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La psichiatrizzazione del reale rappresenta uno degli assi portanti della cornice della medicalizzazione, poiché essa assicura la presa in carico della sicurezza della popolazione, tramite gli interventi rivolti al singolo. Inoltre, essa riesce tramite il proprio procedimento, inverso rispetto a quello della medicina organica, ad annettere continuamente nuove sfere di comportamento dell’umanità. In questo quadro si mostra l’importanza del dispositivo di sessualità, poiché la moltiplicazione dei discorsi, che ha condotto il sesso a divenire uno degli argomenti cardine della nostra società, ha condotto lo stesso ad essere una delle modalità che consentono un’esplicazione maggiore del potere biopolitico. Infatti, come abbiamo visto in questo capitolo, il sesso è preso in considerazione sia all’interno del discorso psichiatrico quale portatore di numerose patologie, le perversioni, sia all’interno del discorso biologico- statale, poiché poteva trasmettere malattie o crearne per le generazioni future. A questo proposito, Foucault rileva che: “l’analisi dell’ereditarietà poneva il sesso in posizione di

responsabilità biologica nei confronti della specie: non solo il sesso poteva essere affetto dalle proprie malattie, ma poteva anche, se non lo si controllava, trasmettere delle malattie, o

crearne per le generazioni future: esso appariva così all’origine di tutto un capitale patologico della specie. Di qui il progetto medico, ma anche politico, di organizzare una gestione statale dei matrimoni, delle nascite e della sopravvivenza: il sesso e la sua fecondità devono essere amministrati306”. Dunque, il filosofo francese rileva come le perversioni e il

concetto di degenerescenza siano stati le due grandi innovazioni discorsive che hanno investito la tecnologia del sesso dal XIX secolo. Le due modalità si reggevano a vicenda, poiché si poteva spiegare come una pesante ereditarietà patologica potesse portare alla comparsa di un pervertito sessuale (sia esso omosessuale, esibizionista, sadomasochista ecc.) e, viceversa, si spiegava anche come una perversione sessuale poteva essere trasmessa ai propri discendenti attraverso le pratiche sessuali, corrompendo di fatto le generazioni future. Si può, dunque, affermare che la comparsa della sessualità all’interno della cornice della medicalizzazione sia di fondamentale importanza perché consente d’istaurare una norma all’interno di una delle funzioni – il sesso quale forma di riproduzione – più naturali che ci siano, ma la stessa norma consente anche di esercitare un razzismo verso il portatore dell’anormalità, salvaguardando la popolazione dai pervertimenti che la sua discendenza potrebbe condurre sulla stessa. La sessualità diventa, per tal ragione, l’elemento chiave che consente di costruire un vero e proprio discorso psichiatrico, il quale trova le proprie fondamenta nell’investimento della sessualità, poiché si sorregge sul concetto di degenerescenza, e grazie all’estrema importanza che acquisisce in questo campo rende possibile la psichiatrizzazione di nuove sfere vitali dell’uomo che vanno al di là della sola sessualità. Detto in altro modo, la pratica psichiatrica diviene l’istanza di sicurezza presente all’interno della cornice della medicalizzazione, ovvero diventa la disciplina di protezione scientifica della società, la scienza della protezione biologica della specie.

Foucault non è l’unico autore che ha messo in rilievo in modo sapiente il potere conquistato dalla pratica psichiatrica all’interno della società medicalizzata, ma come lo stesso Foucault ammette, anche un altro grande studioso si è interrogato, partendo da punti affini, su tale situazione, egli è Thomas Szasz307. Lo psichiatra di origini ungheresi si è reso popolare per la

pubblicazione di The Manufacture of Madness, ovvero una ricostruzione della storia della psichiatria, che pur prendendo ad oggetto il sapere medico psichiatrico non ha voluto

306 M. Foucault, La volontà di sapere, Feltrinelli, Milano 2010, p. 95

307 Studiando il pensiero di Thomas Szasz per la realizzazione di questa tesi ho avuto modo di ricostruirne il

pensiero e di pubblicare una breve monografia che dona ragione del suo operato mettendolo a confronto con il pensiero bioetico contemporaneo. Il titolo del lavoro è Thomas Szasz. La critica psichiatrica come forma

bioetica, Alboversorio, Milano 2013. Dunque, per una comprensione esaustiva del suo pensiero mi permetto di

