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Una nuova classe di metodi/strumenti per l’indagine qualitativa dell’attività lavorativa incentrati sul “fare”

LA DIDATTICA PROFESSIONALE: METODI, STRUMENTI E TECNICHE PER MIGLIORARE IL RAPPORTO FORMAZIONE-LAVORO

3.3. I METODI PER L’INDAGINE QUALITATIVA DELL’ATTIVITÀ LAVORATIVA

3.2.2. Una nuova classe di metodi/strumenti per l’indagine qualitativa dell’attività lavorativa incentrati sul “fare”

Esistono attualmente metodi e strumenti di investigazione che consentono di comprendere le pratiche degli attori in situazione nelle organizzazioni; essi puntano non tanto sul dire quanto sul fare e si fondano su due presupposti: a) l’oggetto di indagine è costituito da ciò che fanno gli attori e come lo fanno; b) non si può raggiungere l’obiettivo con semplici osservazioni sul campo, oppure con interviste di tipo tradizionale.

Tra i metodi/strumenti che mirano alla verbalizzazione dell’azione e delle conoscenze che la sottendono:

- l’Auto-confronto semplice, sviluppato da Jaques Theureau (Theureau J., 2002) nel quadro teorico del “cours d’action”;

- l’Auto-confronto incrociato, costruito da Yves Clot (Clot Y. e altri, 2001) in un’ottica clinica dell’attività del lavoro;

- l’intervista di esplicitazione, elaborata da Pierre Vermersch (Vermersch P., 1994) come tecnica di aiuto alla verbalizzazione dell’azione in una prospettiva sia di formazione che di indagine qualitativa.

Il ruolo dell’analista

I metodi di analisi del lavoro e in particolare quelli che mirano a formalizzare l’esperienza di un lavoratore, come quelli individuati nel paragrafo precedente, sono supportati da dispositivi di assistenza incentrati nella presenza di un secondo soggetto, il mediatore (ricercatore, formatore, analista,...),il cui compito è quello di facilitare la comunicazione dell’esperienza: l’organizzazione delle azioni individuali e contestualizzate (saperi taciti).

Il lavoratore evoca tanto più facilmente l’esperienza quanto più la situazione di comunicazione poggia su due elementi: il dialogo e le tracce dell’attività.
 Il dialogo con il mediatore facilita, accompagna e sostiene l’enunciazione dell’esperienza.

Le tracce dell’attività (l’oggetto in comune) si riferiscono a ciò che resta dell’azione passata. Gli approcci di Analisi del lavoro sfociano generalmente in una co-costruzione di analisi e talvolta di interpretazioni condivise.

L’Auto-confronto semplice: verbalizzazione consecutiva assistita

L’Auto-confronto è una metodologia che comporta la produzione di una verbalizzazione da parte di un operatore che si confronta con i dati raccolti sulla propria attività, li commenta,

oppure risponde alle domande legate direttamente alle tracce raccolte permettendo di valutare in modo diverso lo scarto tra il dire e il fare.

Questo tipo di analisi consente di evidenziare la struttura diacronica dell’attività, le anticipazioni effettuate, le modalità adottate, le rappresentazioni manifestate nei diversi momenti cronologici e le inferenze sviluppate.

La metodologia distingue due livelli di sfruttamento della situazione di auto confronto, che possono essere associati a diverse tipologie di domande:

-il primo livello corrisponde alle domande del tipo: “Che cosa ? Verso che cosa? A seguito di che cosa?” Esso è fondamentale poiché permette di studiare la relazione esistente tra il corso dell’azione e le circostanze particolari della situazione stessa, mirando ad individuare rispettivamente l’azione, il motivo e la causa.

Il secondo livello corrisponde alle domande del tipo: “Perché?” Esso permette di determinare in modo relativamente affidabile le conoscenze effettivamente messe in atto nel corso dell’azione. L’Auto-confronto dell’attività è basato sulla videoregistrazione, che consente un’analisi fine poiché rende possibile l’arresto e/o il ritorno sull’immagine registrata precedentemente.

Con l’Intervista di Auto-confronto inoltre vengono superati alcuni inconvenienti legati alla tipologia di verbalizzazione; infatti, mentre quella simultanea rischia di turbare l’attività dell’operatore aggiungendo un secondo compito suscettibile di interferire con il precedente, quella consecutiva rischia di essere poco affidabile in quanto legata alla memoria dell’operatore che può non essere perfetta.

