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Abbiamo colto come le prime opere di Foucault dalla Storia della follia sino all’Ordine del

discorso siano funzionali, all’interno della questione che ci occupa, a mettere in luce come

non sussista alcuna possibilità di asserire che la medicina o qualunque altro tipo di sapere corrisponda ad un’esperienza che si è espressa lungo tutto la storia dell’uomo secondo le medesime modalità. Abbiamo altresì visto come il problema principale per Foucault, in tali opere, possa essere riassunto nell’individuazione dei criteri discorsivi che fungono da elementi veritativi di un determinato tipo di strutture esistenziali date all’interno di una determinata epoca. In altri termini possiamo asserire, come sostiene Raffaele Ariano, che l’interesse del primo Foucault si era espresso attorno ai rapporti tra sapere e soggettività. Infatti, egli si pose la questione attorno alla possibilità di rinvenire i criteri che hanno fatto sì che nella nostra cultura i saperi prendessero ad oggetto la soggettività umana e, di pari passo, si interrogò sulle modalità attraverso cui le funzioni epistemologiche connesse a una certa concezione moderna della soggettività hanno influenzato la nostra cultura, determinando le

156 M. Foucault, L’ordine del discorso, in Il discorso, la storia, la verità, Einaudi, Torino 2001, p. 23 157 Cfr. C. Sini, Il profondo e l’espressione, Ipoc, Milano 2014, pp. 6-7

forme stesse della conoscenza158. Dunque, Foucault mostra come il soggetto, inteso quale espressione trascendentale che dona senso al reale, sia una costruzione recente e sia del tutto necessario guardare a questa descrizione per poter cogliere le modalità attraverso le quali dei particolari discorsi, che non potevano esistere prima di tale nascita, si sono legittimati e affermati quali verità epocale. In particolare, il filosofo francese sostiene che è proprio nell’indagare i discorsi che è possibile capire l’ordine di verità che una determinata cultura fa funzionare, in quanto è solo tramite la ricostruzione dei discorsi leciti e di quelli non leciti che si può cogliere lo spirito proprio di una determinata epoca. Foucault evidenzia, però, che oltre all’analisi dei discorsi sia di fondamentale importanza carpire quali siano i poteri, le istituzioni, i processi economici e i rapporti sociali che sorreggono gli stessi discorsi. Per tal ragione la svolta degli anni ’70 rappresenta l’intenzione da parte del filosofo francese di studiare la relazione tra sapere, campo discorsivo, e potere, inteso quale campo non discorsivo dove si articolano sfera politica ed economica. Tale situazione comporta anche una parziale svolta nel quadro epistemologico su cui l’opera di Foucault poggia, mutamento che porta Foucault ad abbandonare il metodo archeologico in favore dell’adozione di un metodo genealogico centrato sull’idea che sia l’ambiente istituzionale e concreto, nel cui ambito certi discorsi vengono prodotti e funzionano, a trasformare i fenomeni linguistici in vere e proprie pratiche sociali in grado di condizionare la vita reale e produrre determinati effetti di potere. Come sottolinea Campesi, per Foucault i regimi di verità cessano così di riferirsi alle loro pure condizioni epistemiche di esistenza, per essere riletti in rapporto agli effetti di potere che producono e in cui sono catturati159. Foucault spiega il proprio passaggio al metodo genealogico in un testo del 1971, dal titolo Nietzsche, la généalogie, l’Histoire160, in cui

sostiene che la genealogia è una pratica che si oppone al metodo storico tradizionale in quanto il suo scopo è “ricercare la singolarità degli eventi, fuori da ogni finalità monotona; gettare

lo sguardo dove non ci si aspetta là dove la storia si è sviluppata”161. In altri termini Foucault

sostiene che il genealogista riconosce come situazioni artificiali tutto ciò che ha a che fare con le istanze profonde della verità o con le misteriose interiorità della coscienza. Come sostengono giustamente Dreyfus e Rabinow, il suo principio-guida potrebbe essere sintetizzato in: non credere alle identità storiche, poichè esse non sono altro che maschere e

158 R. Ariano, Morte dell’uomo e fine del soggetto, Indagine sulla filosofia di Michel Foucault, Rubbettino,

Torino 2014, pp. 173-174

159 G. Campesi, Soggetto, disciplina, Governo. Michel Foucault e le tecnologie politiche moderne, Mimesis,

Milano 2011, p. 85

160 Dits et Écrits, V. I, Gallimard, Parigi 2001, p. 1004-1024 161 Ivi., p. 43

esortazioni all’unità162. Non è quindi un caso che il compito del genealogista, secondo Foucault, sia quello di distruggere il primato delle origini, ovvero delle credenze in una verità immutabile, al fine di prendere ad esame il gioco della volontà, tanto che in luogo delle origini, dei significati nascosti o di una semplice intenzionalità, il genealogista Foucault scopre rapporti di forza che si manifestano in eventi particolari, in movimenti storici, nella storia stessa163. Ciò però non deve essere ad appannaggio di un soggetto, né individuale né

collettivo da cui dipenda il movimento della storia. In altri termini il filosofo francese sostiene che non è il soggetto che determina il potere, ma il rapporto di forze che operano in qualsiasi situazione storica particolare è reso possibile unicamente dallo spazio che definisce queste forze. Il compito del genealogista è quello di studiare l’apparire dei conflitti che definiscono e determinano un dato spazio164. Ciò che è fondamentale capire è che la genealogia del potere foucaultiana non vede nel soggetto alcuna possibilità naturale a cui si può far ritorno, poiché lo stesso altro non è che il prodotto di determinati dispositivi di sapere e potere. Per spiegare tale asserzione Foucault sostiene che, anche le situazioni e le condizioni che l’uomo si è abituato a pensare come ciò che di più certo esiste, come il corpo non si possono sottrarre al regime della storia, tanto che scrive: “noi pensiamo […] che il corpo almeno non ha altre

leggi che quelle della fisiologia e che sfugge alla storia. Errore di nuovo; esso è preso in una serie di regimi che lo plasmano; è rotto a ritmi di lavoro, di riposo e di festa; è intossicato da veleni – cibo o valori, abitudini alimentari e leggi morali insieme […] la storia effettiva si distingue da quella degli storici per il fatto che non si fonda su nessuna costante; nulla nell’uomo - nemmeno il suo corpo – è abbastanza saldo per comprendere gli altri uomini e riconoscersi in essi. […] la storia sarà effettiva nella misura in cui introdurrà il discontinuo nel nostro stesso essere […] non lascerà nulla sotto di sé che abbia la stabilità rassicurante della vita o della natura165”. Nulla per Foucault può essere definito senza rinvenire la sua

iscrizione nella storia, persino il corpo umano non è rappresentabile attraverso costanti biologiche, come avviene ad esempio in medicina, ma esso (il corpo) è un’entità complessa inscritta all’interno di una rete di dispostivi di sapere-potere che lo producono e lo modellano.

162 H. L. Dreyfus, P. Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, La casa Usher, Firenze 2010, pp. 163 163 Ivi., p. 165

164 Dreyfus e Rabinow spiegano, in maniera chiara, tale situazione utilizzando le seguenti parole: “i soggetti non preesistono prima, per entrare in seguito in relazioni conflittuali o armoniose. Nella genealogia, i soggetti compaiono su un campo di battaglia, sul quale, e soltanto su di esso, svolgono la loro funzione. Il mondo non è una rappresentazione che consenta di mascherare una realtà più vera nascosta dietro le quinte. Il mondo è così come esso appare. In ciò sta la profondità dell’intuizione genealogista”. Ivi., p. 166