Il dibattito critico, molto vivo negli ultimi anni, verte sulla possibilità di dare o meno ragione alla posizione di Clarke, la quale sostiene che l’ingegneria genetica e le nuove forme di biomedicina facciano mutare il paradigma della medicalizzazione in biomedicalizzazione. Attraverso i miei studi e le mie ricerche sono giunto alla conclusione di aderire alla posizione
di Peter Conrad, il quale sostiene che questo cambiamento lessicale, nonostante sia affascinante e ben strutturato, non sia ad oggi richiesto, poiché l’enchancement non ha mutato il criterio di normalizzazione proposto da Foucault nella sua teoria della medicalizzazione e il concetto di trasformazione dell’uomo, che può avvenire ad esempio con l’ingegneria genetica, rimane pur sempre ancorato alle pratiche di normalizzazione, regolamentazione e protezione dei progetti vitali assicurate dalla cornice della medicalizzazione. A questo proposito Conrad scrive: “a mio giudizio Clarke et al. perdono di vista il processo di medicalizzazione stesso
[...] Clark et al. vedono il passaggio alla biomedicalizzazione come spostamento dal controllo medico sulla natura esterna al controllo e trasformazione della natura interiore. Queste mi sembrano tutte osservazioni acute. Ma l’affermazione che il cambiamento biomedicalizzato rappresenta un passaggio dalla modernità alla postmodernità dipende interamente da ciò che si considera come postmoderno261”.
Per cogliere tale situazione bisogna prima di tutto far riferimento all’enhancement, inteso come criterio primo che muta il paradigma della medicalizzazione a quello della biomedicalizzazione. Con tale termine, come evidenzia Douglas262, s’intende l’utilizzo della tecnica biomedica per raggiungere scopi differenti dalla sola cura o dalla sola prevenzione delle malattie: in altri termini con il vocabolo enhancement si fa riferimento alla possibilità di attuare degli interventi finalizzati a migliorare quelle che, al momento, sono le disposizioni naturali umane, dunque le condizioni che caratterizzano attualmente la natura e le potenzialità dell’uomo. A questo proposito Harris sostiene che: “noi abbiamo raggiunto un punto nella
storia umana nel quale ulteriori tentativi di rendere il mondo un posto migliore includeranno non solo cambiamenti sul mondo, ma anche cambiamenti sull’umanità, forse con la conseguenza che noi, o i nostri discendenti, cesseranno di essere umani nel senso in cui noi comprendiamo questa idea263”.
Da questa definizione si può cogliere che l’enhancement sia una pratica che condensa dentro sé tutte le tecniche in grado di aumentare il benessere psichico delle persone, le loro capacità cognitive e fisiche, oppure la durata della vita. In particolare Nikolas Rose individua quattro aeree nelle quali la biotecnologia si sta ormai muovendo oltre la terapia, per proseguire obbiettivi di potenziamento e ottimizzazione della vita, esse sono: 1) Bambini migliori, diagnosi prenatali, selezione degli embrioni, ingegneria genetica degli embrioni e modificazione del comportamento tramite farmaci; 2) Prestazione superiori negli sport; 3)
261 P. Conrad, Le mutevoli spinte della medicalizzazione, in Salute e Società, N. 2, 2009, p. 39 (nota 1)
262 T. Douglas, Enhancement in Sport, and Enhancement Outside Sport, in Studies in Ethics, law and technology,
n. 1, 2007, p. 9
263 J. Harris, Enhancing evolution. The ethical case for making better people, Princeton University Press, 2007,
Corpi senza età – tutto il complesso di tecnologie finalizzate a prolungare il periodo di vita in salute; 4) Anime felici – alterazioni della memoria e, in particolare, miglioramento dell’umore attraverso i farmaci della famiglia degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina)264. Si può così affermare che questi quattro punti siano quelli che consentono a Clarke di affermare che siamo all’interno di un meccanismo di biomedicalizzazione che muta lo sguardo dalla normalizzazione alla ottimizzazione che avviene tramite la trasformazione. Vorrei esaminare brevemente questi quattro punti per dimostrare come, a differenza di quanto sostenuto da Clarke, in nessuno di tali ambiti si possa parlare di una mutazione della normalizzazione verso l’ottimizzazione, ma l’ottimizzazione non è altro che uno dei criteri che rientra all’interno delle modalità di normalizzazione.
