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Siamo tutti più o meno malati, questa è l’ottica con cui deve intendersi il fenomeno della medicalizzazione della vita, il quale procede secondo un’ottica di deficit, ovvero considera tutti i soggetti bisognosi di un qualche ausilio medico atto a recuperarne la propria naturalezza e le proprie possibilità di esprimersi nel mondo. Peter Conrad, colui che ha definito in modo chiaro questo fenomeno, fa notare come tale termine deve essere suddiviso almeno secondo tre significati d’uso73. Il primo viene da lui definito medicalizzazione concettuale si avvera quando si utilizzano i vocaboli medici per definire qualcosa che non rientra nel campo della medicina, ad esempio quando si sostiene che compiere un azione di bombardamento sopra dei territori nemici è un azione terapeutica atta a combattere il cancro rappresentato dal terrorismo; il secondo è la medicalizzazione istituzionale, che si verifica quando il medico può dirigere delle istituzioni in cui è presente, sotto il suo potere, anche del personale non medico, ad esempio quando un medico gestisce da solo una casa di cura per tossicodipendenti, un ospedale, una struttura di cura psichiatrica ecc.; il terzo è la medicalizzazione interazionale, ovvero la possibilità tramite le parole del medico di ridefinire i problemi sociali quali problemi medici, un esempio concreto può essere rappresentato da chi, in crisi con la moglie per problemi legati all’infedeltà, si rivolge allo psichiatra o ad un psicoterapeuta per affrontare una terapia di coppia. L’importanza di questa suddivisione di Conrad si riscontra nell’aver messo in luce come la medicalizzazione abbia delle modalità di agire che non possono essere ridotte unicamente al fatto che si definisca di punto in bianco una situazione della vita dell’uomo quale malattia, ma essa (la medicalizzazione) per agire necessita di costruirsi un mondo, ovvero di darsi delle modalità esplicative che dispiegano il reale secondo i termini e le categorie proprie della medicina. Detto con altre parole, la medicalizzazione della vita non rappresenta solo il passaggio dal considerare gli eventi di vita come patologie, ma rappresenta un cambiamento nell’affrontare il mondo, nel concepire lo stesso mondo e nell’affrontare la vita quotidiana. Ciò vuol dire che la medicina ha preso il posto della religione nella conduzione e nella creazione delle speranze di costruire un avvenire migliore, di consolidare il nostro presente e di individuare le possibilità di vita più proficue. Non ci si affida più,

72 J. Romains, Knock o il trionfo della medicina, Liberilibri, Macerata 2007, pp. 58-59

dunque, alla religione, ma ci si affida alla medicina, la quale diviene una sorta di nuova divinità disciplinatrice che mostra le vie ed indica il percorso da intraprendere. Quindi, non si utilizzano metafore religiose per invocare l’aiuto divino per una guerra, per risolvere un conflitto famigliare, per cercare di andare meglio a scuola, ma ci si rivolge alla prassi medica. Ne segue che proprio come sostiene Karl Popper, l’uomo lungo tutta la sua storia ha mostrato di essere un animale ideologico più che razionale, infatti lo stesso Popper per descrivere la nascita della scienza usa le seguenti parole: “la storia della scienza [. . . ] specialmente a

partire da Francesco Bacone. Fu un movimento religioso, o semireligioso, e Bacone fu il profeta della religione secolarizzata della scienza. Egli sostituì al nome Dio il nome Natura, ma lasciò immutato quasi tutto il resto. Alla teologia, scienza di Dio, si sostituì la scienza della natura; alle leggi di Dio si sostituirono le leggi della Natura; alla potenza di Dio le forze della Natura [. . . ] al determinismo teologico si sostituì il determinismo scientifico; in altre parole, all’onnipotenza e all’onniscienza di Dio si sostituì l’onnipotenza della Natura e la virtuale onniscienza della scienza naturale74”. La spiegazione del fenomeno di

