Democrazia, rappresentanza e cittadinanza politica femminile: le consultric
2. L’esordio delle italiane nella cittadinanza politica: le consultric
Se limitassimo lo spettro della cittadinanza politica al diritto di voto, dovremmo dire che le donne italiane sono diventate cittadine in seguito al d.lgs.lgt. n. 23 del 1° febbraio 1945, che ha riconosciuto loro l’elettorato attivo, e al successivo d.lgs.lgt. n. 74 del 10 marzo 1946 che, nel dettare la disciplina della legge elettorale per l’Assemblea Costituen- te, ha esteso alle donne anche il diritto di essere votate. Se, però, alla cittadinanza politica assegniamo il significato più ampio di partecipazione e gestione del potere politico e di presenza nei luoghi della rappresentanza e delle decisioni,8 l’esordio ‘istituzionale’ delle
donne italiane in politica può farsi risalire agli anni della Consulta Nazionale (1945- 1946), quando un’esigua pattuglia femminile entrò a far parte di quell’assemblea che, se non formalmente rappresentativa, di sicuro costituiva, dopo la caduta del fascismo, la prima istituzione destinata allo svolgimento democratico di un libero dibattito, banco di prova della democrazia parlamentare e – come dirà Cecilia Dau Novelli – «vero battesi- mo politico» delle donne italiane.9
In quella che venne enfaticamente salutata come l’‘assemblea della libertà’, le con- sultrici nominate dal governo erano state in tutto quattordici, ma in realtà ad entrarvi sa- Bari, 2007, pp. V-XXVIII (in part. pp. XVIII-XX); P. Gabrielli, Il 1946, le donne, la Repubblica, Roma, 2009, passim. Sulle consultrici che sono poi state costituenti si vedano, per tutti, i profili biografici curati da M.T.A. Morelli in Le donne della Costituente, pp. XXIX-LXXXVI. Alcuni loro contributi in Consulta Na- zionale si leggono nel volume Le donne e la Costituzione. Atti del Convegno promosso dall’Associazione de-
gli ex-parlamentari (Roma, 22-23 marzo 1988), Roma, 1989, alle pp. 277-299.
8 Sul tema della cittadinanza, cfr. almeno Th.H. Marshall, Cittadinanza e classe sociale (1950), a cura di
S. Mezzadra, Roma-Bari, 2002; G. Zincone, Da sudditi a cittadini. Le vie dello stato e le vie della società ci-
vile, Bologna, 1992; La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti; e soprattutto P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, 4 v., Roma-Bari, 1999-2001; con approcci diversi, riguardo alla cittadinanza
politica femminile e alla conquista del diritto di voto, cfr. tra l’altro, P. Gaiotti, Il voto alle donne, in G. Rossini (a cura di), Democrazia cristiana e costituente nella società del dopoguerra. Bilancio storiografi-
co e prospettive di ricerca. Atti del convegno di studio tenuto a Milano il 26-28 gennaio 1979, 3 v., I, Le ori- gini del progetto democratico cristiano, Roma, [1980], pp. 407-456; M. Bigaran, Donne e rappresentanza nel dibattito e nella legislazione tra ’800 e ’900, in D. Gagliani, M. Salvati (a cura di), La sfera pubblica femmi- nile. Percorsi di storia delle donne in età contemporanea, Bologna, 1992, pp. 63-71; A. Del Re, Cittadinanza politica e rappresentanza femminile in Italia, in A. Del Re, J. Heinen (a cura di), Quale cittadinanza per le donne? La crisi dello stato sociale e della rappresentanza politica in Europa, Milano, 1996, pp. 159-179;
A. Rossi-Doria, Diventare cittadine. Il voto alle donne in Italia, Firenze, 1996; M. Forcina, Una cittadinanza
di altro genere. Discorso su un’idea politica e la sua storia, Milano, 2003; Genere e democrazia (in partico-
lare M.L. Boccia, La radice della politica: la soggettività delle donne nella transizione italiana, pp. 27-49; M. Guadagnini, La cittadinanza politica: presenza delle donne in Parlamento negli anni Novanta, pp. 51-61; A. Del Re, Per una ri-definizione del concetto di cittadinanza, pp. 63-74; Balbo, Pensando al prossimo ap-
puntamento, pp. 101-111). Mi sia consentito un richiamo anche a M.A. Cocchiara, Donne e cittadinanza poli- tica: una prospettiva storica. Breve storia del diritto di voto alle donne in Italia, in M.A. Cocchiara (a cura
di), Donne, politica e istituzioni. Percorsi, esperienze e idee, Roma, 2009, pp. 83-127 e alla bibliografia ivi indicata.