Il primo punto è rappresentato dalle tecniche finalizzate alla creazione tramite manipolazioni embrionali o genetiche dei nascituri, essa svolgono la duplice funzione di far nascere delle persone potenzialmente sane, ma allo stesso tempo possono progettare dei nascituri con i caratteri richiesti come l’altezza, i colore degli occhi ecc. In altri termini quando si parla di tale tecnica si fa riferimento a ciò che sin dal 1883 con Francis Galton265 prende il nome di “eugenetica”, ovvero della possibilità tramite la combinazione di matrimoni nell’ottocento, o oggi attraverso la manipolazione dei geni, di influenzare e indirizzare la razza umana verso delle caratteristiche che sono più auspicabili per vivere in maniera proficua nel mondo. In particolare oggi si parla di “eugenetica da libero mercato” o “eugenetica liberale”, la quale, pur ispirandosi a quell’ambito di studi coniato da Galton e utilizzato tristemente dal nazismo (idea di razza ariana da perseguire), crede nella possibilità di realizzare e progettare i nascituri, svincolando tale situazione dal disegno centrale statalizzato e lasciando tutte le decisioni nelle mani dei genitori. In particolare Nicholas Agar spiega l’eugenetica liberale con le seguenti parole: “mentre i seguaci vecchio stile e autoritari dell’eugenetica miravano a
produrre cittadini da un solo stampo progettato in modo centralizzato, il tratto distintivo della nuova eugenetica liberale è la neutralità dello Stato266”. A favore di questa pratica si
schierano diversi filosofi ed intellettuali americani, tra i quali spicca il nome di Robert Nozick che propone il concetto di supermercato genetico, ovvero i genitori scelgono liberamente le caratteristiche da dare ai propri figli senza che nessuno intervenga dall’esterno per obbligarli a
264 N. Rose, La politica delle vite, Einaudi, Torino 2008, p. 125
265 Galton che è considerato il fondatore delle teorie eugenetiche scrive: “quello che la natura fa ciecamente, lentamente e brutalmente, l’uomo lo può realizzare con lungimiranza, rapidità e delicatezza […] il miglioramento del nostro lignaggio mi sembra uno dei più alti scopi che ci sia dato di perseguire razionalmente”. F. Galton, Essay in Eugenics, in Eugenics Education Society, London 1909, p. 42
fare alcune scelte267. Anche Ronald Dworkin e John Rawls sostengono che con ci sia nulla di negativo nel donare delle competenze genetiche che possano migliorare la vita dei soggetti futuri sulla terra. A questo proposito Michael J. Sandel esaminando le proposizioni e gli autori che sostengono l’eugenetica liberale, propone per essa la seguente definizione: “l’eugenetica
liberale […] non è un movimento di riforma della società, ma un modo in cui i genitori privilegiati cercano di avere il tipo di figli a loro più gradito, e di attrezzarli al successo in una società competitiva268”. Da questa definizione possiamo cogliere come la possibilità di
agire sui geni e di creare a piacimento dei genitori determinati tipi di caratteristiche sia ad oggi pensata come una scelta totalmente libera, ovvero non imposta dalla centralità del pensiero Statale, e concepita come la possibilità di donare delle caratteristiche che renderanno il soggetto maggiormente capace di esprimersi nel mondo. In questo caso si può dunque parlare di enhancement e di ottimizzazione dell’uomo, ma tale situazione a ben vedere non può essere smarcata dal concetto di normalizzazione. Infatti, tutti gli autori sostengono che il principio primo che fa agire le persone nel tentativo di produrre delle migliorie genetiche sia quello di dotare i figli di geni che gli consentano di agire in maniera migliore nella società già data. Questo vuol dire che tutte le caratteristiche che un genitore sogna per il figlio in realtà sono il frutto di una situazione che lui stesso ha interiorizzato e che lo porta a vedere, nelle stesse capacità, le possibilità per adeguarsi meglio al mondo competitivo in