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LA DIDATTICA PROFESSIONALE: METODI, STRUMENTI E TECNICHE PER MIGLIORARE IL RAPPORTO FORMAZIONE-LAVORO

3.2. LA DP: I RIFERIMENTI TEORICI E LE SCELTE METODOLOGICHE

3.1.2. I contributi della psicologia ergonomica

La psicologia ergonomica fornisce alla DP i metodi per implementare un’analisi del lavoro orientata alla formazione e allo sviluppo delle competenze professionali; essa considera:

- la presenza della dimensione cognitiva in tutte le attività di lavoro, manuale inclusa, evidenziata in particolare da Ombredane e Faverge (1955);

- la distinzione tra compito (quello che si deve fare) e attività (ciò che viene effettivamente

eseguito), tema approfondito in particolare da Leplat (1997).

Il primo tema che ha ispirato la DP, presente soprattutto nell’ergonomia di lingua francese, è rappresentato dalla dimensione cognitiva presente in tutte le attività di lavoro, compreso il lavoro manuale. Ombredane e Faverge l’avevano messo in evidenza fin dal 1955 nella loro opera fondatrice L’analyse du travail (1955), in pieno cognitivismo computazionalista.

Nel dare una definizione di analisi del lavoro, Leplat fa riferimento alla definizione di lavoro di Leontiev (1972), cogliendone in particolare la dimensione psicologica: “le travail est une activité “specifiquement humaine”, originellement sociale, fondée sur la cooperation d’individues laquelle suppose une division technique, des fonctions de travail17

(Leontiev 1972, p. 68 citato in Leplat 1986 e 1992). In questo modo si distanzia dalla psicologia anglofona, in generale meno interessata all’analisi delle situazioni di lavoro sul campo che a ciò che dicono i lavoratori rispondendo a dei questionari.

Egli distingue il compito (la tâche), l’obiettivo, il fine da raggiungere nel lavoro e le condizioni nelle quali deve essere raggiunto, dall’attività (activité), ciò che è messo in atto dal soggetto per eseguire il compito. In molti hanno affrontato la distinzione tra le due nozioni, lo stesso Leplat in più momenti della sua carriera (Leplat et Hoc, 1983, Leplat et Cuny, 1984; Leplat 1992 e 1997).

Il compito consiste nell’obiettivo lavorativo, ciò che deve essere realizzato o più precisamente lo stato finale, può essere descritto da uno o più criteri di riuscita, che permettono di valutare la performance. Ma anche il soggetto può avere degli obiettivi più o meno compatibili con il compito: velocità e precisione, produzione, sicurezza, soddisfazione (Leplat 1986). Le

condizioni fisiche tecniche e organizzative possono d’altronde a loro volta influenzare la definizione del compito, che può essere limitata alle caratteristiche specifiche del posto di lavoro, in senso stretto, o comprendere tutte le condizioni esteriori suscettibili di influenzare l’attività a gradi diversi, in senso largo.

Nella definizione di compito diversi autori hanno teso a sottolineare in maniera sempre più analitica le distinzioni tra tache prescrite, effective et redefinie (compito prescritto, effettivo e ridefinito) (Ombredane et Faverge 1955) in cui il compito prescritto può essere concepito (Leplat 1992) come un modello sia interiorizzato che esteriorizzato dell’attività. In ultima analisi, Leplat sottolinea che “l’esistenza di un prescritto in un’organizzazione è necessaria per comprendere il punto di partenza dell’attività dell’operatore, e consente di interrogarci sulla sua attività… che non è semplicemente applicare le prescrizioni ma la capacità, di chi lavora, di fare “ciò che deve fare” ma non necessariamente ciò che è stato previsto. “

Leplat dimostra quindi come la dimensione cognitiva presente nel lavoro permette di non porre in opposizione frontale il lavoro prescritto e il lavoro reale: egli introduce un terzo termine nel dibattito, ciò che egli chiama “Struttura Cognitiva della Situazione” (Keyser&Nissen, 1993). Questo vuol dire che ciò che definisce la situazione di lavoro non si riferisce unicamente alle modalità della prescrizione, ma include anche certe dimensioni obiettive della situazione che orientano l’attività. In questo senso l’analisi del lavoro sviluppata da Leplat è concettualizzata intorno la coppia “situazione-attività”, in cui la situazione include le prescrizioni esterne (condizioni esterne) e la struttura cognitiva del compito.

