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ALCUNI TEMI DALL’AGENDA GIUSFILOSOFICA SUL CONCETTO DI VALIDITÀ

LA VALIDITÀ (IM)POSSIBILE SOSPENSIONE, SUPERAMENTO O SINTESI DI REALISMO E NORMATIVISMO

1. ALCUNI TEMI DALL’AGENDA GIUSFILOSOFICA SUL CONCETTO DI VALIDITÀ

Stabilire quando e se una norma giuridica sia valida è un problema con cui si confrontano, innanzitutto, i giuristi pratici: infatti, solo le norme valide possono trovare applicazione per la regolamentazione di certe attività o per la risoluzione delle controversie, nei vari contesti in cui vengono in rilievo. Tuttavia, il concetto comune di validità, quello adoperato implicitamente nella prassi, può essere sfuggente e contraddittorio, e di nessuna utilità nei casi difficili, e reclama, perciò, una robusta riflessione teorica.

Non può poi essere negato il nesso profondo che lega la nozione validità ed il concetto di diritto, nel senso che, mentre può discutersi se una norma ingiusta sia ancora da considerarsi diritto, una norma giuridicamente invalida certamente non lo è, salvo che la validità non sia a sua volta definita in modo tale da incorporare o essere, per così dire, sensibile a standard morali.

L’indagine sulla natura della validità, e delle questioni teoriche ad essa connesse, si configura, quindi, come uno dei compiti principali della filosofia del diritto, oltre che delle discipline, quali la teoria generale del diritto e la dogmatica giuridica, che si occupano della sistematizzazione del materiale normativo positivo: è, però, la prospettiva più propriamente filosofica sulla validità ad interessarci in questa sede.

Da questo angolo visuale, occorre, dunque, chiedersi, in primo luogo, che cosa diciamo quando affermiamo che una norma, o un ordinamento nel suo complesso sono validi.

Dei molti interrogativi che solleva il concetto o, meglio, il termine “validità”, quello che forse precede logicamente tutti gli altri riguarda la sua definibilità o meno quale predicato, cioè attributo o qualità, o insieme di attributi e qualità esibiti dalla norma o dal sistema nel suo complesso.

Secondo Amedeo G. Conte531 l’atto costitutivo della teoria della validità è la definizione di

questa non come predicato, bensì come esistenza: dire che una norma è valida è lo stesso che dire

531 CONTE, Amedeo G., Validità, in ID., Filosofia del Linguaggio Normativo I. Studi 1965-1981, Torino,

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che essa esiste. Con l’adozione di questa tesi, diviene, quindi, possibile indagare i rapporti che la validità intrattiene con una costellazione di nozioni collegate, su tutte l’obbligatorietà.

Se la validità è la specifica esistenza di una norma, ciò significa che essa è al contempo appartenenza della norma ad un ordinamento, come esistenza specifica all’interno di un ordinamento dato: si può dire che la validità della norma sia il suo esistere per l’ordinamento532.

Allora, scrive Conte: “[U]na norma è valida in un ordinamento se, e solo se, o essa ha fondamento di validità in quell’ordinamento (se essa ha titolo di validità in quell’ordinamento), o se essa è fondamento di validità in quell’ordinamento (se essa è titolo di validità, cioè la norma fondamentale, di quell’ordinamento)”533. Quindi, kelsenianamente, se essa è la norma

fondamentale oppure se si fonda su di essa.

Quanto alla validità dell’ordinamento, esso sarà valido se è esplicativo della realtà sociale, ossia se ne costituisce un modello teoretico, ovvero se è effettivo, vale a dire, nella terminologia contiana, se funge da modello pratico534.

Trascorrendo dal quesito intorno alla natura della validità, la cui risposta resta inevitabilmente aperta, a quello intorno alle condizioni che consentono di affermare la validità di una norma, può constatarsi che, per l’impostazione generalmente condivisa, una norma può dirsi valida quando sia stata creata conformemente alle norme formali e sostanziali di rango superiore che, rispettivamente, ne disciplinano la produzione e ne delimitano il contenuto possibile535.

Per Guastini, la validità in senso formale è un concetto di relazione, non riducibile all’appartenenza al sistema, che coglie il rapporto tra la norma e le fonti di produzione. È rispetto al concetto materiale di validità che emerge il tratto dell’appartenenza al sistema.

532 Ivi pp. 132-3.

533 Ivi p. 133.

534 Ivi p. 143. Si segnala anche CONTE, Amedeo G., Studio Per Una Teoria Della Validità, in ID., Filosofia del

Linguaggio Normativo I. Studi 1965-1981, cit., pp. 55-74. Qui Conte sostiene che per impostare correttamente

l’indagine sulla validità occorra distinguere una “tetrade” dei concetti di norma, che va così analiticamente scomposta: enunciato deontico, che ha la forma “il comportamento C è D”, dove D è uno dei modi deontici (obbligo, permesso, divieto); enunciazione deontica, che è il token del type enunciato deontico; proposizione deontica, ossia ciò che esprimono gli enunciati deontici; status deontico, come analogo dei fatti (p. 62). Il problema della validità deve essere affrontato con riferimento alla norma intesa come enunciato deontico (p. 67), che ammette almeno tre tipi di usi prescrittivo (si prescrive uno status deontico, costitutivamente), descrittivo (si descrive uno status deontico,

constativamente) e ascrittivo (si ascrive uno status deontico a comportamenti o eventi; si veda pp. 68 ss.). Nei tre casi

la validità si atteggia differentemente: per gli enunciati deontici prescrittivi l’indagine verte sulle condizioni di validità, sul senso oggettivo della norma e sul suo rapporto con la norma fondamentale; per gli enunciati deontici descrittivi, occorre chiedersi se possiedano un valore di verità, ed allora quali siano, altresì, le condizioni di verificazione, o se, invece, partecipino della deonticità; per gli enunciati deontici ascrittivi, la validità può con maggiore sicurezza essere considerata alla stregua della verità degli enunciati medesimi (pp. 71 ss.).

