Nel precedente paragrafo si è potuto capire come la psichiatria ha acquisito la possibilità di riferire qualsiasi devianza, ritardo ecc. a uno stato di degenerazione e, grazie a ciò, giustifica una possibilità indefinita di ingerenza nei comportamenti umani. Si può asserire che gli studi di Foucault mettano in luce come la psichiatria, con la teoria della degenerescenza, abbia dato vita ad un soggetto patologico, l’anormale, il quale con il suo comportamento viola le leggi di natura più che le leggi sociali. Ciò che Foucault ci rivela è che la psichiatria, potendo fare a meno di dimostrare uno stato morboso evidente (alterazione biologica) ma potendo comunque riferire ogni atteggiamento contrario alla società ad uno stato ereditario e definitivo si mette in condizione non solo di dover guarire, ma di poter instaurare dei meccanismi di protezione della società. Si deve dunque cogliere l’importanza della sessualità, poiché essa rappresenta la chiave per legare l’individuo alla propria specie, il che comporta la volontà di curare l’individuo per proteggere la specie. In particolare la cura prospettata per la degnerescenza è quella di evitare che persone anormali possano riprodursi aggravando così lo stato di degnerescenza all’interno della popolazione. Il discorso politico diviene sempre più biologizzato e trasforma il fine della medicina, la quale non deve solo curare il singolo, ma deve immunizzare l’intera società. Il dispositivo di sessualità diventa ciò che permette l’instaurazione di tutto questo meccanismo, poiché riesce a far breccia su ciò che di più naturale-biologico sussiste e che, allo stesso tempo, determina la ricchezza e la sussistenza della popolazione: il sesso e la riproduttività. In altri termini, si esercita un potere sull’uomo che non vede in esso una persona giuridica, ma un essere vivente da regolare, il che comporta
che non si vuole punire unicamente la violazione della norma giuridica, ma si vuole controllare l’allontanamento dalla norma biologica, che determina completamente ogni aspetto di realtà e di azione esercitato dall’uomo, il che porta a sostenere che non si vuole più punire ciò che si fa, ma si vuole normalizzare ciò che si è. Dunque, il pericolo biologico viene issato a cuore della società, ma, allo stesso tempo, si donano le possibilità esplicative alla psichiatria per ergersi a fonte di sicurezza e garante dell’ordine all’interno della medesima società. Si passa così da una società di diritto regolata dal potere giuridico, ad una società della norma sostenuta dalla medicalizzazione e, in particolare, dalla medicalizzazione della vita garantita dalla psichiatria. In particolare la psichiatria può adempiere a tale compito, perché riesce a rovesciare l’istanza medica, tanto che essa non deve necessariamente portare delle prove tangibili del proprio agire terapeutico, ma organizza il proprio sapere attorno alla nozione d’istinto (nel precedente capitolo abbiamo visto come la medicina sessuale si stacchi da quella organica proprio grazie “all’invenzione” dell’istinto”). Non è un caso che Foucault scriva: “a partire dall’istinto la psichiatria del XIX secolo potrà ricondurre nell’ambito della
malattia e della medicina mentale tutti i turbamenti, tutte le irregolarità, tutti i grandi turbamenti e tutte le piccole irregolarità di comportamento che non dipendono dalla follia propriamente detta. A partire dalla nozione d’istinto potrà organizzarsi, intorno a ciò che era un tempo il problema della follia, la problematica dell’anormale al livello delle condotte più elementari e quotidiane301”. Tramite la nozione d’istinto la psichiatria assume la possibilità di
essere ascritta non solo a modello medico, ma anche a forma biologica, che porta la stessa a potersi interessare delle patologie legate all’evoluzione che, a loro volta, riposano sul concetto d’istinto. Foucault spiega, però, come il concetto d’istinto non nasca quale scoperta interna al sapere psichiatrico, ma esso sia il frutto di una determinata distribuzione di giochi di potere, alcuni caratteristici dell’istituzione giudiziaria, altri caratteristici del sapere medico che si relazionano assieme per mezzo dell’ordine veritativo e delle istanze proprie del governo biopolitico della popolazione. In particolare il filosofo francese sostiene che la psichiatria fa riferimento al concetto d’istinto solo quando non può riscontrare in alcuni atti la presenza del delirio o di alienazione, ciò comporta come scrive lo stesso Foucault che : “l’istinto permette
di ridurre a termini intellegibili lo scandalo giuridico che costituirebbe un crimine senza interesse, senza motivo e che, di conseguenza non sarebbe punibile, Inoltre, permette di invertire scientificamente l’assenza di ragione di un atto in un meccanismo patologico positivo302”. Foucault mostra così come il potere psichiatrico diventi ciò che può garantire