cui viviamo. Siamo lontani dalla possibilità di creare delle situazioni che puntino a migliorare l’uomo superando i criteri di normalità, poiché la stessa possibilità di pensare la normalità è già iscritta nell’ottica di chi crea le possibilità di produrre l’enhancement. Per tal ragione il fatto stesso che la medicalizzazione rappresenti la cornice del nostro agire e che questa cornice determini le possibilità esplicative della soggettività, decise dal potere biopolitico, fa sì che anche i miglioramenti dovuti alle pratiche di ingegneria genetica si leghino ad un’idea di normalità profondamente radicata nelle soggettività. Inoltre, con l’eugenetica da libero mercato si ripropone l’essenza del potere biopolitico, ovvero l’onnicomprensività del suo agire rispetto al potere sovrano. Questo avviene perché il potere sovrano avrebbe agito prescrivendo le caratteristiche che si dovevano tramandare, invece oggi non è più lo Stato che prescrive, ma sono i soggetti singoli che volontariamente scelgono di rinunciare ad alcune caratteristiche rispetto ad altre e lo fanno in nome della possibilità di aiutare i loro figli ad adattarsi alla normalità condivisa. Si coglie come la manipolazione genetica più che un atto di totale libertà, rappresenta un atto di normalizzazione estrema, poiché la medicalizzazione che porta alla normalizzazione, riuscendo a decretare le modalità di soggettivazione, determina
267 Cfr. R. Nozick, Anarchia, stato e utopia, Il Saggiatore, Milano 2000, p. 320 268 M. J. Sandel, Contro la perfezione, Vita e Pensiero, Milano 2008, p. 83
anche le possibilità che i soggetti stessi scelgono di dare ai loro posteri tramite l’agire genetico.
Il secondo punto è rappresentato dalle prestazioni superiori negli sport, ovvero dalla possibilità di utilizzare o dei miglioramenti, come delle protesi per correre e saltare più veloci, oppure delle sostanza dopanti che aumentano la resistenza o la massa muscolare. Gli interventi sono tutti funzionali alla possibilità di favorire le caratteristiche corporee al fine di far raggiungere il massimo grado di sviluppo del proprio corpo in relazione ad una singola pratica sportiva269. Anche in questo caso non è pensabile una fuoriuscita dalla norma, infatti
nell’ipotetica situazione in cui tutti gli sportivi partecipanti ad una gara si dopassero, vincerebbe nuovamente chi ha i maggiori doni personali espressi con allenamento ecc. Un esempio per cogliere questa situazione è rappresentato dai costumi chiamati “costumoni” che vennero usati nelle discipline natatorie durante le olimpiadi del 2008 e vennero banditi dallo stesso sport nel 2009, poiché si colse che essi garantivano troppo vantaggio a chi li utilizzava. Effettivamente tale situazione di vantaggio e svantaggio poteva sussistere in un momento in cui tale tecnologia era ad appannaggio solo di alcuni sportivi, ma già nel post-olimpiadi tutti i nuotatori (sino a quando non li bandirono) fecero ricorso a tale costume annullando di fatto ogni possibilità di dare vantaggio ad uno rispetto ad un altro. In altri termini, il doping nello sport sembra obbedire a quell’istanza propria della norma descritta da Foucault, ovvero che essa non solo determina le modalità di comportamento, ma per la sua essenza ne plasma sempre di nuove e si estende sempre ad ogni situazione. In questo caso si può capire come l’utilizzo di un miglioramento possa fuoriuscire da una norma per pochissimo tempo, il tempo di una gara, poiché da quella successiva sarà normale che tutti gli atleti utilizzino la stessa tecnologia per gareggiare e il piano di normalità si livellerà su quel determinato tipo di tecnologia. Anche in questo caso pur potendo parlare di ottimizzazione, non si può parlare di postumano o di scindere tale pratica dalla normalizzazione, poiché l’essenza primaria della medicalizzazione è proprio quella di accrescere sempre di più l’area della norma e lo sport obbedisce a tale cornice di senso.
