Democrazia, rappresentanza e cittadinanza politica femminile: le consultric
6. Qualche riflessione sulle brevi carriere politiche delle consultric
Le consultrici avevano lasciato un buon ricordo nell’opinione pubblica italiana. A nulla erano valsi i volgari attacchi di certa stampa satirica o del ‘giornalaccio’ di Giannini, «La Donna Qualunque», che le aveva prese di mira e denigrate senza risparmio per al- cuna.68 «La Domenica del Corriere», dedicando un ampio servizio alle costituenti elette
il 2 giugno 1946, ricordava le «rappresentanti femminili» nominate alla Consulta Na- zionale e le elogiava asserendo: «diedero prova di preparazione e di una oratoria strin- gata ed efficace».69
Erano state anche molto attive nella campagna elettorale per la Costituente, girando in lungo e in largo il Paese, facendo comizi e soprattutto spronando al voto le donne.70
Delle tredici consultrici, però, solo cinque sarebbero state elette alla Costituente: era- no le comuniste Bei, Noce e Pollastrini e le democristiane Bianchini e Guidi. Solo la Quarello Minoletti non era candidata dai liberali, mentre le altre, tutte candidate, non venivano elette, in qualche caso (la Floreanini, ad esempio) perché non adeguatamen- te sostenute.71
Alle elezioni del 18 aprile 1948, però, anche la Floreanini sarebbe stata eletta, in- sieme a Bei al Senato e a Bianchini, Guidi, Noce e Pollastrini alla Camera. Nella II Le- gislatura di queste sei ex consultrici, quattro sarebbero state rielette alla Camera (com- presa la Bei, che da Palazzo Madama tornava a Montecitorio), mentre la Bianchini si ri- tirava «dalla vita parlamentare», riprendendo l’insegnamento,72 e la Guidi, dopo l’inca-
rico di sottosegretario per l’artigianato al Ministero dell’Industria e del commercio che De Gasperi, alla guida del suo VII governo, le aveva assegnato nel 1951, alle elezioni del 7 giugno 1953 non veniva rieletta e, divenuta sindaca del comune di Palestrina, pre- feriva mantenere questo incarico fino al 1965, dedicandosi poi fino alla morte al ‘Cen- tro studi palestriniani’, di cui era presidente.
Tutte le altre, dopo l’incarico in Consulta, sarebbero tornate a vita privata: famiglia, pro- fessioni, impegno sindacale, civile o culturale, ma nessuna successiva carica istituzionale.
A cosa si deve una loro così breve carriera politica?
Marisa Rodano ricorderà con amarezza «come alle compagne ‘storiche’ del carcere e dell’esilio (a Estella, a Rita, a Rina Picolato, a tante altre) sarebbe toccata in tempi ravvicinati l’esperienza dell’emarginazione: gli uomini se ne liberavano senza proble- mi», anteponendo logiche verticistiche e di apparato alle elementari regole di una de- mocrazia che per essere compiuta avrebbe dovuto essere sin dall’origine non solo plura- lista, ma anche partecipata e paritaria.
68 In proposito, si rimanda a Gabrielli, Il 1946, le donne, la Repubblica, pp. 234-237. 69 Le 21 donne alla Costituente, «La Domenica del Corriere», 4 agosto 1946. 70 Cfr. tra l’altro Galeotti, Storia del voto alle donne, pp. 243 ss.
71 La Floreanini, su cui pesava il perbenismo filisteo che aleggiava nel Pci del dopoguerra, preoccupato di
omologarsi ai modelli familiari cattolico-tradizionali, contrastando quindi qualunque deviazione, potrebbe es- sere stata sacrificata sull’altare dell’alleanza Pci-Dc, che imponeva alle comuniste l’osservanza di un rigoroso codice morale che non ammetteva (almeno in quella congiuntura) devianze, mentre la ‘mitica’ Floreanini – scrive la giornalista Marta Boneschi – era «sposata, separata e legata a un uomo che non [era] il marito legit- timo» (cfr. M. Boneschi, Santa pazienza. La storia delle donne italiane dal dopoguerra a oggi, Milano, 1998, p. 120).
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A decretarne il tramonto si aggiungeva, almeno nel Pci, l’avanzare di una nuova ge- nerazione di «leve femminili, ingenue ed entusiaste», le quali «avrebbero appreso ben presto le logiche della lotta politica e tirato fuori le unghie: “Ormai non sono all’altezza dei tempi – si sarebbe cominciato a dire delle vecchie compagne – sono settarie, troppo se- gnate da esperienze di un’altra fase storica, l’esilio, il carcere, ostacolano l’avanzamento dei nuovi quadri, impediscono l’affermarsi di una giusta linea politica”».73
Man mano che la distanza dall’esperienza partigiana aumentava, le direzioni dei partiti, in mano maschile, avrebbero faticato a riconoscere il ‘valore’ di quelle vivaci presenze femminili che, nella fase di transizione, avevano giocato un ruolo essenziale sia per attrarre al voto la nuova metà dell’elettorato che per fungere da leva per cam- biamenti epocali ed essere un importante elemento di mediazione nel riattivato circuito della democrazia. Superata quella fase, dai loro programmi e dalle pratiche politiche scompariva la promozione della presenza femminile nelle istituzioni e nei luoghi delle decisioni. Le ragioni, molteplici e sedimentate nel tempo, sono a tutt’oggi oggetto di studio e riflessione.74 I brevi cenni sulle consultrici possono in qualche misura aiutarci a
decodificare alcune delle anomalie che ancora caratterizzano il rapporto tra donne e po- litica, a cominciare dalla difficoltà di accesso in ambiti – le istituzioni della rappresen- tanza e della politica – dominati dalla «riproduzione dell’esistente»,75 per nulla inclini
al cambiamento e diffidenti verso qualunque forma di autonomia di pensiero. Proprio quella di cui più d’una volta le consultrici avevano dato prova.
L’esperienza maturata in Consulta Nazionale sarebbe rimasta comunque, per le tre- dici consultrici, un ricordo esaltante. Lo rievocherà la Floreanini, nel 1987, dicendo: «tra le tante medaglie che ho ricevuto nel corso di questi quaranta anni, quella che porto più volentieri è quella della Consulta Nazionale, perché ricorda la liberazione delle donne, il modo come hanno combattuto, la serietà e la validità delle loro competen- ze»;76 impegno, serietà e competenze che in quella breve stagione – sembra voler dire
l’anziana consultrice – i partiti avevano assunto a requisiti essenziali per accedere alla rappresentanza politica. Poi seguiva il graduale declino di quei valori e con esso l’invi- sibilità politica femminile.
73 M. Rodano, Del mutare dei tempi. Volume primo, l’età dall’inconsapevolezza, il tempo della speranza 1921-1948, Roma, 2008, p. 339.
74 Si veda, tra l’altro, B. Beccalli, Identità di genere e rappresentanza politica, «Partecipazione e conflitto»,
n. 0 (2008), pp. 141-156.
75 Balbo, Pensando al prossimo appuntamento, p. 101.
76 Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti, XL della promulgazione della Costituzione italiana. ‘Contributo delle donne perseguitate politiche antifasciste e partigiane alla elaborazione e attuazio- ne della Costituzione Italiana’, Perugia, 29 ottobre 1987, Perugia, 1987, p. 83 (citata da Galeotti, Storia del voto, p. 206).