l’ordine e porta come esempio più semplice per cogliere tale situazione la legge francese del
301 Ivi., p. 122 302 Ivi., p. 127
1838 relativa al ricovero degli alienati in manicomio. Essa prevedeva che fosse possibile effettuare un ricovero d’ufficio (ciò che noi, oggi, in Italia chiamiamo T.S.O.) motivato dallo stato di alienazione dell’individuo, la quale potrebbe essere atta a compromettere l’ordine e la sicurezza pubblici. Come sostiene Foucault tale legge, frutto di un tempo dedito alla normalizzazione derivante dalla medicalizzazione porta lo psichiatra a porre la domanda: abbiamo davanti a noi un individuo capace di turbare l’ordine o di minacciare la sicurezza pubblica? Il sapere psichiatrico cessa così di occuparsi unicamente della follia, interessandosi agli istinti, ovvero s’interessa a tutti i comportamenti umani e alle ragioni che sanciscono tali movimenti. Si avvera così un’inversione della pratica terapeutica, poiché come scrive Foucault: “mentre nella medicina organica il medico formula oscuramente una domanda di
questo tipo: mostrami i tuoi sintomi e ti dirò che malato sei, nella prova psichiatrica la domanda è molto più gravida di conseguenze, comporta molte implicazioni in più. Il suo tenore è il seguente: con quello che tu sei, con la tua vita, con ciò di cui ci si lamenta a tuo riguardo con quello che fai e con quello che dici, forniscimi dei sintomi non tanto affinché io possa sapere quale malato tu sia, ma perché di fronte a te io possa essere un medico303”. In
altri termini, si può asserire che il discorso psichiatrico esercitando la sua diagnosi fa valere una duplice modalità di agire, da un lato per mezzo della nozione d’istinto - la quale permette di non riferirsi unicamente agli stati di follia evidenti, ma anche alle attitudini biologiche della specie tramandate nel singolo - consacra la vita di un individuo come tessuto di sintomi patologici, dall’altro proprio agendo in questo modo si consacra come prassi medica. Per tal ragione la psichiatria si costruisce quale scienza dell’anormalità, dunque quale funzione normalizzante, la quale funge da tecnica di difesa rispetto ai pericoli posti dall’agire dell’uomo. La psichiatria diviene ciò che può assicurare il sistema di sicurezza sociale, poiché come chiarisce il filosofo francese:“il punto effettivo su cui si esercita il sapere psichiatrico
non è sin dal principio, né essenzialmente, quello che consente di specificare, di caratterizzare, di spiegare la malattia. Detto in altri termini, mentre un medico ha come compito principale o come obbligo, per via della posizione che occupa, di rispondere ai sintomi, ai lamenti del malato, attraverso un’attività di specificazione, di caratterizzazione […] lo psichiatra, invece, non è chiamato in causa né convocato a tale scopo […] allo psichiatra ci si rivolge a un livello ancora precedete, a una soglia che sta più in basso, e precisamente nel punto in cui si tratta di decidere se c’è o meno malattia304”. L’ordine
veritativo proprio della medicalizzazione che attribuisce verità ai concetti di naturale- biologico che vengono resi norma dalle pratiche mediche, le quali rientrano all’interno del
303 M. Foucault, Il potere psichiatrico, Feltrinelli, Milano 2010, p. 232 304 Ivi., p. 225
potere biopolitico atto alla messa in sicurezza della popolazione tramite la cura dell’individuo, trovano nell’agire psichiatrico una delle proprie massime espressioni. Infatti, la psichiatria si occupa di curare i soggetti in base alle alterazioni delle loro condotte, al fine di tutelare la popolazione dai comportamenti devianti che la potrebbero perturbare. Foucault asserisce: “la
psichiatria dovrà psichiatrizzare tutta una serie di condotte, di turbamenti, di disordini, di minacce, di pericoli. Insomma: tutto ciò che è dell’ordine del comportamento e non più del delirio, della demenza o dell’alienazione mentale305”. Si mette così in mostra come la
psichiatria, attraverso la psichiatrizzazione dei comportamenti, sia una delle massime istanze agenti all’interno del meccanismo di medicalizzazione, la quale può naturalizzare delle tendenze devianti senza dover dimostrare apertamente i problemi biologici che le sottendono e che le descrivono quali patologie. Infatti, tramite il meccanismo dell’istinto, che deriva dalle possibilità proprie della ricerca psichiatrica, che si sono focalizzate sulla degenerescenza, si può far breccia su ogni comportamento e azione umana determinando se sia lecita o non lo sia. La psichiatria diviene, dunque, l’agente di protezione sociale della popolazione che agisce tramite la presa in carico della vita individuale.