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ISTITUZIONALISMO E NEOISTITUZIONALISMO RICOGNIZIONE CRITICA

2. L’ISTITUZIONALISMO GIURIDICO CLASSICO.

2.2. SANTI ROMANO

Nell’opera L’Ordinamento Giuridico, Santi Romano affronta innanzitutto il problema della definizione del diritto380: egli ritiene che le definizioni generali che si incentrano sul suo essere

379 MACCORMICK, Neil; WEINBERGER, Ota, An Institutional Theory Of Law: New Approaches To Legal Positivism,

Dordrecht, Reidel, 1986, pp. 24-6.

380 ROMANO, Santi, L’Ordinamento Giuridico, Firenze, Sansoni, 1945, pp. 9 ss. Si segnalano sull’istituzionalismo di

Romano i seguenti contributi: ALVAZZI DEL FRATE, Paolo, L’Institutionnalisme Juridique Dans La Doctrine Italienne

Du XXe Siècle : Considérations Sur L’Institutionnalisme De Santi Romano, “Revue d’Histoire des Facultés de Droit et

de la Culture Juridique”, n. 32, 2012, pp. 389-396; GARCÍA MIRANDA, Carmen María, La Unidad en el Concepto de

Ordenamiento Jurídico de Santi Romano, “Anuario da Facultade de Dereito”, N. 2, 1998, pp. 287-297; MAESTRI, Enrico, Teoria delle Istituzioni, Forme dell’Agire Istituzionale ed Ideologia Tecnocratica, “Annuali dell’Università di

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un complesso di norme sono inadeguate perché, a ben guardare, finiscono per ridurlo alle sue parti. L’ordinamento è, invece, una unità a sé concreta ed effettiva distinta dai singoli elementi che lo compongono, ossia le norme: “l’ordinamento giuridico, così comprensivamente inteso, è un’entità che si muove in parte secondo le norme, ma, soprattutto, muove, quasi come pedine in uno scacchiere, le norme medesime, che così rappresentano piuttosto l’oggetto e anche il mezzo della sua attività, che non un elemento della sua struttura”381.

La distinzione tra l’ordinamento e gli elementi che lo compongono consente di spiegare, da un lato, perché esso rimane immutato anche nell’ipotesi in cui si modifichino le norme che ne fanno parte, e dall’altro, consente di dare conto del carattere obiettivo del diritto come entità che pone la norma, da cui questa trae, di riflesso, la propria oggettività, essendo un mezzo dell’Io sociale: “ Il carattere dell’obiettività è quello che si ricollega all’impersonalità del potere che elabora e fissa la regola, al fatto che questo potere è qualche cosa che trascende e s’innalza sugli individui, che è esso medesimo diritto” 382. Nella visione di Romano, peraltro, la sanzione non è

elemento essenziale o definitorio del diritto: l’aspetto sanzionatorio può non emergere in relazione alle norme, essendo immanente eppur latente nell’apparato organico dell’ordinamento383.

Il concetto di diritto, allora, va compreso nei seguenti termini: deve ricondursi al concetto di società, nel senso che esso è estraneo alla sfera puramente individuale e nel senso che laddove vi è una società, là si ha un fenomeno giuridico384; esso, inoltre, deve includere l’idea di ordine

sociale in contrapposizione alla forza bruta o all’arbitrio. Ciò significa che il diritto è organizzazione e struttura prima che norma, costitutivo della società come ente a se stante: il diritto, in definitiva, è istituzione385.

Più in dettaglio, per Romano l’equazione tra i concetti di diritto e istituzione ha carattere necessario ed assoluto, sicché in senso obiettivo diritto significa, innanzitutto, ordinamento nella sua unità, e, quindi, norme singole o raggruppate che traggono la loro giuridicità dalla connessione con l’istituzione di cui sono elementi - connessione che è, quindi, condizione

Ferrara”, Nuova Serie, Vol. XVI, 2002, pp. 307-322; SANDULLI, Aldo, Santi Romano and The Perception of The Public

Law Complexity, “Italian Journal of Public Law”, Vol. 1, 2009, pp. 1-38.

