danneggino il patrimonio culturale della nazione è infondata. È vero il contrario: le traduzioni procurano un notevole beneficio allo spirito umano, poiché lo arricchiscono. La proposta delle traduzioni dei testi stranieri rientra d'altronde nella logica della letteratura moderna, la quale vuole scoprire le personalità letterarie più curiose e illustri. Impedire una tale possibilità sarebbe un insulto ai vantaggi che l'epoca contemporanea concede all'uomo: la vicinanza dei contesti linguistici, la facilità degli scambi comunicativi, lo spirito di fratellanza e gli ideali di progresso che muovono i popoli di tutta Europa. Secondo la Revue de Paris la sola alleanza tra stampa e scrittori non è però sufficiente a scatenare un rinnovo delle arti. È necessario che anche la critica cambi il suo modo di giudicare e di interpretare. L'epoca in cui vivono adesso i cittadini francesi non può più tollerare un atteggiamento dispotico da parte della critica. La rigidità dei critici letterari poteva forse essere compresa nei secoli precedenti, caratterizzati da tante forme di privilegio e da un livello di istruzione mal distribuito. La critica moderna deve poter disporre di un grande numero di idee e deve venire incontro a molteplici prospettive: solo in questo modo può incarnare i bisogni della società francese attuale. La stessa letteratura invita la critica a riflettere sul suo sistema di analisi perché non può più permettersi di ignorare gli interessi sociali. La letteratura deve influenzare la società, ma allo stesso tempo deve essere essa stessa influenzata dalla comunità sociale. Il suo tentativo di occuparsi delle questioni di interesse generale può contribuire al miglioramento della civiltà. Per i collaboratori della Revue de Paris il movimento romantico può essere la rappresentazione letteraria del concetto di progresso sociale e perciò il suo sviluppo non deve essere ostacolato. Tuttavia il sostegno all'estetica romantica non deve escludere la riflessione sulla letteratura francese del passato. L'idea di letteratura moderna concepita dalla Revue si basa infatti su

un'ampia riconsiderazione del significato della cultura classica. Essa non può certo costituire l'avvenire della letteratura francese, ma lo studio approfondito dei testi classici è molto utile per cogliere tutti i valori dei testi moderni. Secondo questo punto di vista la contrapposizione tra Classicismo e Romanticismo non comporta alcuna utilità. Le opere dei secoli passati e, in modo particolare quelle del Classicismo, devono essere riabilitate con onestà al fine di sviluppare una maggiore consapevolezza della portata della letteratura moderna. Le intenzioni che Louis Véron espone nella Préface del primo volume della Revue de Paris non tradiscono incertezze in merito a tale argomento:

Un nouvel examen critique de notre ancien répertoire littéraire depuis Homère jusqu'à Marmontel, etc., etc., nous a paru devoir être d'un intérêt nouveau. Nous avons cru utile aux progrès de l'art et à l'étude des doctrines, curieux surtout pour la controverse, d'appeler tous nos hommes de talent à juger, à travers les opinions du dix-neuvième siècle, les grands noms, les chefs-d'oeuvre d'un autre âge; et puis c'est par cette critique impartiale et désintéressée de l'antiquité, qu'on arrivera peut-être à une critique plus conséquente, plus consciencieuse de la littérature de nos jours.306

La Revue de Paris non vuole sottoporre le opere classiche ad un processo, in quanto il suo obiettivo non è quello di pronunciare dei giudizi definitivi sul loro valore. È soprattutto Sainte-Beuve a mettere in pratica i propositi di Véron in tanti articoli della rivista. Il suo scopo è quello di far stabilire un libero dialogo tra i classici e il lettore moderno. Secondo la sua prospettiva, approcciarsi correttamente ad un testo classico significa studiarlo nella sua intimità, confrontare le sue caratteristiche con quelle della sua epoca, pensarlo con la mentalità del XIX secolo, provare allo stesso tempo a fare luce sulle sue problematiche stilistiche e a rispettare il suo mistero, instaurare un rapporto sia con l'autore che lo ha composto sia con l' uomo. Nell'Ottocento leggere un classico si traduce con la volontà di “revivifier les idées qui sont représentées par certains noms devenus sacramentels”307. Non bisogna inventare nulla di nuovo riguardo ai grandi maestri del Classicismo,

