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Il controllo parlamentare nella prima Comunità europea I rapporti tra l’Assemblea comune e l’Alta Autorità

della Ceca (1952-1958)

Sandro Guerrieri, Università “La Sapienza” di Roma

1. Introduzione

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, la ricerca di un percorso di costru- zione di strutture comuni tra i Paesi dell’Europa occidentale che si erano combattuti nel corso della «seconda guerra dei trent’anni» sembrò inizialmente incentrarsi sulla costi- tuzione di un’assemblea rappresentativa sovranazionale. Il Congresso dell’Aia,1 la

grande iniziativa europeista promossa nel maggio 1948 dal Comitato internazionale dei movimenti per l’unità europea, si chiuse con la proposta di un’assemblea eletta dai par- lamenti nazionali, che avrebbe dovuto essere il fulcro dello sviluppo di un processo di integrazione. Tale proposta fu sostenuta con decisione, in un primo momento, dal go- verno francese, che si batté affinché fosse creata un’assemblea che, seppure priva di competenze legislative, assumesse un ruolo chiave come luogo di discussione e di ela- borazione delle possibili forme di cooperazione. Si era così messo in moto il processo che condusse, con il Trattato di Londra del 5 maggio 1949, alla nascita del Consiglio d’Europa. La fondazione di questa organizzazione fu resa possibile, tuttavia, dal ridi- mensionamento delle ambizioni originarie: a causa soprattutto della resistenza britanni- ca ad accettare una forma di rappresentanza di tipo sovranazionale, l’organo chiave non risultava l’assemblea, denominata Assemblea consultiva, bensì l’elemento intergover- nativo, il Comitato dei ministri. Se è vero che l’Assemblea consultiva si rivelò pur sempre un importante forum politico e assunse iniziative di rilievo, il progetto iniziale di una via parlamentare all’integrazione europea aveva subito una radicale sconfitta.

Che tale via non fosse più all’ordine del giorno lo dimostrò proprio l’atto da cui, un anno dopo, ebbe origine l’avventura comunitaria: la Dichiarazione Schuman del 9 mag- gio 1950, redatta da Jean Monnet.2 Nel proporre un’integrazione limitata ai settori del

carbone e dell’acciaio, creando in questo modo una «solidarietà di fatto» che rendesse una nuova guerra tra Francia e Germania «non soltanto impensabile, ma materialmente impossibile», la Dichiarazione non faceva menzione alcuna di un’assemblea rappresen- tativa. Come risulta dalle testimonianze,3 Monnet, nel prospettare la creazione di

1 Cfr. J.-M. Guieu, C. Le Dréau, Le «Congrès de l’Europe» à la Haye (1948-2008), Bruxelles, 2009. 2 Su Jean Monnet cfr. F. Duchêne, Jean Monnet: the First Statesman of Interdependence, New York, 1994;

E. Roussel, Jean Monnet 1888-1979, Paris, 1996; G. Bossuat, A. Wilkens (sous la direction de), Jean Monnet

et les chemins de la paix, Paris, 1999.

3 Fondation Jean Monnet pour l’Europe, Lausanne (d’ora in avanti Fjm), Interviste di Antoine Marès a

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un’autorità di gestione su scala sovranazionale, autonoma dai governi, non contemplava che essa fosse sottoposta a un controllo parlamentare sul piano europeo.

Fu a seguito del suggerimento di uno dei suoi più stretti collaboratori, Etienne Hirsch, che Monnet si rese conto della necessità di un’istituzione di tipo parlamentare.4 Cosicché

nel Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca) firmato, dopo lunghe trattative, il 18 aprile 1951 a Parigi, il sistema istituzionale comunitario includeva un organo rappresentativo, l’Assemblea comune, composta di 78 membri nominati dai parlamenti nazionali con mandato annuale.5 Rispetto ai canoni del

parlamentarismo, le sue prerogative risultavano alquanto limitate. Essa, infatti, non era dotata di competenze legislative: sia perché era lo stesso Trattato Ceca a configurarsi già, in buona misura, come un insieme di regole a carattere legislativo (un Traité-loi, al contrario di quel che sarebbe avvenuto con il Trattato Cee, che avrebbe assunto la forma di un trattato-quadro), sia perché il potere di emanare norme era soprattutto attribuito all’Alta Autorità composta di 9 membri,6 dotata della facoltà di prendere decisioni,

formulare raccomandazioni ed esprimere pareri. All’Assemblea era conferita solo una funzione di controllo: in occasione della sua sessione ordinaria, essa avrebbe esaminato la relazione annuale che l’Alta Autorità era tenuta a presentarle. Se la relazione fosse stata oggetto di una mozione di censura approvata con i due terzi dei voti espressi e a maggioranza dei componenti, i membri della Alta Autorità avrebbero dovuto rassegnare le dimissioni.7

Nei suoi cinque anni e mezzo di vita, che uso fece la prima Assemblea parlamenta- re comunitaria di questo potere di controllo sull’operato dell’Alta Autorità? Accettò di attenersi alla linea della verifica a posteriori, prevista dal Trattato, o assunse un ruolo propositivo, esercitando una pressione che non escluse momenti di viva conflittualità? Quale giudizio va espresso, pertanto, sulla dimensione parlamentare nel sistema istitu- zionale della Ceca: rimase confinata in una posizione marginale, o acquisì col tempo un rilievo maggiore?

