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Michele Amari e l’Unità d’Italia: annessione e autonomia

6. Amari e il Consiglio straordinario di Stato

Sulle modalità dell’annessione, in quelle settimane, Amari lavora con Crispi e con il pro- dittatore Depretis. Dopo lo sbarco di Garibaldi in Calabria, all’interno del governo prodit- tatoriale prevale ormai la linea annessionista tramite plebiscito, che Amari sostiene senza abbandonare il programma di un ordinamento particolare per la Sicilia. «Dopo una lotta di 45 anni con Napoli – scrive al cugino conte Amari – non si potrà togliere alla Sicilia questa autonomia che godeva sotto il giogo dei Borbone».48 Con l’entrata di Garibaldi

nella capitale napoletana, rinasce ancora una volta l’antagonismo tra Napoli e Palermo. Di fronte alle agitazioni l’11 settembre Depretis decide di lasciare la Sicilia per incontrare il dittatore a Napoli e per chiedere l’annessione dell’isola tramite plebiscito. Prima della partenza, Amari gli ha consegnato un lungo memoriale, nel quale lo storico prega il pro- dittatore di avvertire Garibaldi che «qualunque legame speciale tra Sicilia e Napoli» sa- rebbe un pericolo «imminente o discosto dall’unità della Patria», destando profondo mal- contento in Sicilia.49 Di fronte alle resistenze di Garibaldi a far svolgere il plebiscito, De-

pretis il 14 settembre presenta le dimissioni.

Tra la fine di settembre e la prima metà di ottobre, a Napoli si svolge una lotta politi- ca tra i sostenitori dell’annessione tramite plebiscito e quelli favorevoli alla convocazione delle Assemblee a Napoli e a Palermo.50 Le decisioni prese a Napoli sul plebiscito riac-

cendono le polemiche in Sicilia, dove è già stata fissata la data per l’elezione dell’Assemblea rappresentativa (21 ottobre 1860). Il nuovo prodittatore, Antonio Mordi- ni, precipitosamente deve mutare il carattere della consultazione: non si vota per l’Assemblea, ma per il plebiscito. Dal governo di Torino Mordini ottiene, sul modello della Commissione temporanea per la legislazione (Farini-Minghetti), l’istituzione di un Consiglio straordinario di Stato (decreto del 19 ottobre) con il compito di elaborare un progetto di autonomia della Sicilia.51

Sostenitore nei mesi precedenti dell’annessione, Amari è stato il suggeritore di que- sta iniziativa, alla quale dovranno partecipare i Siciliani di tutte le tendenze e di tutti i partiti. Mentre si rendono pubblici i risultati del plebiscito, che danno un’assoluta mag- gioranza per l’annessione, un’eletta rappresentanza isolana si riunisce per lo studio delle istituzioni più adatte da dare alla Sicilia. Il Consiglio di Stato, secondo la raccomandazio- ne dello stesso Amari, non assume affatto il carattere di un’Assemblea costituente, ma quello di un consesso a carattere semplicemente consultivo. Il 26 novembre arriva al pro- dittatore la Relazione che, avendo un impianto più avanzato rispetto al progetto di decen- tramento amministrativo di Minghetti, prevede l’istituzione di un Consiglio deliberante elettivo, secondo il sistema di rappresentanza che regge lo Stato, le province e i Comuni. Le deliberazioni di questo organo, inoltre, devono avere forza di legge, con competenza esclusiva in materia di Lavori Pubblici, Istruzione, Beneficenza e Istituzioni di credito. In quanto tale il progetto, che prefigura l’impianto dello Statuto siciliano adottato nel secon-

48 D’Ancona, Carteggio di Michele Amari, vol. II, p. 129, Amari al conte Michele Amari, Palermo, 28 agosto

1860.

49 A. Arzano, Il dissenso tra Garibaldi e Depretis sull’annessione della Sicilia, «Memorie storiche militari»,

1913, pp. 48-50, Memoriale di M. Amari al prodittatore, Palermo, 11 settembre 1860.

50 G. Astuto, Cavour con la Rivoluzione e la diplomazia. La crisi degli equilibri europei, le operazioni militari in Italia e la lotta politica per le istituzioni unitarie, Acireale-Roma, 2011, pp. 185 ss.

