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L’INFERENZIALISMO COME TEORIA DEL SIGNIFICATO E DEL CONCETTO

LINGUAGGIO E PRASSI DISCORSIVA LA TEORIA DI ROBERT B BRANDOM

6. L’INFERENZIALISMO COME TEORIA DEL SIGNIFICATO E DEL CONCETTO

Per Brandom la riflessione sulla natura dei contenuti concettuali non può essere indipendente dalla teorizzazione delle pratiche umane nel cui ambito vengono in rilievo i concetti: detto più semplicemente, la semantica deve rispondere alla pragmatica256.

256 Ivi p. 83. Brandom ha dedicato un certo numero di saggi all’approfondimento dei temi pragmatisti presenti in

Making It Explicit. Si segnalano i seguenti: BRANDOM, Robert. B., Between Saying And Doing: Towards An Analytic

Pragmatism, Oxford University Press, Oxford, 2008; BRANDOM, Robert. B., Perspectives On Pragmatism: Classical,

Recent, And Contemporary, Cambridge (MA), Harvard University Press, 2011; BRANDOM, Robert. B., Pragmatics and

Pragmatisms, in CONANT, James; ZEGLEN, Urszula M. (a cura di), Hilary Putnam: Pragmatism and Realism, Routledge, London, 2002, pp. 40-59; BRANDOM, Robert. B., The Pragmatist Enlightenment (and its Problematic

Semantics), “European Journal of Philosophy”, Vol. 12, No 1, 2004, pp. 1-16; BRANDOM, Robert. B., When Philosophy

Paints its Blue on Grey: Irony and the Pragmatist Enlightenment, “Boundary 2”, Vol. 29, N. 2, Summer 2002, pp. 1-

28. Sul pragmatismo brandomiano si vedano: FAERNA, Ángel Manuel, On Norms and Social Practices: Brandom,

Dewey, and the Demarcation Question, “Transactions of the Charles S. Peirce Society: A Quarterly Journal in

American Philosophy”, Vol. 50, N. 3, 2014, pp. 360-372; GIOVAGNOLI, Raffaela, Osservazioni sul Concetto di “Pratica

Discorsiva Autonoma” in Robert Brandom, “Etica & Politica”, Vol. 10, N. 1, pp. 223-235; KIESSELBACH, Matthias,

Constructing Commitment: Brandom's Pragmatist Take on Rule-Following, “Philosophical Investigations”, Vol. 35,

N. 2, 2012, pp. 101-126; KOOPMAN, Colin, Language Is a Form of Experience: Reconciling Classical Pragmatism and

Neopragmatism, “Transactions of the Charles S. Peirce Society”, Vol. 43, N. 4, 2007, pp. 694-727; Levine, Steven, Brandom’s Pragmatism, “Transactions of the Charles S. Peirce Society: A Quarterly Journal in American Philosophy”,

Vol. 48, N. 2, 2012, pp. 125-140; LEVINE, Steven, Rehabilitating Objectivity: Rorty, Brandom, and the New Pragmatism, “Canadian Journal of Philosophy”, Vol. 40, N. 4, 2010, pp. 567-590; PAPE, Helmut, Pragmatism and the

Normativity of Assertion, “Transactions of the Charles S. Peirce Society”, Vol. 38, N. 4, 2002, pp. 521-542; PICARDI, Eva, Pragmatismo e Teorie del Significato: Rorty, Davidson, Brandom, in R. CALCATERRA (a cura di), Pragmatismo e Filosofia Analitica, Macerata, Quodlibet, pp. 139-158; SANTORO, Daniele, The Modal Bond of Analytic Pragmatism, “Etica e Politica: Rivista di Filosofia On-line”, Vol. 11, N. 1, 2009, pp. 385-411; SZUBKA,Tadeusz, On The Very Idea

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Un aspetto fondamentale nella ricostruzione brandomiana del concettuale è la difesa della priorità del contenuto proposizionale contro l’impostazione tradizionale prekantiana che, a partire da una dottrina dei termini, divisi in singolari e generali (tra cui i predicati), intelligibili indipendentemente dal loro ruolo nell'enunciato, costruiva una dottrina dei giudizi e delle inferenze, presupponendo come primitivo semantico la rappresentazione.

Sussistono, per Brandom, motivi sufficienti per abbandonare l'approccio proposto dalle teorie rappresentazionaliste classiche basate sul meccanismo della designazione, su tutti la difficoltà, presente negli approcci latamente cartesiani, di dare conto del significato rappresentativo dei giudizi che, a differenza dei termini, non corrispondono immediatamente ad una “cosa”.

Egli adotta piuttosto una tesi pragmatista e insieme inferenzialista, secondo la quale i contenuti concettuali presentano una articolazione inferenziale che vive nella prassi linguistica: la padronanza di un concetto ammonta alla presa sulle condizioni e sulle conseguenze inferenziali del suo uso, alla capacità pratica di apprezzarne il ruolo all’interno di un ragionamento257. Ciò

vale anche per i concetti che originano dall’esperienza: il possesso di reliable differential responsive dispositions è non più di una condizione meramente necessaria della classificazione concettuale dello stimolo, la quale dipende appunto dal ruolo che gioca nel game of giving and asking for reasons.

Corollario di questa tesi è l'olismo riguardo ai concetti: per poter usare un singolo concetto bisogna possederne molti, conoscere i rapporti di derivazione, preclusione e conseguenza che sussistono tra di essi258.

Anche per Brandom, come per Sellars, inferire è essenzialmente una attività, qualcosa che si fa, che presuppone una abilità pratica, un know how che consiste nel trattare implicitamente come corrette o meno le transizioni inferenziali nel processo interpretativo. È attraverso questa attività o, meglio, nello svolgersi di essa che noi possiamo avere presa sui concetti, in quanto articolati inferenzialmente, ed è in questa attività che le norme concettuali hanno presa su di noi.

