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Il riferimento di Maria Corti agli antichi saggi indiani, ci rammenta in primo luogo che il linguaggio della poesia ha un'origine remota.

Abbiamo già visto che, secondo Lotman, la parole d'arte, per essere riconosciuta come tale, abbia dovuto al suo nascere differenziarsi con chiarezza dal linguaggio comune; il canto, la forma in versi, l’accompagnamento musicale hanno così reso riconoscibile l'universo artistico della parola, gli hanno dato vita. Nel lungo cammino di diversificazione e trasformazione delle arti, le arti della parola sembrano allontanarsi gradatamente dalla metrica, dai versi, dalla melodia, per lasciare queste forme al mondo del canto musicale. Nel corso del tempo i modi e le forme della narrazione sono mutati. Ha fatto la sua apparizione – parallelamente con il venire meno delle visioni metafisiche sul mondo e sull’uomo – una narrazione artistica senza versi, che ha la sua radice nel discorso pubblico e nell'oratoria politica, si intreccia con il resoconto storico (si pensi ad esempio ai De Bello di Giulio Cesare), alla meditazione diaristico autobiografica (ad esempio gli scritti degli stoici), alle tradizioni dei racconti favolistici e cavallereschi (è il genere che darà vita ai grandi racconti fantastici come Gargantua e Pantagruele, Don Chisciotte, Robinson Crusoe, I viaggi di Gulliver), tante forme diverse che confluiscono nella narrazione in prosa, che vede l'apice nell'Ottocento con la nascita del romanzo contemporaneo.

Anche il teatro, sia drammatico che comico, ha abbandonato la forma in versi, per avvicinarsi sempre più a una recitazione realistica e dare autonomia all’azione teatrale. È certamente possibile anche ai giorni nostri, una recitazione teatrale in versi, ma questa è una scelta stilistica che si colloca in quel complesso meccanismo di evocazioni e rimandi extratestuali di cui abbiamo parlato. L'eventuale recitazione in versi sulla scena dialoga, oggi, con un teatro che ha abbandonato il dovere nei confronti del verso. Solo la poesia, nel senso contemporaneo che diamo a questa parola sembra resistere a questa tendenza, pur con inquietudini, provocazioni, contaminazioni. Proprio l’esistenza di tante arti diverse, ci racconta della necessità ancora attuale della poesia.

Se facciamo nostre le tesi evoluzioniste di Lotman e Bateson, la sua persistenza nel tempo, pur con tutti cambiamenti, ci dimostra il fatto che la poesia sia portatrice di materiali necessari per l'essere umano, che attraversano le epoche e le culture e non vengono meno ancora oggi. La poesia ci mostra una necessità che non è soddisfatta dalle potenzialità delle altre arti, seppur ciascuna portatrice di particolari e ampie possibilità della parola. Nel verso della parola poetica contemporanea, vibra un sapere arcaico che le ha dato origine e vita.

Una compiuta descrizione in chiave storica dell’evoluzione del linguaggio poetico, andrebbe oltre gli spazi e gli scopi di questo studio. Riteniamo però doveroso cogliere, sinteticamente, almeno alcuni momenti della tradizione occidentale, osservando le principali categorie teoriche con le quali

319 Idem, p. 99.

sono stati suddivisi i generi nel corso del tempo320, per mostrare come emerga un genere, “La poesia lirica”, portatore di un contenuto che trova in quella forma l’espressione più adeguata.

Come è noto, la parola “poesia” nell'età classica non ha l'uso concettuale della nostra epoca. Il termine greco ποίησις (póiēsis) indicava prevalentemente l'arte della creazione tramite le parole. Il verso non è sufficiente a qualificare la creazione; all’epoca anche i trattati di medicina potevano essere scritti in versi; ma questi non sono riconosciuti come “poesia”321. L’arte della creazione vedeva in Omero una delle più alte figure di riferimento.