Per utilizzare in modo efficace tale metodologia, l’analista deve comunque rispettare alcune condizioni: i dati presentati devono essere sufficientemente precisi, accurati, completi e comprensibili in modo da permettere all’operatore di riconoscere agevolmente la situazione e le azioni che aveva effettuato; lo scarto di tempo tra la videoregistrazione e la presentazione dei dati deve essere il più possibile breve, mentre il tempo disponibile per l’auto-confronto deve essere sufficiente per vedere, rivedere e ricostruire lo svolgimento dell’attività registrata. Questo metodo è il solo che permette di analizzare il trattamento di situazioni complesse caratterizzate da compiti multipli, oppure da compiti particolari di diagnosi e pianificazione; essendo molto oneroso in termini di tempo, è importante che la scelta dei momenti da videoregistrare, oggetto di analisi, sia effettuata con molta cura e che nel caso di lunghe osservazioni siano selezionati i particolari più interessanti.

L’Auto-confronto incrociato

La Clinica dell’attività studia l’individuo considerando la componente organizzativa nelle sue due dimensioni di organizzazione del lavoro e di organizzazione come istituzione (impresa, servizi,...).
 Il termine Clinica, di origine medicale, si riferisce all’approccio scientifico al

soggetto, nella sua singolarità individuale, che viene studiato in tutte le sue dimensioni, come persona nella sua interezza, contestualizzando sempre l’analisi nella realtà delle situazioni sociali. (Clot Y. e altri, 2001)

L’obiettivo della Clinica dell’attività è di comprendere la dinamica d’azione di un collettivo di lavoratori tramite lo svolgimento di una co-analisi che punta sullo sviluppo/trasformazione dei singoli soggetti, del collettivo e della situazione oggetto di indagine.

Si tratta di un metodologia di analisi piuttosto che di un semplice metodo perché viene seguito un protocollo rigoroso e il quadro di analisi viene effettuato sulla base da alcuni concetti teorici che sottendono i rapporti tra l’analista e il collettivo del lavoro.

Mentre nell’Auto-confronto semplice il lavoratore descrive la situazione di lavoro all’analista osservatore-partecipante, l’Auto-confronto incrociato prevede che le stesse immagini videoregistrate vengano commentate non più soltanto con l’analista ma, stabilendo un rapporto dialogico regolato dall’analista medesimo, anche con un collega dotato della stessa esperienza, oppure con un apprendista.

Il cambiamento del destinatario del commento del lavoratore modifica i risultati dell’analisi stessa: in questo caso la tecnica di verbalizzazione delle tracce videoregistrate fornisce un accesso differente al reale dell’attività del lavoratore; infatti il suo discorso non è più soltanto rivolto verso la sua attività videoregistrata, ma anche verso il collega che lo sollecita con delle domande.

Il lavoratore si confronta con i suoi interlocutori in merito alla loro comprensione incompleta della sua attività: appropriandosi dei loro contributi in termini di commenti e/o riflessioni e/o diverse interpretazioni, egli vede la propria attività in una prospettiva differente trovando, senza cercare forzatamente, qualche cosa di nuovo in se stesso: sono proprio queste dissonanze che vengono sfruttate, in una prospettiva di sviluppo-trasformazione del singolo, del collettivo e della situazione lavorativa.

Questa modalità di analisi del lavoro, che prende la forma di un’attività riflessiva del collettivo sul proprio lavoro, favorisce l’aumento del potere del collettivo medesimo di trasformare obiettivi, mezzi e conoscenze della loro attività professionale.

L’approccio facilita la presa di coscienza (Vigotsky L., 2004), che consiste nel vedere “altrimenti” l’attività, nel pensare l’attività in un altro, nuovo, contesto.

In tale prospettiva sembra evidente che l’attività realizzata non è la sola a far parte del reale: ciò che si fa, che può essere considerato come l’attività realizzata, non è altro che una delle attività realizzabili nella situazione data. L’attività vincente viene esercitata in un quadro che considera anche le attività concorrenti che avrebbero potuto realizzare lo stesso compito con altri costi.

Ne consegue che il realizzato non ha più il monopolio del reale e che il possibile e il non possibile fanno parte del reale: il reale dell’attività è, egualmente, ciò che non si fa, ciò che si cerca di fare senza pervenirci, ciò che si sarebbe voluto o potuto fare, ciò che si pensa di poter fare in modo diverso, ciò che è stato impedito o inatteso e non prevedibile.

L’intervista di esplicitazione di Vermersch

L’Intervista di esplicitazione di P. Vermersch è una tecnica che ha lo scopo di favorire, aiutare, sollecitare la narrazione descrittiva, la verbalizzazione del modo (la dimensione procedurale dell’azione) in cui un compito è stato realizzato; mira dunque prioritariamente alla verbalizzazione dell’azione così com’è stata effettivamente attuata nell’esecuzione di un compito definito, preciso, contestualizzato.