Ulteriore corollario dell’inferenzialismo pragmatico è la priorità del proposizionale giacché sono le proposizioni l’unità minima delle inferenze, di cui costituiscono premesse o conclusioni259. I concetti, allora, possiedono non solo una articolazione inferenziale ma hanno

altresì forma proposizionale e in quanto tali sono suscettibili di essere trattati razionalmente. Quanto alla nozione di inferenza, Brandom, ancora una volta seguendo Sellars, rifiuta gli approcci rigidamente formalistici, ammettendo, accanto alle inferenze formalmente rispondenti

257 Ivi pp. 85 ss.

258 Ivi pp. 89-91. 259 Ivi pp. 91-2.

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alle leggi della logica, anche le inferenze materiali, la cui validità dipende dal contenuto concettuale delle premesse e delle conclusioni.

Egli raffina l’intuizione sellarsiana pervenendo alla conclusione che le inferenze materiali corrispondono al contenuto concettuale delle espressioni non logiche, mentre le inferenze valide in virtù della loro forma logica corrispondono al contenuto concettuale delle espressioni logiche260. Le prime, inoltre, possono vantare una priorità teoretica sulle seconde, in quanto le

inferenze formali possono essere definite a partire da quelle materiali, mentre non vale l’inverso. Le inferenze materiali possono essere codificate attraverso l’uso del condizionale e, quindi, venire tematizzate e criticate come impegni inferenziali linguisticamente espliciti.

Un altro aspetto caratteristico dell’inferenzialismo brandomiano, discendente dalle tesi sopra esposte, risiede nel riconoscimento del carattere mutevole dei concetti, sottoponibili a critica, sia nei loro usi particolari che nel complesso della loro inferential significance, nell’ambito del gioco del dare e chiedere ragioni.

Vi sono tre modi, afferma il Nostro, per intendere il rapporto tra inferenzialismo e contenuto concettuale261. La tesi debole sostiene che l'articolazione inferenziale è condizione necessaria del

possedere un contenuto inferenziale; quella forte che tale articolazione, latamente inferenziale, è anche condizione sufficiente. Infine, la tesi iperinferenzialista si riferisce all'articolazione inferenziale in senso stretto, come condizione necessaria e sufficiente perché si possa parlare di contenuto concettuale: si differenzia dalla precedente, tra le altre cose, per la negazione della possibilità di inclusione di circostanze e conseguenze di applicazione non inferenziali. Brandom qualifica la propria teoria come inferenzialista forte262.

260 In particolare vedi Ivi pp. 97 ss. 261 Ivi pp. 130-2.

262 Si veda anche BRANDOM, Robert. B., Inferentialism and Some of its Challenges, “Philosophy and Phenomenological

Research”, Vol. 74, No 3, 2007, pp. 651-676. Si segnalano, inoltre, i seguenti contributi sull’inferenzialismo brandomiano: FULTNER, Barbara, Inferentialism and Communicative Action: Robust Conceptions of Intersubjectivity, “Philosophical Studies: An International Journal for Philosophy in the Analytic Tradition”, Vol. 108, N. 1-2, 2002, pp. 121-131, dove si sostiene che l’inferenzialismo fornisce una semantica che complete la teoria habermasiana dell’azione comunicativa senza sacrificare; LABINAZ, Paolo, L’Inferenzialismo Semantico di Robert Brandom: Tra Prospettivismo

e Oggettività, “Esercizi Filosofici”, Vol. 2, 2007, pp. 256-271; LAURIER, Daniel, Making 'Reasons' Explicit: How

Normative Is Brandom's Inferentialism?, “Forum Philosophicum: International Journal of Philosophy”, Vol. 13, N. 1,

2008, 127-145; LEGG, Catherine, Making It Explicit And Clear: From “Strong” To “Hyper-” Inferentialism In

Brandom And Peirce, “Metaphilosophy”, Vol. 39, N. 1, 2008, pp. 105-123, che pone in relazione l’inferenzialismo

brandomiano con la tradizione pragmatista; MARABINI, Alessia, Brandom's Inferentialist Theory And The Meaning

Entitlement Connection, “Al-Mukhatabat”, N. 16, 2015, pp. 41-68; MARSHALL, David L., The Implications of Robert Brandom's Inferentialism for Intellectual History, “History and Theory”, Vol. 52, N. 1, 2013, pp. 1-31; PENCO, Carlo,

Ragione E Pratica Sociale: L'inferenzialismo Di Robert Brandom, “Rivista di Filosofia”, Vol. 90, N. 3, 1999, pp. 467-

485; ROCKMORE, Tom, Brandom, Hegel and Inferentialism, “International Journal of Philosophical Studies”, Vol. 10,

n. 4, 2002, pp. 429-447. Ronald Loeffler (LOEFFLER, Ronald, Normative Phenomenalism: On Robert Brandom's

Practice-Based Explanation of Meaning, “European Journal of Philosophy”, Vol. 13, N.1, 2005, pp. 32-69) ricostruisce

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In conclusione, nell’impianto teorico di Making It Explicit l’inferenzialismo e il pragmatismo sono inestricabilmente connessi: il fulcro è costituito dalle material proprieties of inference, le norme che reggono le inferenze materiali, che assumono il ruolo tradizionalmente assegnato alla rappresentazione. Il contenuto semantico origina dalla pratica del dare e chiedere ragioni nel suo complesso e non da definizioni stipulative o dal privilegiare un certo tipo di rapporto intercorrente tra certi termini e il mondo.

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