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LA PROBLEMATICA DEGLI APPRENDIMENTI INFORMALI, IN ETÀ ADULTA: ALCUNI PRESUPPOSTI TEORIC

APPRENDIMENTO E RIFLESSIONE NELL’INDIVIDUO E NELLE ORGANIZZAZION

2.1. LA PROBLEMATICA DEGLI APPRENDIMENTI INFORMALI, IN ETÀ ADULTA: ALCUNI PRESUPPOSTI TEORIC

I confini che distinguono i diversi tipi di apprendimento formale, non formale, informale sono molto difficili da individuare.

Per comprendere il significato proprio dell’apprendimento informale, e la sua importanza per le organizzazioni in particolare, è necessario capire da dove questo termine tragga origine e quanti e quali significati si intersechino con esso.

Gli apprendimenti informali sono diventati infatti sempre più cruciali e determinanti per le performance dei sistemi di produzione di beni e servizi, nella misura in cui essi sono mobilitati per rispondere alle sempre nuove esigenze crescenti di qualità, proattività, flessibilità e sicurezza.

Dopo diversi anni di ricerche Lombardo, Eichinger e Mc Call (1996) sono giunti ad affermare che gli apprendimenti degli adulti si sviluppano con lo sviluppo del modello 70/20/10: gli apprendimenti avvengono per il 70% tramite l’azione, l’esperienza sul campo, la job rotation, l’apprendimento incidente e risolvendo problemi in situazione lavorativa; per il 20% attraverso relazioni con altre persone che servono da stimolo diretto all’apprendimento, incluse le relazioni che oggi in azienda vengono denominate comunità di pratiche, mentoring e coaching; solo per il rimanente 10% tramite la formazione formale in senso stretto, sia che si svolga in aula, oppure a distanza con applicazioni e learning.

Anche J. Cross (2007), che si è occupato delle situazioni di apprendimento degli adulti e che si avvicina agli studi andragogici di Knowles, afferma che la formazione formale fornisce solo il 20% di ciò di cui si ha realmente bisogno; mentre l’80 % degli apprendimenti nelle organizzazioni avviene in modo informale; sostiene inoltre che solo il 10% della formazione formale influisce sul miglioramento delle performances lavorative e che soltanto il 20% di ciò che viene insegnato durante la formazione tradizionale in aula viene trasferito sul posto di lavoro reale7.

Nel Memorandum sull’istruzione ed educazione permanente (2000) vengono distinte tre diverse categorie fondamentali di apprendimento lungo l’arco della vita:

- l’apprendimento formale: è l’apprendimento che avviene in contesti istituzionali delegati all’istruzione e alla formazione e che porta al conseguimento di diplomi e di qualifiche riconosciute. Esso è costituito da un insieme di conoscenze che l’organizzazione sociale intende promuovere, sviluppare, tramandare;

7 E' importante essere consapevoli che gli approcci 80:20 e 70:20:10 non sono intesi come dei modelli rigidi o delle ricette. Essi convalidano il

- l’apprendimento non formale: è l’apprendimento che avviene al di fuori delle principali strutture d’istruzione e di formazione e, di solito, non porta a riconoscimenti ufficiali; l’apprendimento non formale è dispensato all’interno di specifiche comunità di riferimento, come il luogo di lavoro, o nel quadro di attività di organizzazioni o gruppi della società civile (associazioni giovanili, sindacati o partiti politici, gruppi di volontariato, sport e tempo libero). Può essere fornito anche da organizzazioni o servizi istituiti a complemento dei sistemi formali; - l’apprendimento informale: è l’apprendimento intrinseco all’esperienza quotidiana. Contrariamente alle prime due forme di apprendimento, esso non è necessariamente intenzionale e a volte può non essere riconosciuto dallo stesso interessato come apporto alle sue conoscenze e competenze.