381 ROMANO, Santi, op. cit., p. 13. 382 Ivi p. 17.

383 Ivi pp 18-20.

384 Precisa Romano: “Per società deve intendersi non un semplice rapporto fra gli individui, come sarebbe, per

esempio, il rapporto di amicizia, al quale è estraneo ogni elemento di diritto, ma un’entità che costituisca, anche formalmente ed estrinsecamente, un’unità concreta, distinta dagli individui che in essa si comprendono. E deve trattarsi di un’unità effettivamente costituita”. Ivi pp. 21-2.

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necessaria e sufficiente per acquisire tale carattere - così distinguendosi da precetti di altra natura, ad esempio morali o di etichetta.

Quanto alla nozione di istituzione, Romano attribuisce ad Hauriou il merito di avere introdotto nell’ambito della teoria del diritto la nozione di istituzione svincolata dalla questione della personalità giuridica, senza tuttavia accoglierne le tesi, specialmente quella secondo cui l’istituzione è la fonte del diritto, mentre per Romano, come si è detto, vi è identità tra i due concetti386. Egli ritiene che per istituzione debba intendersi ogni ente o corpo sociale che possieda

una esistenza obiettiva e concreta, vale a dire che, pur essendo immateriale, deve possedere una esteriorità che ne consenta l’individuazione; e che sia espressione della natura propriamente sociale dell’uomo. Inoltre, deve essere un ente chiuso, epistemologicamente e normativamente, anche se la sua autonomia può essere imperfetta, potendo far parte di altre istituzioni complesse. Infine, l’istituzione è una unità permanente che non muta né viene meno col trasformarsi dei suoi elementi costitutivi387.

Nondimeno, Romano pone una notevole enfasi sull’organizzazione come tratto essenziale dell’istituzione: essa è una sfera di diritto oggettivo e il legame intrinseco con l’organizzazione sociale appare in tutta la sua evidenza laddove si consideri che lo scopo fondamentale del diritto è appunto l’organizzazione sociale: “Il diritto non consacra soltanto il principio della coesistenza degli individui, ma si propone soprattutto di vincere la debolezza e la limitazione delle loro forze, di sorpassare la loro caducità, di perpetuare certi fini al di là della loro vita naturale, creando degli enti sociali più poderosi e più duraturi dei singoli. Tali enti vengono a stabilire quella sintesi, quel sincretismo in cui l’individuo rimane chiuso, è regolata non soltanto la sua attività, ma la sua stessa posizione, ora sopraordinata ora subordinata a quella di altri, cose ed energie sono adibite a fini permanenti e generali, e ciò con un insieme di garanzie, di poteri, di assoggettamenti, di libertà, di freni, che riduce a sistema e unifica una serie di elementi in sé e per sé discreti. Ciò significa che l’istituzione, nel senso da noi profilato, è la prima, originaria ed essenziale manifestazione del diritto. Questo non può estrinsecarsi se non in una istituzione, e l’istituzione intanto esiste e può dirsi tale in quanto è creata e mantenuta in vita dal diritto”388.

Se, dunque, il diritto è identificato con l’istituzione, e questa, essenzialmente, con l’organizzazione sociale, ne consegue che le considerazioni morali non assumono alcuna rilevanza rispetto al concetto di diritto, che ha natura puramente formale ed è indifferente ai contenuti materiali: allora, anche una associazione criminale può avere carattere istituzionale e,

386 Ivi pp. 25-9.

387 Ivi pp. 29-33. 388 Ivi pp. 35-6.

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quindi, giuridico, purché essa risponda ai requisiti più sopra esposti, costituendosi come ente immateriale conchiuso ed individuabile389.

Sul piano genetico, le tesi di Romano implicano, contro Kelsen, che all’origine dell’istituzione, in ispecie, di quella istituzione di istituzioni che è lo Stato, non vi sia una norma bensì una situazione di fatto. Esso esiste come ente giuridico, quasi tautologicamente, proprio perché esiste ed ha vita, ed è esclusivamente da quel fatto che esso trae la sua natura di ordinamento che solo in un momento logicamente successivo, pone le singole norme390: “Se è vero che il carattere giuridico di questa è dato dal potere sociale che la determina o, almeno, la sanziona, ne viene che questo carattere deve già rinvenirsi nell’istituzione, che non potrebbe attribuirlo alla norma se già non lo possedesse essa medesima”391. È in questo nesso di

derivazione che si rinviene il carattere obbligatorio del diritto, la sua normatività in quanto fenomeno giuridico: obliterare teoricamente questo aspetto comporta la riconduzione della normatività alla dimensione metagiuridica.