Il termine “azione” non fa riferimento soltanto alle azioni materiali, ma comprende anche le azioni mentali.

L’intervista di Vermersch può fornire un’efficace risposta ad alcune domande quali: -come può essere stato generato un errore, oppure una performance poco efficace?

-come possono essere raccolte delle informazioni in modo da comprendere e spiegare in quale modo si è prodotta una performance e non soltanto conoscere il risultato finale?

- come può essere migliorata l’efficacia dell’animazione di pratiche riflessive da parte di un formatore?

In questi casi si presenta la necessità di un lavoro di esplicitazione semplicemente perché, quando svolgiamo un’azione, alcune delle conoscenze cruciali utilizzate sono tacite, implicite. Il carattere implicito è inevitabile, in quanto inerente al funzionamento mentale delle persone. Nella realizzazione di un compito, nelle rappresentazioni derivanti dall’interazione con la realtà, si costruiscono continuamente queste conoscenze implicite per il solo fatto di agire: esse attengono al fatto che si sviluppano partendo dall’esperienza e, conseguentemente, sono fondamentali per la comprensione di ciò che rende efficace un’azione.

Aiutare le persone a prendere coscienza delle conoscenze implicite può essere una chiave per il loro sviluppo professionale, ma permette anche un migliore sfruttamento delle situazioni di formazione. La presa di coscienza passa per la verbalizzazione del vissuto che diventa oggetto di conoscenza e quindi esperienza.

L’utilizzo di questa tecnica presenta comunque alcune difficoltà:

- accedere all’informazione implicita, descrivere analiticamente la propria azione, non è cosa abituale, poiché risulta necessario assumere un nuovo atteggiamento, che presuppone l’aiuto esterno di un mediatore;

- accedere all’informazione implicita si scontra con il fatto che essa non è immediatamente disponibile; si tratta infatti di una conoscenza in atto, di una conoscenza posseduta da un

soggetto e testimoniata dalle sue stesse azioni, ma non concettualizzata, mai verbalizzata e perciò non conosciuta dal soggetto stesso; una prova indiretta dell’esistenza di queste conoscenze è costituita dal fatto che colui che le applica sovente è convinto di non possederle; - gli aiuti proposti tramite i formatori, gli animatori, i tutor, sono sovente inefficaci: le loro intenzioni sono giuste (comprendere), ma i mezzi (le domande di spiegazione) sono inappropriati poiché per mirare all’implicito gli strumenti efficaci hanno un carattere indiretto.

Confronto tra Intervista di Vermersch, Auto-confronto semplice e incrociato

La questione dell’investigazione dell’attività umana e delle sue modalità è presente in molteplici campi disciplinari che si trovano nella necessità di integrare nei propri lavori il modo con cui un attore vive soggettivamente la sua situazione e sviluppa la sua attività.

I metodi e gli strumenti tradizionali incentrati nelle classiche tipologie di interviste sembrano le più efficaci, ma la loro analisi rimane focalizzata sugli aspetti del dire, piuttosto che sul fare, cioè su ciò che l’attore fa, su come lo fa e perché lo fa.

Ora, come è stato detto, esiste uno scarto ineludibile tra ciò che spontaneamente un attore dice sulla sua pratica e la stessa pratica reale.

L’Auto-confronto semplice, l’Auto-confronto incrociato e l’Intervista di Vermersch costituiscono una nuova classe di metodi/ strumenti centrati deliberatamente sul fare.

Essi dimostrano che l’obiettivo di rivelare come gli attori costruiscono, vivono e sviluppano le loro azioni non può essere raggiunto né con una semplice osservazione della situazione, né con una semplice intervista sociologica, che rimane caratterizzata da una narrazione e da una selezione di tratti del passato giudicati soggettivamente rilevanti, ma mediante interviste di verbalizzazione dell’attività reale. Queste infatti consentono di cogliere, oltre che un ordine, una causalità nella successione logica degli eventi, anche il percorso logico che sottende l’azione in termini di ragionamenti, pensieri, decisioni, permettendo all’intervistato di giustificare le proprie pratiche e di studiare gli obiettivi che egli si fissa.

L’analisi delle tracce dell’attività lavorativa: il rapporto dialogico e l’oggetto comune di riferimento

I metodi di analisi del lavoro, in particolare quelli che mirano a formalizzare l’esperienza di un soggetto, sono supportati da dispositivi di assistenza incentrati nella presenza di un “terzo” (ricercatore, formatore, analista,…), il cui compito è quello di facilitare la comunicazione del vissuto esperienziale: le strategie utilizzate, i ragionamenti effettuati e le competenze tacite mobilizzate.

