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Ferrucccio Capelli e la Casa della Cultura

La Casa della Cultura di Milano probabilmente non ha bisogno di presentazioni. È un’istituzione che dal dopoguerra ha accolto la storia intellettuale e culturale di Milano e dell’Italia. Fondata nel 1946 da Antonio Banfi, insieme a grandissime figure di intellettuali e antifascisti come Eugenio Einaudi, Alberto Mondadori, Elio Vittorini, ha visto intervenire nel piccolo scantinato, nei pressi di San Babila, in cui ha ancora sede, Bertold Brecht, Norberto Bobbio, Jean–Paul Sartre, György Lukács, Enzo Biagi, Sibilla Aleramo e tanti altri straordinari intellettuali diventando un riferimento per il pensiero critico e progressista. Nata “in un Italia dove si desiderava riappropriasi delle libertà perdute e della democrazia”531 ha aperto le sue porte a discussioni e seminari su società, filosofia, arte, scienza, psicanalisi, letteratura, cinema e promosso lo scambio di idee e la partecipazione.

Ferruccio Capelli dirige la Casa della Cultura da più di 10 anni. Da tempo si dedica con passione anche alla professione di formatore degli adulti, collaborando con aziende private e cooperative, enti pubblici, sindacati, associazioni di volontariato. Il suo punto di vista sulla formazione è sintetizzato nel volume La formazione ( è ) umanistica532.

Incontro Ferruccio Capelli nella sede della Casa della Cultura, nel suo ufficio al termine delle scale che scendono verso la sala di conferenza. Mentre percorro i ripidi gradini, della sede di via Borgogna, mi fa un certo effetto pensare che in quei pochi metri quadrati sotterranei si produce spirito critico e alternativa al pensiero dominante, quel pensiero che domina la piazza che sta sopra di me, San Babila, uno dei cuori pulsanti del consumo e degli affari più intraprendenti.

531 Cfr. La Casa della Cultura, Consultabile all’URL:

http://www.casadellacultura.it/pagchisiamo.php?categ=chisiamo&sottocateg=nulla&meseselez=attuale

Il motivo per cui mi reco da lui è legato al fatto che, fra le tante iniziative, il programma annuale di seminari e conferenze prevede sempre uno spazio per cicli dedicati agli approfondimenti della poesia. La cosa potrebbe sorprendere qualcuno, dato il forte impegno civile e il carattere politico e sociale che qualifica il lavoro della Casa della Cultura. Ma tutto ciò è coerente con l'attenzione nei confronti dell'umano, come emergerà anche di seguito nell'intervista, che è un elemento centrale nella filosofia delle proposte: un umano colto in tutte le sue manifestazioni, di cui la poesia rappresenta una delle più emblematiche forme di espressione.

Le iniziative rivolte alla poesia sono sempre di alto livello culturale. Selezionate e dirette da critici e poeti di grande esperienza, indagano vari aspetti della produzione poetica sia italiana che internazionale.

C'è un altro motivo, che si intreccia al primo, in questa mia scelta. Il gruppo di lettori di poesia che ho seguito (di cui parlerò nel prossimo capitolo) per quella che possiamo definire un'osservazione partecipante, si è formato in Via Borgogna, nel corso degli incontri di poesia proposti da Maurizio Cucchi. Un esempio di come il pubblico della Casa non sia solo in posizione di uditore. In quel caso i partecipanti ai seminari di Cucchi hanno deciso di organizzarsi e proseguire in autonomia per coltivare insieme la passione per la parola poetica.

Per avviare la conversazione chiedo a Ferruccio Capelli di ricostruire le ragioni e se possibile la storia dell'interesse della Casa verso la poesia. "La questione è molto semplice", mi risponde, "Nell'ambito di una programmazione a tutto campo... che vuole essere enciclopedica, non può non esserci un'attenzione al tema della letteratura... in quanto forma d'arte... ma anche come straordinario strumento di conoscenza. Espressione artistica e strumento potente di conoscenza delle epoche nelle quali viene prodotto il testo letterario... L'attività poetica è uno degli aspetti più significativi dell'attività letteraria". Ferruccio mi racconta che la prima proposta fatta fu di mettere a confronto i poeti più significativi dell'area milanese e poi lombarda. Poeti "di grande peso" mi dice, e fa i nomi di Milo de Angelis e Franco Loi. "Sono sempre colpito dalla folla che si raduna ogni volta che viene proposto il nome di Loi". Poi la cosa si è articolata in modo più ambizioso con un percorso a più livelli. Attualmente viene proposto un percorso sulla grande letteratura europea curato da Maurizio Cucchi, una proposta seguita da un partecipazione vivissima. Un altro percorso, curato da Giuliano Nuvoli, prevede un confronto con "coloro che in questo momento si stanno affermando sulla scena contemporanea della letteratura e della poesia". Infine un terzo percorso curato "con molta abilità" da Marina Corona, poetessa, che propone un confronto le voci della "grande poesia femminile"; iniziata con Saffo, la proposta è al terzo anno e la cosa continua a provocare emozioni. "L'idea su cui ragioniamo", continua Ferruccio, "è quella di offrire sempre la possibilità di ascoltare, conoscere, però anche riflettere, sui vari aspetti in cui si configura l'attività poetica...".

