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APPRENDIMENTO E RIFLESSIONE NELL’INDIVIDUO E NELLE ORGANIZZAZION

2.3. TEORIE DELL’APPRENDIMENTO E DELLA CONOSCENZA INDIVIDUALE

2.3.3. La prospettiva storico-culturale dell’apprendimento

Secondo la prospettiva storico-culturale, diffusasi in Russia negli anni ’30 soprattutto grazie a Lëv Vygotskij (1896 – 1934), rappresentante del costruttivismo socio-culturale, il contesto sociale e culturale in cui le persone vivono influenza profondamente l’apprendimento e la conoscenza.

In Pensiero e linguaggio (1934), afferma che “l’apprendimento umano presuppone una natura sociale specifica e un processo attraverso il quale i bambini si inseriscono gradualmente nella vita intellettuale di coloro che li circondano”: la competenza prima è sociale e poi diventa competenza individuale. Secondo questa prospettiva il soggetto cresce e apprende nel contesto quotidiano, in famiglia, a casa, per strada, in viaggio..., ovvero in tutti quei momenti in cui si relaziona con gli altri; nel relazionarsi interiorizza (Vygotskij, 1962), fa proprio un comportamento o un pensiero altrui. Lo studioso pone quindi l’accento sulla mediazione da parte dell’adulto nel processo di apprendimento, mentre Piaget, meno interessato all'importanza della cultura, mette particolare attenzione sul ruolo del soggetto che apprende dai propri apprendimenti.

Solo la continua interazione sociale fra le persone rende possibile lo sviluppo cognitivo; Vygotskij sostiene la legge genetica generale dello sviluppo culturale, secondo la quale ogni funzione psichica superiore si presenta due volte nello sviluppo dell’individuo: inizialmente, come attività collettiva e sociale, successivamente, come attività individuale; “prima compare tra due persone, sotto forma di categoria interpsicologica, poi all'interno del bambino, come

categoria intrapsicologica” (Vygotskij, 1981, pag. 163).

L’interazione con il mondo esterno favorisce lo sviluppo delle facoltà mentali e intellettive (apertura di pensiero, confronto, scambio, rispetto…): due sono le componenti cruciali dello sviluppo del pensiero, l’esperienza e il linguaggio. Se la prima, la concretezza, è “considerata necessaria e inevitabile, solo come punto di partenza per sviluppare il pensiero astratto” (Vygotskij, 1935), il secondo, il linguaggio, serve al bambino per comunicare con gli altri (attività sociale) e solo successivamente egli lo utilizza individualmente, come supporto per il pensiero.

Vygotskij, che aveva letto i lavori precedenti di Piaget, ma non quelli sull’attività gestuale dei bambini, concentra la sua attenzione sul linguaggio e su ciò che esso rappresenta nel processo di concettualizzazione. Egli ripete più volte che il concetto è il "significato delle parole"; in particolare, nell'ultimo capitolo di “Pensiero e linguaggio”, infatti, pone la distinzione tra "senso" e "significato": l'individuo aggiunge al significato della parola ascoltata le esperienze diverse che egli può aver associato a tale parola, o a quell’affermazione, al punto di attribuirle un significato diverso rispetto al significato convenzionale del linguaggio. Si tratta di una convergenza sostanziale tra i nostri autori di riferimento, per chi intenda studiare i processi di comunicazione sul posto di lavoro, nell'istruzione e nella scuola.

È la convergenza tra linguaggio e attività pratica che permette ai bambini di risolvere i problemi e di raggiungere uno scopo, dando origine a momenti significativi di sviluppo intellettuale, dell’intelligenza pratica e astratta: le parole sono in particolare funzionali per la soluzione del compito, per pianificare azioni future, per creare un programma specifico di intervento; che permette loro di ampliare il raggio di attività realizzabili.

Vygotskij introduce diverse idee che contribuiscono a comprendere meglio in che cosa consiste l’azione dell’insegnante.

La prima idea è quella di Mediazione sociale: le conoscenze umane sono sociali e trasmesse nelle strutture sociologicamente riconoscibili come la scuola, la famiglia, la comunità; dunque l’apprendimento e anche il linguaggio non sono mai acquisizioni individuali ma si acquisiscono con l’aiuto di altri, di una cultura, di una forma di interazione sociale.

Le azioni, quindi, sono caratterizzate dal principio di attività mediata, che permette al bambino di dare significato alle sue azioni e di costruire processi per lui significativi in vista della soluzione. Nell’attività mediata è possibile il riferimento all’adulto, così come agli stimoli contenuti nel contesto ed ai pari portatori di differenti diversità .

La seconda idea è quella di Zona Prossimale di Sviluppo (ZSP). Nello sviluppo della sua teoria dell’apprendimento, Vygotskij individua tre zone nello sviluppo individuale: la zona di sviluppo attuale riguarda tutte le abilità e le conoscenze già acquisite, ciò che il bambino sa fare, le

possibilità autonome di soluzione del problema; la zona di sviluppo potenziale riguarda le abilità non ancora sviluppate, ma che probabilmente lo saranno in futuro; la zona di sviluppo prossimale è la distanza tra il livello di sviluppo attuale e quello potenziale, tale distanza può essere colmata con l’aiuto di altre persone, la guida di un adulto o la collaborazione con i propri pari più capaci: è dunque questa zona quella su cui gli educatori devono concentrarsi.

Per Vygotskij (1987) la caratteristica essenziale della ZSP e che essa si viene a creare con l’apprendimento; l’apprendimento, a sua volta, risveglia una varietà di processi evolutivi interni, capaci di operare solo quando il bambino sta interagendo con persone del suo ambiente. Una volta interiorizzati questi processi, divengono parte del risultato evolutivo autonomo del bambino.

La terza idea è quella di Mediazione simbolica, funzione assicurata dal linguaggio e da altri sistemi come i grafici e l’algebra. Il senso di una situazione di lavoro o di formazione è contemporaneamente individuale e condiviso: individuale, perché il senso dato da un individuo gli è proprio, e differente rispetto a quello di un altro individuo; condiviso perché giustamente gli individui di una stessa comunità concordano abbastanza bene sul senso da dare a questa o quella situazione, a questa o quella pratica, a questa o quella parola.

L’internalizzazione di questi processi sociali (Brown, 1987), attraverso l’interazione e l’etero- regolazione sociale centrata sul linguaggio, promuove progressivi livelli di astrazione fino ad arrivare ai livelli più alti di consapevolezza, la costruzione dei concetti scientifici, durante il periodo di istruzione scolastica, in cui vengono introdotti corpi di conoscenza sistematizzata e sviluppata culturalmente. Al pari dell’astrazione, la metacognizione e la regolazione di sé, la

consapevolezza, la conoscenza e il controllo dei pensieri e dei comportamenti, hanno lo stesso

tipo di sviluppo per trasformazioni qualitative verso una consapevolezza riflessiva matura e un controllo deliberato.

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