Questi dispositivi possono essere descritti in funzione, oltre che degli obiettivi e delle modalità di esecuzione, anche del modo in cui è possibile accedere all’oggetto (l’esperienza). Per alcuni solo il soggetto può avere accesso alla propria esperienza, e il dispositivo di assistenza deve

permettere di ritrovare il vissuto dell’azione effettuata; per altri, il soggetto accede tanto più facilmente all’esperienza quanto più la situazione di comunicazione fa leva su due elementi: il dialogo e le tracce dell’attività.

Il dialogo con un terzo contribuisce a facilitare, accompagnare, sostenere e formalizzare l’enunciazione dell’oggetto in funzione del senso che il soggetto attribuisce all’esperienza evocata.

La nozione di traccia dell’attività si riferisce a ciò che resta dell’azione passata per quanto riguarda sia la realizzazione materiale da parte del soggetto (bozze, scarti, prodotti, semilavorati, video, foto,...), sia gli eventuali interventi di altri operatori (registrazioni, note, griglie,…). In entrambi i casi si tratta di stabilire un’ulteriore relazione, con una funzione di mediazione, alla quale ambedue i protagonisti, l’intervistato e l’intervistatore, abbiano accesso. Il fatto che esista tra i due soggetti che dialogano un oggetto comune alle situazioni di comunicazione e di riferimento, costituito dalla traccia di attività, consente di ritornare a ritroso sui diversi punti di vista basati sull’oggetto stesso e così sulle differenze di comprensione dell’azione.

Ciò può condurre a chiarimenti come ad equivoci, ma permette sempre di riferire l’interpretazione del soggetto alla situazione e alle azioni passate e ai significati attribuiti sia dal soggetto stesso che da colui o coloro a cui egli si rivolge.

Gli approcci di analisi del lavoro sfociano generalmente in una “co-costruzione” di analisi e talvolta di interpretazioni.

I metodi/strumenti descritti risultano attualmente essere quelli di più comune utilizzo per cogliere le dimensioni soggettive dell’attività umana e vengono applicati, oltre che nell’ambito disciplinare dell’Ergonomia e della Psicologia del lavoro, anche nella Scienza dell’Educazione, nelle Scienze e Tecniche delle Attività fisiche e sportive, nelle Scienze di Gestione.

Prima di applicare quelli che si avvalgono di videoregistrazioni devono essere ben valutati i vantaggi e gli inconvenienti.

Tra i vantaggi la creazione di un archivio di dati che consente utilizzi successivi con modalità diverse: al rallentatore, con arresto e focalizzazione su un’immagine, in accelerazione.

Le registrazioni inoltre possono essere giudicate anche da altri, oltre che dagli stessi interessati; in alcuni casi la codifica dei dati può essere automatizzata. L’applicazione di questo strumento permette di validare i dati forniti dall’osservazione delle diverse categorie di variabili osservabili, di inventariare e classificare le informazioni ritenute pertinenti e utilizzate dall’operatore, di precisare i processi cognitivi sviluppati e le logiche che sottendono l’azione. Tra gli inconvenienti viene citata l’illusione dell’esaustività che conduce alla sensazione di aver raccolto tutta la ricchezza dell’attività.

I postulati comuni

Malgrado i quadri teorici differenti l’Autoconfronto semplice, l’Autoconfronto incrociato e l’Intervista di esplicitazione di Vermersch sembrano sviluppare un certo numero di postulati comuni:

-in primo luogo partono dal principio che l’azione (l’attività, l’esperienza) deve essere interpretata in situazione ordinaria: nella sua effettività, nella sua singolarità, nel suo contesto quotidiano;

-il secondo comune postulato considera l’osservazione esterna dell’attività lavorativa insufficiente per comprendere e/o spiegare i comportamenti che richiedono di cogliere i meccanismi di produzione dell’attività sottesi; in effetti questi non sono direttamente osservabili e d’altra parte la conduzione dell’azione è un oggetto di studio bifronte: uno pubblico comportamentale e osservabile, l’altro privato non osservabile. Qualsiasi sia il punto di vista adottato sembra che un’osservazione esteriore non possa bastare a rendere conto, a comprendere, a spiegare l’attività di un attore; risulta quindi necessario considerare la sua maniera di vivere e di rappresentare la situazione;

-il terzo punto di convergenza rinvia ad un postulato riguardante il ruolo dell’attore che tende ad assumere una postura riflessiva dotata di una capacità di evocazione che gli consente di esplicitare il suo vissuto;