Un ulteriore contributo alla DP viene fornito dalla psicologia russa del lavoro; tra i più importanti autori (Leontiev, Galperine, Talizina) si ricorda Ochanine (1981), che stabilisce una differenza tra immagine cognitiva e immagine operativa: l’immagine cognitiva descrive un oggetto elencando le sue principali proprietà, mentre l’immagine operativa descrive questo stesso oggetto ritenendo le proprietà che sono utili per l’azione che si vuole eseguire sull’oggetto.

Ochanine ha studiato la modalità con cui dei medici specialisti della tiroide rappresentano questo organo tramite un disegno oppure uno stampo, quando fanno una diagnosi riguardante uno dei loro pazienti: egli compara questo risultato con quelli ottenuti da medici non specialisti. Ciò che egli constata è che gli specialisti producono una rappresentazione molto particolare dell’oggetto: da un lato laconica e semplificata, dall’altro molto deformata: certe parti sono

ipertrofizzate mentre altre si sono ristrette (Pastré 2006). Ora analizzando queste trasformazioni egli constata che le stesse permettono di “vedere” l’approccio di osservazione e diagnosi utilizzato dagli specialisti.

Le parti ipertrofiche sono quelle che sono importanti per la diagnosi. Quindi ci sono delle rappresentazioni per l’azione che hanno le loro caratteristiche specifiche, che le differenziano dalle semplici “rappresentazioni cognitive", elaborate indipendentemente da qualsiasi azione. Questa distinzione-opposizione tra immagine cognitiva e immagine operativa è stata molto sviluppata nella DP dimostrando in particolare che ci sono due forme di concettualizzazione: - la prima che enuncia delle proprietà e delle relazioni sugli oggetti;

-la seconda che seleziona alcune caratteristiche di un oggetto per farne dei concetti che orientano -guidano e organizzano l'attività.

A. Savoyant (1997) sfrutta il modello della struttura dell’attività di Leontiev, sviluppato da Galperine, nella formazione delle tappe dell’azione. Il modello definisce precisamente le caratteristiche dell’azione e della sua formazione; da un punto di vista funzionale egli distingue in particolare le seguenti operazioni: orientamento, riguardanti la definizione degli obiettivi da raggiungere, l’identificazione della situazione nella quale ci si trova, la determinazione delle operazioni di esecuzione; esecuzione, concernente le operazioni di trasformazione effettiva della situazione in funzione degli obiettivi previsti; controllo, relativo alla verifica della conformità dell’esecuzione, in quanto processo e prodotto finale.

Mentre le operazioni di esecuzione e controllo sono visibili, l’orientamento è poco visibile perché consiste nel reperire i tratti della situazione che serviranno all’operatore per guidare la sua azione: costituisce la componente cognitiva dell’attività professionale, quella che permette

l’acquisizione di competenze (Pastré 2006).

Il modello è stato applicato da Savoyant nell’analisi dell’attività collettiva (Savoyant 1985). Vale la pena citare infine ricordare i lavori della psicologia ergonomica sulle situazioni dinamiche (Hoc, 1996; Amalberti 1996; Rogalski, 1995). Queste situazioni hanno una dinamica propria caratterizzata da un’evoluzione indipendente dagli operatori, anche se essi non agiscono per la sua trasformazione. Il fattore tempo è molto importante, il che significa che i comportamenti adeguati degli operatori sono delle conduzioni anticipatrici.

Queste situazioni sono particolarmente complesse, le competenze mobilizzate sono molto chiaramente legate ad una intelligenza del compito. La competenza non può essere ridotta a cosa fare o anche a sapere dove e come farlo: bisogna anche sapere quando farlo, perché

un'azione rilevante eseguita al momento sbagliato può produrre un effetto opposto a quello desiderato.

In sintesi, la psicologia ergonomica ha rappresentato un notevole sostegno per l'apprendimento professionale: in primo luogo ha fornito i metodi per impostare un'analisi del lavoro orientato alla "formazione e allo sviluppo delle competenze professionali." D'altra parte, concentrandosi sull'importanza della concettualizzazione nell'attività professionale, ha permesso di stabilire un

ponte con la principale fonte teorica della DP: la psicologia dello sviluppo e in particolare la “concettualizzazione in azione”.

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