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Si è potuto cogliere come Foucault individui dalla fine del XVIII secolo una mutazione delle modalità di esplicazione del potere, il quale passa dal voler punire e reprimere, al voler creare e plasmare i comportamenti per renderli utili al proprio esercizio. In poche parole il filosofo francese mostra come il potere muti la propria applicabilità, passando dal voler mettere in mostra se stesso tramite la sanzione dei comportamenti, al voler diventare il più invisibile possibile al fine di insinuarsi nella quotidianità di ogni gesto. L’oggetto di tale potere diviene dunque il corpo, che viene preso in carico da una serie di elementi disciplinari che devono garantire il costante assoggettamento e incanalamento delle sue forze verso la possibilità di rendersi docile e utile alla società e alla perpetuazione del potere stesso. Al centro delle discipline si pone il concetto di norma, in quanto tali forme di potere non si fondano più su un discorso puramente giuridico derivante dalle scelte legate alla sovranità, ma poggiano su un piano discorsivo di normalizzazione, affondando il loro nucleo di sapere non nel diritto ma nelle scienze umane. La norma, come precisa costantemente Foucault, non deve essere intesa

174 M. Foucault, L’extension sociale de la norme, in Dits et Écrits, V. II, Gallimard, Parigi 2001, p. 75 175Ivi., pp. 75-76

in senso negativo di restrizione ovvero come un dominio, ma essa deve essere intesa in senso positivo come un’espansione, un movimento estensivo e creativo che, ampliando progressivamente i limiti del suo campo d’azione, costituisce effettivamente da se stesso il campo d’esperienza a cui le norme vengono ad applicarsi176. Si può così affermare che la forza delle norme risiede nella possibilità positiva di determinare l’esistenza di quegli elementi che vuole controllare177. L’essenza del potere disciplinare risiede quindi nel

meccanismo di normalizzazione, che altro non vuol dire che plasmare e creare dei comportamenti che, pur rientrando in un paradigma dato, non reprimono il corpo e lo slancio vitale, ma lo alimentano e lo ampliano al fine di incanalarlo all’interno di una via e di un ordine preciso. Le tecniche disciplinari sono, quindi, delle tecniche positive che producono un determinato tipo di soggettività, non accontentandosi di reprimerne una soggettività già data, ma instaurano al centro della vita il concetto di norma e di normalità, riuscendo a far passare tali concetti come discorsi ed enunciati veritativi valevoli per la nostra epoca che comportano lo strutturarsi della vita umana su di essi. Le discipline riescono, così, a prendere sotto la propria giurisdizione una serie di comportamenti umani che le leggi non riescono a cogliere, tanto che in Sorvegliare e punire Foucault sostiene che ciò che attiene alla penalità disciplinare è ogni tipo di situazione che non si adegua alle regole, ovvero ogni cosa che se ne distanzia. Tale situazione decreta che l’ordine disciplinare deve far rispettare delle prassi che sono imposte da una legge, proprio come nel precedente potere politico, che trova però la propria base esplicativa e veritativa in un ordine naturale da rilevare178. In altri termini il potere sovrano impone unicamente delle regole e dei comportamenti, invece le discipline ampliano tale giurisdizione plasmando la visione dell’uomo, il quale più che cercare di adattare il proprio comportamento alle istanze assolute di un sovrano, sente di doversi adeguare a delle regole di natura. Si passa, così, da un modello puramente giuridico (prescrizione da parte di qualcuno di regole), ad un modello normativo-biologico che vede nell’osservazione e nell’esame del reale la possibilità di cogliere le norme della natura. Per tal ragione l’istanza per eccellenza del potere disciplinare, secondo Foucault, diviene l’esame, ovvero il potere disciplinare si esercita imponendo a tutti di rendersi continuamente visibili tramite la possibilità di scrutare gli altri e se stessi mediante le interrogazioni prodotte da