- si rileva infine una convergenza interpretativa sul fatto che è difficile ottenere da parte dell’attore verbalizzazioni in grado di documentare la sua azione e le relative conoscenze sottese. La difficoltà è legata al carattere tacito delle conoscenze pratiche: l’attore non è in grado di comunicarle spontaneamente perché la presa di coscienza di un’esperienza non è né spontanea, né immediata, né facile da esprimere; le verbalizzazioni dell’azione infatti risentono spesso di una loro razionalizzazione e giustificazione piuttosto che di una loro esplicitazione. Y. Clot afferma che “L’esperienza sfugge a quelli a cui essa appartiene“; conseguentemente ciascun metodo/strumento è costruito come un aiuto alla verbalizzazione dell’azione considerata:

-l’ Autoconfronto semplice poggia su condizioni materiali, il più sovente videoregistrazioni del comportamento dell’attore, che vincolano la narrazione, la descrizione e il commento e impediscono che la verbalizzazione sia una ricomposizione normativa e/o non corrispondente alla realtà per l’osservatore; questa intervista implica la costruzione precedente di tracce videoregistrate dell’attività in situazione reale;

-l’Intervista di esplicitazione di Vermersch si basa sull’accompagnamento della persona nello sforzo di evocazione, di riflessione del suo vissuto;

-l’ Autoconfronto incrociato coinvolge un collettivo19 e favorisce un movimento intersoggettivo che spinge il soggetto a manifestare dimensioni ignorate della propria esperienza; a sua volta considera le tracce di videoregistrazione come supporto per l’intervista di verbalizzazione. In conclusione, ciascun metodo, strumento o tecnica cerca di predisporre delle condizioni in grado di orientare l’attore verso una postura particolare in rapporto alla sua azione: se le posture sono differenti secondo i metodi, esse appaiono tutte come delle posture riflessive, nel senso ampio del termine, e non spontanee.

Le divergenze: elementi di posizionamento delle verbalizzazioni dell’azione

Al fine di caratterizzare le verbalizzazioni, evidenziando meglio il rapporto che esse intrattengono con l’azione, e di determinare in modo più specifico il loro contributo informativo, vengono precisati:

a) i differenti contesti di elocuzione sviluppati da ciascun metodo/strumento; b) il carattere singolare del momento indagato;

c) il rapporto dell’attore con la sua azione, la strategia di validazione dei risultati dell’analisi; d) la triangolazione dei materiali per documentare l’attività.

a) I differenti contesti di elocuzione sviluppati

Per quanto riguarda la descrizione dei differenti contesti di elocuzione si considerano, per ciascuna metodo/strumento:

- l’obiettivo dell’intervista che delimita, circoscrive ciò verso cui l’attore è orientato; - la postura dell’analista nella conduzione dell’intervista rispetto all’attore;

- il supporto, le tracce, su cui viene basato il discorso.

In riferimento all’obiettivo, tutti i metodi/strumenti puntano ad ottenere una verbalizzazione dell’azione, ma con alcune distinzioni: mentre l’Auto-confronto semplice e l’Intervista di esplicitazione di Vermersch hanno come obiettivo quello di descrivere lo svolgimento dell’azione e il modo in cui essa è stata effettivamente realizzata nella conduzione di un compito reale, l’Auto-confronto incrociato non mira ad una semplice restituzione dell’esperienza acquisita, ma produce una nuova esperienza.

Inoltre, mentre l’obiettivo dell’Auto-confronto semplice è orientato verso un soggetto che verbalizza ciò di cui non è cosciente, vale a dire ciò che è mostrabile, raccontabile e commentabile dall’attore verso un terzo, osservatore–interlocutore, l’Auto-confronto incrociato

19 L’analisi del lavoro secondo l’approccio francese della Clinica dell’attività considera i concetti di genre professionnel e style professionnel. Il primo è inteso come “memoria impersonale storica–culturale-tecnica-sociale-linguistica dell’ambiente di lavoro e insieme di regole,

procedure, istruzioni sul come fare (obblighi-prescrizioni) che sottendono e influenzano in modo tacito l’attività oggetto di indagine; oltre a

costituire una risorsa per il lavoratore per affrontare le esigenze dell’azione, è anche oggetto di aggiustamenti e ritocchi da parte di coloro che ne fanno il loro strumento. Il lavoro di aggiustamento del genre professionnel da parte del singolo lavoratore viene definito style professionnel; esso può essere interpretato come una presa di distanza del lavoratore da certi vincoli generici e nello stesso tempo una ricerca intesa a

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