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L’analisi dei dati raccolti durante l’analisi del lavoro: dall’attività reale al reale dell’attività

METODI E STRUMENTI QUALITATIVI CENTRATI SUL “FARE” L’AUTO CONFRONTO

3.5. IL TRASFERIMENTO E L’ADATTAMENTO DELLA DP: LA TRASMISSIONE DEI SAPERI TRA ESPERTO E NOVIZI NEL DISTRETTO INDUSTRIALE DELLA

3.5.6. L’analisi dei dati raccolti durante l’analisi del lavoro: dall’attività reale al reale dell’attività

L’analisi dell’attività in un dominio professionale deve tenere in considerazione gli scarti tra compito prescritto, ridefinito e effettivo del senior e del novizio: la comparazione tra attori di una stessa categoria (esperti e novizi) ha lo scopo di informare sulla dimensione invariante dell’attività Essa può essere analizzata considerando i seguenti quattro livelli.

a) Il decorso temporale

L’attività è composta da uno sviluppo temporale con una serie di tappe che, quando l’azione è efficace, permettono di raggiungere lo scopo. Si identificano le ricorrenze, le forme stabilizzate dell’organizzazione dell’azione. Bisogna distinguere tra la ripetizione dei compiti e la ripetizione dello schema nei compiti: durante le registrazioni video e audio, o nelle sessioni di osservazione con griglia di osservazione, l‘analista isola nelle tracce dell’attività gli “scripts” in quanto forme stabili di organizzazione dell’azione nella variabilità delle situazioni.

b) Il livello percettivo-gestuale

L’ipotesi è che a ogni tappa dell’azione il soggetto articola delle informazioni prelevate sulla situazione coordinandole con le azioni. (Rasmussen,1983).

Rasmussen distingue tre tipi di comportamenti decisionali:

-un comportamento fondato su degli automatismi, delle routines. L’attore riconosce un problema e applica, automaticamente, una soluzione di cui ha padronanza.

- un comportamento fondato su delle regole, delle procedure. Una soluzione non è immediatamente applicabile, deve essere condotta in modo che permetta di scegliere una procedura disponibile e accettabile in funzione della situazione e degli obiettivi: attivarsi richiede una presa di informazione complementare e il ricorso ad una procedura conosciuta dal soggetto.

- un comportamento fondato sulla mobilizzazione delle conoscenze. Viene riconosciuta una difficoltà laddove non esiste una soluzione, una procedura disponibile o adeguata: bisogna passare per la mobilizzazione di un insieme importante di conoscenze per analizzare, sintetizzare, elaborare delle ipotesi, anticipare risultati dell’applicazione di differenti soluzioni. Siamo di fronte a un modello di presa di decisione razionale della cui esistenza l’attore non è consapevole (Sfez, 1984; Koopman, Pool, 1991). Questa categoria di decisioni riguarda in primo luogo le decisioni strategiche: la creazione di un’impresa, o di nuove attività in un’impresa esistente. L’osservazione, in questo caso ha mobilizzato il soggetto su una riflessione diagnostica che l’ha condotto a realizzare un compito determinato.

Di solito le decisioni fondate sugli automatismi sono di natura tecnica, mentre le decisioni che applicano le regole, le decisioni che mobilizzano conoscenze sono di natura strategica; ma accade anche che le decisioni di tipo tecnico richiedano processi decisionali basati su delle conoscenze, così come accade che le decisioni strategiche richiedano conoscenze tecniche. In questo caso le probabilità di insuccesso sono elevate.

Il livello di decisione più elaborato, attivato nelle situazioni rare e complesse, diventa quello della valutazione della situazione che necessita la mobilizzazione ottimale di risorse cognitive prima di far scattare una formula di risposta adatta.

c) Il livello di regole d’azione

In questo livello di analisi si considera che l’attore cerca sistematicamente, in un compromesso continuo tra invarianti e variabilità, di adattare un’organizzazione stabile a situazioni instabili. In questo tentativo egli recupera un repertorio di regole di azione che si è costruito nell’esperienza e che mobilizza per raggiungere un’efficacia ottimale.