medicalizzazione della vita può seguire lo stesso modo di esplicarsi delineato da Popper, poiché l’uomo al posto di invocare Dio al fine di porre rimedio al proprio dolore vitale, invoca la medicina e si affida totalmente ad essa sostenendo che possa riportare e ripristinare il naturale. Dunque, in estrema sintesi, la medicalizzazione della vita rappresenta una maniera diversa di organizzarsi e di darsi da parte dell’uomo, il quale assume una nuova prospettiva interpretativa nelle dinamiche del mondo, che passano obbligatoriamente attraverso la medicina, la quale per assumere un così rilevante potere deve diventare una pratica totalmente avvolgente la vita dell’uomo stesso. Se Conrad mostra come la medicalizzazione agisca sull’ambito dell’intera esistenza umana attraverso i tre processi di medicalizzazione concettuale, medicalizzazione istituzionale e medicalizzazione interazionale, Jörg Blech, una delle voce più autorevoli e citate nell’odierno dibattito sulla medicalizzazione della vita, individua cinque atteggiamenti che consentono di trasportare degli eventi normali all’interno dell’ambito proprio della medicina. Il primo processo è quello relativo allo spacciare normali situazioni vitali quali problemi medici, in particolare Blech porta l’esempio della caduta dei capelli, sostenendo che l’impresa americana Merck & Co. ha scoperto il primo rimedio efficace contro la caduta dei capelli e, a seguito di ciò, si è rivolta ad un agenzia pubblicitaria la Edelman, la quale ha provveduto a diffondere in tutto il mondo l’idea che la perdita dei capelli fosse una situazione da combattere con ogni terapia medica a disposizione. A sostegno di tale tesi si cominciò a vociferare che la perdita dei capelli causasse panico e problemi

emotivi e non permettesse di trovare il lavoro auspicato. In particolare Blech mette in luce come gli istituti internazionali di tricologia che avevano asserito che la caduta dei capelli porta scompensi di tipo psicologico fossero tutti finanziati dalla stessa Merck & Co., la quale ha sfruttato l’odierna volontà dell’uomo di affidarsi alla medicina per aumentare il proprio fatturato vendendo la propria cura, ma così facendo ha portato tutta l’umanità a concepire la calvizie, situazione normale nella vita di un soggetto maschile adulto, come una vera e propria patologia che richiede un aiuto terapeutico75. Il secondo processo individuato da Blech è

quello dei problemi personali e sociali che vengono spacciati per problemi medici. In

particolare con questo termine si fa riferimento alla psichiatria e alla possibilità di definire malato ogni emozione o atteggiamento umano. Basti pensare che il manuale ufficiale utilizzato all’interno di questa pratica medica, il DSM, ha subito delle mutazioni tali che lo hanno portato nel 1952 ad identificare 25 disturbi psichici, sino a raggiungere i 400 disturbi elencati nella sua ultima edizione datata 2013. Tale situazione è stata lungamente oggetto di dibattito, in particolare i critici sostengono che la psichiatria e il DSM abbiano prodotto dei sintomi che possono essere diagnosticati in ogni uomo. In particolare tale critica è stata lanciata dallo psichiatra Allen Frances, a capo della task force che ha pubblicato il DSM-IV, il quale dopo aver lavorato a lungo nella stesura di due edizioni del manuale psichiatrico (DSM) si è reso conto di come esso stia di volta in volta prescrivendo un ideale sempre più irraggiungibile di salute, identificando come oggetto della propria azione terapeutica un gran numero di situazioni, dalla timidezza, all’egoismo, all’infelicità, alla tristezza, sino alle modalità con cui si compiono gli atti sessuali, con cui si parla in pubblico, con cui ci si occupa di se stessi, che non lasciano al di fuori quasi nessun aspetto della vita dei soggetti. A questo proposito Allen Frances scrive: “il DSM traccia i confini tra normalità e malattia mentale, ha

un’enorme importanza sociale, poiché definisce moltissimi fattori fondamentali per la vita della gente, come chi va considerato sano e chi malato; che tipo di terapia offrire; chi è che le deve pagare; chi ottiene i sussidi di invalidità; chi può far domanda per servizi di salute mentale; scolastici; assistenziali ecc.; chi può essere assunto, chi può adottare un bambino o pilotare un aereo o sottoscrivere un’assicurazione sulla vita; i danni che possono essere rimborsati in caso di incidenti: e molto, molto altro76”.