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rebbero state in tredici perché l’azionista Ada Prospero Marchesini, più nota come Ada Gobetti,10 subentrava in un secondo momento, in sostituzione di Bastianina Martini
Musu, l’azionista sarda che mai avrebbe varcato la soglia di Montecitorio perché gra- vemente malata e poi scomparsa il 21 ottobre 1945, a distanza di neanche un mese dalla nomina.
In Consulta Nazionale l’avrebbe commemorata anche Emilio Lussu, allora ministro ai rapporti con la Consulta del I governo De Gasperi, che nell’occasione esaltava l’apporto che le donne avrebbero dato «alla vita amministrativa e alla vita politica […]. Esse – diceva – portano nella loro azione quella sensibilità umana […] che è qualche cosa di più della tecnica e della scienza ed è anche qualche cosa di più della stessa politica».11
Lussu attribuiva, pertanto, al ruolo che le donne avrebbero potuto svolgere nella ri- costruzione morale e materiale del Paese un peso notevole, e tuttavia ancorato all’im- magine femminile ‘del materno e della cura’, in continuità con lo stereotipo di età libe- rale e fascista che, esaltando la «sensibilità» delle donne a discapito della razionalità, ne aveva a lungo giustificato l’incapacità giuridica e politica. Un ruolo, di conseguenza, diverso da quello sostenuto dalle donne del suo partito, tra cui proprio la Martini Musu che, durante la breve e intensa battaglia post-fascista per il voto alle donne, non aveva mancato di evidenziare la specificità del contributo femminile, collegandola però alla nuova consapevolezza che molte italiane avevano maturato, stando «a fianco all’uomo» in clandestinità e durante la guerra. Soggettività femminile, quindi, ma in posizione di parità con l’uomo, e poi voglia di partecipare alla nuova vita democratica e di contare con «la loro volontà e la loro opera […] sul governo della nazione come […] su quello della famiglia»:12 a questi principi e obiettivi aspirava Bastianina Martini, ribadendoli
anche dopo la conquista del suffragio femminile, quando avanzava dalle pagine del pe- riodico azionista «L’Italia libera» un’ardita proposta di riequilibrio della rappresentan- za, ovvero quella di riservare alle donne un decimo dei seggi nei consigli comunali.13
Del resto pure Ada Gobetti, che ne avrebbe preso il posto in Consulta, era portatri- ce di un’analoga ‘sensibilità’, anzi viene ancora oggi ricordata come «una delle più bel- le figure della Resistenza [anche] perché, già allora, fu una delle poche ad aver coscien- za della ‘uguaglianza nella diversità’ della natura femminile» e a ricoprire nel partito ruoli dirigenti senza mai accettare supinamente il «punto di vista dei compagni».14
10 Ada Prospero, vedova di Piero Gobetti, era risposata con Ettore Marchesini, ma avrebbe mantenuto il co-
gnome del defunto marito. Alla Consulta veniva registrata come Ada Marchesini Prospero.
11 Cfr. Atti della Consulta Nazionale. Discussioni dal 25 settembre 1945 al 9 marzo 1946, Roma, Tipografia
della Camera dei deputati, 1946 (= Cn), Assemblea plenaria (= Ap.), seduta di mercoledì 9 gennaio 1946, p. 170. I resoconti dei lavori della Consulta Nazionale sono scaricabili dal sito, URL: <http://storia.camera.it/ lavori/ transizione/leg-transizione-consulta_nazionale#nav>.
12 B. Musu Martini, Le donne hanno diritto al voto, «Noi donne», anno I, n. 9, 15 gennaio 1945, p. 3, ripro-
dotto in M. d’Amelia (a cura di), Donne alle urne. La conquista del voto. Documenti 1864-1946, Roma, 2006, pp. 130-131.
13 B. Musu Martini, Il Partito d’Azione e le donne, «L’Italia libera», 16 febbraio 1945, ricordato da Gabrielli, Il 1946, le donne, p. 118. Interessanti riflessioni della Musu e di altre azioniste si leggono nell’opuscolo Uguaglian- za!, pubblicato a cura del Movimento femminile del Partito d’azione, Roma, [aprile] 1945.
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