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Gli anni Cinquanta e Sessanta: Einaudi, Gronchi, Segni e Saragat

le visite in Italia dei presidenti della Repubblica (1948-2006)

2. Gli anni Cinquanta e Sessanta: Einaudi, Gronchi, Segni e Saragat

Il primo presidente eletto Luigi Einaudi, ad eccezione della visita ufficiale in Vaticano effettuata il 15 dicembre 1948 per rendere omaggio al papa Pio XII, non compì viaggi all’estero per una scelta precisa, preferendo tenere un basso profilo in politica estera «sintomo di un raccoglimento nazionale, di un bisogno di riflessione per l’Italia»3 dopo

la tragedia della guerra e le difficili trattative di pace; ricevette invece al Quirinale tre- dici capi di Stato esteri, che vennero in Italia in visita ufficiale o privata.

Di contro il presidente, accompagnato spesso dalla moglie donna Ida, compì nume- rose visite in Italia: ben 147 interventi in località distribuite nelle venti Regioni italiane, dando così un forte segnale di attenzione a tutte le parti del Paese. Il dato è particolar- mente significativo se si considera che i funzionari del nuovo Segretariato Generale della presidenza della Repubblica si trovarono ad affrontare il compito di dare attuazio- ne a un nuovo cerimoniale che apparisse svincolato dalle forme della tradizione monar- chica, ma al tempo stesso in grado di esaltare la dignità della suprema magistratura re- pubblicana: tale ruolo fu svolto, in base al Decreto presidenziale 9 novembre 1948, n. 4, dall’Ufficio affari generali, al quale faceva capo la direzione e il coordinamento dell’at- tività quotidiana del capo dello Stato sia al Quirinale che fuori dalla sede istituzionale.

2 Segretariato generale della presidenza della Repubblica, «Relazione sulla attività degli Uffici dal 12 maggio

1948 all’11 maggio 1955», dattiloscritto, s.n.t., pp. 257-260.

3 P. Soddu, Luigi Einaudi, presidente della Repubblica (1948-1955), in L’eredità di Luigi Einaudi. La nascita dell’Italia repubblicana e la costruzione dell’Europa, Catalogo della Mostra allestita al Palazzo del Quirinale

Da Luigi Einaudi a Carlo Azeglio Ciampi 49 Scorrendo l’elenco delle visite effettuate da Einaudi si nota che alcune città (Tori- no, Milano, Firenze, Napoli, Bari, Venezia, Bologna) furono visitate più di altre per ra- gioni storiche, culturali o per il ruolo svolto nell’economia italiana, ma Einaudi non tra- scurò nessuna zona dell’Italia, comprese le isole. Nei suoi spostamenti era sempre ac- compagnato dal Segretario generale e dal Consigliere militare; all’arrivo veniva accolto dal prefetto e dal sindaco, da altre autorità locali e in qualche caso – nelle grandi città o in particolari eventi – da rappresentanti del Governo. Il programma della visita (in ger- go tecnico ‘protocollo’) variava naturalmente di volta in volta a seconda che si trattasse di un intervento di una sola giornata o prevedesse uno o più pernottamenti: in tal caso generalmente il presidente o la coppia presidenziale dormiva nella sede della Prefettura.

Il primo intervento di Einaudi fuori Roma fu a Milano, appena tre giorni dopo la sua elezione, per la cerimonia di chiusura della XXVI Fiera Campionaria (il presidente visiterà poi la Fiera ogni anno del suo mandato). Milano è stata la città più visitata da tutti i presidenti della Repubblica perché ogni anno è sede di numerosissimi eventi cul- turali, economici, storici ecc.; non a caso, dopo il successo della Fiera industriale del 1881, la città fu definita la «capitale morale» d’Italia: la frase è stata attribuita a Rugge- ro Bonghi negli anni in cui dirigeva «La Perseveranza» e voleva sottolineare la maggio- re modernità e produttività che il capoluogo lombardo mostrava in quell’epoca rispetto a Roma, neo capitale d’Italia ma meno vivace, dopo i secoli bui del dominio pontificio.

