• Non ci sono risultati.

Quando la poesia è “respiro profondo della vita”. Le storie di Pavia

Iniziamo dapprima con la presentazione dei racconti e delle riflessioni del gruppo di Pavia, cioè di Marta, Cesare, Maria, Monica e Silvia467. Siamo di fronte a cinque persone adulte che nutrono un consapevole interesse verso la poesia. Il 12 marzo, hanno di deciso di spendere il loro sabato mattina per partecipare all’incontro organizzato dalla biblioteca civica Carlo Bonetta nell’ambito della manifestazione Pavia in Poesia. In questo ambito ho condotto un incontro sulla poesia, che è durato circa tre ore e si è svolto in un clima piacevole e positivo. La loro motivazione è

466 Pavia in poesia è un evento ideato da Leggere. Pavia una rete di organizzazioni culturali, biblioteche e librerie. La manifestazione vede ogni anno, nel mese di Marzo, mobilitarsi scuole, negozi, piazze, strade e l’intera città per diffondere la cultura poetica. Promossa la prima volta nel 2013, con la collaborazione dei Comune, si ripete con successo e sempre più adesioni. Si veda all’Url: http://www.leggere.pavia.it/progetto/pavia-poesia-2017-pavia-memoria

467 I partecipanti, sia di Pavia che di Lugano, mi hanno rilasciato l’autorizzazione a usare i loro testi e i loro nomi per i fini della ricerca. Dato che alla fine dell’esperienza, abbiamo lasciato i pronomi di cortesia per passare a un più intimo “tu”, ho preferito mantenere nell’esposizione solo i nomi personali.

particolarmente alta. Oltre a partecipare all’attività, hanno anche risposto alla mia richiesta espressa nel corso e formulata poi con una mail. Nel testo scrivevo:

Carissime e carissimi,

[…] vi prego di mandarmi un breve scritto con ricordi del primissimo o dei primi incontri con la poesia, e delle successive frequentazioni...

La domanda di fondo del mio dottorato in scienze dell'educazione è "Che cosa educa la poesia?"

In sintesi, quali capacità umane permette di alimentare e coltivare la poesia...

Vi sarò grato se nello scritto, provate a dare una vostra personale risposta anche a questo interrogativo.

Come detto, sono soggetti con un esplicito interesse, cultori della parola poetica e letteraria, molti di loro si dedicano anche alla scrittura di poesie in forma più o meno metodica. Nei testi emerge una frequentazione remota della parola scritta, consolidata, che trova radice nell’infanzia e in un generale interesse per la lettura, si alimenta di cultura, nonché di storie famigliari e accompagna l’esistenza.

Iniziamo dal ricordo di Marta, che propone un incipit dove intreccia fra loro la passione per la lettura e il sentimento di lutto per la scomparsa del padre.

Fin da piccola mi è piaciuto leggere e scrivere.

Orfana di padre a quattro anni ho vissuto un'infanzia e una adolescenza malinconica, solitaria, centrata quasi solo nello studio, a casa e a scuola.

Rubavo i soldi in casa solo per comprare libri (Ho tutta la collezione dei libretti economici della BUR). Qualche volta, in bicicletta, andavo nei boschi del mio paese, Marchirolo o al cimitero, con un libro.

Cesare che ci parla di un’investitura famigliare.

Covavo la poesia nel mio grembo, ma intorno c'erano molte aspettative sul mio conto. Il nonno mi aveva attribuito una specie di mandato e addirittura, in una sua poesia, asseriva che sarei stato io un giorno a far «volare» quel canto rimasto in lui ancora inespresso (che ansia!) A 4 anni il mio primo scritto dettato a una nonna entusiasta: «Io scrivo e disegno una barca... ci sogno e ci vado». Ovazioni a non finire.

Poesiucole in occasione della festa della mamma, del papà o per compleanni di parenti e soprattutto nonni (roba melensa in rima). A 12 –13 anni iniziavo a scrivere qualcosa di più organizzato. Lasciavo, affinchè fossero trovati, foglietti con i miei scritti in giro per casa. Mio padre li raccoglieva e li conservava.

Maria intreccia la passione per la poesia con la passione per la bellezza provata fin da bambina.

