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Sullo sfondo dell’“angoscia della bellezza” teorizzata da Luigi Pagliarani, quale terza angoscia da integrare nel sistema duale kleiniano – basato sull’oscillazione psichica dell’angoscia persecutoria e

443 Idem, p. 18. 444 Idem, p. 110. 445 Idem, p. 117. 446 Idem, p. 122. 447 Idem, p. 125. 448 Ibidem. 449 Idem, p. 139. 450 Idem, p. 138.

di quella depressiva451 – si muove la proposta di Giuseppe Varchetta, orientata alle teorie dell’organizzazione e indirizzata a accompagnare la capacità progettuale e creativa dell’individuo. Varchetta muove dall’approccio psicosocioanalitico (che condivide con Pagliarani) dedito in particolar modo all’area della formazione aziendale e pone questioni d’interesse generale per l’educazione in età adulta.

L’angoscia della bellezza scaturisce “dall’inevitabile confronto fra quanto da noi realizzato e le nostre potenzialità continuamente percepite”452; è una possibilità che contiene il presagio del fallimento e l’ansia implicata spesso distoglie dal traguardo.

La sfida è quella di fuggire dalla coazione a ripetere e di inventare nel presente liberandosi il più possibile dal “già immaginato, dal già detto, dal già realizzato”453.

E sempre in gioco un “conflitto estetico”, la cui elaborazione e soluzione coincide con una capacità narrativa che si fa esistenziale. Nota Luigi Pagliarani, uno dei grandi amici di strada e di progetti di Giuseppe Varchetta:

[...] c'è una parola oscena che è «carriera», quella parola che piace tanto ai manager che misurano tutto in termini di «fattibile» e «non fattibile»; mentre c'è una parola che da senso alla vita, che è «biografia». Chi non ha da narrare la propria vita non ha vissuto e noi dovremmo appunto vivere in modo che la nostra vita possa diventare un racconto454.

Il processo educativo che ne deriva apre al presente. L’atto creativo non ricrea nostalgicamente la bellezza antica dell’amore primario, ma si realizza nel presente, incontrando la realtà senza anestetizzarsi, tollerando ferite e difetti, “ibridandosi” nel presente con la forma futura, ampliando il campo delle possibilità. Il presente è il tempo del puer, il tempo in cui più alto agisce il suo richiamo455. Per Varchetta, dobbiamo stare in guardia rispetto ai vincoli del passato (memoria) e del futuro (desiderio). Viene evocata la lezione di Bion456. L’ascolto del puer, l’attenzione al presente, colloca in una quotidianità “ansiosa di incontri ibridanti, verso la costruzione di un canto unico, originale” e “originale è il poeta”, afferma Varchetta insieme a Pagliarani457. Il confronto con la letteratura insegna che la vita degli esseri umani è soprattutto il campo delle possibilità. Il riferimento di Varchetta va in particolare alla poesia e alla letteratura mitteleuropea della finis Austriae, dove il pensiero–mente sostituisce la visione cartesiana della trasparenza del mondo.

Su questa via l’autore teorizza la capacità di metabolizzare le emozioni tramite un pensiero diurno che si mantiene in contatto con l’inconscio. Un pensiero che non fugge davanti al puer e ai sui bisogni di amore e cura, che si fa “strategia educativa attenta alle capacità potenziali”458, aperta alle risonanze dell’oggetto, capace di quietare le conoscenze preacquisite.

L’attenzione consiste nel sospendere il pensiero, lasciarlo disponibile, vuoto e penetrabile all’oggetto; nel mantenere dentro di sé, in prossimità del pensiero ma a un livello inferiore e senza contatto con esso le diverse conoscenze acquisite che si è costretti a utilizzare.459

451 Come è noto, Melanie Klein propone un sistema psicodinamico basato sull’oscillazione di due posizioni, una schizo-paranoide o persecutoria e una depressiva. Si veda: Klein M., La psicoanalisi dei bambini, (1975), Firenze, Giunti, 2014; Note su alcuni meccanismi schizzoidi, in Klein M., Scritti : 1921-1958, (1948, 1952) Torino, Bollati Boringhieri, 1990,.

452 Varchetta G., Trame di bellezza: individuo, organizzazione, progettualità, Milano, Guerini e associati, 2011, p. 13.

453 Idem, p. 24.

454 Pagliarani, L., Morelli U., Weber C., Violenza e bellezza: il conflitto negli individui e nella società. Milano Guerini e Associati, 2012, p. 64.