La concezione del diritto come istituzione viene da Romano ulteriormente precisata, distinguendola nettamente dalla nozione di rapporto giuridico, da lui inteso come relazione e non come entità, di modo che il mero collegamento tra una pluralità di individui non attinge ancora la soglia della giuridicità, mancando la reificazione dei rapporti in una forma di organizzazione sociale392.

Romano sottoscrive una forma particolarmente forte di positivismo, radicalmente alternativa al giusnaturalismo, che non ricade, tuttavia, nel sociologismo: “Il concetto di istituzione…è il concetto più positivo che una dottrina giuridica può assumere a suo fondamento: l’istituzione non è una esigenza della ragione, un principio astratto, un quid ideale, è invece un ente reale,

389 Ivi pp. 36-7. Più avanti Romano affina ulteriormente l’argomento circa l’indifferenza per la prospettiva giuridica

del carattere immorale delle istituzioni, uno degli aspetti più controversi e più deboli della sua dottrina: “La illiceità di

esse non vale e non può valere se non di fronte all’ordinamento statuale, che potrà perseguirle in tutti i modi di cui dispone e quindi determinarne anche la fine, con tutte le conseguenze, anche penali, che rientrano nella sua potestà. Ma finché esse vivono, ciò vuol dire che sono costituite, hanno una organizzazione interna e un ordinamento che, considerato in sé e per sé, non può non qualificarsi giuridico. L’efficacia di tale ordinamento sarà quella che sarà, quella che risulterà dalla sua costituzione, dai suoi fini, dai suoi mezzi, dalle sue norme e dalle sanzioni di cui potrà disporre […] Il negare a tale ordine il carattere della giuridicità non può essere che la conseguenza di un apprezzamento etico, in quanto siffatti enti sono spesso delittuosi o immorali; il che sarebbe ammissibile, ove fosse dimostrata quella dipendenza necessaria ed assoluta del diritto positivo dalla morale, che, secondo, noi, in tale senso, che ci sembra molto ingenuo, è invece inesistente” (pp. 100-1)

390 Ivi pp. 41-2.

391 Ivi pp. 42-3. Gli assunti fondamentali della teoria di Romano valgono anche per il diritto internazionale come

ordinamento immanente della comunità degli stati. Vedi pp. 44-54.

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effettivo”393. Per Romano, il concetto di diritto proposto dal normativismo, secondo il quale il

diritto è norma, non è di per sé errato, quanto piuttosto inadeguato e parziale, ben potendosi collocare per così dire a valle rispetto alla tesi fondamentale dell’istituzionalismo, come teoria delle norme poste strumentalmente dall’ordinamento394.

Di speciale interesse, considerati i successivi sviluppi dell’istituzionalismo, di cui ci occuperemo più oltre, è la tesi pluralista che discende direttamente dalle premesse sin qui esposte: gli ordinamenti giuridici sono tanti quante sono le istituzioni rinvenibili all’interno di un corpo sociale. Esse non sono perfettamente isolate ed interagiscono tra loro in vario modo, potendo la loro autonomia essere limitata in vario grado dall’incorporazione in istituzioni più ampie. Nondimeno, afferma Romano, nessuna istituzione, neppure lo Stato, può ricomprendere tutte le altre395, né la qualificazione operata dalla prospettiva di una istituzione, fosse anche lo stato, può

mutare il carattere istituzionale e, pertanto, giuridico di un ente sociale che esibisca le caratteristiche esposte396.

Essendo lo scopo di questo capitolo, e di quelli successivi, l’analisi e la revisione in chiave critica del neoistituzionalismo, non possiamo non menzionare un interessante passo dalla voce Realtà Giuridica contenuto in Frammenti Di Un Dizionario Giuridico397. Qui Romano afferma

espressamente che il diritto crea delle realtà propriamente giuridiche, realtà rispetto alle quali il diritto riveste il carattere di condizione necessaria per la loro esistenza. Non si tratta, si badi bene, di realtà extragiuridiche di cui il diritto si appropria, incorporandole nell’ordinamento, bensì di realtà che il diritto genuinamente crea. Nondimeno, non si tratta di creazioni ex nihilo, che presupporrebbero un illimitato potere creativo del diritto in termini idealistici, in quanto deve pur sempre esservi un sostrato materiale398. Vedremo più avanti, esaminando il pensiero

istituzionalistico contemporaneo, come questa tesi riappaia come uno dei suoi assunti fondamentali, sia pure in forme incomparabilmente più sofisticate e teoricamente consapevoli.

