ISTITUZIONALISMO E NEOISTITUZIONALISMO RICOGNIZIONE CRITICA
3. L’ISTITUZIONALISMO GIURIDICO CONTEMPORANEO
3.1 LA TEORIA DI OTA WEINBERGER E NEIL MACCORMICK PROFILI GENERAL
Addentriamoci adesso nell’esame della teoria neoistituzionalistica del diritto sviluppata indipendentemente, ma con esiti in massima parte convergenti, da Neil MacCormick e Ota Weinberger, ed esposta in An Institutional Theory Of Law403.
I due autori negano innanzitutto che sia praticabile un programma riduzionistico, schiettamente sociologico, di spiegazione dei fenomeni giuridici che faccia a meno del concetto di norma. Né d’altra parte, una corretta prospettiva giusfilosofica deve necessariamente appiattirsi su posizioni normativistiche.
In questo senso, una teoria istituzionalistica del diritto ambisce a dare conto dell’esistenza di norme e istituzioni giuridiche evitando le secche del riduzionismo e le tentazioni dell’idealismo: piuttosto, si tratta di sviluppare una concezione normativistica che tenga conto della dimensione della realtà sociale. L’obiettivo può essere raggiunto attraverso l’elaborazione di una concezione ontologica in grado di spiegare quei fenomeni sociali che presuppongono norme giuridiche, fornendo strumenti adeguati ad una teoria del diritto di ispirazione positivistica. Non è necessario postulare principi morali per spiegare la normatività del diritto, e neppure è possibile acquisire una conoscenza certa di essi, ma ciò non implica che il diritto non possa incorporare valori morali o fare riferimento ad essi, ed, anzi, Weinberger e MacCormick insistono ripetutamente sul suo carattere teleologico. Sono, in altri termini, sostenitori di una forma di noncognitivismo metaetico che, nondimeno, ammette il carattere razionale del ragionamento pratico404.
Quanto all’ontologia istituzionalistica, i due autori si appropriano della nozione di fatto istituzionale di Anscombe, poi compiutamente elaborata da John Searle, che si contrappone a quella di fatto bruto. In breve, mentre questi ultimi concernono esclusivamente oggetti e stati di cose della realtà materiale definita dalla esistenza nello spazio e nel tempo, i fatti istituzionali – come contratti e matrimoni – hanno una esistenza unicamente nel tempo e dipendono da certi atteggiamenti e pratiche interpretative tipicamente umani. Sono anch’essi fatti in quanto possono essere oggetto di enunciati veri: “But what is stated is not true simply because of the condition of the material world and the causal relationship obtaining among its parts. On the contrary, it is
403 MACCORMICK, Neil; WEINBERGER, Ota, An Institutional Theory Of Law: New Approaches To Legal Positivism,
Dordrecht, Reidel, 1986.
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true in virtue of an interpretation of what happens in the world, an interpretation of events in the light of human practices and normative rules”405.
Weinberger e MacCormick, va sottolineato, sottoscrivono una posizione nominalistica, ammettendo solo l’esistenza di particolari e non dei concetti in sé stessi a prescindere dalle istanziazioni concrete: esistono i contratti, ad esempio, e non il concetto di contratto in sé406.
L’istituzionalismo è, dunque, lontano da ogni forma di platonismo, subordinando semmai la dimensione ideale a quella materiale. Ancora, né le istituzioni né le loro istanze particolari hanno una esistenza autonoma ed indipendente: “they exist in the context of and for the purposes of norms or rules which (in complex sets) variously give sense to, justify, regulate or even authorize human conduct in social settings”407.
Quanto alla normatività, i due autori ritengono che di essa possa discorrersi solamente dal punto di vista interno, ovvero adottando un approccio ermeneutico: l’oggetto, nello specifico, è la rilevanza che le norme hanno per l’azione, ciò che implica che la teoria delle norme è parte della teoria dell’azione, e pertanto le norme devono poter essere ridotte a formule che si riferiscono all’azione o a stati di fatto rilevanti per l’azione. La realtà delle norme, allora, non discende dal loro essere meri oggetti di pensiero bensì dall’essere parte di un sistema pratico che guida l’azione: questo significa che devono sussistere una certa misura di uso e atteggiamenti pratici, incluse le mutue aspettative di condotta rispetto a standard condivisi408.