Nella Repubblica di Platone i racconti dei poeti possono essere la narrazione semplice (il poeta parla in prima persona), la narrazione mimetica (il poeta ricrea la parola dei personaggi), come nella commedia o nella tragedia e la forma mista (il poeta alterna prima persona a forma mimetica) come nella poesia epica322.

Uno dei maggiori testi di riferimento per chiunque si occupi di "lingua d'arte" è senza dubbio la Poetica di Aristotele323 e cui si deve certamente la trasformazione, la forza e la diffusione del termine "póiēsis", anche al di là del senso che il filosofo vi attribuiva. Come detto, il concetto di "póiēsis" nella lingua greca stava a indicare il processo creativo dell'uomo; un “fare” creatore, che è privilegio del divino e dell’uomo. L’arte della “creazione”, per Aristotele è anche l'arte dell’imitazione delle “persone in azione”324; che si manifesta nell’opera in versi.

Aristotele, compie un'approfondita riflessione sulle caratteristiche della poetica, sulle sue proprietà di forgiare l'animo umano, prendendo in considerazione le diverse forme del tempo, quali: “L’epica, la poesia tragica, la commedia, la composizione dei ditirambi, la maggior parte dell’auletica e della citaristica”325; arti che usano “il ritmo, la parola e la melodia, insieme o separatamente”326.

Per Aristotele la poesia è imitazione (mimesis) e viene classificata a partire da tre classi, che rimandano a diverse questioni dell’imitazione327:

Mezzi usati per imitare: l'arte poetica generale si distingue dalla musica e dalla pittura e l'imitazione tramite versi da quella tramite la prosa.

Oggetti imitati: uomini migliori o peggiori di noi.

Modi di imitare: in pratica la suddivisione di Platone: parola diretta, discorso delegato ai personaggi, alternanza dei due modi.

Intorno alla metà del Cinquecento in Italia, compare una suddivisione della poesia in tre generi, ispirata alla visione aristotelica, proposta dal vescovo umanista Minturno che si diffonderà nel secoli successivi328. Nei sui trattati De poëta (1559) e L'arte poetica (1564) Minturno suddivide i generi in base ai mezzi usati per "mimare" le vicende umane e prevede l'epica che ha bisogno solo della parola, la drammatica (che a sua volta si suddivide in tragica e comica), che necessita della rappresentazione teatrale e infine la melica o lirica che richiede il sostegno del canto e del ballo, nella quale posso essere compresi i componimenti greci e latini quali gli inni, gli encomi, le elegie, le odi, gli epigrammi ecc.

320 A questo scopo faremo particolare riferimento ai risultati proposti dagli studi di Guido Mazzoni, presentati in Mazzoni G., Sulla poesia moderna, Bologna, Il Mulino, 2005.

321 Aristotele, Poetica, 1447a 15-20

322 Platone, “Superiorità della narrazione diretta sulla forma poetica imitativa e mista”, in, Repubblica, III 392 d - 394 b.

323 È a quel testo che dobbiamo una delle tesi più evocate a proposito della narrazione e cioè che la narrazione ha più validità del racconto storico: “Lo storico e il poeta non differiscono fra loro per il fatto di esprimersi in versi o in prosa – si potrebbero mettere in versi le storie di Erodoto, e in versi come in prosa resterebbero comunque storia –, ma differiscono in quanto uno dice le cose accadute e l’altro quelle che potrebbero accadere. Per questo motivo la poesia è più filosofica della storia, perché la poesia si occupa piuttosto dell’universale, mentre la storia racconta i particolari” (Aristotele, Poetica, 1451b 5-10).

324 Aristotele, Poetica, 1448a.

325 Idem,1447a 10-15.

326 Idem, 1447a 20-25.

327 Idem, 1, 1447 a 14-18; 3, 1448 a, 24-29; 1448 a, 19-23.

Quest’ultimo schema crea un legame fra il melos, il canto antico e i sonetti, le ballate, le canzoni, e i madrigali moderni, in modo tale che opere anche molto diverse fra loro come le Odi i Pindaro e di Orazio, il Liber di Catullo, la poesia giambica e il Canzoniere di Petrarca possono convivere nello stesso genere "lirico"329.

