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Il DSM è, dunque, ciò che ha sancito la definitiva consacrazione della psichiatria ed è anche ciò che permette di discriminare in modo netto tra il normale e il patologico. Possiamo asserire che esso è un contenitore universale delle malattie psichiche, ma tale affermazione fa scaturire una questione di non semplice risoluzione: che cos’è una malattia mentale? Come può essere definita?

Fornire una risposta a tale, semplice e lineare, questione è tutt’altro che facile e scontato, infatti, come sostiene Allen Frances che è stato a capo della task force che ha redatto il DSM- IV: “ancora oggi non abbiamo un solo test di laboratorio in psichiatria. Poiché la categoria

del disturbo mentale è estremamente varabile al suo interno, così come è variabile il confine tra disturbo mentale e normalità o tra diversi disturbi mentali, nessuna delle promettenti scoperte biologiche si è mai tramutata in test diagnostico. I frutti che il cervello ci offre non

362 S. Kirk, H. Kutchins, Aimez-Vous le DSM? Le triomphe de la psychiatrie américaine, Les Empêcheurs de

sono ancora a portata di mano: migliaia di studi su centinaia di aspiranti marker biologici sono finiti nel nulla363”. In altri termini, Frances, che pur ha guidato la stesura del manuale

che cataloga tutte le patologie psichiche, sostiene che non è possibile dare una definizione di malattia mentale che prenda a riferimento una qualunque dimensione biologica o che indichi una causa scatenante determinata alterazione celebrale. Non è un caso che egli, in un’intervista rilasciata a Gary Greenberg, sostenga: “non esiste una definizione di malattia

mentale […] ciò che voglio dire è che è impossibile definirla. Il concetto di malattia mentale è praticamente impossibile da definire con precisione, è impossibile delineare in maniera precisa i suoi confini364”. Partendo da tali dichiarazioni esternate da una delle maggiori voci

viventi della psichiatria mondiale, possiamo asserire, come del resto già Foucault aveva rilevato, che l’utilizzo che la psichiatria fa del concetto di malattia differisca radicalmente per senso rispetto a quello attribuito dal resto della medicina a tale vocabolo. A questo proposito colui che meglio di ogni altro è riuscito a cogliere tale differenza è nuovamente Thomas Szasz365. Infatti, le analisi e gli studi condotti dallo psichiatra di origini ungheresi mirano a mettere in luce come il termine malattia, in medicina, designi qualcosa di fisico che riguarda direttamente il corpo, quindi una situazione visibile che trova poi forma specifica a seconda dell’organo che si prende in considerazione, viceversa, egli mette in luce che tale chiarezza non si riscontra nella definizione di malattia utilizzata dalla psichiatria. Questa asserzione di Szasz può essere confermata dal fatto che ancora oggi, proprio come asserito da Frances, la psichiatria non riesca a definire nessuna delle differenti patologie psichiche tramite l’analisi certa della causa che la ha provocata. Tale situazione conduce all’identificazione di tre modalità differenti di considerare la patologia psichica366: la prima si può definire “organicista” e ricerca le cause strettamente biologiche (connessioni neuronali o alterazioni fisiche del cervello) che sottendono ai differenti disturbi psichici; la seconda modalità è

363 A. Frances, Primo, non curare chi è normale, Bollati Boringhieri, Torino 2013, p. 30 364 G. Greenberg, Inside the Battle to Define Mental Illnes, Wired megazine, 27 dicembre 2010

365 Szasz a questo proposito scrive: “che cos’è una malattia? In italiano si dice "malattia", mentre in inglese esistono parole diverse che si usano come sinonimi, ma non sono veri e propri sinonimi: disease, illness, malady, sickness. La parola malady è la più generica e può includere di tutto, mentre la parola disease è più specifica, se usata nel senso moderno. È bene tenerlo presente, poiché un tempo era usata nel senso etimologico di "disagio", e non era neppure strettamente connessa con il corpo. Prima del XIX secolo, c'era la cosiddetta "teoria degli umori", un concetto prescientifico risalente a Galeno. Disease nel senso di malattia è quindi un concetto moderno, che risale soltanto all'Ottocento, ed è il risultato di studi condotti da medici e scienziati sul corpo umano, in particolare sui cadaveri. Disease nel senso di malattia, quindi, nella scienza moderna implica una qualche anormalità nel corpo, nella struttura del corpo come oggetto fisico. In tal senso, la malattia è un fenomeno fisico, analogo a qualsiasi altro fenomeno fisico esistente in natura”, La battaglia per la salute,

Spirali, Milano 2000, pp. 4-5

366 All’interno delle ricerche condotte per la stesura di questa tesi, ho studiato a lungo il concetto di malattia

mentale e le diverse possibili interpretazioni. Questo lavoro è stato raccolto in una monografia pubblicata a luglio del 2015 dal titolo Che cos’è la malattia mentale? Una prospettiva interdisciplinare, Psiconline, Francavilla al Mare. Per una trattazione completa e articolata, che qui potrebbe risultare fuoriviante per il proseguo del discorso, rimando a tale opera.