Il presidente Einaudi andò molte volte a Milano nel corso del settennato, ma in egual misura andò a Torino, seguita poi da Firenze, Napoli e Bari. Un terzo degli inter- venti fu determinato da cerimonie di natura culturale – inaugurazioni di mostre, visite a musei, partecipazioni a concerti, spettacoli, convegni, celebrazioni ecc. – sia per la par- ticolare ricchezza del nostro Paese sia per la personalità dell’uomo: ricordiamo che Ei- naudi (economista, bibliofilo, docente universitario) era un uomo coltissimo; subito do- po la sua elezione, recuperando una tradizione regia, istituì i Premi «presidente della Repubblica» per insigni scienziati affidandone il conferimento all’Accademia dei Lin- cei, di cui dal 1946 aveva la presidenza congiunta insieme a Guido Castelnuovo; nel 1950 allargò l’iniziativa all’Accademia di San Luca e a quella di Santa Cecilia istituen- do Premi nazionali in favore dei maggiori artisti italiani. È significativo inoltre che sei degli otto senatori a vita nominati da Einaudi fossero insigni esponenti della cultura ita- liana: il matematico Guido Castelnuovo, il direttore d’orchestra Arturo Toscanini (uni- co a rifiutare la carica), lo scultore e compositore Pietro Canonica, lo storico Gaetano De Sanctis, l’economista Pasquale Jannaccone e il poeta Trilussa. Soltanto due furono i politici scelti: Luigi Sturzo e Umberto Zanotti Bianco.

Il presidente compì poi molte visite per eventi di carattere economico (oltre alla Fiera di Milano andò al Salone dell’Automobile di Torino, alla Fiera del Levante di Ba- ri e ad altre manifestazioni di questo tipo che fiorivano in ogni angolo d’Italia) e per inaugurazioni di opere pubbliche, che rendono bene l’immagine di un Paese che cerca- va di rialzarsi dai disastri della guerra esponendo i migliori prodotti del made in Italy e avviando un gran numero di progetti per la realizzazione di infrastrutture.

Molto importante al fine di rafforzare le basi della giovane Repubblica è il rilievo che Einaudi diede a cerimonie legate a episodi del Risorgimento e della Resistenza. Per quanto riguarda i momenti e i personaggi salienti del percorso verso l’unità nazionale

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ricordò gli anniversari delle battaglie delle guerre d’indipendenza (Solferino, Custoza, Novara); rese omaggio a Mazzini durante le celebrazioni del centenario della Repubbli- ca Romana nel 1949 e inaugurò la statua del patriota genovese all’Aventino nell’ambito dei festeggiamenti del 2 giugno dello stesso anno; partecipò a Caprera alla cerimonia commemorativa del 70° anniversario della morte di Garibaldi. Ben ventitré interventi di Einaudi, inoltre, riguardarono eventi legati alla Resistenza: conferimenti di Medaglie d’oro al valor militare a città che si erano distinte per episodi di eroismo e commemora- zioni di eccidi e altri episodi della guerra di Liberazione (di cui il 25 aprile 1955 festeg- giò il decennale), che culminarono con l’intervento del capo dello Stato a Palazzo vec- chio a Firenze, nel giugno 1951, per la traslazione delle salme dei fratelli Rosselli, as- sassinati nel 1937 in Francia dai fascisti.

Il presidente e donna Ida, molto sensibili ai disagi e ai bisogni delle classi sociali meno fortunate, non fecero mancare la solidarietà agli italiani in momenti di gravi ca- lamità naturali come le numerose alluvioni che colpirono il Paese in quegli anni, an- dando a visitare le zone disastrate.

Il secondo presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, è stato spesso definito più ‘dinamico’: sicuramente aveva un carattere diverso da quello di Einaudi, amava la visibilità, la popolarità, il lusso della sede. Inaugurò la serie dei viaggi all’estero com- piendone due particolarmente significativi (in America latina e in Unione Sovietica), concesse moltissime udienze al Quirinale (quasi il doppio di quelle di Einaudi) e compì molte visite in Italia, anche se in numero di poco superiore a quelle del predecessore (168 rispetto a 147).

Milano si conferma anche con Gronchi la città più visitata; a Torino andò meno, mentre fece molti interventi nelle città della sua Toscana: il capoluogo Firenze, la nati- va Pisa e Livorno. Il presidente visitò anche la Sicilia (novembre 1955) e la Sardegna (febbraio 1958), assicurando così agli abitanti delle isole la vicinanza del capo dello Stato.

Gli interventi per cerimonie di carattere culturale sono preponderanti anche in que- sto settennato (ben 57) e mostrano l’attenzione di Gronchi sia per mostre, convegni, università, anniversari di grandi personalità in tutti i settori della cultura, sia per il man- tenimento di tradizioni popolari e locali come le Regate storiche di Pisa e di Venezia, il Palio di Siena, la Partita di calcio in costume di Firenze, la Festa della montagna nel Vicentino ecc. Tra gli eventi di maggiore risonanza del settennato ricordiamo il 500° anniversario della morte del Beato Angelico, l’Anno goldoniano a Venezia, i 50 anni dalla morte di Fogazzaro, Carducci e Pascoli, l’inaugurazione della Pinacoteca di Ca- podimonte a Napoli e della Galleria d’arte moderna a Torino, la grande Mostra sul 1859 allestita a Milano per il centenario della II guerra d’indipendenza. In occasione di que- sta ricorrenza Gronchi effettuò nel giugno 1959, insieme al presidente francese Charles de Gaulle, un viaggio-ricordo in Lombardia nelle località protagoniste delle più sangui- nose battaglie di quella guerra.