rimandare a quet’opera, nella quale è possibile ritrovare un confronto con il pensiero di Michel Foucault, qui riproposto in altre vesti e sotto altre situazioni tematiche, ricostruito da pagina 55 a pagina 59. Inoltre ho dedicato un intero capitolo al problema della psichiatrizzazione della sessualità che va da pagina 79 a pagina 87

focalizzarsi sulla giustificazione dell’attuazione di un sapere psichiatrico, ma ne ha voluto fare una storia che, per certi versi, si può comparare all’opera di Foucault Storia della Follia. Tutt’è due le opere svolgono, dunque, una critica ad un modo d’intendere la pratica psichiatrica quale forma aurorale di sapere che si è tramandato dal mondo greco sino ai nostri giorni308, tuttavia le modalità attraverso le quali svolgono tale critica sono differenti: Foucault crea un archeologia del silenzio, ovvero di come la follia sia stata ridotta al silenzio dalla pratica psichiatrica che ha preso forma nell’illuminismo, mentre Szasz sposa la teoria della scienza coniata da Kuhn per la quale esistono periodi paradigmatici che catalizzano il consenso di tutta una serie di studiosi, sino a quando lo stesso paradigma non entra in crisi e viene sostituito da un altro paradigma. Szasz espone la propria idea mirante a mettere in luce come, ad oggi, siamo ancora all’interno del medesimo paradigma vigente nel periodo dell’Inquisizione che vedeva nell’utilizzo della confessione, o meglio nell’estorsione della confessione, il proprio tratto fondamentale. Ciò non vuol dire che Szasz sostenga che sia possibile paragonare l’Inquisizione alla psichiatria e alla nostra epoca medicalizzata, ma egli afferma unicamente che alcune idee paradigmatiche dell’Inquisizione siano ancora operanti a livello applicativo e scientifico, all’interno del paradigma psichiatrico. Colui che più di tutto colse l’importanza di tale rilevazione fu Michel Foucault, il quale si espresse nel seguente modo: “il libro di Szasz non consiste nel dire: una volta il folle era lo stregone, oppure: lo

stregone di un tempo è il folle di oggi. Dice un’altra cosa, storicamente e politicamente più importante: la pratica attraverso cui si individua un certo numero di persone, e per cui venivano sospettate, isolate, interrogate e riconosciute come stregoni, questa tecnica di potere messa in atto durante l’Inquisizione, la si trova (trasformata) nella pratica psichiatrica. Non è il folle ad essere il figlio dello stregone, è lo psichiatra che è il discendente dell’inquisitore. Szasz colloca la sua storia a livello delle tecniche di potere, non a livello dell’identità patologica. Per lui non è il malato che rivela a posteriori la verità dello stregone. È l’antistregoneria che dice, in anticipo, la verità della psichiatria. […] Szasz ha avvertito perfettamente la risonanza profonda tra le funzioni di controllo della medicina, della psichiatria e le strutture statali di controllo messe in atto a partire dal XIX secolo309”.

A parere di Foucault, Szasz, è stato in grado di riconoscere il cambiamento delle modalità di esplicazione del potere che è avvenuto nel XVIII secolo e che ha portato all’utilizzo della pratica psichiatrica nel XIX secolo quale forma di protezione sociale. A questo proposito

308 Sull’uso della critica psichiatrica in Foucault e in Szasz si veda P. Bracken, P. Thomas, From Szasz to Foucault: on the role of critical psychiatry, in Philosophy, Psychiatry & Psychology, V. 17, N. 3, Johns Hopkins

University Press 2010

Szasz ritiene, proprio come Foucault, che si sia inaugurata in quell’epoca una società medicalizzata, poiché da un potere sovrano (teocrazia) si è passati ad un potere medicalizzato da lui nominato farmacrazia310. Il punto centrale di questa forma politica è dato dalla possibilità di coniugare il potere politico con quello medico, al fine di utilizzare la medicina quale forma sociale per normalizzare e proteggere una certa modalità di esprimersi della popolazione. Per fare ciò è essenziale porre al centro di ogni attività il concetto di salute e di rendere ogni attività umana una fonte di aiuto medico. In altri termini, Szasz afferma, in accordo con Foucault, che lo Stato ha colto molto bene la valenza della medicina, quindi ha capito l’importanza della dicotomia sano-malato, riuscendo così, tramite il concetto di sanità pubblica, ad escludere i comportamenti non voluti. Ciò viene realizzato in particolar modo dalla psichiatria, poiché come egli afferma nel libro Il mito della malattia mentale (1961), essa utilizza i termini della medicina per definire delle situazioni vitali quali patologie senza dover portare alcun tipo di prova scientifico-biologica che possa giustificare tale asserzione. Il cardine del pensiero di Szasz è proprio rappresentato dal voler mettere in luce come la psichiatria riesca a psichiatrizzare ogni forma di devianza dalle norme stabilite, poiché utilizza il termine malattia mentale in senso metaforico, ovvero non suffragandolo su prove evidenti che possono mettere in modo chiaro le alterazioni biologiche. Così facendo essa si può interessare ad ogni aspetto della vita, egli proprio come Foucault chiama questa modalità di agire psichiatrizzazione. Infatti, scrive: “questa medicalizzazione – e psichiatrizzazione, e