Il terzo punto “corpi senza età” è relativo a tutte le possibilità dalla chirurgia estetica, all’utilizzo di creme anti-rughe, all’assunzione di viagra per poter mantenere la vitalità sessuale ecc. In questo caso la trattazione non richiede molte parole, si può cogliere come tale situazione sia ampiamente iscritta all’interno della medicalizzazione, infatti le rughe e le normali situazioni vitali, impedimenti strutturali a compiere atti sessuali, perdita di capelli, aumento della massa grassa ecc., vengono vissute quali malattie da curare. L’ottimizzazione
in questo caso si basa sulla possibilità di scindere tra normale, essere sempre giovani, e deviante abbandonarsi alla propria età. Ciò deriva dal fatto che l’istanza fondamentale dell’arte di governo della popolazione è quella di mantenere la forza lavoro e di istituire tramite la salute delle modalità di comportamento utili alla sicurezza della stessa. Dunque, ergere la giovinezza a chiave veritativa funge da processo di normalizzazione utile al perdurare delle possibilità esplicative delle verità proprie dell’istanze biopolitiche. In poche parole, i corpi senza età sono uno dei massimi frutti di una società medicalizzata che ricorre ad ogni tecnica pur di rispondere alle esigenze dei soggetti, i quali avendo interiorizzato che le rughe sono delle patologie sfruttano ogni novità biotecnologia per eliminarle. Si comprende come non sia possibile separare anche in questo caso il concetto di ottimizzazione da quello di normalizzazione.
L’ultimo caso è quello delle “anime felici” ovvero il miglioramento dell’umore attraverso i farmaci della famiglia degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). In particolare gli atti condotti sulla psiche dell’uomo al fine di migliorarne le disposizioni naturali si chiamano psychic enhancement. Il dibattito sul psychic enhancement prende le mosse dalle riflessioni condotte da Peter D. Kramer svolte nel libro Listening to Prozac. Questo libro è la più grande fonte di riflessione sul fenomeno, tanto che ha dato il via alla pubblicazione di una lunga serie di studi tendenti ad analizzare, criticare o confermare la tesi dello psichiatra Kramer. In particolare l’opinione che egli riporta nel libro assume il nome di
cosmetic psychopharmacology. Kramer sostiene che proprio come utilizziamo il trucco per
sembrare più belli, la palestra per potenziare il nostro fisico, la lettura per divenire più intelligenti, sia possibile utilizzare il Prozac (inteso come simbolo di farmaci antidepressori) per migliorare noi stessi. In Listening to Prozac egli compie una profonda riflessione sul tipo di competenze che la società oggi richiede, ovvero rapidità, duttilità, energia etc., secondo Kramer tali qualità sono alla base di una buona vita, ovvero consentono al soggetto di rapportarsi in un mondo competitivo270. Questo rapportarsi con il reale permette allo stesso di migliorare le proprie relazioni sia con il lavoro, sia con le altre persone e questo cambiamento conduce all’instaurazione delle condizioni per essere felici. Il Prozac e gli antidepressivi hanno acquisito la reputazione di migliorare l’umore, di agevolare le azioni e di trasformare in senso favorevole le personalità dei soggetti. A questo proposito Kramer riporta una serie di casi, trattati da lui, in cui i soggetti migliorano il proprio umore e il proprio rapportarsi nel mondo grazie all’utilizzo di tale farmaco, riuscendo a vincere tristezza, paura, insicurezza ecc., che minacciavano il loro slancio vitale. In altri termini Kramer sostiene che attraverso
l’artificiale - il farmaco - si possa ottenere nuovamente il normale, cioè la padronanza della nostra vita; ad esempio estirpando la tristezza (depressione) saremmo in grado di relazionarci con gli altri, saremmo capaci di cogliere le situazioni vitali che ci vengono offerte e riusciremo a togliere quella condizione che rappresenta una zavorra e non ci fa realizzare il nostro potenziale essere. Per Kramer l’artificiale permette di realizzare il normale, che altro non è che il nostro potenziale progettarsi nel mondo. Proprio come un cosmetico migliora il volto di una persona, rendendola più sicura di affrontare il mondo, così gli antidepressivi migliorano l’umore del soggetto rendendolo più sereno di rapportarsi al reale. Ne segue che Kramer sostenga che tutte le procedure di psychic enhancement siano funzionali non ad una ottimizzazione fine a se stessa, ma attraverso l’ottimizzazione l’uomo ritrova la propria naturalità dell’esprimersi all’interno delle norme sociali. In altri termini, questa forma di miglioramento rientra nuovamente nel concetto di normalizzazione propria della medicalizzazione, tanto che il compito principale di queste nuove tecniche biomediche (farmaci SSRI) è quello di permettere ai soggetti un miglioramento cognitivo che le consenta di conformarsi meglio all’interno della società.