455 Varchetta G., Trame di bellezza, Op. cit., p. 18.

456 Si veda, Bion, W.R., Attenzione e interpretazione, (1970), Roma, Armando, 1987.

457 Varchetta G., Trame di bellezza, Op. cit., pp. 18 e sgg.

458 Idem, p. 60.

Viene evocata la capacità del poeta di sostare nell’incertezza, l’attitudine di mantenersi nei dubbi e nelle contrattazioni teorizzata dal poeta inglese John Keats e da questo definita “capacità negativa”.

parecchie cose si sono biforcate nella mia mente e all'improvviso compresi quali qualità vadano a formare un Uomo di Successo, particolarmente in letteratura, e che Shakespeare le possedette così largamente – intendo la "Capacità Negativa", cioè quando un uomo sia capace di rimanere in incertezze, misteri, dubbi, senza lasciarsi andare a un'agitata ricerca di fatti e ragioni.”460

Tema già caro al pensiero psicologico di Bion, richiamato per spiegare il rapporto fra preconcezione e funzione simbolica: “Il soggetto con «capacità negativa» resiste perchè sta imparando a galleggiare, vincendo intrapsichicamente l'ansia derivante da una situazione di conoscenza ancora indefinita"461

Anche Quaglino nelle sue riflessioni pedagogiche sottolinea la qualità della capacità negativa, da perseguire nelle pratiche della formazione462.

La capacità negativa, emersa nelle teorizzazioni delle attitudini dei grandi della poesia e della letteratura, diventa così un riferimento emblematico per l’educazione degli adulti alla ricerca delle capacità necessarie per affrontare gli stati di inquietudine e di incertezza che attraversano il soggetto della contemporaneità.

460 Lettera a George e Thomas Keats, 21 dicembre 1817. Si veda, Fusini N., (a cura di), Keats: Lettere sulla poesia, Milano, Mondadori, 2005.

461 Si veda, Bion, W.R., Attenzione e interpretazione, Op. cit., p. 169.

Qui dove siamo giunti, l’occhio può già abbastanza spaziare. posiamo i sacchi. Forzare la marcia, ed avanzare ancora, più che di saggezza penso che potrebb’essere un segno, per tutti noi, di stoltezza

Giorgio Caproni

6. Il disegno dell’indagine empirica

Nei capitoli successivi espongo e interpreto le informazioni raccolte nel corso di un’indagine rivolta alla poesia “praticata” che ha coinvolto soggetti in diversi contesti. Nell’insieme delle sue varie azioni lo studio è durato circa due anni e mezzo. Muovendo da un progetto volutamente aperto, si è modificato e andato delineando nel cammino fino a raggiungere la fisionomia che presento; una sosta più che una conclusione di un tragitto. Un’interruzione del percorso nel momento in cui penso di aver raccolto informazioni a sufficienza per restituire un quadro convincente della tematica indagata. Una delle caratteristiche della ricerca qualitativa è quella di modificarsi nell’interazione con i soggetti e di delinearsi all’interno delle relazioni per costruire azioni sempre più significative e produttive in coerenza con l’oggetto e il senso dell’indagine463. Dato il patrimonio di relazioni e conoscenze raccolto sul sentiero, a cui va aggiunta la preziosa fiducia attribuitami dai molti interlocutori, il cammino avrebbe potuto continuare verso mete ancora più ambiziose. Ciò premesso, ho con prudenza, per dirla con Caproni, “posato il sacco” in quel punto dove “l’occhio può già abbastanza spaziare”.

La vastità concettuale del termine “poesia”, le implicazioni storiche e contestuali che ne modificano la stessa essenza, il rapporto d'implicazione che il soggetto – indagato e indagante – crea con la poesia, il suo essere "parola" e non poter essere studiata e rappresentata che attraverso la parola (con un'inevitabile sensazione di effetto di scadimento, fra parola indagata e parola indagante) sono solo alcuni esempi degli ostacoli teorici che ho incontrato sul sentiero, a cui possiamo aggiungere le inevitabili vicissitudini operative; in base a tutto ciò posso dirmi lieto di essere giunti fin qua. “Ma non traiamo vanto” ci ammonisce sempre il Caproni, “conosciamo le tappe, una per una. /ma anche – non lo dimentichiamo –il debito con la fortuna.”.

Due ambiti di questioni hanno dato il senso a questo tragitto, interrogativi aperti che ho chiamato “generativi”. Il loro scopo non è di risolversi in una risposta compiuta e conclusiva, ma quello di generare prospettive d’osservazione, riflessioni e argomentazioni dotate di coerenza, accogliendone la pluralità, e mostrare le possibili interpretazioni e articolazioni di senso che esistono nelle pratiche che attualmente si rivolgono alla poesia che ho incontrato.