Il terzo processo individuato da Blech è quello relativo al fatto che i rischi vengono spacciati per malattie, in particolare lo studioso sostiene che abbassando i valori relativi a grandezze

misurabili quali la pressione del sangue o la colesterolemia, si fa crescere il numero di malati. In particolare egli afferma: “negli ultimi anni la manipolazione dei fattori di rischio ha

75 J. Blech, Gli inventori delle malattie, Lindau, Torino 2006, p. 25

conosciuto un’accelerazione mai vista in precedenza, e questo a causa della decodificazione del genoma umano […] ciò sta rendendo possibile diagnosticare in ogni persona l’esistenza di geni difettosi e quindi rende possibile presentare come non ancora malate persone che godono di ottima salute77”.

Il quarto processo è relativo al fatto che sintomi rari vengono spacciati per malattie che colpiscono molta gente, per cogliere tale sfumatura Blech invita a pensare al fatto che da

quando è stato introdotto il Viagra sul mercato, la disfunzione erettile si sia diffusa in un numero enorme e sempre crescente. Non è un caso che si è subito cercato un corrispettivo anche in ambito femminile individuando la frigidità come malattia specifica, andando a medicalizzare anche il piacere femminile dell’atto sessuale tramite la Femal Sexual

Disfuction. Tale patologia, dall’essere una situazione rara, coinvolge secondo gli studiosi

quasi il 43% delle donne presenti nel mondo78.

Infine, il quinto processo riguarda i sintomi lievi che vengono spacciati quali podromi di malattie gravi. L’esempio riportato da Blech è quello della “sindrome da colon irritabile” , il

fenomeno è collegato ad un quantità di sintomi che ognuno di noi ha avvertito in più occasioni e che molti considerano associati a normali gorgogli intestinali, nonostante adesso tale fenomeno è considerato quale patologia diffusa che necessita di cura79.

Conrad e Blech mettono bene in luce come la medicalizzazione della vita sia un fenomeno estremamente difficile da analizzare, poiché esso non si basa su un soggetto ben localizzato che effettua delle manovre unicamente finalizzate ad ottenere il proprio scopo, ma è da considerarsi come un’esplicazione di un andamento sociale, iniziato quando si è trasformato la volontà di alleviare le sofferenze dell’uomo da situazione religiosa a situazione medico- laica ed è aumentata con l’andare del tempo grazie agli strumenti tecnici che venivano forniti alla stessa medicina, creando così le possibilità per la costituzione di una società che si basa sulla medicina, che trova la propria natura nel dividere tra sano e malato e normale e anormale. La medicalizzazione procede perché la società, composta dai soggetti partecipanti, richiede un massiccio intervento medico al fine di diminuire sempre più le possibilità di provare dolore e poter esercitare le proprie umane possibilità. Dunque, come sostiene Marc Augé: “che cos’è la malattia se non l’evento, che tutte le società hanno dovuto imparare a

dominare? come a dire comprenderlo e quindi tentare di trattarlo80”. Con l’andare del tempo

l’uomo si è sempre più specializzato nel cercare di dominare tale evento, tanto che non si sta

77 J. Blech, Gli inventori delle malattie, Lindau, Torino 2006, p. 27

78 Cfr. R. Moynihan, B. Mintzes, Sex Lies, Greystone books, Vancouver 2010 79 Ivi, p. 40

più limitando a comprendere e curare solo le situazioni che sembravano costituire i flagelli primi dell’umanità, ma si è preso cura anche di tutte le situazioni che possono o potevano arrecare un qualsiasi tipo di dolore alla vita stessa.