Dalla breve trattazione dei quattro punti indicati come le espressioni odierne dell’enhancement si è potuto cogliere come le innovazioni biotecnologiche, pur costituendo delle novità che necessitano di essere studiate e comprese, non riescono a far mutare il paradigma della medicalizzazione, che si rivolge al singolo per avere una normalizzazione della popolazione, verso il paradigma della biomedicalizzazione che si rivolge non alla normalizzazione della popolazione, ma alla ottimizzazione del singolo. Infatti, tutte le forme di ottimizzazione, da quelle legate all’ingegneria genetica sino a quelle del psychic
enhancement, non riescono a reggersi sulla volontà dei singoli individui, ma s’inseriscono
all’interno delle decisioni che si formano tramite la cornice della medicalizzazione che suddividendo tutti in normale e deviante, dona anche le possibilità e la volontà da parte del soggetto di realizzare delle innovazioni sul proprio corpo che lo possano rendere più normale e conforme ai bisogni della società in cui vive. Dunque, la volontà di progettare un soggetto con alcune determinate caratteristiche, oppure la volontà di assumere dei medicinali che possano far diminuire le rughe o la volontà di ingerire delle pillole che riducano timidezza e ansia, sono tutte decretate dalla volontà di realizzare la propria normalità attraverso l’ottimizzazione del corpo, ovvero rispettano l’essenza del paradigma della medicalizzazione. Per tal ragione, proprio come asserisce Conrad, il paradigma della biomedicalizzazone, pur essendo molto interessante, vede nell’enhancement la volontà di giungere al postumano, quando in esso si scorge la volontà di naturalizzare con maggior rigore la propria umanità più
che la volontà di superarla. La chiave interpretativa, allora, è relativa al cogliere cosa s’intenda con il termine postumano, in quanto ad oggi non sembra che le tecniche di enhancement possano davvero produrre un’ottimizzazione che non sia iscritta nella normalizzazione del vivente. Ne segue che quando si sostiene che la biomedicina agisca per la realizzazione dei sogni dei singoli soggetti non si commette un errore, poiché essa agisce per la realizzazione del sogno del soggetto medicalizzato, ovvero essere sempre più normale e allontanare da lui ogni forma di devianza. È sotto quest’ottica medicalizzata e normalizzante che il paradigma biomedico continua a muoversi, cioè esso non offre la possibilità di realizzare situazioni completamente svincolate dalla medicalizzazione, poiché la medicalizzazione stessa è la cornice in cui si formano gli atti, tra i quali compare anche l’enhacement. Il miglioramento umano è dunque una forma radicale di normalizzazione frutto della cornice di medicalizzazione che dona senso alla soggettività e al reale.
Probabilmente il vero cambiamento di paradigma che segnerà il passaggio dal controllo della popolazione alla realizzazione dei desideri avverrà in futuro e solo tale situazione porterà ad una nuova forma di umanità che si potrà definire postumana. Si può così asserire che la biomedicalizzazione sia proprio come la farmacologizzazione, l’automedicalizzazione e la costruzione medicalizzata della vita, una delle modalità attraverso le quali si può studiare un punto particolare – l’influenza delle biotecnologie – all’interno di quella cornice di senso che è la medicalizzazione della vita.