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Nondimeno, Guastini puntualizza che appartenenza e validità sono, in realtà, concetti ben distinti, dal momento che vi possono essere norme appartenenti al sistema eppure invalide, o addirittura né valide né invalide, come nel caso della costituzione.

Un modo per affinare l’analisi della nozione di validità è distinguere tra le fonti, cioè i testi, e le norme536. Se si considera la questione della validità dalla prospettiva delle fonti, essa si

configura in termini formali come rispetto delle condizioni procedurali affinché una certa fonte sia appunto da considerarsi diritto. L’indagine sulla validità intesa in questo senso è puramente fattuale. Dall’angolo visuale delle norme, invece, rileva eminentemente la dimensione materiale del contenuto: qui la validità dipenderà dalla coerenza o conformità alle norme superiori.

Si può allora affermare che la validità in senso pieno debba comprendere entrambe le dimensioni, ed è questa l’accezione adottata nei giudizi di legittimità costituzionale: ciò implicherebbe una connessione tra diritto e morale, sia pure contingente, in quanto le costituzioni includono standard valoriali e principi cui la legislazione deve conformarsi. Ne discende, quale corollario, che, almeno negli stati costituzionali, la tesi della separazione di diritto e morale non può applicarsi.

Vi sono diverse strategie teoriche per definire la validità di modo che essa includa o divenga permeabile a considerazioni di valore. Tralasciando il positivismo di matrice kelseniana, che negava recisamente ogni incidenza della morale sulle questioni relative alla validità, tesi che più di recente è divenuta caratteristica del cd positivismo esclusivo, ed il giusnaturalismo, che, all’inverso, postula una connessione necessaria tra il diritto e la morale che si riverbera sulla dimensione della validità, emergono due impostazioni teoriche che si collocano in posizione intermedia tra questi due estremi: il cd giuspositivismo inclusivo e l’incorporazionismo, che solo ad un esame superficiale appaiono simili, come evidenzia Matthew Kramer537.

Il positivismo inclusivo si caratterizza per la tesi del carattere contingente del rispetto di certi requisiti morali quale condizione necessaria per l’appartenenza al sistema di una norma giuridica: per coloro che sottoscrivono questa posizione, se vi è una connessione tra diritto e morale in questo senso è una questione che riguarda i singoli ordinamenti. L’incorporazionismo, per contro, ammonta alla tesi secondo la quale il rispetto di valori e principi morali è contingentemente condizione sufficiente per l’appartenenza ad un dato ordinamento giuridico538. In entrambi i casi

l’appartenenza si può riformulare come validità.

536 PINO, Giorgio, Positivism, Legal Validity, and the Separation of Law and Morals, “Ratio Juris”, Vol. 27, N. 2, 2014,

pp. 190-217, pp. 207-11.

537 KRAMER, Matthew H., Moral Principles and Legal Validity, “Ratio Juris”, Vol. 22, N. 1, March 2009, pp. 44-61. 538 Scrive Kramer: “Incorporationism maintains that moral principles regularly regarded by a regime’s officials as

legally determinative are indeed legal norms, notwithstanding that they may never have been laid down in any explicit sources such as legislative enactments or judicial rulings. When officials do regularly engage in a practice of treating

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Un altro modo di affrontare la questione è chiedersi, brandomianamente, cosa facciamo quando diciamo che una norma è valida.

Una prospettiva particolarmente interessante sulla validità è quella proposta da Giovanni Sartor, il quale la identifica senz’altro con la vincolatività, sostenendo, però, che non si tratti di una nozione legata all’azione, bensì eminentemente al ragionamento giuridico539. L’elaborazione

di Sartor è densa e merita di essere esaminata in dettaglio nel corso del capitolo. Basti qui evidenziare, introduttivamente, che egli sottoscrive la tesi di stampo inferenzialista secondo la quale i concetti giuridici svolgono un ruolo di mediazione tra precondizioni e conclusioni normative: per quanto concerne il concetto di validità, il suo contenuto centrale è dato dalle conseguenze che derivano nell’argomentazione dal qualificare una norma come valida. Sostenere che la validità equivale alla vincolatività – equazione sostenuta anche da Kelsen – significa che la validità di una norma può sostenere una conclusione in un ragionamento giuridico ed in ciò risiede il suo aspetto normativo. Va sin da ora sottolineato che in questo quadro, affermare la validità di una norma ammonta alla sottoscrizione di un impegno doxastico circa la capacità della norma di sostenere la conclusione di un ragionamento giuridico. Di questo, però, ci occuperemo in dettaglio nelle prossime sezioni.

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