51 Le Assemblee del Risorgimento. Atti raccolti e pubblicati per deliberazione della Camera dei deputati, Sicilia, vol. IV, Roma, 1911, pp. 2026-2027.

Michele Amari e l’Unità d’Italia 23 do dopoguerra, rientra nel concetto di autonomismo regionale e non in quello di semplice decentramento amministrativo.52

Il nuovo Parlamento italiano non esaminerà le proposte del Consiglio di Stato di Pa- lermo. Quel che conta, ormai, è il risultato dei plebisciti. Di ciò hanno sentore gli estenso- ri di quel progetto già alla fine del 1860. Il conte Amari così scrive al cugino: «Il Cavour non poteva consentire che la Sicilia abbia un Consiglio deliberante elettivo».53 Lo storico,

che ha redatto la prima parte della Relazione, risponde che con l’ordinamento proposto «si conseguirebbe, almeno in parte, l’utilità del self-government che è necessario in Ita- lia».54 Le aspirazioni in fatto di autonomia saranno destinate a rimanere insoddisfatte, da-

vanti all’urgenza dei problemi che spingono il nuovo Stato unitario verso un rigido ac- centramento. Entrato nel Parlamento, prima come deputato e poi come senatore, Amari dirigerà il ministero della Pubblica istruzione nel governo Farini e poi Minghetti (1862- 64). Neanche da questo posto Amari riuscirà ad impedire l’unificazione legislativa «alla francese», che diventerà un fatto compiuto nel 1865. Nella prefazione alla Guerra del Ve-

spro, scritta nel 1866, così giustificherà la sua condotta:

Nel 1848 non si disputava astrattamente dei migliori ordini politici possibili nel mondo, ma si additava il partito che pareva doversi prendere dai patrioti siciliani avanti il principio della rivoluzione europea e dagli Italiani tutti presso la fine di quella. Gli avvenimenti del 1859 e del 1860 mutavano le condizioni dell’Italia e dell’Europa. Rendevano possibile quell’unità che innanzi al 1848 era lecito piuttosto desiderare che sperare. Assicuravano al tempo stesso la libertà e la concordia di tutta la nazione, nel regno di un principe italiano guerriero e leale. Gli avvenimenti rag- giungevano dunque e passavano di gran lunga le speranze mie e della più parte degli Italiani. Mi biasimi or chi voglia, del non aver fatto sosta a mezzo la via.55

52 Cfr. S.M. Ganci, L’autonomismo siciliano nello Stato unitario, in La Sicilia e l’unità d’Italia, vol. I, Mila-

no, 1962, pp. 240-241; D. Novarese, Federalismo e regionalismo nel dibattito siciliano degli anni 1848-61, in Cattaneo e Garibaldi. Federalismo e Mezzogiorno, a cura di A. Trova, G. Zichi, Roma, 2004, pp. 71-88.

53 A. D’Ancona, Carteggi di Michele Amari, vol. II, pp. 141-142, il conte Michele Amari ad Amari, Genova,

16 dicembre 1860. Lo storico evidenzierà, con distacco e amarezza, i conflitti all’interno della classe dirigente in occasione della discussione dei progetti presentati da Minghetti: «Gli affari pubblici, – scrive a Vieusseux – su per giù, vanno bene: sol mi duole la durezza di Fanti con i garibaldini, la confusione di idee che regna nei popoli interessati e nelle menti governative di qui intorno agli affari del Mezzogiorno; e mi sgomenta un poco la lotta imminente in Parlamento tra i partigiani delle province e delle Regioni. Pisa e Siena si apprestano a fare contro Firenze le vendette di tre secoli addietro, e così altre città secondarie di Lombardia e del Mezzogiorno. Che Iddio salvi l’Italia, direbbe un credente» (D’Ancona, Carteggio di

Michele Amari, vol. III, Amari a Giampietro Vieusseux, Torino, 22 marzo 1861).

54 D’Ancona, Carteggi di Michele Amari, vol. II, pp. 143-144, Amari al conte Michele Amari, Firenze,

19 dicembre 1860.

Territorio e amministrazione: appunti di lavoro sul tema

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