2. La presidenza Monnet dell’Alta Autorità e l’attivazione di un dialogo costante

Se all’inizio l’impostazione funzionalista di Jean Monnet non aveva incluso nel suo orizzonte la creazione di un’assemblea rappresentativa, in seguito essa attribuì all’istituzione

4 Nell’intervista sopra citata, Etienne Hirsch racconta che quando, sollecitato dal socialista André Philip, fece

presente a Monnet che non era previsto alcun elemento democratico, la risposta di quest’ultimo fu molto secca: «Monnet m’a renvoyé brutalement en me répondant que je n’y comprenais rien, que cela n’avait rien à voir». Qualche giorno dopo, però, Monnet aveva cambiato idea e gli si rivolse in questi termini: «Vous m’avez parlé d’une Assemblée, si nous en reparlions?» (p. 14).

5 L’art. 21 del Trattato prevedeva anche la possibilità di un’elezione dei delegati a suffragio universale

diretto, ma non si fece ricorso a questa possibilità.

6 Sull’Alta Autorità si vedano D. Spierenburg, R. Poidevin, Histoire de la Haute Autorité de la Communauté européenne du charbon et de l’acier, Bruxelles, 1993; A. Isoni, L’Alta Autorità del carbone e dell’acciaio. Alle origini di un’istituzione comunitaria, Lecce, 2006; K. Seidel, The Process of Politics in Europe. The Rise of European Elites and Supranational Institutions, London, New York, 2010.

7 Cfr. P.J.K. Kapteyn, L’Assemblée commune de la Communauté européenne du charbon et de l’acier. Un essai de parlementarisme européen, Leiden, 1961.

Il controllo parlamentare nella prima Comunità europea 169 parlamentare un ruolo significativo al fine della legittimazione dell’operato dell’Alta Autorità. L’instaurazione del mercato comune nei settori del carbone e dell’acciaio non si riduceva alla liberalizzazione degli scambi tra i sei Paesi. L’Alta Autorità, la cui pre- sidenza fu conferita allo stesso Monnet, doveva promuovere lo sviluppo della produ- zione stabilendo programmi di carattere indicativo, concedendo prestiti, sorvegliando i processi di concentrazione tra le imprese e contrastando i cartelli di vendita che mante- nessero i prezzi artificialmente elevati. Sul piano sociale, essa era chiamata a interveni- re, su richiesta dei singoli governi, a favore dei lavoratori licenziati a seguito dei prov- vedimenti di ristrutturazione determinati dall’avvento del mercato comune. Inoltre, do- veva stimolare il Consiglio dei ministri a siglare un accordo sulla libertà di circolazione per i lavoratori qualificati dei due settori (punto, questo, inserito nel Trattato su pres- sante richiesta dell’Italia, che sperava di trovare nella Comunità una valvola di sfogo per la propria manodopera eccedente) e a dar vita a forme di coordinamento in materia di trasporti.8

L’attribuzione all’Alta Autorità di questi vasti poteri di iniziativa e di intervento aveva sollevato vive preoccupazioni nel corso dell’elaborazione e poi della ratifica del Trattato. I Paesi del Benelux avevano espresso il timore che si creasse al suo interno un predominio franco-tedesco. Gli industriali dei due settori avevano paventato gravi rischi di dirigismo. Cosicché il Trattato aveva affiancato all’Alta Autorità il Consiglio specia- le dei ministri, sede di confronto tra i governi, e un Comitato consultivo composto di rappresentanti dei produttori, dei lavoratori, delle industrie consumatrici e dei commer- cianti. Il Trattato aveva inoltre dato all’Alta Autorità la facoltà di istituire dei comitati di studio, e, per far sì che i provvedimenti da emanare riscuotessero il più largo consen- so, Monnet si orientò ben presto a far ampio uso di questo strumento, formando com- missioni di esperti provenienti dalle amministrazioni nazionali e dalle realtà produttive coinvolte.9 Come attestò nell’aprile 1953 la prima relazione generale presentata

dall’Alta Autorità all’Assemblea, «tutte le decisioni importanti» da essa adottate erano state precedute «da consultazioni sistematiche, alcune espressamente previste dal Trat- tato, le altre svoltesi su iniziativa dell’Alta Autorità stessa».10

In questa complessa rete di consultazioni Monnet giudicò opportuno includere an- che l’istituzione parlamentare, in modo che al punto di vista dei governi e degli attori economici e sociali si aggiungesse quello dei rappresentanti delle correnti politiche. Così, nel discorso pronunciato l’11 settembre 1952 alla sessione inaugurale della As- semblea comune, egli auspicò che il rapporto tra questa e l’istituzione da lui presieduta prevedesse vari momenti di confronto. A questo proposito, valutò molto positivamente la possibilità, prevista dal Trattato, di convocare sessioni parlamentari straordinarie e

8 Sugli obiettivi e i risultati della Ceca cfr. R. Ranieri, L. Tosi (a cura di), La Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1952-2002). Gli esiti del trattato in Europa e in Italia, Padova, 2004; Ph. Mioche, I cinquant’anni dell’Europa del carbone e dell’acciaio, Lussemburgo, 2004.