Ho incontrato la Poesia, o Lei ha incontrato me (non si sa mai bene l’inizio e la direzione di questo tipo di incontri...) prima ancora che io ne fossi consapevole. Nei paesaggi di pura Bellezza in cui ero immersa da bambina, nel Sud d’Italia.

Silvia, nel proprio nome, sente riecheggiare cultura poetica e famigliare.

Sono nata in una famiglia di intellettuali duri e puri come ce ne erano negli anni 70. Pensandoci bene la poesia era già lì, nel mio nome, Silvia, insieme a quello di mia sorella, Laura. L’infanzia è stata fortemente segnata da Gianni Rodari, racconti, poesie, filastrocche e da Bruno Munari, poesia in senso più vasto. Grande lettrice durante l’adolescenza rimasi affascinata da Marina Cvetaeva e Christa Wolf, Joseph Conrad, poetici anche nei romanzi. E Thomas Bernhard con Glenn Gould….

Anche Monica colloca la poesia all’interno di un generale legame di passione esistenziale con la lettura.

La lettura è da sempre la mia grande passione e, animata dalla curiosità e da una profonda voglia di conoscere, mi sono avvicinata a tutto ciò che mi potesse interessare in ambito narrativo, poetico o filosofico.

Colpisce, negli scritti di Marta, Cesare, Maria e Silvia, la totale mancanza di evocazioni del mondo scolastico e dei periodi della formazione. Esperienze che hanno certamente sostenuto e accompagnato l’evoluzione intellettuale dei soggetti, ma non agiscono, in un primo sguardo retrospettivo, come luoghi immediati di senso.

Dei cinque, l’unica è Monica che lega esplicitamente l’incontro con la poesia, con un episodio in terza media.

Ho scoperto la poesia a quattordici anni quando, in terza media, una giovane e sensibile insegnante di Lettere mi ha fatto appassionare alle opere di Montale, Ungaretti, Quasimodo e Saba.

Un’insegnate “giovane e sensibile”, quelle due parole aprono un universo di significati – in cui agisce per contrasto semiotico l’evocazione di un ambiente non giovane – non sensibile – e ci parlano della qualità esistenziale di quell’esperienza pedagogica, densa di sensazioni, che vibra ancora nella consapevolezza di Monica e alimenta il senso della relazione con i poeti e la poesia.

Monica è anche l’unica dei cinque che si dedica solo alla lettura, senza sentire un impulso verso la scrittura di poesia; ad altre arti affida il desiderio di espressione di sé.

Per attitudine personale sono più incline a giocare con i numeri che con le parole e così mi sono dedicata a studi scientifici. […] Non ho mai scritto poesie; quando sento il desiderio di esprimermi, preferisco farlo attraverso il disegno o la fotografia.

La dedizione alla poesia agisce a fasi alterne nel tragitto esistenziale di tutti, intrecciandosi con altre passioni, così come con i doveri dell’età adulta. Nella molteplicità e nella frammentazione della vita, interpreta però un ruolo ben riconoscibile e tutt’altro che trascurabile per l’esistenza.

Ecco un passaggio di Cesare, che ci mostra il diradarsi della passione.

Poi nacquero i figli. Lavoro, senso di responsabilità, il non andare più troppo in profondità, fecero si che la poesia fosse relegata nel buio interiore. Furono anni sterili di scritti. Qualcosa in quegli anni, preghiere poetiche, ho riposto nella mia Bibbia. Dal 2008 sono diventato amante della fotografia astronomica e ho dedicato notti a fotografare le meraviglie di lassù, poi la tecnologia ha preso il sopravvento sullo stupore per il creato e mi sono stancato. D'estate dipingo quadri ed in una casa di vacanza ne ho una decina. Sono passato pian piano senza accorgermene a fotografare le cose d'intorno con sempre più interesse e capacità. Spesso su una foto inserisco un testo, mi sembra così di completarla.

Però, da quel luogo sommerso e oscuro in cui è stata regalata, quel singolare “buio interiore”, sembra agire come un tracciato carsico e prepararci alla nuova apparizione.

Ora che sono più libero da impegni lavorativi, i figli sono più grandi ed indipendenti, il mutuo è stato interamente pagato, sento un ritorno di fiamma coinvolgente e profondo.

“Buio, fiamma, profondo, interiore, coinvolgente” significanti che rimandando a un comune topos, in cui abita il significato esistenziale – ancora prima che culturale – attribuito alla poesia; qualsiasi cosa accada, in Cesare, la poesia sembra occupare un ruolo preciso nella sua vita.