più in generale questa tecnicizzazione – delle questioni personali, sociali e politiche è, come è stato di frequente messo in luce, una caratteristica generale della nostra attuale epoca burocratica. Quello che ho cercato di evidenziare […] è un solo aspetto, sia pure importante, di questa moderna ideologia scientifico tecnologica, ovvero l’ideologia della sanità e dell’infermità mentale, della salute e della malattia psichica […] l’ideologia dell’infermità mentale ha raggiunto ai giorni nostri precisamente questo risultato: è riuscita a privare un enorme numero di persone – tal volta sembra proprio tutte – di un vocabolario personale con cui esprimere la propria situazione senza dover rendere omaggio a una prospettiva psichiatrica che è riduttiva dell’uomo in quanto persona e oppressiva dell’uomo in quanto cittadino311”. La tendenza che meglio di tutte mostra il fenomeno della psichiatrizzazione, è

secondo Szasz, l’annessione delle pratiche sessuali, infatti lo psichiatra di origini ungheresi ha evidenziato la tendenza a considerare le manifestazioni sessuali come patologia già nel 1980 nel testo Sesso a tutti i costi, nel quale si mette in luce come la dimensione della sessualità

310 Cfr. T. Szasz, Pharmacracy: Medicine and Politics in America, Praeger Publishers, 2001 311 T. Szasz, Disumanizzazione dell’uomo, Feltrinelli, Milano 1977, p. 42-43

rappresenta una delle sfere predilette dalla psichiatria, in quanto come sostiene Szasz: “dopo

il bisogno di sonno, di acqua e di cibo, l’impulso sessuale è la nostra spinta biologica più potente. Questa è la ragione per cui i legami sessuali possono essere una grossa forza al servizio della cooperazione sociale312”. È interessante notare come Szasz ponga l’accento su

due temi cari a Foucault, il primo è relativo alla volontà di psichiatrizzare la parte biologica dei soggetti ovvero il mangiare, dormire e riprodursi, la seconda è che tale psichiatrizzazione avviene non per reprimere ma per proteggere la popolazione, per far cooperare i singoli nell’ottica della salvaguardia della popolazione. Szasz, proprio come Foucault, sostiene che dalla metà del XIX secolo si sia assistito ad un’esplosione del discorso attorno alla sessualità, il quale ha condotto i soggetti ad introiettare dei meccanismi di soggettivazione che li portano ad essere totalmente associati alla medicina nello svolgere le loro funzioni biologiche primarie e secondarie. Szasz afferma, così, che le odierne patologie e relative terapie sessuali non abbiano alcuna funzione terapeutica, ma siano solamente la massima espressione della tendenza, atta alla protezione sociale messa in piedi dalla cornice di medicalizzazione della vita in cui ci troviamo a vivere. In altri termini, la psichiatria, secondo Szasz, è riuscita a far passare la convinzione che la medicina, conoscendo bene la fisiologia e la patologia degli organi genitali, sia anche in grado di pronunciarsi nel campo delle passioni e dei godimenti erotici. Infatti, all’interno di Sesso a tutti i costi, spiega che gli organi genitali, come tutti gli organi corporei, sono soggetti a malattia, ma una cosa è parlare di alterazioni organiche degli organi sessuali, un’altra è parlare di situazioni che hanno a che fare con il piacere e con la ritualità con cui si utilizzano tali organi. Per spiegare il suo pensiero Szasz utilizza questa metafora: “mangiare è

una funzione fisica fondamentale. Ma noi non consideriamo il mangiare una malattia o un problema medico di per sé. Pensiamo che siano una manifestazione di malattia solo determinati disturbi di questa funzione: per esempio quelli che accompagnano il cancro all’esofago. E non presupponiamo affatto che i medici esperti di cancro all’esofago lo siano anche di problemi quali: se la gente debba mangiare con coltello e forchetta oppure con le bacchette cinesi; seduta su una sedia o sdraiata su un divano o un tappeto313”. Ne segue che