9 Si veda la comunicazione di Monnet alla riunione della Commissione d’organizzazione dell’Assemblea che

si volse l’8 novembre 1952: Archivi storici dell’Unione europea, Firenze (d’ora in avanti Asue), Fondo Assemblea comune, AC-425.

10 Alta Autorità, Relazione generale sulla attività della Comunità (10 agosto 1952-12 aprile 1953), Servizio

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propose all’Assemblea di creare una commissione generale con la quale l’Alta Autorità potesse incontrarsi a intervalli regolari.11

Il consenso dell’Assemblea era considerato importante da Monnet perché avrebbe permesso di riequilibrare, in una certa misura, il peso degli altri attori. Se da parte di questi vi era il rischio di una difesa di interessi nazionali o corporativi, l’auspicio era che i parlamentari fossero maggiormente in grado, dal canto loro, di privilegiare il per- seguimento di un comune interesse europeo. La formulazione di un giudizio positivo dell’Assemblea sulla Relazione annuale dell’Alta Autorità, maturato nel corso di un dialogo svoltosi senza soluzioni di continuità, avrebbe così contribuito a fornire ad essa un prezioso sostegno per portare avanti la sua azione.

Un’evidente prova del sorgere in Monnet di un sensibile interesse nei riguardi dell’assemblea parlamentare è data dalla notevole importanza da lui attribuita ad una adeguata preparazione della sua sessione costitutiva, che si svolse dal 10 al 13 settem- bre 1952. Come emerge dalla ricca documentazione presente nel fondo Jean Monnet depositato a Losanna presso l’omonima fondazione, egli incaricò di tale preparazione un comitato formato da sei segretari generali delle assemblee parlamentari dei Paesi membri, presieduto dal segretario generale dell’Assemblea nazionale francese Emile Blamont, nella sua qualità di presidente della sezione autonoma dei segretari generali dei parlamenti dell’Unione interparlamentare.12 La sessione costitutiva avrebbe dovuto

svolgersi a Strasburgo nei locali del Consiglio d’Europa, ma Monnet accettò questa so- luzione solo a condizione che il segretario generale di tale istituzione, Jacques Camille Paris, rinunciasse ad imporre i propri servizi e assicurasse che l’Assemblea comune avrebbe goduto della propria autonomia amministrativa. Come scrisse Monnet a Paris il 15 agosto 1952, era fondamentale che l’indipendenza dell’Assemblea della Ceca fosse garantita già dalla prima sessione: «En effet, l’Assemblée de la Communauté n’est pas consultative. Elle a un caractère parlementaire. Dans les limites de sa compétence, elle est souveraine dans ses décisions et indépendante, tant des autres institutions de la Communauté que des Gouvernements ou de toute autre organisation».13

Se da un lato Monnet si era lasciato decisamente alle spalle l’iniziale sottovaluta- zione dell’elemento rappresentativo nella creazione di «solidarietà di fatto» tra nazioni un tempo nemiche, dall’altro l’Assemblea comune non solo accolse con favore lo spiri- to di apertura del presidente dell’organo esecutivo, ma adottò ben presto una interpreta- zione ancora più estensiva del proprio ruolo. Per monitorare in maniera costante ed ef- ficace l’azione dell’Alta Autorità, non si accontentò del suggerimento di Monnet di co- stituire una commissione generale, ma, ispirandosi maggiormente alla tradizione parla- mentare dei Paesi membri, decise di istituire sette commissioni specializzate. Un altro passo importante nella trasposizione a livello sovranazionale dei canoni del parlamenta- rismo fu compiuto nel giugno 1953 con il riconoscimento dei gruppi politici, a cui fu attribuito un contributo finanziario. Se l’Assemblea comune era stata configurata dal

11 Assemblea comune, Discussioni, terza seduta di giovedì 11 settembre 1952, pp. 17-20.

12 Cfr. il rapporto inviato il 10 settembre 1952 da Emile Blamont al presidente dell’Assemblea comune: Fjm,

Archives Jean Monnet (d’ora in avanti Ajm), Amh 9/4/9.

13 Fjm, Ajm, Amh 32/1/13, Jean Monnet à Monsieur Paris, Secrétaire Général du Conseil de l’Europe,

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