occorre soltanto guardarli con occhi diversi e senza pregiudizi. Sainte-Beuve delinea con pazienza i ritratti di tante note personalità del XVII secolo. Boileau fu “un esprit sensé et fin, poli et mordant, peu fécond, d'une agréable brusquerie, religieux observateur du vrai goût, bon écrivain en vers, d'une correction savante, d'un enjouement ingénieux, l'oracle de la cour et des lettres d'alors”308. Era

un uomo onesto e meritevole, apprezzato dai giovani e dai vecchi cortigiani. Ma è giusto dire che

306 Revue de Paris, vol. I, n° 1, aprile 1829, p. 4. 307Ibidem, p. 11.

non fu un poeta, dato che oggi tale termine si applica agli individui dotati di un grande animo e di una forte immaginazione? In fondo le sue opere rivelano una notevole inventività e la capacità di cogliere il senso della bellezza. La Fontaine fu uno dei più grandi poeti del Seicento, ma i critici “l'ont imaginé bonhomme et fablier outre mesure”309: egli poneva il suo genio istintivo al servizio di

tutti così come faceva con il suo tempo e con la sua fortuna. Racine portò originalità nel mondo del teatro perché seppe attribuire agli eroi dei tratti più umani e naturali e fu capace di svelare le dimensioni più nascoste del sentimento e della passione. Tuttavia “des critiques sans portée ont abusé du droit de le citer pour modèle, et l'ont trop souvent proposé à l'imitation par ses qualités les plus inférieures”310. Racine fu uno dei più grandi drammaturghi all'epoca di Louis XIV, ma alla

Revue viene spontaneo domandarsi se la sua abilità sarebbe stata tale anche in un altro periodo

storico. Sainte-Beuve solleva alcune questioni:

En d'autres temps, en des temps comme le nôtre, où les proportions du drame doivent être si différentes de ce qu'elles étaient alors, qu'aurait-il fait? Eût-il également tenté le théâtre? Son génie, naturellement recueilli et paisible, eût-il suffit à cette intensité d'action que réclame notre curiosité blasée; à cette vérité réelle dans les moeurs et dans les caractères qui devient indispensable après une époque de grande révolution; à cette philosophie supérieure qui donne à tout cela un sens, et fait de l'action autre chose qu'un imbroglio; de la couleur historique autre chose qu'un badigeonage? eût-il été de force et d'humeur à mener toutes ces parties de front; à les maintenir en présence et en harmonie, à les unir, à les enchaîner sous une forme indissoluble et vivante, à les fondre l'une dans l'autre dans au feu des passions? N'eût-il pas trouvé plus simple et plus conforme à sa nature de retirer tout d'abord la passion du milieu de ces embarras étrangers dans lesquels elle aurait pu se perdre comme dans le sable, en s'y versant; de la faire rentrer en son lit pour n'en plus sortir, et de suivre, solitaire, le cours harmonieux de cette grande et belle élégie, dont Esther et Bérénice sont les plus limpides, les plus transparens réservoirs?311

Forse Racine avrebbe scelto il genere della poesia. Non è quindi una mancanza di rispetto nei confronti della tradizione riconoscere Racine più come poeta che come drammaturgo: in verità il suo genio artistico si avvicina più alla poesia pura che al dramma. Ciò è dimostrato dalla sua tecnica compositiva, sempre elegante e poetica in modo uniforme: “le procédé continu d'analyse dont Racine fait usage, l'élégance merveilleuse dont il revêt ses pensées, l'allure un peu solennelle et

309Ibidem, vol. VI, n° 3, settembre 1829, p. 124. 310Ibidem, vol. IX, n° 1, dicembre 1829, pp. 45-46. 311Ibidem, vol. X, n° 4, gennaio 1830, pp. 225-226.

