CONTROLLO 10 Controllo finale sul paio prima di metterlo in
3.5.7. L’analisi del percorso di azione dell’operatore
Nel corso del trasferimento della metodologia Osmose nei cantieri italiani i formatori si sono accorti che gli strumenti della DP forniti giungevano ad un modello dell’attività umana che non consentiva di vedere la persona nella sua interezza, ma fornivano una rappresentazione del pensiero statica, composta da strutture scollegate tra loro e scollegate dall’azione; questa constatazione ha determinato la necessità di trovare un nuovo modo di rappresentare il pensiero nella sua evoluzione integrata all’azione diacronica.
Per guidare l’azione di indagine del formatore è stato creato uno strumento operativo, risultato di diversi elementi teorici.
Per raggiungere l’esito atteso in una specifica attività di lavoro il lavoratore mette in atto azioni (il cosiddetto lavoro reale o, meglio, l’attività dell’operatore) che hanno una parte comportamentale visibile (azione-esecuzione) e una parte non visibile di costruzione della strategia di azione che sottende, orienta e controlla l’azione definendone l’efficacia; la parte non visibile è detta anche implicita, perché spesso non è consapevole e non viene esplicitata verbalmente. Il collegamento della parte visibile e della parte invisibile dell’azione è stata chiamata “percorso d’azione”.
Per l’elaborazione teorica di questo strumento di analisi sono stati ripresi alcuni concetti di Savoyant, di Leplat, di Pastré: la distinzione in operazioni invisibili di orientamento, di controllo, e osservabili, di esecuzione, di Savoyant; il processo circolare di conduzione e realizzazione dell’attività di Leplat (1997) che si articola in macro-funzioni di diagnosi (percezione, raccolta, organizzazione di informazioni e definizione del problema), fronteggiamento (decisione: risposta alla domanda “ intervengo? sì/no”, “in che modo?”), decisione (risposta alla domanda “quale?”: processo di azione di routine, innovazione della procedura, creazione di una strategia di azione ex novo), esecuzione, controllo (raccolta feedback, informazioni di ritorno dall’esecuzione, valutazione esiti percorso di azione adottato, interventi di regolazione), valutazione finale dello stato del sistema; infine inserisce la coordinazione agita e concettuale di Pastré (Pastré, 1999, 2011) dentro un unico flusso dell’azione, la concettualizzazione in azione.
In una prima versione del percorso d’azione, l’agire del lavoratore attraversava linearmente le seguenti tappe (Pacquola, Pacquola, Rizzi, 2010).
Fig. 3.12. Il percorso di azione (Pacquola, 2012).
La riflessione sull’esperienza dei cantieri nel DI, ha portato a identificare nel flusso dell’azione identificando non tanto una natura lineare, quanto piuttosto circolare, e ad integrare successivamente altri elementi teorici in grado di dar ragione a tale funzionamento: in particolare, il concetto di circolarità dell’azione di Dewey, la quale viene inserita all’interno di un flusso di esperienza, vissuto e pensiero riflessivo e l’integrazione enattiva, interattiva e iterativa di Theureau tra percezione e azione.
In sintesi il lavoro reale in una specifica posizione di lavoro, vale a dire il percorso d’azione dell’operatore, è un continuo alternarsi di diagnosi, soluzione di problemi e controllo degli esiti. L’operatore fa la diagnosi e, mentre esegue, fa altri processi di diagnosi elaborando i risultati del feedback, andando e tornando indietro.
Fig. 3.13. Il percorso d’azione in una visione circolare (Pacquola, 2015) Come rintracciare e modellizzare la concettualizzazione in azione
Nel percorso d’azione l’attenzione viene focalizzata sull’attività dell’operatore per ogni compito, in cui l’azione osservabile è l’esito di tutto il processo di organizzazione dell’attività, dalla diagnosi all’organizzazione e al controllo.
Un conto è la lista cronologica delle cose da fare, un conto è come si fa: il processo che collega Percezione-concetto pragmatico-presa di decisione-azione
Il percorso d’azione è uno strumento pensato per mappare il percorso dell’attività, per modellizzare l’attività del soggetto e permette di ricostruire la complessità della semantica dell’azione, collegando la parte visibile, la componente esterna dell’azione con quella invisibile, la componente interna, i due tipi di concettualizzazione diversa, una legata alla buona riuscita dell’azione, l’altra legata alla comprensione della situazione.