I due ambiti di questioni possono essere grossolanamente rappresentati attraverso due sintetiche domande:

Che cosa educa la poesia? Come si educa alla poesia?

Con la questione “Che cosa educa la poesia?”, lo sguardo è rivolto alle capacità umane che la poesia mette in gioco e fa evolvere. Capacità che sono i soggetti stessi a riconoscere su di sé e sugli

463 A questo proposito si veda: Cardano M., La ricerca qualitativa Bologna Il Mulino, 2011; Demetrio D., Micropedagogia, Op. cit.; Mantovani S., Kanizsa S., La ricerca sul campo in educazione, Op. cit.

altri. Qualità dell’esistenza che sono certo di difficile definizione, ma ciò non di meno meritano uno sforzo di avvicinamento e di narrazione. In fondo sono queste qualità che entrano in gioco quando avvertiamo, fosse anche in maniera infinitesimale, un principio di cambiamento generato, o accompagnato maieuticamente alla luce, dalla poesia.

La domanda “Come si educa alla poesia?” ci indirizza invece verso le pratiche e le esperienze – con i relativi vissuti – volte all'incontro, alla diffusione, alla conoscenza della cultura poetica. Come vedremo si trasforma anche facilmente nella domanda “Come ci si educa alla poesia” dato il forte carattere autoeducativo che la formazione poetica induce e impone, ma date anche le ricorrenti negative esperienze della formazione scolastica alla poesia. Si trasforma anche in esempi di pratiche diffuse in diversi contesti e paesi, diverse fra loro, che convergono però sull’attenzione verso la parola che prende la forma del verso e che trovano il senso nell’essere pedagogicamente orientate. Senso che riassumiamo con Bertolini:

“L’intervento educativo di conseguenza non consiste (non deve consistere) nell’imporre una determinata visione del mondo – quella giudicata migliore o addirittura come unica “vera” dall’educatore –, ma […] nell’espandere il suo [del soggetto dell’educazione, N.d.R.] campo di esperienza esistenziale, in modo che sia lui stesso in grado di arricchire, se necessario [...] di modificare anche radicalmente, la propria visione del mondo”464

Le sintesi che esponiamo si basano su diversi materiali: scritti autobiografici prodotti per l’occasione, fonti documentali, interviste conversazionali sia individuali che di gruppo, in un caso un’intervista scritta, osservazioni partecipanti, resoconti di formazione, sguardi rivolti da molteplici angolature sul “mondo della vita poetica”. Tutti materiali caratterizzati dal linguaggio, dal racconto e in buona parte dal dialogo; costituiti tutti da “parole” che, come ci ricordano Demazière e Dubar, in uno dei testi classici per l’analisi delle interviste:

esprimono ciò che il soggetto vive o ha vissuto, il suo punto di vista sul “mondo”, che è il “suo mondo! e che egli definisce a modo suo mentre lo valuta e tenta di convincere l’interlocutore della sua validità465.

In totale sono stati coinvolte a vario titolo circa settanta persone, tutte consapevoli della ricerca e dei suoi scopi, incontrate tramite posture dialogiche e interattive; soggetti che sono quindi anche attori dell’indagine, a cui hanno contribuito con idee, conversazioni, materiali.

Nella restituzione delle informazioni raccolte la scelta è stata quella di individuare le forme più adatte ai materiali e più coerenti con il senso del lavoro e con la sua cornice epistemologica; pertanto ho sperimentato diversi stili di scrittura (sintesi tematiche, narrazione intercalata da discorsi diretti, narrazione autobiografica, restituzione integrale, ecc.), esplorando così anche le diverse possibilità d’interpretazione e di esposizione delle informazioni di una ricerca qualitativa.

Qui sotto l’elenco delle azioni e più avanti il dettaglio con i relativi capitoli A) Raccolta di autobiografie relative al rapporto con la poesia.

B) Partecipazione al progetto europeo Ethap, sulla poesia nell’educazione degli adulti C) Realizzazione di un percorso di formazione alla scrittura creativa e poetica nell’ambito

di un corso universitario per educatori e assistenti sociali D) Interviste a promotori della cultura poetica

E) Osservazione partecipante di un gruppo di lettori di poesia F) Interviste a scrittori di poesia

464 Bertolini P., Pedagogia fenomenologica, Op. cit. p. 97.

A) Raccolta di autobiografie relative al rapporto con la poesia. (Cap. 7)