Nota Guido Mazzoni, che per quanto l'unità del genere lirico rimandi inizialmente al canto e al mezzo musicale, per il letterato medio questo riferimento viene meno in quanto prende forza la caratteristica di "evocare gli affetti dell'animo" sulla quale lo stesso Minturno si soffermava a lungo e in quanto si vanno diffondendo in quel tempo componimenti scritti per una lettura individuale e silenziosa, di cui il Canzoniere di Petrarca diventa uno dei canoni di riferimento più importanti.

Proprio il successo del Canzoniere di Petrarca contribuirà alla svolta nelle teorie letterarie che porterà al superamento del concetto d’imitazione, come paradigma per giudicare la validità artistica di un'opera. Un paradigma che trovava forza in Aristotele e che implicava che il poeta parlasse il meno possibile in prima persona per lasciare spazio alla descrizione delle azioni e alle parole dei personaggi330. Nel Canzoniere, l'Io è predominante, la descrizione di eventi cede il passo ai racconti dei pensieri, all'esplorazione dei desideri, all'espressione di sentimenti. I canti di Petrarca sono l'esposizione di un dialogo sommesso di un'anima con se stessa.

Prende così forza una categoria, quella di poesia lirica, che si carica di nuovi significati.

La poesia lirica deve il suo nome al fatto che anticamente era la poesia che si recitava accompagnandosi con la lira. Uno strumento a corde di facile produzione, molto diffuso anche nel contesto domestico che la mitologia vuole inventata da Hermes. Attirò l'attenzione di Apollo che ne fece dono al proprio figlio Orfeo, il cui canto incantava tutte le creature, figura diventata simbolo del mito poetico.

Il termine lyricoi appare fra il III e il II sec. a.c., per indicare il canone di nove poeti arcaici: Alcmane, Saffo, Alceo, Stesicoro, Ibico, Anacreonte, Simonide, Pindaro, Bacchilide. Tali poeti non avevano dato un nome al loro genere. Il criterio comune sembra "il legame con musica, il canto, la danza". La loro opera iniziò a essere chiamata dai grammatici alessandrini lyrike poiêsis "poesia cantata al suono della lira" a partire dal I sec. a.c.331.

"Nella cultura antica, la lirica è la poesia cantata al suono della lira e, per metonimia, la poesia destinata alla lettura silenziosa"332, rispettava la tradizione della poesia accompagnata dagli strumenti a corda. Oggi la poesia lirica è spesso un genere dove un Io espone stati d'animo e contenuti fortemente emotivi, in uno stile molto lontano dalla prosa.

Ai giorni nostri, è possibile leggere i testi dei lirici antichi alla luce della nostra categoria moderna di "lirica", ma la cultura antica "non concepiva l'idea che un genere letterario potesse stare insieme grazie all'esprimersi del soggetto"333. Ai lirici, Tacito nel Dialogo de oratoribus, associa "dolcezza", ma non pensa a un genere separato dagli altri. Nell'epoca antica, la vita privata di una persona senza un ruolo preciso, è inclusa con difficoltà nel discorso pubblico, non merita l'attenzione collettiva. "Lodare gli dei e gli uomini meritevoli, biasimare gli indegni, criticare i vizi, correggere i costumi, esaltare la persona amata"334 sono le cose che hanno valore collettivo. La vita privata è tema di satira, di componimenti di arti minori. Il Canzoniere di Petrarca crea una nuova norma di tipo egocentrica, norma che si ritrova nei componimenti successivi.

La considerazione del Canzoniere conferisce alla lirica un prestigio pari a quello della tragedia e dell'epica e appare in forma embrionale un'idea destinata a cambiare la teoria della letteratura nei secoli successivi: "La lirica può esser compresa solo alla luce del concetto di espressione"335.