Quel viaggio fu anche l’inizio di un triennio di rievocazioni che portarono alla ce- lebrazione con grande solennità del primo centenario dell’unità d’Italia. I festeggiamen- ti iniziarono il 25 marzo 1961 con un discorso ufficiale di Gronchi davanti al Parlamen- to, proseguirono il giorno seguente con un fastoso ricevimento al Quirinale per poi

Da Luigi Einaudi a Carlo Azeglio Ciampi 51 culminare il 27 marzo, anniversario della proclamazione di Roma capitale. Il 6 maggio 1961 Gronchi intervenne alle celebrazioni di Torino; la città sabauda fu scelta non sol- tanto perché era stata la prima capitale d’Italia, ma anche come simbolo del miracolo italiano in quanto sede della Fiat: era in quel momento l’immagine della radicale tra- sformazione dell’Italia da Paese agricolo a industriale. Proprio questo fu l’aspetto che si volle mettere maggiormente in evidenza nel 1961, dopo la cupezza del periodo fascista e le distruzioni materiali e morali derivate dalla guerra: un Paese che si rilanciava con un forte sviluppo demografico e industriale, sostenuto da una massiccia migrazione in- terna e da un profondo ottimismo verso il futuro. Tre furono le iniziative organizzate a Torino per la ricorrenza: la Mostra storica dell’Unità Italiana allestita a Palazzo Cari- gnano; l’Esposizione internazionale del lavoro, ideata per mostrare su piano mondiale il vertiginoso progresso tecnico e sociale e l’evoluzione del lavoro umano, e la Mostra delle Regioni italiane, per testimoniare lo sviluppo in un secolo delle diverse Regioni.

In quel 1961 così denso di significati anche la Festa della Repubblica fu celebrata sia a Torino sia a Roma. L’11 giugno Gronchi arrivò a Torino, dove il corteo presiden- ziale percorse in autovettura lo schieramento delle truppe in Corso Duca degli Abruzzi, giunse alla tribuna d’onore e assistette alla parata militare. Al Quirinale furono poi of- ferti due ricevimenti al Corpo diplomatico e alle alte cariche dello Stato, rispettivamen- te il 13 e il 14 giugno.

A differenza del predecessore Gronchi partecipò a poche cerimonie rievocative di episodi della Resistenza, esperienza che non aveva vissuto in prima persona; intervenne invece a numerose cerimonie di carattere militare, visitando caserme e Accademie e av- viando una prassi che sarà molto cara a tutti i successivi presidenti: nel 1958, tra l’altro, si festeggiarono i 40 anni dalla fine del primo conflitto mondiale.

La formazione giovanile nel Movimento cristiano di Murri e l’interesse per il mondo del lavoro sono probabilmente alla base della forte presenza di Gronchi (ben 56 interventi) a eventi di carattere economico e a inaugurazioni di opere pubbliche, numero- sissime nell’Italia del boom economico degli anni Cinquanta-Sessanta. Oltre all’annuale visita alla Fiera di Milano, al Salone di Torino e alla Mostra-Mercato dell’artigianato a Firenze, valorizzò con il suo intervento molte fiere in altre città italiane come quelle di Padova, Verona, Ancona, Bari, Napoli, Valenza Po: le foto dell’epoca ci mostrano ovunque il piglio fiero con cui Gronchi passava tra gli stand delle diverse esposizioni per ammirare compiaciuto i prodotti che dal mercato italiano partivano per essere esportati in tutto il mondo. Per quanto riguarda le opere pubbliche di maggiore risonan- za che si realizzarono durante il settennato ricordiamo il Villaggio dell’Autodromo di Monza, l’Acquedotto del Pescara, il Bacino di carenaggio di Napoli, l’apertura del tronco Milano-Bologna dell’Autostrada del Sole, il completamento dell’elettrificazione della linea ferroviaria Milano-Venezia e l’Aeroporto intercontinentale di Fiumicino. Alcune di queste realizzazioni favorirono i collegamenti interni e internazionali dell’Italia, inserendo il Paese nel circuito dell’economia mondiale; altre opere civili, come la costruzione di ospedali, ponti, palazzi di giustizia, complessi edilizi di istituti previdenziali o popolari migliorarono sensibilmente il livello la qualità della vita della popolazione, offrendo maggiori servizi pubblici.

