• Non ci sono risultati.

Il settore europeo della calzatura è stato interessato a partire dagli anni ‘90 da un periodo di lunga transizione derivante da una crescente concorrenza internazionale, in particolare asiatica.

Il settore calzaturiero italiano, uno dei pilastri del sistema moda, pur essendo stato investito da profondi processi di trasformazione generati da fenomeni competitivi, si è sottratto ad una concorrenza internazionale troppo sbilanciata sui costi di produzione, ridefinendo il proprio

posizionamento sul mercato globale; la scelta strategica è stata quella dell’espansione sui mercati esteri con prodotti di fascia medio-alta del mercato, che richiede necessariamente competenze particolarmente sofisticate di processo e di innovazione continua di prodotto.

L’anno 2014 vede infatti l’Italia mantenere nel mercato mondiale una posizione di rilievo collocandosi tra i primi 10 produttori di calzature: i produttori, seppure diminuiti, hanno saputo mantenere la loro competitività delocalizzando i processi di produzione più costosi in paesi con un basso costo di lavoro, applicando in tal modo un taglio dei costi e una riduzione dell’occupazione (Shoe Report, 2015).

La gestione delle risorse umane nel settore della calzatura è stata però condizionata fortemente da alcuni fattori nevralgici: da un lato il ricambio generazionale, momento delicato del ciclo di vita di un’impresa familiare, con il trasferimento da una generazione all’altra di un patrimonio di know how e competenze di gestione acquisite in anni e anni di esperienza sul campo; dall’altro l’erosione della compattezza del capitale umano, determinata dall’invecchiamento degli addetti esperti non facilmente rimpiazzabili, dalla difficoltà di reperimento di nuovo personale qualificato di medio livello e, non ultimo, da un disinteresse pronunciato dei giovani diplomati e laureati per il settore calzaturiero.

Appare quindi di cruciale importanza la formazione, come modalità di qualificazione e valorizzazione delle risorse umane.

In questa prospettiva il sistema europeo di domanda e offerta di servizi formativi, per le PMI in particolare, risulta caratterizzato da un gap tra i servizi offerti e le esigenze delle imprese per quanto riguarda sia la formazione iniziale che la formazione continua.

L’indagine europea CVTS 4 (2012) evidenzia che la percentuale di imprese italiane formatrici che hanno svolto una o più attività di formazione continua è del 55,6%, un valore comunque inferiore alla media europea di 66%.

Nel nostro paese il settore moda, tessile, abbigliamento e calzatura occupa il penultimo posto per quanto riguarda il numero di dipendenti che hanno partecipato ad attività di formazione continua (Isfol 2015),

Il Rapporto del 2014 della Confederazione Europea della Calzatura sottolinea tra i punti di debolezza del sistema formativo italiano del settore l’assenza di coordinamento tra i centri di formazione professionale e le aziende e la necessità di migliorare l’efficacia dei metodi e degli strumenti di natura formativa e pedagogico-didattica.

In questo contesto, il DI della calzatura della Riviera del Brenta si è trovato di fronte alla sfida del mercato internazionale che esige da un lato tempi sempre più brevi tra progettazione e consegna,

dall’altro una produzione di commesse di piccoli lotti con molti modelli; ciò comporta per le aziende una crescente complessità delle attività di progettazione, sviluppo, industrializzazione e produzione e sollecita una continua innovazione a livello di prodotto e di processo, con la condizione irrinunciabile di mantenere una qualità elevata di artigianato industriale.

La gestione della complessità produce un impatto significativo sull’organizzazione del lavoro che richiede agli operatori una sempre maggiore flessibilità, adattabilità e capacità di problem solving in modo da gestire l’elevata variabilità delle situazioni lavorative, spesso inedite, e mai affrontate precedentemente.

Nell’ambito del DI, il Politecnico della calzatura si trova a giocare un ruolo di maison du savoir de la chaussure con il compito strategico di migliorare l’efficacia della relazione tra formazione e lavoro mediante l’adozione di approcci innovativi riguardanti i metodi e gli strumenti di ingegneria formativa e pedagogico-didattica di cui la DP costituisce un esempio emblematico.

È in tale scenario che è andata maturando l’idea del presente lavoro di ricerca; esso è nato dal felice incontro e dall’intreccio di interessi dell’autrice, portatrice di riflessioni sul tema della formazione continua in azienda maturate in precedenti esperienze professionali condotte in cantieri di ricerca intervento nell’ambito di progetti europei, dell’Università di Macerata e di una PMI del Distretto Industriale culturalmente attenta alla sperimentazione di metodologie di formazione innovative. Il coinvolgimento dell’impresa CM, nella sua posizione di terzista che collabora con le maggiori griffe internazionali per la produzione di scarpe di lusso, ha offerto un “territorio fertile” sul quale sviluppare le attività relative al progetto di Ricerca e intervento su cui verte la tesi di dottorato. La CM è una impresa familiare che si trova a vivere un delicato passaggio inter-generazionale iniziato alcuni anni fa, grazie alla lungimiranza del fondatore, con l’introduzione di figure manageriali esterne in grado di pianificare una transizione efficace.

Un passaggio delicato, da realizzare oltretutto in concomitanza con importanti trasformazioni interne ed esterne all’azienda; la CM sta affrontando infatti contemporaneamente complessi problemi di natura strategica (migliorare rendendolo più efficiente il rapporto con le griffe committenti), organizzativa (superare l’informalità delle relazioni con l’introduzione di nuovi ruoli di interfaccia organizzativa, ma anche innovare i processi con la lean production), gestionale (inserire procedure e sistemi informativi gestionali) ed operativa (adottare nuovi comportamenti organizzativi da parte del personale).

La tesi di ricerca ha pertanto preso forma in un contesto molto dinamico, in continua evoluzione che, se da un lato ha offerto l’occasione di vivere un’esperienza professionale irripetibile di gestione del cambiamento, dall’altro è stata “contaminata” da eventi problematici aziendali di natura

strategica e gestionale, intervenuti in itinere, che hanno richiesto nuovi riposizionamenti, adattamenti e riformulazione degli obiettivi.

Una contaminazione che emerge trasversalmente nei diversi capitoli del testo, in particolare nel 4, e che può rendere talvolta ardua la lettura; tralasciare certi passaggi, “nodi” e percorsi con voluti interventi di sintesi avrebbe però distorto il senso e impoverito il valore del racconto, privando di spunti di originalità un lavoro in cui l’esperienza professionale di successo è stata accompagnata da una riflessione supportata da una preziosa cornice teorico-metodologica.

CAPITOLO 2

APPRENDIMENTO E RIFLESSIONE NELL’INDIVIDUO E NELLE

Outline

Documenti correlati