329 Idem, pp. 56 e sgg..

330 Aristotele, Poetica, 1461a 5-10.

331 Mazzoni G., Sulla poesia moderna, Op. cit., p. 50.

332 Idem, p. 43.

333 Idem, p. 52.

334 Idem, p. 75.

A partire dal Settecento prende corpo l'idea che i versi e le figure retoriche non sono un ornamento del pensiero, ma servono per fare esperienza del pensiero, col tempo prende forza la teoria che l'opera d'arte non è una mimesi, catartica e rituale, della realtà, ma ”l'espressione della vita intima di un autore"336. Con idee che siamo soliti riconoscere nel Romanticismo: genio, originalità, autenticità, immediatezza, minor peso delle regole.

Forte influenza ha avuto la tassonomia di Hegel che nelle lezioni di Estetica porta a compimento uno schema diffuso nella cultura romantica. Egli distingue:

A) La poesia epica […] in cui la Cosa procede libera per sé, si sviluppa nella sua oggettività mentre il poeta si tira indietro.

B) La poesia lirica […] il contenuto è stato d’animo soggettivo, quel che riempie il soggetto, che possiede in sé il contenuto e lo esprime, come si sa in sé, esprime il movimento interiore stesso.

C) La poesia drammatica […] è l’unione dei primi due, in modo tale che quel dispiegamento dell’oggettività appartiene al soggetto. 337

Una divisione che prenderà sempre più forza, dominerà le categorie de generi letterari successivi e riecheggia ancora negli scaffali delle librerie suddivisi in: Narrativa, Poesia, Teatro.

Ciò che chiamiamo poesia oggi è dunque l'evoluzione storica di un genere artistico che allenta col tempo i legami con la musica, la danza, la coralità e con le regole metriche in cui si era generata per accogliere la voce di una soggettività sempre più inquieta, che prende "come unica forma e meta ultima l'esprimersi (das Sichausprechen) del soggetto"338.

La sua evoluzione corre parallelamente all'imporsi della soggettività e dei temi privati nella società. La poesia si presta al racconto di una sfera intima che si sottrae in maniera sempre più radicale, e al tempo stesso complessa e tormentata, alle imposizioni sociali, alle norme predefinite, in cerca del proprio spazio, anche interiore, di libertà e autodeterminazione. Una tendenza che porta gradualmente all'abbandono degli aspetti rituali e cerimoniali, che vengo lasciati ad altre arti. La poesia lirica, nella sua forma individuale, si è prestata a essere una delle vie in cui cercare questo spazio interiore, per mostrarne le possibilità e le forme di esistenza. "La tendenza degli ultimi secoli è una de–collettivazione della poesia [...] La poesia è infatti diventata sempre più, a partire dal Romanticismo decisamente ancora di più, espressione dell'io"339.

La poesia assume nell'epoca moderna un valore che si viene creando nel tempo, parallelamente all'affermarsi della soggettività individuale e delle trasformazioni culturali ad essa legata.

Fra tutte le forme poetiche antiche, quella che più ha attraversato i tempi, e che risuona ancor oggi come forte eco extrastestuale nella poesia contemporanea è la forma definita "poesia lirica", che oggi sembra coincidere con il concetto stesso di poesia. Di fronte a questa trasformazione e evoluzione colpisce come non venga meno, ed anzi per certi versi diventi sempre più travolgente, proprio perché può prescindere dalla rima e dalla metrica predefinita, il legame arcaico fra suono e parola, necessario al sapere che la poesia vuole manifestare, un sapere che vuole essere capace, per dirla con Eugenio Borgna, di "creare un ponte fra la soggettività di chi parla, e quella di chi ascolta"340.

336 Idem, p. 70.

337 Hegel G. W. F., Lezioni di estetica, (Corso del 1893 nella trascrizione di H. G. Hoto), Bari, Laterza, 2000, p. 273.

338 Mazzoni G., Sulla poesia moderna, Op. cit., p. 44.

339 Barbieri D., Il linguaggio della poesia, Op. cit. p. 159.