LINGUAGGIO E PRASSI DISCORSIVA LA TEORIA DI ROBERT B BRANDOM
9. LA MATERIALITÀ DELLA PRASSI DISCORSIVA PERCEZIONE E AZIONE
Per Brandom occorre operare una distinzione tra razionalità teoretica e razionalità pratica: entrambe sono implicate nel gioco del dare e chiedere ragioni, sia pure con modalità differenti. Ad esse corrispondono, entro certi limiti, due tipologie di impegni discorsivi: cognitivo o doxastico e pratico, cui sono correlati il credere e l’intendere, rispettivamente, nella terminologia brandomiana, take true e make true275.
Gli impegni pratici, assunti e attribuiti nel contesto della prassi linguistica, possiedono una articolazione inferenziale e sono in relazione con la realtà in modo simmetrico rispetto agli enunciati percettivi: nel primo caso si riscontra una direzionalità dal mondo al soggetto razionale, mentre nel secondo la direzione è dal soggetto al mondo.
Assai significativamente le practical reasons sono considerate da Brandom sia quali ragioni, che entrano nel gioco linguistico, sia come cause dell’azione, essendo il soggetto capace di produrre una risposta differenziale ad esse dal lato dell’azione così come è in grado di produrla dal lato della percezione: si tratta, in ogni caso, di capacità che possono essere sviluppate e influenzate attraverso l’educazione e l’apprendimento276.
Per quanto riguarda gli impegni assunti in risposta a stimoli percettivi, il loro contenuto è dato, da un lato, dalla catena di eventi covarianti che culminano nella sua acquisizione, e, dall’altro, dalla sua connessione inferenziale con il set di ipotesi ausiliarie disponibili per lo scorekeeper. Analogamente, invertendo la direzione del rapporto tra il soggetto e il mondo, si può definire il contenuto degli impegni pratici277.
Si ripropone per questi ultimi, come per gli impegni doxastici, la differenza tra status e atteggiamento, cioè quella che, nel caso degli impegni doxastici, è stata definita come la differenza tra il senso ideale o razionale di credenza e l’accezione concreta.
Una differenza rilevante tra impegni doxastici e impegni pratici consiste nell’assenza della dimensione dell'autorità testimoniale: la responsabilità nel rivendicare il titolo è esclusivamente giustificatoria. Ciò che costituisce per qualcuno una buona ragione per l'azione, non si può pretendere possa essere tale per un altro soggetto, a differenza di quanto accade con l'asserzione; qui emerge la differenza tra “proporre una asserzione come vera” per tutti e impegnarsi personalmente a “renderla vera” (make true)278.
Alcuni tipi di ragioni, quelle morali, hanno una valenza assoluta, ma non si possono assimilare tutti i pattern di ragionamento pratico con quello morale in senso forte. Mentre è possibile, nel
275 Sulla rational agency si veda ivi pp. 229 ss. 276 Ivi p. 234.
277 Ivi p. 235. 278 Ivi pp. 238-43.
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caso di impegni doxastici, una diagnosi dell'errore, questa possibilità è preclusa nel caso di due parlanti che siano in disaccordo sugli impegni pratici.
La responsabilità propria del partecipante che assuma un impegno pratico, è essenzialmente legata alla dimensione giustificativa del game of giving and asking for reasons: al suo interno, trattare una performance come azione, significa trattarla come qualcosa per cui, in linea di principio, possono essere chieste e offerte delle ragioni. Agire intenzionalmente è produrre non- inferenzialmente una performance che è o il riconoscimento di un impegno pratico o il risultato di una disposizione a rispondere al riconoscimento di un tale impegno279.
Brandom individua tre tipologie principali, ma non esaustive, di pattern di ragionamento pratico, quello prudenziale, quello istituzionale e quello morale, così esemplificati: a) solo aprire l'ombrello mi terrà asciutto, quindi aprirò l'ombrello; b) sono un impiegato di banca che sta andando al lavoro, quindi indosserò una cravatta; c) ripetere il pettegolezzo potrebbe danneggiare qualcuno, pertanto, non lo farò280.
In tutte queste ipotesi, così come nelle altre non prese direttamente in considerazione, il carattere razionale dell’azione discende dalla rispondenza di essa alla conclusione di una inferenza pratica permissiva o committiva.
Anche qui emerge il carattere prospettico del deontic scorekeeping: infatti, non bisogna ritenere che ogni azione sia il frutto di un processo deliberativo da parte del soggetto agente; piuttosto, la ricostruzione dei nessi inferenziali di giustificazione dell’azione viene operata dagli altri partecipanti al gioco i quali, nell’interpretare la stessa secondo pattern di ragionamento pratico, attribuiscono all’agente le credenze necessarie ed opportune perché l’agente vi abbia titolo ed è precisamente questo aspetto a rendere, nel game of giving and asking for reasons, una azione intenzionale.
Benché il tema potrà apparire più chiaro alla luce della trattazione della action theory nella seconda parte del presente lavoro, vale la pena evidenziare sin d’ora come le conclusioni cui perviene Brandom costituiscano il punto di arrivo di un percorso di riflessione sull’azione intenzionale che ha attraversato la seconda metà del secolo scorso, a partire dalle fondamentali intuizioni di Anscombe. Per questa autrice, una performance può essere qualificata come azione in quanto intenzionale rispetto ad una certa descrizione: l’intenzionalità di una azione, più in particolare, sarebbe una proprietà intensionale di un evento, immediatamente dipendente dal modo in cui è caratterizzata.
Nella teoria brandomiana281, il carattere intenzionale di una azione dipende non tanto da una
descrizione in senso stretto ma, ancora una volta, dall’interpretazione operata dagli scorekeepers
279 Ivi pp. 243-5. 280 Ivi pp. 245-7. 281 Vedi ivi pp. 253 ss.
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che possono attribuire differenti tipi di intenzioni. Si parla di intentions in action laddove la performance assume di per sé il significato di azione intenzionale, ossia di riconoscimento di un impegno, e viene indicata dimostrativamente, mentre in altri casi il riconoscimento dell’impegno precede l’azione che viene ad essere specificata, stavolta, in termini descrittivi.
L’“intenzione” di cui parla Brandom nell’ambito della razionalità pratica ha un carattere ambivalente presentandosi ora come status, ora come atteggiamento: essa corrisponde al riconoscimento di un practical commitment e come tale costituisce al contempo causa dell’azione per un soggetto pienamente maturo come agente razionale.
In conclusione, devono essere individuate tre ipotesi riferibili alla razionalità pratica all’interno del deontic scorekeeping. La prima riguarda il caso in cui il soggetto viene registrato dai compartecipi al gioco linguistico come soggetto che riconosce o sottoscrive un impegno pratico o immediatamente attraverso l’azione e nell’azione, ed allora gli si attribuisce una intention in action, ovvero come soggetto la cui azione costituisce una risposta differenziale ad un impegno già riconosciuto o sottoscritto: in questo caso gli verrà attribuita una prior intention.
La seconda ipotesi rilevante per lo scorekeeping riguarda l’azione per la quale il soggetto agente viene interpretato dai compartecipi come munito di un titolo rispetto ad un pattern di ragionamento pratico, ossia viene interpretato come soggetto che agisce con delle ragioni.
Infine, vi è il caso in cui il soggetto viene interpretato dagli altri partecipanti al gioco linguistico come soggetto che pone in essere una azione per delle ragioni avendo deliberato, ed allora le ragioni in questione sono considerate come aventi efficacia causale nell’economia comportamentale dell’agente.