Maria, dopo anni di dedizione e produzione poetica, evoca la passione per la musica che prende maggior spazio.

Un bel giorno mi decido: le metto insieme queste sorelle gemelle eterozigoti, le raccolgo in un libricino che regalo a pochi amici dal titolo “ Solo la Musica e il cielo pulito” in omaggio all’altra Musa la cui frequentazione addolciva gli affanni quotidiani. Da allora non c’è stato più il tempo di mettere

insieme le sorelle nate da altri urti, altri incontri, altre fusioni di galassie emotive... No, non c’è stato più il tempo.

Ma Maria evoca anche la presenza viva della poesia, che “tra le pagine di quaderni riposti”, alimenta le inquietudini dell’io.

Loro ci sono, vivono tra le pagine di quaderni riposti e rivendicano, come ogni produzione del cuore e della mente, una loro autonomia. Ma...hanno a che fare con un io un po’ frammentato, un po’ dissipato e... desideroso di compostezza che non riesce a trovare...

Monica, pone la poesia fra i sui vari interessi, uno fra i tanti, ma coltivato con costanza, accompagnata dalla curiosità verso il nuovo.

In tutti questi anni la poesia ha fatto parte delle mie letture, con particolare predilezione per alcuni poeti, ma anche con il desiderio di scoprire quelli che ancora non conoscevo.

Silvia, ci parla di un percorso ambivalente, in cui la scrittura personale trova, a fasi sincopate, il suo senso e un proprio orientamento, che attribuisce alla parole scritta e poetica la proprietà di “mettere ordine fra le cose”, di legittimare il proprio sentimento di sé.

In qualità di “intellettuale irrimediabilmente mancata” (lavoro con le mani e prevalentemente in silenzio), ho sempre sorvolato con memoria molto labile i miei studi ed interessi letterari. […]

Scrivevo, ho iniziato tanti quaderni, ma non scrivevo poesie a parte quei tre versi (Muro d’amare more/ rudere ronzante/d’arnie ricolme.) che sono persino finiti stampati su una maglietta che mi regalarono.

Dopo i 30, lavorando su di me e sulle mie emozioni all’improvviso ho iniziato a scrivere, con sincera ispirazione, poesie tanto amate quanto brutte (tranne due o tre…).

Ispirazione che se ne andò com’era venuta, lasciandomi lievemente orfana.

Ho ripreso a scrivere, senza regolarità, in momenti di confusione, di disorientamento, come se il verso mettesse un suo ordine speciale alle cose, come se la parola fosse un cartello ad indicare la strada, una dichiarazione di esistenza. Sono qui, mi sento così, ed è legittimo perché reale, legittimo perché vivente…

Senza interruzioni, per lo meno nella rappresentazione dello scritto, appare il rapporto di Marta con la poesia, dove la dedizione alla scrittura poetica prende metodicità, diventa scelta e progetto, si distribuisce in una linea evolutiva nel tempo, dove si citano gli incontri con mentori che ne hanno alimentato la crescita e la passione.

A 20 anni mi sono trasferita a Roma , per studiare e lì ho conosciuto persone illustri come Calogero, Pasolini, Ferrarotti, Scoppola, De Menasce che mi hanno incoraggiato a leggere e a scrivere.

[…]

Poi a mie spese dopo i 50 anni ho pubblicato 7 libretti di poesie , da regalare agli amici : Ricerca nel 1986

Io e Bianca nel 1997 Giuditta e io nel 2002 Poesie erranti nel 2004 Un abbraccio forte nel 2007 Alzheimer cafè nel 2008 Baci bici barcè nel 2011 […]

Sono stata incoraggiata da Duccio Demetrio, pedagogista teorico del valore terapeutico della scrittura autobiografica.

Ora [a 75 anni, N.d.R] vorrei assemblare una serie di poesie degli ultimi anni per le quali ho già pronto il titolo: Insopprimibili oggetti di desiderio .

La raccolta a cui sta lavorando Marta sulle poesie “degli ultimi anni” ci introduce al forte significo che può assumer la poesia per l’esistenza.

A 75 anni vorrei prepararmi all'ultimo viaggio esprimendo tutta la mia gioia di vivere e di amare.