L’originale teoria dell’azione, che conferisce struttura e notevole profondità al neoistituzionalismo, elaborata, in particolare, da Weinberger, si fonda sulla definizione dell’azione appunto come processo di elaborazione di informazioni: affinché un dato comportamento, materialisticamente identificato, sia interpretabile come azione, deve potersi ammettere una possibilità di scelta sulla base delle informazioni pratiche, comprendenti preferenze, desideri e scopi, e delle informazioni fattuali in possesso del soggetto.
Torneremo più diffusamente sulla action theory di Weinberger, bastando qui, introduttivamente, richiamare la sintesi fornita dagli autori dei suoi postulati fondamentali: “(i) Nothing to do either with action or with the social can be defined or explained purely in terms of outward description (or in terms of behavioural trajectories). (ii) There is always an element of verstehen, of understanding from the internal point of view, in our cognition of institutional facts
405 Ivi p. 11.
406 Più precisamente: “When particular cases arise in which these rules are satisfied, then in each particular case a
particular instance of the relevant ‘institution’ (if we may so conceptualize the relevant class of concepts) exists”. Ivi
p. 11.
407 Ivi p. 14. 408 Ivi pp. 14-15.
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– that is, an element of understanding of practical information as such. (iii) Yet one can properly speak of the real being or existence of norms only on the ground of their relationship to observable processes which are describable as brute facts. (iv) Practical data (norms. Etc.) in the sense of meaningful thought-objects are to be distinguished from norms-as- realities – only norms in actual sets of operative action-determinants are facts, constituent parts of reality by contrast with purely linguistic entities or possible objects of thought”409.
Il neoistituzionalismo può essere considerato una forma di normativismo in quanto, distinguendo semanticamente enunciati teoretici ed enunciati pratici, ascrive le norme – in questo senso, entità ideali - al dominio dell’informazione pratica, assieme ai fini, agli standard valoriali ed ai criteri di preferenza. Ed appunto, la dicotomia essere/dover essere, tradizionalmente collocata nella sfera ontologica, è per i due autori di tipo semantico: di più, la legge di Hume viene riformulata in termini linguistici, sicché per loro non è possibile derivare da un enunciato pratico una conclusione teoretica, senza premesse teoretiche, e viceversa410.
Weinberger e MacCormick, poi, concepiscono il sistema giuridico, integrato dalla dimensione teleologica, come sistema dinamico, evidenziando la presenza di un coefficiente di creatività in ogni concreta determinazione del diritto, a sua volta normativamente determinata, escludendo che le questioni giuridiche possano essere risolte per mera deduzione logica. A dispetto delle apparenze, i due autori prendono nettamente le distanze dalla nomodinamica kelseniana che isola il diritto dai processi sociali, che la prospettiva neoistituzionalistica pone, invece, al centro del fenomeno giuridico411.
Nonostante le intuizioni searleane rappresentino un riferimento teorico di primaria importanza per il neoistituzionalismo, questo se ne distanzia in più punti. In particolare, i due autori ritengono insoddisfacente la distinzione tra regole costitutive e regole regolative, fondata da Searle, come meglio vedremo più avanti, sulla indipendenza o meno, sul piano logico e descrittivo, delle azioni oggetto della condotta rispetto alle regole. Per Weinberger e MacCormick, le regole costitutive hanno, in ultima analisi, un carattere definizionale, mentre le regole regolative hanno carattere imperativo: questo, però, ha come non ammissibile conseguenza l’impossibilità di violare le regole, ad esempio, di un gioco, perché in quel caso non si starebbe affatto giocando.
Per contro, nella loro prospettiva, le istituzioni sono definite e costituite, sia pure in parte, anche da regole regolative di vario tipo: “What gives institutions in law their general character is a general view as to the point they aim to serve and as to the primary normative consequences
409 Ivi p. 16.
410 Ivi p. 18. 411 Ivi p. 20.
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they bring about. What gives them their complete constitution and definition is a complex set of rules including both pre-requisites for existence of particular instances, and normative consequences following from their existence; and also providing for some mode of termination”412. Torneremo più avanti sulla triade di regole che governano l’istituzione.