Szasz ritenga insensato sostenere che i medici possano risolvere problemi non di loro competenza, per esempio come e dove mangiare, allo stesso modo ritiene insensato sostenere che gli psichiatri, che per loro stessa definizione sono medici, si possano occupare di quante volte e come fare sesso. Per questo motivo Szasz sostiene che: “i sessuologi, gli psichiatri,

vogliono far passare dei valori morali e delle scelte politiche per diagnosi e per cure

312 T. Szasz, Sesso a tutti i costi, Feltrinelli, Milano 1982, p. 21 313 Ivi, p. 16

mediche. La sessuologia scientifica è un vero e proprio cavallo di Troia: anche se sembra un dono dello spirito moderno per aiutare il genere umano nella sua lotta per la propria dignità e libertà, in realtà non è altro che un nuovo strumento di pacificazione e di asservimento314”.

Si può cogliere come la posizione di Szasz sia molto simile a quella di Foucault315 e mostri che la psichiatria sia una forma di cura del singolo che, allo stesso tempo, perpetua gli interessi di sicurezza sociale voluti dalle forme statali per tutelare la popolazione. La chiave più evidente di tale passaggio è, anche secondo Szasz, la psichiatrizzazione della sessualità, la quale avviene unicamente perché si attribuisce un valore assoluto alla nozione di salute e tale attribuzione permette di mettere in piedi dei meccanismi che consentono alla medicina, in particolare alla psichiatria, di normalizzare il singolo, il quale interiorizzando cosa è normale e cosa è deviante viene portato ad attuare dei comportamenti che consentono la tutela della collettività. L’importanza del pensiero di Szasz risiede, inoltre, nel fatto di aver avuto la fortuna, a differenza di Foucault, di vivere a lungo (1920-2012) e di poter così descrivere anche la nostra contemporaneità. Non a caso nel 2007 offre alle stampe un libro dal titolo The

Medicalization of Everyday Life316, nel quale ribadisce come la nostra società sia sempre più

interpretabile a partire dalla cornice della medicalizzazione che le dona senso e che la psichiatria, attraverso l’enorme diffusione dei vari DSM (manuali psichiatrici), sta radicalizzando la tendenza alla psichiatrizzazione del reale quale forma di regolazione e protezione sociale. In particolare, egli evidenzia come la sessualità sia, ieri come oggi, uno dei temi fondamentali che rientrano nel campo della psichiatria, tanto che a suo parere tale situazione trova sempre più legittimità a partire dal fatto che il DSM abbia creato un consenso unanime attorno al valore terapeutico della disciplina psichiatrica.

314 Ivi, p. 17

315 Bisogna precisare che esiste anche un punto di divergenza tra le teorie di Szasz e quelle di Foucault sulla

medicalizzazione, esso è fornito dall’analisi del liberalismo. Infatti, per Szasz la soluzione alla medicalizzazione incessante della vita viene offerta dal liberalismo, ovvero dalla possibilità di mettere la medicina nel libero mercato, situazione che conduce i soggetti ad approcciarsi liberamente al medico. Per Foucault, al contrario, come esprime nel corso al Collège de France del 1978-1979 dal titolo Nascita della biopolitica, il liberalismo è proprio ciò che implementa e sviluppa la tendenza alla medicalizzazione della società. La possibilità, libera, di scelta se servirsi o meno della medicina è comunque sempre indotta dalla cornice medica dedita alla normalizzazione.

316 Il libro è una racoltà di saggi scritti tra il 1962 e il 2006 che presenta il tema della medicalizzazione della vita,

mostrando come esso non sia un problema relativo unicamente alla volontà di acquisire potere da parte della classe medica, ma essa rappresenta la cornice che permette di dar senso alle nostre modalità esplicative. Inoltre, il fatto che il testo si rappresenti così coeso nel proprio svolgimento mette in luce come la medicalizzazione che dona possibilità esistenziale alla psichiatrizzazione possa essere letta ed interpretata all’interno della società di ieri come di oggi

6.

CHE COS’È IL DSM? IL FUNZIONAMENTO DELLA

PSICHIATRIA ODIERNA

La soggettività, l’affetto, le emozioni, i sentimenti morali, la vita psichica permeano oggi l’insieme della società e aprono un varco significativo all’interno della conoscenza scientifica. Nozioni come quella di salute mentale e sofferenza psichica […] occupano ormai una posizione di primo piano. A. Ehrenberg, La società del disagio, Einaudi, 2010 Torino, p. IX