arrondie de sa phrase, la mélodie cadencée de ses vers, tout contribue à rendre son style tout-à-fait distinct de la plupart des styles franchement et purement dramatiques”312. Nel processo di

riconsiderazione del Classicismo, secondo Antoine Bazin merita un po' di attenzione anche Guez de Balzac. Egli fu un maestro nell'arte dello scrivere e molti dei più nobili autori di Louis XIV ripresero il suo stile. Nonostante tenda ad esserci una scarsa considerazione nei confronti di coloro “qui n'agrandissent pas l'horizon de l'intelligence, qui ne découvrent pas un monde nouveau de sentimens et d'idées”313, è opportuno riconoscere che Guez de Balzac fu uno dei primi ad

impegnarsi nel lavoro di perfezionamento della lingua francese. Il suggerimento di Bazin non si discosta dal pensiero degli altri redattori. Per la Revue de Paris è infatti necessario adottare lo stesso metodo di analisi tanto per la letteratura che per la lingua. Perciò, se lo studio della letteratura passata aiuta la comprensione di quella moderna, la riflessione sulla lingua dei secoli precedenti favorisce una maggiore padronanza di quel francese che compone i testi dell'Ottocento. A cosa portano tutte queste accurate riflessioni sui testi dei grandi maestri classici? Come giudicare l'aspro scontro tra pensiero classico e pensiero romantico? Dalle varie considerazioni sul Classicismo deriva inevitabilmente un confronto tra secoli capace di fare chiarezza sui tratti che connotano la letteratura attuale. Ciò che era eccezionale ai tempi di Racine e Corneille è diventato generale nel presente. Lo stile degli autori classici è degno di uno studio eterno, ma è impossibile e inutile la sua applicazione alle opere moderne. L'estetica classica era perfetta per l'arte di un'epoca che ora non esiste più. Come si è già detto, la Revue de Paris vuole utilizzare il passato per sviluppare una maggiore conoscenza della cultura e dei costumi del presente. La realtà presente è positiva: ogni suo aspetto è stabilito in anticipo. La vita sociale stessa rispecchia il carattere positivo del XIX secolo: le istituzioni controllano i costumi dei cittadini, la politica e la morale si sono tramutate in scienze esatte, il sistema della legislazione è onnipresente e influenza ogni comportamento. Lo Stato stritola la società con il suo potere: nulla può sfuggire alla rigidità delle sue osservazioni e alla metodica attività dei suoi uffici. In questo meccanismo fatto di combinazioni note e di risultati previsti, l'uomo soddisfa il suo bisogno di indipendenza con l'immaginazione. La letteratura di un'epoca che soffre i limiti dell'abitudine non può che sfociare nel fantastico e nel meraviglioso. Ecco l'interpretazione socio-culturale che offre al riguardo la Revue de Paris:

(L'imagination humaine) suit cette civilisation positive qui la presse de tous côtés, et va se réfugier dès qu'elle le peut, dans une sphère idéale et merveilleuse. La littérature et les arts deviennent fantastiques. On voit, par une étrange anomalie, une population scientifique et industrielle revenir aux contes 312Ibidem, p. 238.

des fées, admirer les arabesques poétiques de Gozzi, s'éprendre pour les visions de terreur, inventées par Georges Lewis et Hoffmann, et sourire aux plus bizarres créations dont l'esprit de l'homme ait peuplé l'espace et le vide. Il s'établit comme une compensation tacite entre le positif de la vie et les jeux d'une imagination indépendante. Enfin, plus la civilisation devient matérielle et se retranche dans les bornes de l'utile, plus on voit le goût de l'idéal acquérir de force et d'élan.314

