APPRENDIMENTO E RIFLESSIONE NELL’INDIVIDUO E NELLE ORGANIZZAZION
2.3. TEORIE DELL’APPRENDIMENTO E DELLA CONOSCENZA INDIVIDUALE
2.3.1. La teoria circolare dell’azione
La prospettiva circolare dell’azione elaborata da Dewey, intorno al 1896, sulla base delle conquiste in campo biologico12 e dei progressi in campo psicologico13, ponendosi in contrapposizione con le tradizioni idealista e empirista afferma che non vi sia una separazione tra organismo e ambiente (Szpunar, 2008): l’essere vivente ha il potere di agire sul proprio ambiente e di modificare la direzione degli eventi naturali. «Come la vita esige l’adattamento dell’ambiente alle funzioni organiche, così l’adattamento all’ambiente non significa una sua accettazione passiva, ma un’attività tale che i mutamenti ambientali prendano una certa direzione» (Dewey, 1917, pag. 8). Il principio della coevoluzione organismo-ambiente, elaborato attraverso la critica al concetto di arco riflesso14 e la successiva elaborazione del concetto di transazione, anticipa alcune posizioni della biologia contemporanea, che riformulano i concetti di adattamento, evoluzione e selezione naturale escludendo qualsiasi separazione pre-supposta tra l’essere vivente e l’ambiente che lo circonda (Lewontin, 1998 e 2000, Szpunar, 2008).
Nel suo programma di ricerca per rispondere alla domanda “Come il soggetto apprende nell’esperienza”, afferma che “lo stimolo sensoriale, le connessioni centrali e le risposte motorie non sono entità separate e complete in se stesse, ma divisioni di lavoro, fattori funzionali, dentro l’insieme unico concreto, ora designato come l’arco riflesso» (Dewey, 1896, pag. 97); sostiene inoltre che “Il principio del processo non è costituito dal mero stimolo sensoriale (visivo), a cui segue meccanicamente una risposta motoria, ma piuttosto da una più
12 con particolare riferimento all’evoluzionismo di Darwin 13 con particolare riferimento alla psicologia pragmatista di James
14 Dewey critica la visione dell’arco riflesso di James e la relativa concezione dualistica di stimolo-risposta che presenta l’arco stesso come un
mosaico di parti giustapposte nel mantenere isolati aspetti e funzioni interne al circuito senso-motorio, stimolo e risposta, sensazione e azione. Questa arbitraria separazione tra idea, stimolo, sensazione e risposta determina il problema del modo in cui questi elementi entrino in relazione
complessa co-ordinazione senso-motoria («quella ottico-oculare») nella quale il movimento assume un’importanza primaria in quanto conferisce significato all’esperienza e determina «la qualità di ciò che è esperito» (ibidem). Riprendendo il famoso esempio del bambino che, allungando la mano verso la candela accesa la ritrae di scatto per evitare di bruciarsi, “la sensazione calore-dolore (heat-pain quale) entra nello stesso circuito di esperienza con le sensazioni ottico-oculare e muscolare (optical-ocular and muscolar quales): il bambino apprende dall’esperienza e acquisisce l’abilità di evitare l’esperienza nel futuro» (ibidem pag. 98). Secondo Dewey, l’unità e la continuità delle co-ordinazioni senso-motorie determinano una trasformazione dell’esperienza originaria, la quale si configura secondo modalità continue e cumulative. La cosiddetta «risposta» non è una risposta allo stimolo, ma è nello stimolo stesso. «La bruciatura è l’originaria capacità di vedere, l’originaria esperienza ottico-oculare ampliata e trasformata nel suo valore. Non è più semplicemente il vedere; è il vedere-una-luce-che- significa-dolore-quando-avviene-il-contatto» (ibidem).
Dewey intende l’intero arco come un’unità organica, come l’unità minima della vita: stimolo e risposta, infatti, esistono per l’atto e perdono ogni significato se vengono considerati isolatamente; l’attività del cervello, il pensare, non può essere compresa considerandola separatamente dall’attività del corpo in cui è inserita: sono in un condizionamento reciproco e continuo tra parti strettamente connesse tra loro, vale a dire come una transazione (Phillips, 1971, pag. 561-562). Proprio sulla base delle cornici interpretative rappresentate dalla coordinazione e dalla transazione, i concetti di situazione, di continuità e cumulatività dell’esperienza, il pensiero riflessivo, la complementarità tra matrice biologica e matrice culturale, il ruolo del linguaggio, la continuità tra teoria e prassi, vengono chiariti nei loro presupposti teorici di fondo (Shook, 2000 e Smith, 1973).
Nella definizione di apprendimento Dewey introduce il concetto di esperienza e di pensiero riflessivo. Il processo di apprendimento descritto muove da una situazione di squilibrio: il soggetto scopre un oggetto nuovo, questa situazione rende instabile un equilibrio precedente e determina una risposta emotiva, un’esperienza, che il soggetto sottopone ad un processo di costruzione di senso e attorno alla quale struttura il suo rapportarsi al mondo. Tale esperienza è il risultato della propria azione (il soggetto sperimenta, fa qualcosa alle cose, immette un’azione di trasformazione sul mondo che ha delle conseguenze concrete e percepibili), del proprio vissuto soggettivo, cognitivo-corporeo-emotivo-conativo, determinato dall’azione stessa, (il soggetto fa esperienza della situazione - qualcosa che le cose fanno a noi come ritorno alla nostra azione su di loro) che presuppone una coscienza, del proprio pensiero (il legame tra azione e vissuto: il pensiero riflessivo, l’elaborazione mentale mette in relazione l’azione e le conseguenze riscontrate attraverso la creazione di un significato).
Questo significato permette al soggetto di creare un’inferenza prefigurandone le conseguenze, di entrare progressivamente dentro un mondo relativamente prevedibile e futuribile, di darsi dei fini e aspettarsi di ottenerli attraverso l’agire in una situazione determinata.
Per ristabilire l’equilibrio, quindi, è necessario un intervento, intellettuale e pratico al tempo stesso: l’esplorazione in funzione di un fine.
Il pensiero riflessivo di Dewey si colloca in un processo di investigazione-ricerca del soggetto, è similare al metodo scientifico come viene applicato nelle azioni e nelle esperienze di ogni giorno, e compie 4 operazioni fondamentali: l’istituzione del problema; la determinazione delle soluzioni possibili- il bagaglio di inferenze possedute dal soggetto; il ragionamento deduttivo che permette di identificare la soluzione più fattibile e efficace; la corroborazione sperimentale Il processo è automatico e presenta caratteristiche di auto-regolazione, iteratività, non linearità, interdipendenza: in particolare, perché avvenga, la condizione è che vi sia un vissuto, un sufficiente investimento nel mobilizzare le risorse interne (tutte: cognitive, emotive, fisiologiche, conative) nella situazione, ossia “che il gioco valga la candela”. Investigare significa, quindi, non solo collegare azione e conseguenze, ma anche comprendere queste ultime per elaborare una soluzione in grado di trasformare una situazione indeterminata in determinata, per stabilire/ristabilire il flusso dell’attività in vista di un fine adattativo.