Tipi di apprendimento Contesto Intenzionalità Strutturazione

Apprendimento formale Scuola, Università, Formazione Professionale

SI SI

Apprendimento non formale

Extra-scuola, Lavoro SI Non sempre

Apprendimento informale Lavoro, Tempo Libero, Vita quotidiana

Non sempre NO

Fig. 2.1. Tipologie di apprendimento formale, non formale e informale.

Se l’apprendimento lungo l’arco della vita è senza soluzioni di continuità, ciò mette in luce la complementarietà dell’apprendimento formale, non formale ed informale, il fatto che si possono acquisire conoscenze utili in diverse situazioni, contesti e momenti della vita. Implica in sostanza che la maggioranza degli apprendimenti si realizza come risultato di esperienze consapevoli, anche se ciò non preclude la possibilità che alcuni eventi che si realizzano alla periferia dell’esperienza consapevole siano comunque interiorizzati.

Colley, Hodkinson, e Malcom (2003) pervengono alla conclusione che un’analisi che consideri solo il livello di formalità non è sufficiente, e che si debba necessariamente far riferimento a due altri criteri: le condizioni “soggettive” interne e costitutive che generano gli apprendimenti, spesso taciti, e le condizioni del contesto che plasmano le azioni: in questa prospettiva di tipo socioculturale le azioni si svolgono in contesti nei quali le persone apprendono norme di comportamento, valori e obiettivi che influenzano l’apprendimento.

Dei due criteri Illeris (2004) approfondisce il secondo, con le forme naturali di apprendimento quotidiano costruite all’interno di contesti non-organizzati, senza una formazione esterna imposta da programmi o istituzioni di tipo formale come la scuola; Colardyn e Bjornavold's (2004) approfondiscono un presupposto del primo, l’intenzionalità ad apprendere del soggetto, arrivando alla conclusione che un apprendimento può essere intenzionale o meno a prescindere dai contesti in cui si genera.

Straka (2004) continua il ragionamento sull’apprendimento nella prospettiva soggettiva superando il livello di intenzionalità e non intenzionalità; introduce tre termini per comprenderne più a fondo il significato: implicito, esplicito e incidentale, sostenendo che l’apprendimento non è un processo connesso esclusivamente alle logiche formali; anzi, gli apprendimenti impliciti, espliciti ed incidentali hanno luogo indipendentemente dal loro contesto.

Da un punto di vista epistemologico Polanyi (1966) fornisce una definizione di conoscenza tacita e conoscenza esplicita: mentre la prima è personale, specifica del contesto e in quanto tale difficilmente formalizzabile e comunicabile, la seconda sarebbe codificata e trasmissibile attraverso un linguaggio formale e sistematico. La convinzione di Polanyi è che gli esseri umani acquisiscono conoscenza creando e organizzando attivamente le loro esperienze. Vista in questo modo, la conoscenza, che può essere espressa in parole e numeri, rappresenta la punta dell’iceberg del corpus complessivo delle conoscenze. Polanyi afferma che gli esseri umani creano conoscenza attraverso l’interazione con gli oggetti o meglio, attraverso il coinvolgimento e l’impegno di sé che chiama indwelling. Conoscere qualcosa significa crearne l’immagine o il modello come una totalità dotata di senso, unificando le parti di cui si compone senza rendersene conto. Da un punto di vista pratico, la conoscenza tacita include elementi cognitivi e tecnici, modelli provvisori del mondo che gli esseri umani creano costruendo e manipolando nella loro mente analogie, che vengono chiamate schemi, paradigmi, prospettive, credenze; esse aiutano gli individui a percepire il mondo e a definirlo. La conoscenza che deriva dall’esperienza tende ad essere tacita, corporea e soggettiva, mentre quella che deriva dalla ragione tende a essere esplicita, astratta e oggettiva. La condivisione interindividuale di conoscenze tacite avviene attraverso la comunicazione, un processo analogico che richiede una sorta di elaborazione simultanea degli aspetti complessi delle tematiche condivise dagli individui. D’altro canto la conoscenza esplicita ha a che vedere con eventi e oggetti passati, con la dimensione del “là e allora”, mira all’elaborazione di una teoria decontestualizzata.