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Giovanni Gronchi si trovò a inaugurare come presidente della Repubblica due Olimpiadi, quelle invernali a Cortina d’Ampezzo nel 1956 e quelle estive a Roma nel 1960: queste ultime soprattutto ebbero molta risonanza e portarono alla capitale molti nuovi impianti sportivi, strade, ponti e ammodernamenti di interi quartieri.

Infine, Gronchi assistette alla morte di tre grandi protagonisti della vita pubblica italiana: il Pontefice Pio XII (che morì nell’ottobre del 1958 senza avere mai reso una visita ufficiale ai presidenti della Repubblica al Quirinale, mentre era andato dal Re Vittorio Emanuele III nel dicembre 1939) e gli ex presidenti Enrico De Nicola e Luigi Einaudi; ricevette inoltre la cittadinanza onoraria da parte di varie città.

Il mandato di Antonio Segni, com’è noto, è stato l’unico non portato a termine del- la storia repubblicana perché il presidente fu colpito da grave malattia nell’agosto 1964, due anni dopo l’elezione, e diede le dimissioni del dicembre 1964 dopo una supplenza di quattro mesi esercitata da Cesare Merzagora, presidente del Senato. Sardo, di caratte- re schivo, può forse destare sorpresa il numero delle visite che compì nel biennio, ben 85: se avesse continuato con quella media nel quinquennio successivo avrebbe raggiun- to un totale molto più alto dei due predecessori. La città più visitata da Segni fu Napoli, dove andò per eventi culturali (due volte al Teatro San Carlo), per cerimonie di caratte- re militare (al Comando Nato con il presidente Kennedy) e in altre occasioni; come Gronchi, andò nelle isole e molte volte in particolare nella natia Sassari.

Gli eventi culturali mantengono la quota di un terzo del totale degli interventi: il presidente visitò anche località più piccole come Rovigo, dove inaugurò Pinacoteca, Biblioteca e Museo dell’Accademia dei Concordi; Treviso, per la Mostra su Cima da Conegliano; Arezzo; Bergamo, per l’inaugurazione dalla Pinacoteca Civica; Bassano del Grappa e altre, estendendo quindi la rete delle città toccate dai predecessori.

Nella primavera del 1964 il capo dello Stato partecipò a cerimonie a Padova, Cas- sino e Bari in occasione del ventennale dell’inizio della Resistenza, fatti che dimostrano come nei primi anni della Repubblica fosse ancora vivissimo il segno lasciato da quel periodo sui protagonisti, che volevano ricordare quanto fosse stato duro il cammino verso la libertà.

Nel biennio 1962-1964 continuarono le inaugurazioni di opere pubbliche e manu- fatti che ebbero grande eco nell’opinione pubblica: tra le prime si segnala l’apertura del tratto Roma-Napoli dell’Autostrada del Sole, che andava a completare il tracciato di quell’importantissima arteria che ha unito il Paese facilitando gli spostamenti (per turi- smo o per lavoro) tra Nord e Sud. Tra i secondi grande ammirazione e orgoglio nazio- nale suscitò il varo dei due transatlantici Michelangelo e Raffaello, costruiti nel 1962 e nel 1963 con le più moderne tecnologie rispettivamente nei cantieri di Genova e di Trieste, che, con la loro snella eleganza (veri portavoce del made in Italy), solcarono l’oceano sulla rotta Europa-Nord America per molti anni. Di contro, non si può dimen- ticare il disastro del Vajont dell’ottobre 1963, quando il crollo di una frana sulla diga provocò quasi duemila vittime ed enormi polemiche sulla prevedibilità della tragedia: Segni andò subito, il 13 ottobre, a visitare i paesi distrutti.

Per quanto riguarda i rapporti con il Vaticano il mandato di Segni registrò molte novità perché si ebbero numerosi contatti tra le due massime autorità: innanzitutto il nuovo papa Giovanni XXIII effettuò l’11 maggio 1963 la prima visita ufficiale di un

Da Luigi Einaudi a Carlo Azeglio Ciampi 53 pontefice al Quirinale, seguita da quella del successore Paolo VI l’11 gennaio 1964; inoltre, nel 1962 Segni andò a Loreto, dove incontrò il papa in visita pastorale, e offrì un ricevimento al Quirinale in onore dei padri conciliari, convenuti a Roma per l’apertura del Concilio vaticano II. Infine, nel gennaio 1964 il presidente della Repub- blica andò all’Aeroporto di Fiumicino per la partenza e poi per il ritorno di Paolo VI dalla Palestina. Segni fu dunque molto attivo nel suo breve periodo di presidenza e av- viò alcune consuetudini poi seguite dai successori.