Questa azione si fonda su scritti autobiografici richiesti in due occasioni, la prima alla fine di un incontro laboratoriale sulla poesia che ho realizzato nell’ambito del festival Pavia in poesia, presso la biblioteca Bonetta il 12 marzo 2016 e la seconda nel corso di un atelier di formazione all’animazione poetica del primo anno di laurea per operatori sociali presso la Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (Supsi). La richiesta per tutti era di produrre brevi narrazioni autobiografiche con ricordi relativi alla propria educazione alla poesia. I racconti mi sono stati spediti per posta elettronica. Sono testi di circa una o due pagine ciascuno. In totale ho ricevuto 23 scritti, 5 della biblioteca e 18 della Supsi. 18 sono di donne e 5 di uomini. Le età sono diverse, si va dai 20 fino ai 75 anni; la maggioranza, sotto i 30 anni, è rappresentata da 16 studenti della Supsi. Nella restituzione ho privilegiato la formula della sintesi tematica, cercando di rintracciare nei racconti immagini ricorrenti e topos evidenti, ma anche mettendo in rilievo diversità e particolarità nelle storie di incontro e educazione alla poesia, per selezionare e riportare brani esemplificativi dei temi più significativi individuati.

B) Partecipazione al progetto europeo Ethap, sulla poesia nell’educazione degli adulti

(Cap. 8)

Il progetto internazionale Ethap, Education Training and Healing with Autobiographical Poetry (Codice europeo: 2013–1–IT2–GRU06–52240), è fra i progetti selezionati e sostenuti dalla commissione Cultura e Istriuzione dell’Unione Europa tramite il programma Life Long Learning–Grundvig, dedicato all’educazione degli adulti e informale. Si tratta di una ricerca–formazione sul potenziale educativo e curativo del linguaggio poetico e autobiografico – iniziata il 1 luglio 2013 e conclusa il 31 agosto 2015, a cui ho partecipato per tutte due gli anni – che ha coinvolto diverse organizzazioni di Olanda, Francia, Italia, Svizzera. I partner sono stati individuati sulla base delle loro competenze e attività formative, con l’intento di confrontare e sviluppare le pratiche esistenti, focalizzando i diversi tipi i target e le diverse metodologie, sperimentando strumenti di accompagnamento alla scrittura poetica e narrativa capaci di promuovere l’integrazione della persona e il suo benessere. In questo lavoro si prenderanno in considerazione soprattutto le pratiche incontrate nel progetto in Francia e in Olanda conosciute tramite colloqui con gli animatori, visite alle organizzazioni, documenti di presentazione. Nel capitolo oltre a presentare il progetto, sono riportate, attraverso resoconti e narrazioni, otto esperienze con l’obiettivo di mostrare diverse forme e possibilità delle pratiche di animazione e educazione con la poesia, attualmente presenti in altri paesi d’Europa. Il progetto è stato anche il contesto in cui è stata messa a punto l’esperienza pedagogica (azione C) che ho condotto presso la Supsi.

C) Realizzazione di un percorso di formazione alla scrittura creativa e poetica

nell’ambito di un corso universitario per educatori e assistenti sociali (Cap. 9)

L’attività pedagogica è stata proposta nell’ambito del corso di laurea per operatori sociali del Dipartimento di economia aziendale sociale e sanità della Supsi, ha coinvolto 14 studentesse e 4 studenti del primo anno di formazione. È durata un totale di 24 ore distribuite in 5 incontri pomeridiani. Nel capitolo racconto il percorso dell’attività tramite una narrazione in prima persona di ciascun incontro. L’attività pedagogica è stata oggetto di valutazione da parte dei partecipanti con tre diversi dispositivi: uno strumento di discussione di gruppo (ideato nel progetto Ethap), uno strumento autobiografico individuale (scritti sui ricordi dell’attività a distanza di tempo) e un questionario individuale. Valutazioni che sono riportate, attraverso sintesi tematiche e grafici delle risposte per le domande chiuse.

Le successive azioni si sono svolte nel territorio della città di Milano. Ho incontrato personaggi che si muovono nella scena poetica milanese (anche se in molti casi si tratta di persone diventate riferimenti nazionali – e non solo). I soggetti, suddivisi in istituzioni di promozione (D), lettori di poesia (E)

e scrittori di poesia (F) erano pertanto, in qualche misura in relazione intellettuale fra loro. Data l’essenza culturale del concetto racchiuso nel termine poesia, quel legame crea una sorta di effetto di "omogeneità pratica”. Le persone incontrate e intervistate abitano un dialogo che, con tutte le distinzione e le differenze, converge sul senso del termine, non solo concettualmente, ma sopratutto in maniera viva, agita, praticata. Condividono una vita culturale, fatta di luoghi concreti (Casa della cultura, Spazio Formentini, ad es.), oggetti (testi, libri, collane, ...), rituali (eventi, incontri, dibattiti), autorità (autori affermati, critici, editori...), vita che compone un Habitusche emerge in quell’ambito. Il vincolo territoriale milanese è, per altro, relativo. A Milano convergono ormai le più importanti case editrici e il territorio sta assumendo un ruolo di traino su tutta la cultura letteraria italiana, qui confluiscono importanti interessi culturali (prova ne è il recente spostamento del Salone del libro a Milano). Ciò che si definisce in questo luogo come "poesia" non è solo lo specchio di ciò che s'intende nel dibattito letterario nazionale, ma anche uno dei principali alimenti per lo sviluppo di quel dibattito.