Eraut (2004) definisce l’apprendimento informale, nel tentativo di spiegarne il significato, «l'acquisizione di una conoscenza che ha luogo indipendentemente dalla consapevolezza di apprendere e senza una conoscenza esplicita circa quello che è stato già acquisito». Questo tipo di conoscenza viene chiamata conoscenza tacita; ci sono alcuni esempi di attività che Eraut collega all'acquisizione di conoscenza tacita, queste attività includono: episodi memorizzati, conoscenze procedurali memorizzate apprese da situazioni e azioni specifiche, processi impliciti di acquisizione di conoscenze. Nei suoi studi, Eraut definisce una categorizzazione teorica di apprendimento informale su tre livelli di intenzionalità:

-apprendimento deliberativo: apprendimento consapevole, progettato (deliberative learning); -apprendimento reattivo: spontaneo, nel quale il livello di intenzionalità varia a seconda di situazioni e contesti (reactive learning);

-apprendimento implicito: nel quale non vi è alcuna intenzione e consapevolezza di imparare (implicit learning).

Oggetto dell’apprendimento

Apprendimento implicito Apprendimento reattivo Apprendimento deliberato Episodio passato Collegamento implicito

dell’esperienza corrente alle memorie del passato

Breve riflessione spontanea su episodi del passato, eventi, incidenti,

esperienze

Discussione e revisione delle azioni del passato, comunicazioni, eventi,

esperienze Esperienza corrente Una selezione

dell’esperienza entra nella memoria episodica

Annotazione di fatti, idee, opinioni, impressioni, porre domande, osservare

gli effetti delle azioni

Impegno nella presa di decisione, problem solving, apprendimenti

informali pianificati Comportamento futuro Aspettative inconsce Riconoscimento di

possibili future opportunità di apprendimento Pianificazione di opportunità di apprendimento

Fig. 2.2. Categorizzazione dell’apprendimento informale (Eraut, 2004).

Le tre distinzioni formulate indicano le possibili relazioni temporali tra un episodio di apprendimento e le esperienze che hanno consentito l’acquisizione di nuove conoscenze; il contesto nel quale accade l’apprendimento è sempre il presente, mentre l’oggetto dell’apprendimento può essere nel passato, nel presente o nel futuro; la pianificazione delle opportunità di apprendimento futuro è spesso di tipo informale, le opportunità potrebbero invece essere formali o informali. Prendendo in parte le distanze dagli altri studi sull’apprendimento esperienziale, Eraut sostiene che parte del problema è che, quando noi ci riferiamo a un'esperienza, probabilmente stiamo pensando ad un solo episodio o incidente o evento particolare; quando però noi parliamo di come abbiamo imparato, probabilmente dovremmo rifarci o ci rifacciamo a tutti i nostri apprendimenti accumulati da una serie di episodi ed eventi accaduti nel corso del tempo: la più importante caratteristica che distingue l’apprendimento 'non-formale' da quello formale è la presenza di un'intenzionalità ad apprendere.

Nella distinzione di Eraut l’apprendimento implicito ha un significato molto simile a quello di conoscenza tacita di Polanyi (1966), rappresentata dal celebre detto “Sappiamo più di quello che riusciamo a dire a proposito del nostro sapere”, ossia della conoscenza acquisita indipendentemente da tentativi consapevoli di apprendimento. In altri termini, l’apprendimento implicito presenta caratteristiche prossime a quelle delle forme di conoscenza più di tipo automatico o inconscio. L’apprendimento deliberativo riguarda invece la conoscenza espressa attraverso le forme di impegno e pianificazione nelle quali si manifesta la componente volitiva

dell’azione, favorita, nella costruzione di Eraut, dalla riflessività ex-post, tipica del pensiero riflessivo di Dewey (1933), analizzata più avanti, e delle sue varianti, ad esempio quelle behaviouristiche presenti nell’approccio “experiential learning” (Kolb, 1984).

