Dal Senato Subalpino a quello unitario (1848-1861)
4. Le nomine ‘siciliane’ di Cavour (gennaio-febbraio 1861)
Tra i senatori scelti in Sicilia,22 ci si imbatte nei due omonimi Michele Amari, entrambi
palermitani; il primo, professore universitario (nominato, il 20 gennaio 1861, per la classe 20, cioè per meriti scientifici), fu membro della Camera dei Comuni del Regno di Sicilia e, successivamente, ministro delle Finanze e dell’Istruzione negli anni 1848-49; e autore della famosa opera Note alla storia costituzionale di Sicilia di Niccolò Palmie-
ri che, pubblicata nel 1846, «esercitò un influsso notevolissimo sulla pubblica opinione
dell’isola».23 Fu uno dei più noti studiosi del Regno delle Due Sicilie, al quale, peraltro,
furono affidate, a partire dal 1848, numerose e rilevanti cariche politico-amministrative. Il secondo, prefetto (nominato, il 7 febbraio 1861, per la classe 4, Ministri di Sta- to), tra i vari incarichi amministrativi, era stato Intendente di Messina, nel 1848, e Le- gato del Governo Dittatoriale di Garibaldi presso la corte sabauda. A causa di questi suoi trascorsi era stato esiliato a Genova.
Litterio De Gregorio, principe di Sant’Elia, di Messina (nominato, il 20 gennaio 1821, per la classe 21), era stato Gentiluomo di Camera del sovrano borbonico; aveva fondato l’Accademia Filarmonica di Messina; egli «tra i più cospicui personaggi del Regno […] accrebbe con distinti meriti il lustro del casato […] godeva meritatamente fama di liberale e specchiato cittadino».24 Prese parte alla Società Siciliana per la storia
patria.
Il barone Guglielmo della Bruca, di Catania (nominato, il 20 gennaio 1861, per la classe 21), godeva «di alta stima […] pel largo censo» che possedeva, di cui «faceva un uso generoso».25
20 La strategia cavouriana ha molto in comune con quella dei napoleonidi durante il Decennio francese (1806-
1815).
21 La discrezionalità di scegliere le candidature in loco fu affidata dal Cavour al Farini e al Nigra, principe di
Carignano. Cfr. M. Di Napoli, La formazione della rappresentanza meridionale nel primo Parlamento unita-
rio (1861): la designazione dei senatori, «Clio», XXXII, 2, luglio-settembre 1996, pp. 479-487.
22 Cfr. V. Pacifici, I siciliani del primo Parlamento unitario, in La Sicilia nell’Unità d’Italia, Acireale-Roma,
2011.
23 Cfr. Repertorio dei Senatori, vol. I, p. 155. 24 Cfr. Repertorio dei Senatori, vol. I, p. 380. 25 Repertorio dei Senatori, vol. I, p. 386.
Dal Senato Subalpino a quello unitario (1848-1861) 135 Ferdinando principe di Pandolfina, di Palermo (nominato, il 20 gennaio 1861, per la classe 21), fu capo di Stato maggiore della Guardia nazionale, durante la rivoluzione del 1848, nonché Pari del Parlamento di Sicilia dal 1848-49. Esiliato in Inghilterra, vi rappresentò ‘il governo liberatore’. Anch’egli fu membro della Società Siciliana per la storia patria.
Il principe Nicolao di san Cataldo Galletti, di Palermo (nominato, il 20 gennaio 1861, per la classe 21), era stato gentiluomo di Camera del sovrano, e poi incaricato dal governo provvisorio, nel 1860, presso l’imperatore Napoleone III: «avverso alla signo- ria borbonica si adoperò a promuovere l’indipendenza e la libertà nazionale»;26 prese
parte anch’egli alla Società Siciliana per la storia patria.
Il marchese Benedetto Orazio di San Giuliano Paternò Castello, di Catania (nomi- nato, il 20 gennaio 1861, per la classe 21), colonnello della Guardia Nazionale nel 1848 e, successivamente, maggiore generale nel 1860: «d’animo nobile e sinceramente libe- rale», si era sempre schierato contro i Borboni, fin dai moti del 1835, del ’48 e del ’60.27
Per il messinese Giuseppe Lella (nominato, il 20 gennaio 1861, per la classe 21), si trattava di un «onorato» e «sagace» banchiere che amministrava la succursale di Messi- na della Banca Nazionale del Regno d’Italia.
Anche Gabriello Torremuzza Lancellotto Castelli, di Palermo (nominato il 20 gen- naio 1861 per la classe 21), era stato maggiore nella Guardia Nazionale di Palermo nel ’48 e Pari nel Parlamento di Sicilia negli anni ’48-49. Aveva votato la decadenza del Borbone, atto per il quale era stato esiliato a Torino e poi in Francia, dove molto contri- buì alla causa italiana.
Romualdo Trigona, principe di Sant’Elia, di Palermo (nominato, il 20 gennaio 1861, per la classe 21), dopo essere stato Pari nel Parlamento di Sicilia, nel 1848-49, aveva presieduto, nel ’48, il Governo provvisorio palermitano e partecipato alla Luogo- tenenza generale per le Province siciliane nel 1860. Protettore delle lettere e delle scienze, costruì a Palermo uno stabilimento tipografico; «fu schiettamente liberale, cor- tese, benefico».28
Dopo questo breve excursus sulle caratteristiche socio-politiche dei senatori sici- liani, viene probabilmente intaccata la veridicità storica dei fatti narrati nelle note pagi- ne del Gattopardo (rimanendo, ovviamente, intatto il suo valore letterario), quelle ove il cavaliere Chevalley cerca di ottenere l’assenso del principe di Salina ad accettare il lati- clavio. Infatti, don Fabrizio non possedeva nessuno dei requisiti richiesti dal governo per accedere al Senato. Al di là di un’«attitudine dignitosa e liberale»,29 mai si era im-
pegnato in attività amministrative e/o politiche o culturali; né, d’altra parte, la sua fama di astronomo era così nota da poterlo includere nella categoria 4 (quella per meriti scientifici).
A tale proposito, è stato acutamente notato che per Il Gattopardo «si può parlare di un romanzo più fantastico che storico, persino allegorico, letterariamente densissimo,
26 Repertorio dei Senatori, vol. I, p. 418. 27 Repertorio dei Senatori, vol. I, p. 420. 28 Repertorio dei Senatori, vol. II, p. 918.
Maria Sofia Corciulo 136
che sta stretto in un’interpretazione tutta antirisorgimentale»;30 cioè, in una lettura che
fa del Gattopardo il manifesto antiunitario, aristocratico e ‘sudista’.
La notorietà e il successo mondiali del volume hanno contribuito, non poco, a fal- sare il giudizio storico sull’esordio del nostro Risorgimento. L’apatica indifferenza del principe di Salina nei confronti dei coevi avvenimenti politici – che, a suo parere, fin- gendo di farlo, nulla avrebbero cambiato – non ha reso giustizia dei veri intenti cavou- riani, i quali, grazie anche alla verifica prosopografica, si sono dimostrati di valenza opposta. Ma, soprattutto, Tomasi di Lampedusa ha contribuito molto a screditare la classe politica meridionale del neoregno, nelle cui fila, secondo lui, si sarebbe trovato particolarmente a suo agio un parvenu furbo e rapace quale Calogero Sedara, il quale – come abbiamo constatato – non aveva proprio nulla in comune con i senatori scelti realmente da Cavour e provenienti, tra l’altro, dall’alta nobiltà, come il principe di Salina!31