393 Ivi p. 79. Secondo Barberis, Romano, al di là delle sue dichiarazioni, è un positivista in quanto accetta la tesi della

separazione concettuale di diritto e morale e la social source thesis. In particolare, egli sottoscriverebbe la variante evoluzionistica di quest’ultima, secondo la quale il diritto è sì prodotto degli uomini ma il suo significato non si riduce alle azioni intenzionali dei consociati, contrariamente alla tesi sostenuta dalla variante costruttivistica, per la quale il diritto è solo ed unicamente prodotto dell’azione razionale umana. BARBERIS, Mauro, Santi Romano,

Neoinstitutionalism and Legal Pluralism, “The Digest: National Italian American Bar Association Law Journal”, Vol.

21, No. 1, 2013, pp. 27-36, pp. 28-9.

394 ROMANO, Santi, op. cit., pp. 78-84. 395 Ivi pp. 86-88.

396 Ivi pp. 105-6. I rapporti tra le istituzioni o ordinamenti giuridici sono esaminati da Romano nelle pagine che seguono.

I dettagli della sua esposizione non sono rilevanti in questa sede.

397 ROMANO, Santi, Frammenti di un Dizionario Giuridico, Milano, Giuffrè, 1983, pp. 204 ss. 398 Ivi pp. 209-11.

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Spunti critici di un certo interesse sono offerti dalla lettura del pensiero di Romano proposta da Mariano Croce399.

Nonostante le accuse di sociologismo, prospettiva espressamente rifiutata da Romano, come si è detto, questi procederebbe secondo i modi dell’analisi concettuale. Più precisamente, secondo Croce: “Romano severs the ties that traditionally connect law with coercion, organized violence, and/or the state monopoly of force. Law is not backed by power, law is power; it empowers because it organizes. Law is a power that structures, coordinates, instructs, and disciplines. Law is a framework that enables to produce any further instance of power”400.

L’istituzione, dalla quale vengono generate le norme, non si si identifica rispetto ad esse ma rispetto ai ruoli e le funzioni che si riscontrano al loro interno, che trascendono l’operato dei soggetti che transitoriamente siano impegnanti in essa. Il diritto come istituzione permette l’instaurarsi di una connessione tra le regole e i ruoli o funzioni, essendo dirette non agli individui in quanto tali, bensì agli individui in quanto assumano un certo ruolo o svolgano determinate funzioni: “If this is so, then the core of law is not the making of rules, but the social activity that produces and stabilizes the set of informal and intuitive rules underpinning the interactional web of a given population. Rules are separated from the concrete interactional web and are given the shape of stable and impersonal role. Law as institution is precisely what allows to link rules to impersonal roles”401.

L’istituzionalismo romaniano si confronta, però, con un dilemma dal quale non riesce ad uscire. Infatti, se, da un lato, occorre ammettere un pluralismo senza limiti delle istituzioni, allora è ben possibile che si diano simultaneamente numerosi ordinamenti che si sovrappongono e, si suppone, almeno in certa misura confliggono, con il risultato della instabilità dei rapporti tra i consociati; d’altra parte, poiché dette istituzioni hanno pari dignità ontologica e giuridica, viene meno la praticabilità di un criterio ordinatore, ed, infatti, Romano non spiega perché alcune istituzioni, soprattutto lo Stato, godono di un primato politico e giuridico, sostenuto dalla forza, mentre altre istituzioni sono in pratica meramente tollerate. Ciò significa che lo Stato, nell’assenza, all’interno della elaborazione romaniana, delle condizioni per la concettualizzazione della sua supremazia, può reclamare un potere meramente fattuale senza che si possa sensatamente discutere della sua legittimità. Il diritto statale è condannato a restare sullo stesso piano del diritto sportivo, o del diritto ecclesiastico, o, financo, delle regole che reggono i sodalizi criminali402.

399 CROCE, Mariano, Self-Sufficiency of Law: A Critical-institutional Theory of Social Order, Dordrecht, Springer,

2012, pp. 113-125.

400 Ivi p. 116. 401 Ivi.

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