L’apprendimento che Eraut definisce reattivo è presente alla coscienza dell’attore ma si realizza in forme non programmate che emergono in relazione a eventi o situazioni e che fanno parte del normale flusso di attività ed esperienza. È dunque un tipo di apprendimento che ha molto a che fare con la nozione di competenza come fenomeno emergente, che può venire all’essere solo quando una situazione inneschi una capacità e, viceversa, quando una capacità viene in contatto con una situazione che richiede azioni non routinarie.

Infine Schugurensky (2000), per cercare di chiarire i significati attorno al termine apprendimento informale, propone una tassonomia dell’apprendimento partendo da due categorie principali: l’intenzionalità e la coscienza ad apprendere. Attraverso queste due categorie egli propone la suddivisione dell’apprendimento informale in tre forme: apprendimento auto-diretto, apprendimento incidentale, apprendimento da socializzazione, come riportato in figura 2.3, facendo anche alcuni esempi su ciascuna forma di apprendimento.

Forme di Apprendimento informale Intenzionalità Coscienza

Apprendimento Auto-diretto SI SI

Apprendimento Incidentale NO SI

Apprendimento Socializzato (tacito) NO NO

Fig. 2.3. Forme di apprendimento informale (Schugurensky D., 2000).

L’apprendimento auto-diretto si riferisce ad un progetto di apprendimento dell’individuo senza l’assistenza specifica di un insegnante, educatore, istruttore, ma può includere la presenza di altri soggetti non in qualità di insegnanti. È un apprendimento intenzionale perché l'individuo ha lo scopo di apprendere anche prima che il processo di apprendimento inizi, ed è un apprendimento consapevole, nel senso che vi è consapevolezza di imparare.

Diversamente, l’apprendimento incidentale si riferisce ad un apprendimento generato dall’esperienza quando il soggetto non ha alcuna intenzione specifica di apprendere ma, dopo aver vissuto l’esperienza, diviene consapevole che vi è stato un apprendimento, ha acquisito nuove conoscenze: in tal senso è un apprendimento non intenzionale, ma consapevole.

L’apprendimento per socializzazione (anche definito da Schugurensky apprendimento tacito) si riferisce all’interiorizzazione di valori, atteggiamenti, comportamenti, abilità, riferibili alla vita di ogni giorno. Non solo non abbiamo nessuna intenzione a priori di acquisirli, ma non siamo consapevoli che stiamo acquisendo detti valori, atteggiamenti, abilità.

Marsick e Watkins (1990) ritengono che l’apprendimento informale è il cuore dell’educazione e della formazione degli adulti, perché è centrato sullo studio e l’analisi delle esperienze di vita e

su ciò che si apprende dall’esperienza; le autrici affermano che l’apprendimento informale è integrato nelle routine quotidiane, viene attivato, scaturisce da stimoli esterni o interni, non è connotato da un’elevata consapevolezza, è accidentale e influenzato dal caso, è un processo induttivo di riflessione ed azione, è collegato all’apprendimento da altri (apprendimento tra pari, vicario,...).

Cseh, Watkins e Marsik, (1999) distinguono le situazioni dove l’apprendimento è incidente, accidentale o fortuito da altre dove il lavoratore è consapevole di apprendere anche se rimane concentrato nel compito da realizzare. L’apprendimento incidente appare come un co-prodotto di un’altra attività, quali ad esempio l’espletamento di un compito, l’interazione interpersonale, le attività legate alla cultura organizzativa, le sperimentazioni tramite prove ed errori e anche l’apprendimento formale quando i curricula sono utilizzati per scopi diversi.

