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Il DSM-III è dunque uno strumento atto alla classificazione delle malattie mentali, che depurando il sistema diagnostico da ogni riferimento alla psicoanalisi, tramite l’uso di un sistema multiassiale e politetico che garantisce l’universalità dello sguardo psichiatrico (il quale deve, secondo gli intenti dell’APA, fondare per la prima volta nella storia della psichiatria la possibilità di avere una base comune su cui poter operare), decreta la possibilità per la disciplina psichiatrica di fondarsi quale pratica medica basata su principi comuni, comunicabili e condivisibili. In altri termini, il DSM-III rappresenta l’inizio di una nuova fase della scienza psichiatrica, la quale raggiunge un grado di maturazione tale da poter finalmente ostentare delle regole condivise e universali, sulle quali edificare una base solida di intenti e di intenti operativi per gli psichiatri di tutto il mondo. A questo proposito uno degli storici del DSM più conosciuti Steeves Demazeux scrive: “dalla metà degli anni

ottanta, negli Stati Uniti e, via via in tutto il resto del mondo, più nessun insegnamento di psicopatologia è stato tenuto senza fare riferimento ai criteri del DSM. Inoltre, si può constatare che la nuova classificazione si vendeva bene sia agli psicologi che ai lavoratori nel campo del sociale sia agli psichiatri330”. Questa affermazione è ben supportata da due

studiosi, che possono e devono essere considerati come i maggiori divulgatori e critici delle differenti redazioni del DSM, Stuart Kirk e Herb Kutchins che nel loro notevole lavoro di studio del DSM-III dal titolo The Selling of DSM. The Rhetoric of Science in Psychiatry331 hanno scritto le seguenti parole: “i redattori del DSM-III sono riusciti a far passare l’idea di

aver apportato una rivoluzione epocale nella maniera di pensare di porre la diagnosi psichiatrica […] Sotto differenti aspetti si può asserire che questa rivoluzione è davvero riuscita. La differenza tra il nuovo manuale e quello che lo ha preceduto (DSM-II, 1968) è impressionante, e la sua popolarità, misurata dalle vendite, e senza precedenti. Divenne messo immediatamente al centro di tutte le discussioni sulla diagnosi, sia negli Stati Uniti che

330 S. Demazeux, Qu’est-ce que le DSM?, Ithaque, Paris 2013, p. 147

331 Ho consultato in testo nella versione francese, tradotta con il titolo: Aimez-Vous le DSM? Le triomphe de la psychiatrie américaine, Les Empêcheurs de penser en rond, Paris 1998

in tutto il resto del mondo. È citato in quasi tutte le pubblicazioni sulla salute mentale: nel 1990 più di 2300 titoli o abstract di articoli scientifici si riferiscono esplicitamente a questo manuale. La gran parte dei colloqui clinici e delle ricerche psichiatriche si svolgono entro lo spazio che esso delimita. Quasi tutti gli psichiatri hanno accolto questo nuovo approccio come una ridefinizione della psichiatria che la rende più compatibile con l’emergere di una definizione biologica dei disturbi mentali, e di conseguenza portano la psichiatria verso la medicina, terreno da cui essa era esclusa sino agli anni ‘70332”. Le tendenze descritte Kirk e

Kutchins sono confermate anche dall’analisi di Goleman, il quale riporta che nei soli Stati Uniti dal 1975 (prima del DSM-III) al 1990 (dopo il DSM-III) il numero di psichiatri è passato da 26.000 a 36.000, quello degli psicologi clinici da 15.000 a 42.000 ed un incremento significativo si è registrato anche in tutte le professioni legate alla salute mentale, tanto che si passa da 72.000 persone addette alla salute mentale prima del DSM-III a quasi 198.000 persone impiegate in essa dopo dieci anni dall’uscita del manuale. A questo proposito gli studiosi Schulberg e Manderscheid documentano come nel medesimo tempo siano aumentati anche i numeri delle istituzioni dedite alla sanità mentale, infatti dal 1970 al 1984 il numero di strutture specializzate nella cura della malattia mentale è raddoppiato333. La cifra di ospedali privati è cresciuta del 47%, quella degli ospedali che dispongono anche di assistenza psichiatrica è cresciuta del 59% e gli interventi in campo psichiatrico tra il 1975 e il 1989 è aumentato del 300%334. A questo proposito lo studioso Robert Whitaker, nel 2010, ha asserito che: “la diagnosi di malattia mentale si è diffusa in maniera incredibile, essa è

cresciuta in dimensioni e portata nel corso degli ultimi cinque decenni, infatti nella sola America vengono diagnosticati ogni giorno come malati mentali 850 adulti e 250 bambini335”. Whitaker, nella propria pubblicazione, mette in luce come in America nel 1955