176 P. Macherey, Da Canguilhem a Foucault, la forza delle norme, ETS, Pisa 2011, p. 74

177 Su questo punto Foucault scrive: “c’è dunque, nel corso del XVIII secolo, un processo generale di normalizzazione […] la norma non si definisce affatto nei termini di una legge naturale, ma a seconda del ruolo disciplinare e coercitivo che è capace di esercitare negli ambiti cui si rivolge. La norma, di conseguenza, è portatrice di una pretesa di potere. La norma non è un principio di intelligibilità; è un elemento a partire dal quale un determinato esercizio del potere si trova fondato e legittimato. […] la norma non ha per funzione quella di escludere, di respingere. Al contrario, essa è sempre legata a una tecnica positiva di intervento e di trasformazione, a una sorte di progetto normativo”. Gli Anormali, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 52-53

codici naturali che prendono il nome di sistema d’esame. Dunque, nella società della norma ogni soggetto deve essere continuamente esaminato per verificare se egli devia o si allinea alla naturalità delle norme di funzionamento, ciò non vuol dire che i soggetti sono sempre osservati dall’esterno, in quanto la forza del potere disciplinare è quella di far sì che i soggetti esercitino continuamente l’esame su se stessi per cogliere se si allineano o meno alle norme naturali prestabilite. In caso contrario ricercano le possibilità o i metodi per esercitarsi a rientrare in esse ed essere quindi cittadini attivi all’interno della società. Tale modalità di porre in essere perpetuamente l’esame fa di ogni soggetto un caso179, cioè crea per la prima

volta nella storia la possibilità di descrivere, misurare, valutare e comparare le individualità, e, in base a ciò, diviene possibile prescriverne una modalità di addestramento, di correzione, dunque di normalizzazione. In altri termini come scrive lo stesso Foucault: “a lungo

l’individualità qualunque – quella di chi sta in basso e di tutti – è rimasta al di sotto della soglia di descrizione. Essere guardato, osservato, descritto in dettaglio, seguito giorno per giorno da una scritturazione, era un privilegio. La cronaca di un uomo, il racconto della sua vita, la sua storiografia redatta lungo il filo della sua esistenza facevano parte dei rituali della sua potenza. Ora i procedimenti disciplinari invertono questo rapporto, abbassano la soglia della individualità descrivibile e fanno di questa descrizione un mezzo di controllo e un metodo di dominazione180”. Dunque, Foucault mette in luce come l’esame diventi un

principio che fissa in maniera naturale le differenze individuali incatenando ciascuno alla propria singolarità, poiché se una volta gli status, i privilegi erano decisi in base alla nascita (nobiltà-popolo-schiavitù), con la disciplina gli status vengono decisi dall’esame delle caratteristiche dei singoli corpi che, in base alle risposte che possono fornire alle norme, assumono la possibilità di svolgere una particolare funzione all’interno della società. Infatti, il filosofo francese scrive: “l’esame è il centro di procedure che costituiscono l’individuo come

effetto e oggetto di potere, come effetto e oggetto di sapere. È l’esame che combinando sorveglianza gerarchica e sanzione normalizzatrice, assicura le grandi funzioni disciplinari di ripartizione e classificazione, di estrazione massimale delle forze e del tempo, di cumulo genetico continuo, di composizione ottimale delle attitudini181”. Per tal ragione il potere

disciplinare funziona tramite l’instaurazione di norme, le quali si reggono sull’esame che porta i meccanismi storico-rituali di formazione dell’individualità a diventare dei meccanismi scientifico-disciplinari, in cui il normale è diventata la misura per calcolare l’uomo. Ciò rende possibile la nascita delle scienze legate all’uomo stesso, le quali si prendono cura di

179 Ivi., pp. 209-212 180 Ivi., p. 209 181 Ivi., p. 210

misurarlo, di analizzarlo e di schematizzarlo, avendo come fine quello di renderlo normale. Si coglie così come Foucault sostenga che: “l’individuo è senza dubbio l’atomo fittizio di una

rappresentazione ideologica della società, ma è anche una realtà fabbricata da quella tecnologia specifica del potere che si chiama disciplina.[…] il potere produce; produce il reale; produce i campi di oggetti e rituali di verità. L’individuo e la conoscenza che possiamo assumere derivano da questa produzione182”.