L’interesse di questa nozione poggia su due elementi: l’assenza eventuale di consapevolezza dell’apprendimento durante il tempo in cui si produce e il fatto che esso non può essere dissociato dal compito nel momento in cui si produce. Si apprende così incidentalmente, en passant: l’apprendimento è integrato, olistico, non obbligatorio, individualizzato, costruito su apprendimenti anteriori, non consapevole e può costituire la base per futuri apprendimenti; può essere identificato volgendo lo sguardo indietro tramite pratiche riflessive. Esso risulta caratterizzato da una forte dimensione tacita che rinvia ampiamente, ma non in modo esclusivo, all’idea di conoscenza tacita, un sapere che si possiede ma che non si è capaci di verbalizzare facilmente.

L’apprendimento informale può essere incoraggiato intenzionalmente da un'organizzazione, o può non originarsi nonostante si operi in ambienti favorevoli all’apprendimento. L’apprendimento incidente invece avviene in ogni occasione, anche se le persone non ne sono sempre consapevoli.

Le probabilità di successo degli apprendimenti informali e incidenti aumentano con:

- la proattività, che si riferisce alla rapidità con cui si prende l’iniziativa di apprendimento, la ricerca attiva, in modi diversi, dell’ apprendimento nell’esperienza quotidiana;

- la riflessione critica, che si riferisce all’esplicitazione ed all’analisi critica delle pratiche, delle credenze, dei valori, delle convinzioni, dati per scontati, i quali hanno bisogno di essere esaminati allo scopo di rivedere gli schemi di riferimento posseduti;

- la creatività, che si riferisce alla capacità delle persone di vedere una situazione da diversi punti di vista, di usare nuove prospettive e intuizioni per dissolvere i pregiudizi che inibiscono l’apprendimento e per generare nuove soluzioni.

Anche i lavori sviluppati dalla Didattica Professionale ( illustrata nel Cap. 3) esplorano questo legame tra attività e apprendimento informale, sottolineando che l’attività è

contemporaneamente apprendimento. L’attività dà luogo a un apprendimento incidente, in cui “ il soggetto apprende per il semplice fatto che agisce “ (Pastré, Mayen e Vergnaud, 2006). Gli studiosi citati sviluppano l’idea secondo la quale questo apprendimento è nello stesso tempo produttore e trasformatore: “l’attività in situazione è sia produttiva che costruttiva (….) il soggetto, producendo trasformazioni degli oggetti del mondo esteriore, trasforma contemporaneamente se stesso, arricchendo il suo repertorio di risorse“. Gli autori definiscono “incidente” questo tipo di apprendimento sul campo, in cui l’obiettivo dell’azione è l’attività produttiva e l’attività costruttiva non è altro che un effetto, non voluto, e sovente incosciente, dell’attività produttiva.

Concludendo questa breve illustrazione, è possibile sottolineare come il termine “apprendimento”, nella prospettiva di processo di acquisizione di conoscenza e dei rispettivi risultati in termini di sapere, sia tuttora un fenomeno attorno a cui non vi è convergenza scientifica. Il risultato di interesse che vogliamo rilevare per il presente lavoro di ricognizione, però, è il riconoscimento condiviso da parte di tutti gli autori che i soggetti sviluppano, acquisiscono conoscenza, saperi espliciti o impliciti, in tutti i contesti di vita e di pratica e che l’apprendimento informale è un concetto che integra le variabili di contesto, di intenzionalità del soggetto più o meno esplicita, di incidentalità del processo cognitivo, di processo che avviene a qualsiasi età, momento.

Questo cambiamento paradigmatico, riferito alla natura della conoscenza, mette in crisi le epistemologie che vedono la conoscenza solo riferita all’individuo, determinando uno spostamento verso un’epistemologia della conoscenza data dalla relazione dell’individuo con il mondo (azione, esperienza, contesto, situazione).

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