(prima dell’DSM-III, era in vigore allora il DSM-I) si registravano 566,000 persone ospitate negli istituti di Igiene mentale, di cui solo 355,000 erano diagnosticate come affette da una patologia mentale, mentre gli altri erano affetti da Alzheimer o avevano disturbi legati all’alcolismo. La relazione in quell’anno era di una diagnosi di malattia mentale ogni 468 persone. Nel 1987 le persone ricoverate aumentarono sino al numero di 1,25 milioni, rideterminando la proporzione tra popolazione e diagnosi di malattia mentale 1:184 abitanti. Con la stesura dei DSM che seguirono l’avvento del DSM-III, nel 1987 il DSM-III-r, nel

332 S. Kirk, H. Kutchins, Aimez-Vous le DSM? Le triomphe de la psychiatrie américaine, Les Empêcheurs de

penser en rond, Paris 1998, pp. 33-34

333 D. Goleman, New paths to mental health put strains on some healers, in The New York Times, 17 maggio,

1990

334 H. C. Schulberg, R. W. Manderscheid, The changing network of mental health service delivery, in The future of menthal healt services research, 1989

1994 il DSM-IV, nel 2000 il DSM-IV-TR e nel 2013 il DSM-5 le diagnosi aumentarono nuovamente e lo stesso Whitaker riporta che nel 2007 la nuova proporzione è di una diagnosi di malattia mentale ogni 76 americani. Tali dati vengono confermati anche dal professore di psichiatria Richard J. McNally, il quale scrive:“ quasi il 50 per cento degli americani sono

stati malati di mente ad un certo punto della loro vita, e più di un quarto hanno sofferto di malattie negli scorsi dodici mesi. La malattia mentale a quanto pare è dilagante negli Stati Uniti. Queste sono le sorprendenti conclusioni emerse dalla National Co-morbidity Survey Replication (NCSR), uno studio condotto tramite interviste psichiatriche, su un campione di più di novemila adulti. Studi condotti in altri paesi, evidenziano tassi altrettanto alti di diagnosi di malattia mentale336”.

Questi dati dimostrano come il DSM-III ebbe una diffusione eccezionale, che comportò un grande utilizzo delle modalità diagnostiche decretate dall’APA, con il conseguente rilancio dell’immagine della psichiatria la quale passò da disciplina di “nicchia”, come era negli anni’50, ad una delle forme mediche più studiate e più in voga negli anni ’90 e che continua di giorno in giorno a crescere a sia per numero di psichiatri che per numero di pazienti337. In altri termini, il DSM-III rivoluzionò il modo di fare psichiatria, riuscendo tramite il principio dell’ateoreticità e dell’universalità dello sguardo diagnostico a portare la disciplina psichiatrica ad avere un riconoscimento sociale. Come sottolinea Gabbard in una delle più importanti pubblicazioni recenti sulla professionalità dello psichiatra338, il DSM-III e le edizioni successive hanno consentito alla psichiatria di affermarsi come professione, di trovare un posto all’interno della società e di alimentare il dibattito sulla figura professionale dello psichiatra stesso. Quindi, se per il resto della medicina il riconoscimento sociale è avvenuto secoli e secoli prima, la psichiatria ha dovuto aspettare il 1980 e la pubblicazione del DSM-III, il quale ha permesso ad essa di diventare una disciplina medico-scientifica conosciuta e utilizzata in ogni parte del mondo. Seguendo un’espressione oramai largamente utilizzata e ispirata dai lavori di Andreasen339, il DSM-III e le successive edizioni rappresentano la bibbia della psichiatrica, in quanto tale manuale ha offerto un testo sacro e di importanza straordinaria, nonché fondativa e veritativa, per l’organizzazione e la diffusione della scienza psichiatrica e della professione dello psichiatra.

336 R. J. McNally, What is mental illness, Harvard University Press, 2011, p. 1

337 Vedi E. Shorter, A History of psychiatry. From the Era of the Asylum to the Age of Prozac, John Wiley &

Sons, 1997

338 G. O. Gabbare et All, Professionalism in Psychiatry, American Psychiatric Publishing, Washington 2012 339 N. C. Andreasen, DSM and the Death of Phenomenology in America: An Example of Unintended Consequences, in Schizophr. Bull., Oxford University Press, 2007, n. 33, pp. 108-112

4) La legittimazione della scienza psichiatrica: un viaggio nella storia della