Un significato gioioso, vitale, amoroso e al tempo stesso lenitivo, consolatorio e spirituale. Scrive Marta, a proposito delle sue precedenti raccolte di poesia.

Tre di questi sono stati successivi alla morte di mia sorella, di mia madre e di mio marito.

Considero la scrittura diaristica e poetica il modo migliore per elaborare i lutti e per fare percorsi di ricerca filosofica, politica, religiosa contro ogni fondamentalismo.

È naturale leggendola, ripensare all’incipit, alla piccola Marta che si confronta con la perdita incolmabile della scomparsa del padre. Marta che trova nella lettura solitaria, nella narrativa e poi nella scrittura e nella poesia una via per far fronte al dolore, per alimentare il desiderio di vivere e gioire, per interrogare senza timore i misteri dell’esistere.

Dagli scritti emerge chiaro il senso esistenziale della poesia e della scrittura, il ruolo vitale che esse assumono nel tragitto delle età.

Maria, che ci ha parlato della bellezza provata da bambina di fronte alle meraviglie dei paesaggi dell’Italia del Sud, ci mostra una continua metamorfosi di una energia estetica e sensoriale che, scontrandosi con poli opposti, irrora i passaggi anche conflittuali della crescita. Il senso di meraviglia, si fa consapevolezza, forza, scrittura, ribellione, nostalgia e altro ancora.

Quei paesaggi con cui andavano a nozze ogni giorno i miei sensi mi hanno aiutata, confortata, sostenuta nelle mie piccole lotte di ragazza del Sud che non trovava altrettanta bellezza nel contesto sociale di un paesino dell’entroterra. La scrittura, compagna inseparabile di sempre, scaturiva da questi scambi di Bellezza e di Lotta. Ed ecco le prime poesie adolescenziali dei tempi del Liceo: tormento ed estasi, ribellione e contemplazione. Poi il mito del Grande Nord: conquistato e dissacrato. Ancora la Poesia che diventa struggimento, per lo più impregnata di nostalgia, di scollamento, ma arricchita di uno sguardo consapevole sulle cose e sugli ambiti sociali del Nord e del Sud

Potremmo definire questa energia, a cui la poesia si lega, da cui la poesia scaturisce, con le parole di Monica: “il respiro profondo della vita”.

se dovessi esprimere cosa significhi la poesia per me, direi che è principalmente 'ricerca': ricerca del bello, del sentire comune, di autenticità, di interiorità, del respiro profondo della vita.

Abbiamo visto una tensione etica presente in Maria, il conflitto col contesto sociale, i temi della lotta, della ribellione, della consapevolezza sociale. Una tensione che ritroviamo sottilmente in quel “sentire comune” anche in Monica, che vibra accanto alla parola “autenticità”.

Il rapporto fra parola poetica e impegno, fra poesia e etica è un tema complesso, ampiamente conosciuto e dibattuto, non è in questa direzione che intendiamo approfondire il discorso, pur consapevoli della sua importanza, come delle sue ambiguità. Ci interessa invece mettere l’accento sul quel “sentire comune” – che è anche fonte di etica e di impegno. Un sentire comune che, con l’immagine di Maria bambina davanti alle meraviglie del Sud, ci piace pensare legato alla relazione con una bellezza naturale e primaria, originale, “autentica” e che ritroviamo fra le motivazioni che accompagnano l’interesse verso la poesia. Eccolo evocato fra le parole di Silvia, nel conflitto con il suo desiderio–dovere di impegno.

In verità mi sono anche leggermente vergognata di amare la poesia, soprattutto se “semplice”, come se potesse essere considerata una cosa per deboli, per fraschette. Sarebbe stato più opportuno per me amare altri autori impegnativi…ma questa è mia storia personale.

[…]

La scrittura per me arriva da un impulso profondo di riconoscimento, che non chiede risposte esterne.

Gode della mia presenza, più ci sono, più si illumina dentro una spazio, più ciò che scrivo risuona, almeno per me.

Il riconoscimento dell’importanza di questa espressione l’ho iniziato ad intravedere sentendo la grande gioia che mi suscitava regalare a persone care poesie che avevo scritto per loro…( due o tre volte…)

Poi due estati fa ho scritto qualcosa che non mi dispiaceva e mentre mi chiedevo blandamente che farne ho incontrato la copertina de La bambina pugile… e ho creato il gruppo Facebook

E la poesia è diventata una fonte gratuita di gioia ancor più presente.

