Democrazia, rappresentanza e cittadinanza politica femminile: le consultric
4. I primi discorsi delle consultric
A ricordare la carica amministrativa della Caligaris sarebbe stata la democristiana Guidi Cingolani, nell’intervento in Assemblea plenaria del 1° ottobre 1945, più volte citato proprio perché era il primo che una donna italiana avesse tenuto in un’assemblea politi- co-istituzionale. L’assessorato della Caligaris veniva definito come uno degli sporadici esempi di «prove concrete di fiducia in pubblici uffici» riconosciuto alle donne italiane che, invece, «nel campo del lavoro, della previdenza, della maternità e infanzia, della assistenza in genere e in quella post-bellica in specie» avrebbero potuto dar prova di «maturità e capacità di realizzatrici».36
Le parole e i toni della consultrice democristiana poco avevano del ‘discorso di cir- costanza’. La Guidi, parlando in rappresentanza «delle donne italiane» e a nome delle altre consultrici, non solo segnalava la delusione, diffusamente avvertita, per la scarsa presenza di donne nelle cariche pubbliche,37 ma alternando certa inevitabile retorica con
35 Rossi-Doria, L’avvento del voto, p. 37.
36 Cfr. Cn Ap, seduta di lunedì 1° ottobre 1945, p. 121. Il discorso della Guidi, proprio perché il primo tenuto
in Italia da una donna in un’assemblea politica, avrebbe avuto vasta eco nella stampa non solo politica ma d’opinione e sarebbe stato più volte citato dalla storiografia. Interamente riprodotto nel volume Le donne e la
Costituzione, pp. 277-281, è citato, tra gli altri, da Rossi-Doria, Le donne sulla scena politica, p. 808; Rossi-
Doria, L’avvento del voto, p. 37; Rossi-Doria, Diventare cittadine, passim; Galeotti, Storia del voto, pp. 183-184.
Democrazia, rappresentanza e cittadinanza politica femminile 97 punte di sarcasmo38 biasimava la sottovalutazione delle risorse femminili da parte della
classe politica maschile.
Il discorso pronunciato il giorno dopo dalla comunista Picolato era per alcuni aspetti in sintonia con quello della dirigente democristiana: tra compiacimento e senso di responsabilità, anche la Picolato diceva di rappresentare in Consulta «le donne italia- ne» e condivideva con la Cingolani l’affermazione «che, per risanare moralmente l’Italia, occorrono opere di rigenerazione, di rieducazione e una vita onesta e di lavo- ro». Considerava, inoltre, la presenza delle donne in Consulta Nazionale innanzitutto come un segno che le basi della democrazia italiana erano state letteralmente «raddop- piate» permettendo così che «nuovi bisogni, nuovi interessi, nuovi sentimenti» potesse- ro essere espressi «direttamente, e misurarsi con i bisogni, gli interessi, i sentimenti di tutta la Nazione». Il suo intervento, poi, declinava il tema, particolarmente caro, del «riconoscimento della parte che le donne» avevano «avuto nella liberazione del Paese». A questo punto, però, dopo aver passato in rassegna i meriti antifascisti e partigiani del- le colleghe consultrici, la Picolato rivestiva l’abito del suo partito, opponendo, a chi aveva voluto contestare l’autorità della Consulta e del governo Parri: «Noi comuniste pensiamo invece che fino a che non vi saranno elezioni, l’aver partecipato alla solleva- zione, alla organizzazione, alla direzione dell’insurrezione, è il solo titolo legittimo, giusto e democratico di rappresentare e dirigere il popolo che ha lottato e con la lotta si è liberato dal nazismo e dal fascismo».39
All’insistenza sui meriti e la funzione legittimante della Resistenza faceva seguito un altro tema ‘difficile’, quello della disoccupazione, rispetto al quale la Picolato avvertiva:
il Governo dovrà cercare di dare lavoro a tutti. Noi [comuniste] insistiamo sul «tut- ti», perché non si ricorra alla misura più facile, ma più ingiusta e più inumana, di li- cenziare le donne, di dividere perciò la classe lavoratrice. Tutti quelli che hanno bi- sogno di lavorare per vivere, devono poter trovare la possibilità di guadagnarsi one- stamente col lavoro un pezzo di pane. Questa possibilità la chiediamo per gli uomi- ni, ma anche per le donne.40
I malumori dei reduci di guerra e dei tanti disoccupati non dovevano tradursi, come nel ’19, nel forzato ritorno a casa delle donne. Per contemperare la durezza di questo ri- chiamo, il discorso tornava rassicurante, proponendo temi tipici del maternage, come «l’elevazione morale e materiale della famiglia, delle donne e dell’infanzia», garanten- do che l’Udi avrebbe chiamato «le proprie iscritte a dare sempre e pienamente il loro entusiastico contributo a ogni iniziativa» in tal senso e concludendo con un duplice in- vito. Rivolgendosi alla Consulta, assicurava che la collaborazione delle donne, e di quelle comuniste in particolare, sarebbe stata «preziosa» per risolvere i più pressanti problemi del Paese e fare insieme, uomini e donne, «un buon lavoro».41 Alle «Colleghe
38 Per esempio quando diceva: «comunque peggio di quel [che] nel passato hanno saputo fare gli uomini noi
certo non riusciremo mai a fare!».
39 Cfr. Cn Ap, seduta di martedì 2 ottobre 1945, p. 128.
40 Cfr. Cn Ap, seduta di martedì 2 ottobre 1945, p. 128. Sull’intervento della Picolato, cfr., tra l’altro, Galeot-
ti, Storia del voto, p. 207; Gabrielli, Il 1946, le donne, la Repubblica, p. 229.
M. Antonella Cocchiara 98
Consultrici» volgeva infine le ultime parole, invitandole «a lavorare unite oggi nella ri- costruzione» come lo erano state «ieri nella guerra di liberazione».
In linea con le direttive di partito, che continuavano a suggerire all’Udi e alle com- pagne l’alleanza con le donne cattoliche, la Picolato, pur non resistendo alla voglia di definire le specificità delle comuniste, per disciplina di partito, adottava quei toni conci- lianti che la leadership togliattiana imponeva alle donne del Pci per consolidare reti di collegamento con le donne degli altri partiti, specie con le democristiane. Una «valoriz- zazione del comune fronte femminile» che, pur non raccogliendo unanimi consensi,42 si
sarebbe rivelata in certe circostanze una carta vincente e di alto valore simbolico.