Il pensiero dell’operatore segue un percorso che si avvia con la diagnosi inziale a partire dalla percezione, cui seguono l’elaborazione cognitiva dei dati percettivi, l’aggancio con la concettualizzazione, in particolare il recupero cognitivo del modello operativo con le invarianti operatorie dello schema, i teoremi in atto e i concetti in atto, sino all’orientamento della scelta
Accedere ai dati di realtà, come dice Piaget, richiede strutture del pensiero che in ultima analisi sono costanti di ragionamento e modi organizzazione delle conoscenze e quindi conoscenza stessa: quando l’operatore utilizza questo elemento come risorsa per fare il suo lavoro è in atto una concettualizzazione.
La concettualizzazione del registro pragmatico, l’attribuzione del significato, “il significa che”, serve a collegare la presa di informazione in una situazione precisa (“percepisco che”) ai repertori delle regole d’azioni disponibili, associati per classi di situazioni; la selezione tra le rappresentazioni esistenti di quella più significativa, utile e possibile per la situazione data, permette l’aggiustamento e l’adattamento congruente dell’azione. La rappresentazione selezionata è la base per il diagnostico della situazione ed è rappresentata dall’insieme delle relazioni di significato tra le invarianti organizzatrici dell’azione e gli indicatori che permettono concretamente di valutarla. Durante l’esecuzione, e alla sua conclusione, seguono altri processi di diagnosi, o meglio di controllo, fino a giungere all’elaborazione dei risultati del feedback dato dalla situazione: il pensiero precede a tratti l’azione per poi tornare indietro e valutarla a posteriori, con la sua conclusione. Questo punto ci porta ad aprire un meta-discorso sull’esplicitazione dell’operatore: nell’analisi dell’attività, un conto è descrivere cosa fa l’operatore per realizzare il compito, l’esecuzione, un altro conto è analizzare il processo di elaborazione e costruzione sotteso all’azione, in cui la diagnosi, l’esecuzione e il controllo sono collegati, sono momenti di un’azione più complessa, in un movimento circolare continuo. La valenza formativa degli strumenti di analisi utilizzati ha permesso lo sviluppo della capacità di esplicitazione del senior che, da laconica e operativa, si è evoluta nella costruzione di un vero discorso capace di far emergere gli oggetti del lavoro, le loro proprietà, le relazioni tra le variabili, avvicinandosi alla definizione di modello cognitivo di Ochanine.
Attività Estratto di Intervista semi- strutturata all’ esperto
Estratto di intervista di Auto-confronto all’esperto in situazione standard Montaggio
della
scarpa e
regolazione del piedino
M.: si deve chiudere la scarpa … però c’è un’altra cosa…quando magari guardo l’inclinazione del piedino (all’inizio della commessa di lavorazione -bolla), dopo una o due scarpe guardo se lo spigolo (della scarpa) viene fuori bene.. e regolo l’inclinazione del piedino, appoggio la scarpa sul piedino…
M.: Dopo la calderina, guardo se il piedino è inclinato o se la scarpa è alta, guardo. Poi, dopo la prima scarpa, vedo se (il piedino) batte troppo davanti o dietro e lo regolo con una chiavetta.
P. Come si regola il piedino? Come si fa a capire se il piedino deve essere più o meno inclinato in funzione del tacco?
M. Non è in base al tacco, ma in base alla schienatura dello spigolo sotto la scarpa: quando il tacco è alto, (il piedino) va sempre verso dietro quando il tacco è basso va tipo in pari
Se ho tacco alto, devo inclinare il piedino verso dietro perché se lo metto in giù (in avanti) le piastre possono tranciare la pelle sotto. Devo un po’ sollevare la forma rispetto alle piastre perché così passano meglio e viene meglio lo spigolo. Sul piedino ci sono due viti, una in mezzo al piedino per tenerlo fermo. Se la scarpa è bassa lo (il piedino) lascio un po’ dritto. Per alzarlo, con un tacco alto, un po’ davanti svito la vite dietro. Lo spigolo deve essere uguale su tutta la pianta…