L'utile è il concetto su cui si basa la società francese dell'Ottocento. Questa idea di utilità anima tutte le attività moderne e condiziona ogni pensiero. Il meraviglioso e il fantastico sono ciò che si oppone costantemente alla forza dell'utile. La Revue de Paris legittima dunque ancora di più l'avvento del pensiero romantico. Il Romanticismo è il prodotto di una legge di reazione, poiché con la sua estetica cerca di ridurre il dominio dell'utile e di riportare la società ad una forma di equilibrio. L'avvicendamento tra Classicismo e Romanticismo è un fenomeno naturale che risponde alle esigenze di un popolo. La critica letteraria deve riporre le sue ostilità e i suoi pregiudizi per il bene della letteratura. “À force de travailler d'après des systèmes, et de composer pour satisfaire à des théories”315, i critici hanno infatti trascurato l'importanza dell'ispirazione: essa è ciò che rende

viva ogni forma artistica. Se dunque la critica non è in grado di porre fine alla sua eccessiva rigidità, nessun talento e nessun genio saprà mai evitare nel prossimo futuro la decadenza delle arti francesi. Non tutti i collaboratori della Revue de Paris però legano il destino dell'arte alla questione dell'ispirazione. Secondo Charles Dunoyer l'ispirazione è certamente la facoltà più adatta ad illuminare lo spirito creativo di ogni uomo. Tuttavia essa è allo stesso tempo una potente “magicienne”316 che provoca mistificazioni, inganni e superstizioni. Se l'autorità nell'arte deve

appartenere alla sola ispirazione, c'è il rischio che le conoscenze dello spirito umano si riducano a mere illusioni. È difficile che l'ispirazione e l'immaginazione possano fare luce sulla verità nell'arte:

On ne se contente pas de soutenir en fait que l'homme est susceptible d'émotion et d'inspiration, ni d'établir en principe que l'émotion et l'inspiration sont de bonnes choses: on affirme que nous pouvons arriver à la vérité par l'inspiration; que l'enthousiasme est un moyen de connaître, et, comme je l'ai déjà dit, que la raison ne nous informe jamais mieux de la réalité des choses que lorsqu'elle met moins du sien dans ses perceptions, qu'elle est moins réfléchie, qu'elle est plus inspirée. Or, c'est là qu'est l'erreur; et, philosophiquement parlant, elle est une

314Ibidem, vol. II, n° 4, maggio 1829, pp. 234-235. 315Ibidem, vol. X, n° 3, gennaio 1830, p. 194. 316Ibidem, vol. XII, n° 2, marzo 1830, p. 88

des plus singulières et des plus graves dans lesquelles il soit possible de tomber.317

Il sentimento, l'entusiasmo e l'ispirazione non possono essere utilizzati come uno strumento di conoscenza. I dubbi di Dunoyer vengono comunque messi a tacere dopo lo scoppio della Rivoluzione di Luglio. La Revue de Paris non ha tempo per valutare i rapporti tra arte, ispirazione e verità. La nuova crisi politica e sociale che la Francia sta attraversando spinge i redattori della rivista a riflettere su come la letteratura vivrà le vicissitudini del momento. Essi si domandano soprattutto in che modo la letteratura nazionale seguirà il movimento del progresso. Tale preoccupazione non è fuori luogo, dato che la filosofia collabora da sempre con la letteratura. Entrambe sono infatti interessate alla natura umana e la loro attività congiunta è stata capace in passato di far emergere verità e bellezze sconosciute. Dopo le insurrezioni del luglio 1830 la società richiede più che mai la congiunzione tra letteratura e filosofia. Questo è l'auspicio che Victor Cousin proferisce per l' occasione del suo insediamento presso l'Académie française. Egli saluta con favore l'avvento della Monarchia di Louis Philippe, poiché essa contiene tutte le premesse di una gloria imminente per la letteratura francese:

Les deux puissances immortelles de la France, le roi et le peuple, le génie de la monarchie et l'esprit des masses, se sont rencontrés; elles ne se sépareront plus. Ces généreuses institutions, achetées par tant de sang et de larmes, sont enfin remises à la garde d'un prince loyal et dévoué à la patrie. Reposons-nous à l'ombre du trône national, dans une concorde puissante, qui nous permette d'ajouter à la liberté un peu de gloire.318