D) Interviste a promotori della cultura poetica (Cap. 10)

Per la quarta azione ho individuato attori culturali che si dedicano alla promozione della cultura poetica. Si tratta di Claudia Tatolo, direttrice della Marcos y Marcos, di Marco Corsi, responsabile artistico dello Spazio/Poesia di via Formentini 10 a Milano e infine di Ferruccio Capelli, direttore della Casa della Cultura di Milano. Persone che non conoscevo personalmente, che ho avvicinato grazie a amicizie comuni. Sono stato accolto nelle rispettive sedi per un’intervista conversazionale, che è stata registrata; ciascuna di circa un’ora. Le informazioni ritenute salienti sono riportare nel capitolo tramite resoconti narrativi per ogni singola intervista. Ho scelto questa formula, in luogo di un’analisi trasversale e relativa sintesi tematica, per dare risalto all’originalità e alla diversità delle esperienze. Lo schema narrativo, mi ha in ogni caso permesso di operare comparazioni laddove le ho ritenute utili.

E) Osservazione partecipante di un gruppo di lettori di poesia. (Cap. 11)

Per più di un anno e mezzo, partire dal marzo 2015 fino a dicembre 2016, ho frequentato un gruppo spontaneo di circa una decina di persone che si ritrova mensilmente in una casa privata per leggere poesie di autori affermati. Ho partecipato in totale a 14 incontri di un’ora e mezzo di letture, cui seguiva circa un’ora di convivialità. Con i partecipanti del gruppo ho assistito anche a eventi pubblici legati alla poesia. Anche in questo caso, non avevo una conoscenza diretta delle persone incontrate. Era però mia intenzione individuare un gruppo di lettura, poiché ritengo questa formula di particolare interesse per la formazione degli adulti. Tramite passa parola e grazie a un amico sono entrato in contatto con questa realtà e sono stato ammesso agli incontri. L’esito non era scontato. Sono onorato della fiducia che mi hanno accordato, che mi ha permesso di svolgere quanto avevo in mente: oltre all’osservazione partecipante, un’intervista di gruppo sul senso della loro esperienza. Nel capitolo racconto di quest’esperienza, concentrandomi soprattutto sull’intervista di gruppo; riporto anche momenti significativi dell’osservazione per inquadrare il contesto e muovere considerazioni. Lo stile per la restituzione è quello narrativo, con un io narrante che si alterna a discorsi diretti dei partecipanti.

F) Interviste a scrittori di poesia (Cap. 12)

L’ultima azione dell’indagine è composta da interviste rivolte a sette poeti. La scelta dei personaggi da intervistare è stata guidata da alcuni semplici criteri quali la presenza di pubblicazioni e premi che garantissero una qualità riconosciuta pubblicamente. Un solo intervistato non è stato ancora onorato da premi: Stefano Rossi. Stefano è un caro amico di vecchia data, che so dedito alla scrittura poetica e di cui, personalmente, apprezzo le produzioni. Si è prestato a svolgere la prima intervista, che nel progetto doveva essere di prova. Visto il buon risultato, ho decido ugualmente di proporla. La scelta degli intervistati è avvenuta cercando di costituire un gruppo di “esperti” del tema, attraverso il passa parola e beneficiando delle conoscenze che sono andato costruendo nel

corso dello studio. I risultati sono stati piuttosto fortunati. Se la possibilità di intervistare Fabio Pusterla era quasi scontata, perché è una frequentazione ormai amicale (e grazie a lui mi sono anche orientato nel più recente panorama delle voci poetiche) non potevo immaginare all’inizio di riuscire a coinvolgere Milo De Angelis; avvicinato tramite una partecipante del gruppo di lettura di poesia; sorprendente è stata anche la sua cortesia. Per ragioni che hanno a che fare proprio con la riflessione sulla parola, che approfondiremo nel capitolo, mi ha chiesto domande scritte a cui ha risposto a sua volta scrivendo, dopo un gradevole e inteso colloquio di approfondimento. Altro caso