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Distretti e regioni tra Crispi e Bodio Un nulla di fatto

3. Circoscrizioni regional

Preso atto dell’impossibilità di razionalizzare le circoscrizioni provinciali, l’attenzione ritorna sul livello superiore, per l’istituzione di «una circoscrizione amministrativa re- gionale». È però una storia ‘coperta’, non essendo assolutamente proponibile, nella si- tuazione parlamentare e politica del 1894, aprire un altro fronte di discussione.20

18 Verbale manoscritto della Commissione, in Acs, Carte Crispi, Roma, fasc. 563.

19 L’ho citato in Colegislatori? Il peso delle élites municipali nella elaborazione della legge comunale e pro- vinciale, in Ceti dirigenti e poteri locali nell’Italia meridionale (secoli XVI-XX), Pisa, 2003, pp. 165-179. 20 R. Ruffilli, La questione regionale (1862-1942), Milano, 1971, pp. 173-175.

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Se il primo direttore della statistica, Pietro Maestri, aveva ‘inventato’ i comparti- menti regionali,21 Crispi affida al suo successore, Luigi Bodio, la redazione di un orga-

nico progetto di regionalizzazione amministrativa.

Il 30 ottobre il «disegno di circoscrizione amministrativa per regioni» è pronto. Bodio procede per «aggruppamento di provincie intere», cercando di «allonta- nar[si] il meno possibile dalle circoscrizioni già esistenti (giudiziarie e altro) le quali hanno già stabilite relazioni di affari di interessi che conviene rispettare». Troviamo in- fatti traccia di un attento lavoro di comparazione, tenendo presente la circoscrizione delle a) 20 corti d’Appello (tre delle quali articolate in sezioni), b) 11 (+3) comparti- menti territoriali del Genio civile, c) 12 corpi d’Armata.

Quanto alla taglia delle nuove circoscrizioni, «per non fare regioni troppo vaste, né troppo piccole avrei stimato opportuno fermarmi al numero di tredici».

Molte sono le innovazioni rispetto alla tabella Maestri, in particolare nel decisivo quadrante centro-meridionale.

Ferme restando le tre grandi regioni settentrionali, il Piemonte, il Veneto e la Lom- bardia (con il circondario di Bobbio), la Liguria, per mantenersi autonoma, viene accre- sciuta della provincia di Massa. Con questa modifica viene confermata la circoscrizione ormai tradizionale della Toscana, così come quella dell’Emilia (con la Romagna).

Ci sarebbe poi una lunga regione adriatica, da Pesaro a Chieti, con capoluogo An- cona, cui farebbe da contrappeso un Lazio allargato alla provincia umbra e all’Abruzzo aquilano.

La Campania annetterebbe il Molise e la Puglia la Basilicata, mentre Calabria, con capoluogo Catanzaro, Sicilia e Sardegna manterrebbero la loro classica conformazione regionale.

In sintesi si avrebbe una carta razionalizzata, compatibile con gli altri grandi quadri dell’azione delle diverse amministrazioni statali. I nodi che emergono sono diversi. Da un lato l’elegante soluzione suggerita per il mantenimento della Liguria sconsiglia la scissione dell’Emilia, mentre la scissione degli Abruzzi risponde a un vecchio disegno adombrato (da Minghetti) all’indomani dell’Unità. Sempre nel quadrante meridionale la questione del destino di quelle che si potrebbero definire «province regionali» del Mo- lise e della Basilicata viene risolta rafforzando le due maggiori regioni meridionali, cioè la Campania e le Puglie.

Alcuni di questi temi sono esplicitamente ripresi dopo un confronto con il presiden- te del Consiglio, di cui peraltro non abbiamo traccia. Bodio aggiorna infatti la sua pro- posta sulla base di 14 regioni, attraverso la «scissione dell’Emilia in due regioni, di cui una sarebbe formata dagli ex Ducati (provincie di Parma, Piacenza, Modena e Reggio) e l’altra dalla Romagna (provincie di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì)».22

21 L. Gambi, Compartimenti statistici e regioni costituzionali, Faenza, 1963 e da ultimo Un elzeviro per la regione, «Memoria e ricerca», 1999, 4, pp. 155-197.

22 «È vero – argomenta Bodio – che queste due regioni avrebbero una superficie minore di parecchie altre, ma

la popolazione sarebbe di oltre un milione di abitanti, così per l’una come per l’altra. Questa divisione sembra essere consigliata da ragioni storiche e farebbe risolvere più facilmente la questione del capoluogo. Non si potrebbe mettere Bologna sotto Modena; Modena sarebbe invece il capoluogo più indicato per l’altra regione. Oltre a ciò i confini delle due regioni verrebbero a coincidere con quelli delle Corti di appello di Parma (colla sezione di Modena) e di Bologna».

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Cartina di Bodio tratta dalle Carte Crispi, Roma, fasc. 568

Per quanto riguarda invece il destino della Basilicata, Bodio conferma la proposta di unione con le Puglie. La motivazione è un piccolo saggio dei criteri di ‘razionalizzazio- ne’ che sono stati applicati e conviene leggerla integralmente:

L’unione della Basilicata colla Calabria non mi parrebbe facilmente attuabile, consi- derando le difficoltà delle comunicazioni fra queste provincie; le sole vie praticabili sono quelle del litorale che riescono necessariamente molto più lunghe che non sa- rebbe se corressero diagonalmente nell’interno. Inoltre non esistono tra le Calabrie e la Basilicata relazioni tali di affari, che possano legittimare la loro unione. La Basili- cata potrebbe, se non si volesse unirla alle Puglie, riunirsi piuttosto colla Campania, colla quale ha pure frequenti relazioni e con cui si trova collegata mediante una di- retta linea ferroviaria e una discreta rete stradale. Ma non ho proposto questo nuovo aggruppamento perché verrebbe ad accrescere soverchiamente, sia per estensione, sia per popolazione, la regione Campana, già accresciuta del Molise. Infatti colla riunione della Basilicata alla Campania e al Molise si formerebbe una regione avente 30.000 chilometri quadrati e più di 4 milioni di abitanti.

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Secondo la proposta originaria invece la regione più popolosa, la Lombardia, non ar- rivava a 4 milioni e le due più estese, Piemonte e Puglia-Basilicata, non arrivano a 30.000 chilometri quadrati.

Restando alla proposta originale le 13 regioni indicate – secondo la cartina allegata – sono in linea con le 12 di Saredo e le 11 individuate – sia pure in tutt’altro contesto – nell’ambito dell’Inchiesta agraria Jacini.

I nodi restano la sistemazione dei versanti tirrenico e adriatico dell’Italia centrale e meridionale, per cui Maestri aveva dato una soluzione conservativa, ammettendo «com- partimenti» di taglia molto piccola, di respiro di fatto provinciale.

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