E anche se sinceramente la mia ispirazione è fragile e superficiale rivendico sempre di più il diritto di esprimersi, di mostrarsi per ciò che si può dare.

La poesia è una estrema forma di libertà e di guarigione… è la disvelata meraviglia della realtà… un timido passo nell’incommensurabile…

“Leggero” ma presente, traspare in Silvia un sentimento di colpa rivolto al desiderio della parola poetica. Un desiderio che contiene un “impulso profondo di riconoscimento”. Riconoscimento che è rivolto in primo luogo a sé. È il piacere di un rapporto autentico con sé: “Gode della mia presenza, più ci sono, più si illumina dentro una spazio, più ciò che scrivo risuona, almeno per me”.

Piacere che si rafforza quando diventa occasione di condivisione con gli altri: “sentendo la grande gioia che mi suscitava regalare a persone care poesie che avevo scritto per loro”. Trova così una via per allontanarsi dal peso del senso di colpa, si trasforma in progetto di condivisione collettiva: “ho creato il gruppo Facebook. E la poesia è diventata una fonte gratuita di gioia ancor più presente”.

Non ci sembra di azzardare troppo, quando ci appare che la gioia derivi dal “sentire comune”, dalla condivisione del “respiro profondo della vita”, cui accennava Monica, che possiamo mettere accanto alle parole conclusive di Silvia “La poesia è una estrema forma di libertà e di guarigione… è la disvelata meraviglia della realtà… un timido passo nell’incommensurabile…”

Gli scritti sembrano presentarci due polarità d’attrazione: quella verso se stessi, verso uno spazio interiore, la percezione, l’espressione, il riconoscimento di sé e quella verso l’alterità, le altre persone, in primo luogo gli affetti, le amicizie e più in generale lo spazio sociale, ma anche, più in generale l’alterità della realtà – l’ambiente, il tempo, il dolore – e la tensione verso la sua trascendenza. Poli di interiorità e alterità, con le loro molteplici forme, verso le quali la poesia manifesta un desiderio di comunione, se non addirittura la possibilità della sua soddisfazione, per lo meno nella formula del “sentire comune”. Un sentire, che si esprime attraverso la parola, ma rimane fortemente sensoriale, oserei dire sensuale. Il “respiro profondo della vita” si incarna in una parola capace di quella comunione. Esso risuona – vitale e infantile – nella bella sintesi di Maria: “Quei paesaggi con cui andavano a nozze ogni giorno i miei sensi”.

Osserviamo l’evocazione di questi aspetti, complessi e delicati, nelle parole di Cesare.

A volte penso che noi tutti siamo frammenti di un grande specchio che si è rotto e riluciamo della stessa luce ma con riflessi particolari. Nel nostro intimo sappiamo che pezzo di specchio siamo e la poesia tenta di dargli voce. Questa voce non è utile all'umano gioco, non dice come e dove posare pietre per costruire, ma parla dell'inconoscibile in noi che vuole farsi conoscere.

Ci dice "io sono tutto e niente, nessuno e tanti, l'esistere ed il nulla, l'istante presente" . Ecco se dovessi dire cosa vuol esprimere questa voce che si trasforma con le parole in poesia, direi che continua a ripetere "Sono".

Cosa educa e coltiva la poesia.

Penso sviluppi un profondo senso di se stessi e degli altri che scopriamo molto simili a noi. Ci svela nei nostri segreti, nelle aspettative, nel nostro dolore che tenta di esprimere aiutandoci a capirlo e sanarlo. La poesia è preghiera vera. Ha una parte che nasce da noi e l'altra, quella che fa sognare e a volte ci stupisce di averla concepita, che fa parte dell'ignoto, nostro compagno di sempre. Educa all'apertura mentale e di cuore. Un poeta non riesce ad essere razzista o schierarsi su qualunque fronte politico od ideologico. Se lo fa, prostituisce la sua arte. Educa alla povertà. Nella ricchezza esteriore od interiore la poesia annaspa, non è a suo agio. Lei ama l'essenzialità delle cose. Educa alla condivisione. Ha voglia di essere conosciuta ed apprezzata.

Educa alla vita. Sa che tutto finisce e tutto rinasce, quindi canta la disperazione, ma anche il