Giuseppe Saragat, eletto nel dicembre 1964, è stato invece il presidente che ha ef- fettuato il minor numero di interventi in Italia: 67, di cui 50 nel triennio 1965-1968; successivamente, problemi di salute lo costrinsero a lunghi periodi di riposo nella Tenu- ta di San Rossore o a Castelporziano (dove finì per soggiornare quasi stabilmente). In questo totale sono comprese sette visite alla Fondazione “Giuseppina Saragat” di Anzio (istituto intitolato alla moglie defunta che accoglieva ragazze orfane o con difficoltà familiari, di cui il presidente seguiva personalmente la gestione, e che fu visitato anche da papa Paolo VI); due viaggi privati in Campania e in Sicilia e tre cerimonie avvenute in Valle d’Aosta durante i soggiorni estivi del presidente. Inoltre, sei viaggi furono do- vuti alle calamità naturali verificatesi durante il settennato: una frana ad Agrigento nel luglio 1966, l’alluvione di Firenze, del Veneto e del Trentino nel novembre dello stesso anno, il terribile terremoto del Belice del gennaio 1968, l’alluvione in Piemonte del no- vembre 1968 e il terremoto a Tuscania e Viterbo il 6 febbraio 1971.

Furono quindi soltanto 49 le visite in Italia decise dal Cerimoniale presidenziale con un programma prestabilito. Nell’ambito di queste, per la prima volta gli eventi di carattere culturale sono in minoranza, mentre è rilevante l’attenzione prestata dal presi- dente alle attività economiche, attraverso la visita a molti stabilimenti industriali: dal petrolchimico di Gela al Centro siderurgico IRI di Taranto, dall’Alfa Romeo di Arese alle acciaierie Falk di Sesto San Giovanni, dalla sede di Mirafiori della Fiat agli stabi- limenti industriali del Friuli e del Veneto, dalla Pirelli di Milano al Lanificio Gatti di Avellino. Nel luglio 1965 inaugurò insieme al presidente francese de Gaulle il Traforo del Monte Bianco. Certamente la formazione politica e culturale di matrice socialista portò Saragat a un particolare interesse per il mondo del lavoro; inoltre quelli erano gli anni del picco dello sviluppo economico italiano a vent’anni dalla guerra, quando la produzione industriale toccò i massimi livelli e il benessere economico delle famiglie divenne diffuso, contemporaneamente a fenomeni meno positivi come la massiccia ur- banizzazione, l’abbandono delle campagne e una fortissima immigrazione interna da Sud a Nord. La contestazione del 1968 mostrò come l’affermazione di una crescita eco- nomica non bilanciata avesse prodotto anche i forti movimenti di opposizione che per- corsero gran parte dell’Europa occidentale, anticipando la crisi degli anni Settanta.

Molta attenzione fu dedicata da Saragat al mondo militare, con la partecipazione a varie esercitazioni dell’Esercito, dell’Aeronautica e della Marina; a riviste e parate; al varo dell’incrociatore Vittorio Veneto a Castellammare di Stabbia; a una visita alla Na- ve-scuola Amerigo Vespucci. Il presidente ricordò inoltre alcuni episodi della Resisten- za con profonda partecipazione, legata all’esperienza personale dell’esilio e del carcere durante il fascismo: celebrò nel 1965 a Milano il ventennale della Liberazione e nel 1970 a Roma il venticinquesimo; conferì Medaglie d’oro al valor militare e al Valor ci-

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vile; ricordò l’eccidio perpetrato dai nazisti nell’aprile 1944 alla Benedicta nei pressi di Alessandria e inaugurò il Sacrario dei caduti d’oltremare a Bari. Infine, durante il suo mandato Saragat partecipò a due grandi rievocazioni storiche: nel 1966 il centenario della III guerra d’indipendenza, che aveva portato all’unione del Veneto e del Friuli all’Italia, e nel 1968 il 50° anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale. Inte- ressante è anche il suo omaggio alla tomba di Giuseppe Mazzini al cimitero di Staglie- no nel 1967, che dimostra come, dopo la damnatio memoriae che la monarchia sabauda aveva riservato al grande patriota, la Repubblica abbia spesso onorato – da Einaudi in poi – il pensiero e l’opera di uno dei maggiori protagonisti del Risorgimento.

Il capo dello Stato, come già detto, non mancò di essere vicino alla popolazione nelle calamità che durante questo settennato si abbatterono sull’Italia, tra cui diverse al-

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