Le regole d’azione si evidenziano nelle tracce dell’attività, ma soprattutto, nel confronto del soggetto con le tracce della sua attività, sulla base dei rilanci dell’analista. Sul piano semantico, un’importanza fondamentale assume il “se… allora”.

d) Il livello delle invarianti operatorie

Con la ricerca delle invarianti operatorie si entra nel cuore del ragionamento dell’agente.

Si tratta di recuperare, a partire dal suo discorso sull’azione, gli elementi fondamentali che gli permettono di ridurre la complessità del reale in modo che l’azione sia sempre adattata alla situazione. L’ipotesi è che sia proprio in questa costruzione, in questa concettualizzazione che l’azione diventa efficace e comprensibile. Le invarianti operatorie indicano a partire da cosa si pensa il reale. Costituiscono delle categorie del pensiero che strutturano la nostra visione del mondo. A questo livello, che Vergnaud presenta come invarianti operatorie, ossia teoremi in atto, proposizioni considerate vere, si ritrovano nella terminologia di Pastré sotto forma di concetti organizzatori o pragmatici, che sono il più piccolo denominatore comune nel ragionamento tenuto sull’azione, che permette l’adattamento a un gran numero di situazioni.

I livelli di analisi illustrati hanno consentito di passare gradualmente dall’analisi dei compiti prescritti-attesi a quella dei compiti interpretati e ridefiniti dall’operatore.

L’analisi dello scarto tra i compiti prescritti, ridefiniti e l’attività reale dei lavoratori (esperto, senior e novizio), considerati sia individualmente che in reciproca relazione, ha permesso di creare le condizioni per la valutazione del gap di competenze senior–novizio.

Lo svolgimento dell’analisi ha avuto un andamento top down–bottom up; in tal senso la matrice ha rappresentato un punto di riferimento visivo per condividere lo stato di avanzamento dell’analisi e per valutare progressivamente l’opportunità di rivedere o approfondire i risultati parziali e finali ottenuti.

La matrice di analisi dei compiti, degli attori e dei metodi e strumenti di indagine ha costituito uno strumento importante per impostare un’efficace strategia di intervento. Si è pervenuti così alla catalogazione organica e strutturata dei diversi documenti esistenti relativi al processo, alle procedure, alle istruzioni, al posto di lavoro, ai repertori di attività e delle competenze.

Gli strumenti indicati hanno permesso di superare i limiti dell’osservazione e della semplice narrazione: la riflessione sull’attività svolta, sull’esperienza vissuta, ha consentito al lavoratore

senior di esplicitare le conoscenze tacite ed ai lavoratori novizi di prendere consapevolezza del modo con cui hanno proceduto.

Fig. 3.8. La Matrice di analisi dei compiti, degli attori, dei metodi e degli strumenti di indagine

Tra gli strumenti utilizzati in questa fase “per far parlare il lavoro”, come ha sottolineato il team di consulenti del Politecnico, uno dei più interessanti è stato l’ausilio di riprese video durante lo svolgimento del lavoro dei senior nelle loro postazioni in manovia, le interviste singole agli addetti, gli auto-confronti semplici e incrociati.

Ad ogni ora di lavoro fatta in azienda dal team del Politecnico seguivano 6/8 ore di lavoro in back- office per decodificare in contenuti formativi le riprese video o le interviste fatte ai lavoratori.

L’analisi dell’attività reale e del reale dell’attività

Questa fase di analisi ha avuto l’obiettivo di individuare quale parte dell’azione del senior fosse ricca di apprendimento.

Il gruppo di lavoro è partito dall’analisi della parte visibile e osservabile dell’azione, il gesto. La teoria di Savoyant ha permesso di osservare innanzitutto l’azione divisa nelle sue tre operazioni di diagnosi, esecuzione e controllo:

OPERAZIONI OBIETTIVO: COSA FARE

ATTIVITÀ DELL’OPERATORE:

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