definita con il termine “ermeneutica-psicologica” e si basa sulla ricerca del senso delle esperienze psicopatologiche, rivolgendo la sua attenzione al mondo soggettivo del paziente, ai suoi vissuti e alle sue intere articolazioni psicologiche, in altri termini, la malattia viene intesa come alterazione del rapporto io-mondo e per tal ragione non può essere concepita in nessuna maniera schematica o universalistica che valga per ogni soggetto. Infatti, le cause delle malattie per questa corrente derivano dalle esperienze proprie di ogni soggetto che interagisce con gli altri nel mondo. La terza modalità d’intendere la malattia psichica prende il nome di modello “sociologico”, gli aderenti a tale approccio ritengono che le cause della malattia mentale siano sociogenetiche, in quanto le forme di patologia diventano tali solo tramite l’imposizione di un ordine sociale di verità e della conseguente uscita da parte di un soggetto da questo ordine di verità. Si coglie, come per quest’ultima grande corrente, il disturbo sia causato direttamente dalla società tramite l’imposizione agli individui dell’obbligo di conformarsi alle sue norme. Ciò che importante notare è che nessuno dei tre modi d’intendere le cause che producono la malattia mentale (biologiche, personali e relazionali o sociali) ha avuto la possibilità di dimostrare la propria egemonia sugli altri modelli ed, infatti come abbiamo visto nel capitolo precedente, il DSM-III ha creato la possibilità di diffusione del proprio sistema diagnostico basandosi unicamente sulla descrizione dei sintomi, dunque non assumendo alcuna teoria particolare sulle cause che determinano l’insorgere della malattia mentale. Ne segue che non esista, ad oggi, una definizione di malattia mentale che rispetti il significato che il termine malattia assume nel resto delle discipline mediche, perciò, per definire una particolare forma di malattia mentale non si può fare altro che riferirsi alla catalogazione dei suoi sintomi, senza avere alcuna possibilità di coglierne e di conoscere le cause che li hanno provocati. In sintesi, si può giustamente ritenere che per il momento non è maggiormente veritiera la teoria delle cause biologiche rispetto alle cause meramente sociali o relazionali che riguardano l’insorgere della depressione, della ludopatia, dell’ansia ecc. Per cogliere meglio quest’ultima affermazione si può ricorrere ad un esempio ben presente nella vita di noi tutti ovvero al caso della patologia depressiva, la quale è definita come la malattia mentale più diffusa al mondo e secondo l’OMS, entro il 2020 diverrà la seconda malattia al mondo per diffusione dietro alle sole patologie cardiovascolari. Generalmente l’opinione pubblica è convinta che i fenomeni che portano alla comparsa della depressione siano legati ad uno squilibrio della serotonina. Invece, come mette in luce lo studioso Luigi Colaianni, questa associazione è lontana dall’essere provata e dall’essere considerata come fonte sicura della patologia depressiva e a tal proposito scrive:“la ricerca ad oggi non è riuscita a

si tratta di enunciazioni non sostenute da prove scientifiche […] Il punto è che attualmente non è conosciuto quale sia il punto di equilibrio della serotonina, considerato scientificamente corretto, ovvero quale sia il valore normale367”. Si comprende, così, come

non esistendo alcun dato certo che ci mostri oggettivamente quale sia il normale equilibrio della serotonina che bisogna riscontrare in soggetti sani - nel senso di non affetti da patologia depressiva – non sia nemmeno possibile stabilire con certezza se tale patologia dipenda o sia in qualche modo legata a tale sostanza. Dunque, la depressione oggi, in linea con quanto sostiene il DSM, viene diagnosticata in ambito psichiatrico non in riferimento alla serotonina o ad altri marcatori biologici e sociali, ma unicamente in base al riscontro di alcuni determinati sintomi. In particolare l’ultima edizione del DSM datata 2013 asserisce che può essere definito depresso chi prova almeno cinque tra i nove sintomi elencati dall’APA, anche se ammonisce sul fatto che tra i cinque sintomi devono sempre figurare o l’umore depresso o la perdita d’interesse e piacere368. I cinque sintomi elencati dal nuovo DSM sono: 1) Umore depresso; 2) Marcata diminuzione di interesse o piacere; 3) Significativa perdita di peso, non dovuto a dieta, o aumento di peso; 4) Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni; 5) Agitazione o rallentamento psicomotori; 6) Faticabilità o mancanza di energia; 7) Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi; 8) Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi; 9) Pensieri ricorrenti di morte369. Si può così lecitamente affermare che una definizione precisa e generale di cosa sia una malattia mentale, utilizzando il termine malattia come viene usualmente impiegato in tutto il resto delle discipline mediche, è oggi del tutto impossibile da fornire. Inoltre, anche una definizione specifica delle varie patologie psichiche, per esempio la depressione, intesa come fondata su una causa scatenante accertabile è irrealizzabile, tanto che l’unica maniera per diagnosticarla è far riferimento ai sintomi che la caratterizzano e che sono descritti nel DSM.