Richiamo, nella conversazione, la scelta della Casa delle Cultura di sottrarsi alla spettacolarizzazione, tendenza ormai di moda, di cui non tutto è negativo, ma che appare come una direzione inesorabile di molte proposte culturali. Evoco il passo della sua prefazione al Manifesto per una formazione Umanista.

Dietro l'apparente impegno per arricchire e dilatare l'offerta culturale si delineano modalità e finalità assai diverse. La logica dell'intrattenimento, della spettacolarizzazione, della seduzione, dell'effetto che si consuma nell'immediato contrasta singolarmente, perfino aspramente, con la riflessione e la ricerca per il medio e lungo periodo533.

È una questione che va certo oltre la poesia. "Forse", sostiene Ferruccio, "la poesia è la meno coinvolta... perché in fin dei conti è e resta sempre un campo piuttosto raffinato, dell'attività culturale. La spettacolarizzazione è entrata brutalmente in altri campi. Noi cerchiamo di non farci risucchiare della quella logica... di eventi esagerati... di utilizzo del singolo fatto culturale per costruire intorno a questo un'esagerazione di toni, di emozioni, di suggestioni.". Il percorso della

Casa della Cultura è un altro: "Lo dichiariamo a costo di sacrificare qualcosa dal punto di vista della notorietà immediata", la scelta è quella di permettere "di attivare soprattutto spirito di conoscenza, riflessione critica, approfondimento... vedi come la poesia ci sta dentro in modo naturalissimo; essendo di per sé qualcosa che rifugge dal clamore. Invece è qualcosa che scava, scava la parola, scava le immagini".

Di fronte a queste considerazioni chiedo a Ferruccio del pubblico della Casa della Cultura, penso fra me che è inevitabilmente un pubblico selezionato, che non arriva in prevalenza per il richiamo mediatico, ma per un'affinità, un'adesione al progetto della Casa. "È una domanda un po' difficile questa", contrappunta Ferruccio, "non ho segmentazione del pubblico... ti posso dire due cose generali, che riguardano in generale il pubblico della Casa della Cultura... Molte donne. In maggioranza donne. Questo è un dato di fatto, che non riguarda solo la poesia... è un trend che nel corso degli anni è diventato via via sempre più chiaro... Lo si può guardare anche da un altro punto di vista, è anche un segno della straordinaria vitalità del mondo femminile... probabilmente la parte più dinamica della società di questi tempi; un'ipotesi possibile. E l'altro, lo dico con grande franchezza, una difficoltà di avere su questi temi una presenza di giovani. I giovani si possono incontrare, in modo straordinario, su altre vicende... ieri sera abbiamo concluso un ciclo su cinema e filosofia... la sala era stracolma di ragazzi. Quando c'è di mezzo l'immagine, io sento che pulsa l'attenzione dei ragazzi. Quando c'è di mezzo solo la parola... la presenza dei ragazzi è meno significativa, o addirittura più difficoltosa.".

Quest'ultima è una constatazione che non mi sorprende. C'è certo una crisi della poesia in generale, che si riflette anche nel rapporto con i giovani. La scuola, come abbiamo visto fatica a offrire il suo contributo. In fondo è anche uno dei motivi di questo mio studio, che si interroga sui modi dell'incontro con la poesia, con la consapevolezza di questa difficoltà.

Proseguo la conversazione domandando del rapporto fra poesia e impegno civile. Una domanda che approfondisce il senso di proporre poesia in un luogo caratterizzato dalla militanza civile, quale la Casa è. Ferruccio coglie bene il significato della questione, "Questa è domanda malandrina", replica, "probabilmente la poesia, fra i tanti ambiti in cui l'impegno civile ed etico può trasparire immediatamente... è quello che può trasmettere... se uno se lo vuol cercare. In questo caso, il vero impegno etico è l'etica della parola... l'etica della riflessione, di colui che scava in se stesso; questo è l'impegno etico della parola. Lo dico senza nessuna svalutazione o riduzione della cosa... anche sapere maneggiare e padroneggiare la parola, sapere usare il testo, non in modo superficiale ma saperlo collocare, saperlo interpretare, anche questo è esercizio etico... etica della responsabilità della conoscenza, a cui sicuramente la poesia spinge. L'etica dell'impegno, però, sicuramente non passa attraverso la poesia. Questo te lo devo dire francamente.".

Il tema è certamente delicato, senza dubbio la poesia non è lo strumento immediato e più naturale dell'impegno, l'etica dell'impegno non passa visibilmente per la poesia. Ma penso che la questione vada maggiormente approfondita. La poesia può veicolare un riconoscimento collettivo. Ferruccio concorda: "La poesia può essere o non essere... come sai bene" questo veicolo. Domando, se nella sua esperienza ci siano stati di momenti in cui ha riconosciuto questa dimensione: di un'agorà civile e comunitaria che passava attraverso la poesia. Ferruccio, in apertura, aveva citato Franco Loi, che sicuramente crea comunità. "Franco Loi, di per sé, ogni volta che parla, crea comunità... Mi poni una questione su cui ti darei una risposta affrettata e non meditata... Consiglierei di essere prudente su questa cosa. L'attività poetica parla alla coscienza intima della persone... poi certo ci son stati anche grandi poeti che hanno fatto un atto di testimonianza civile.". Ferruccio cita Antonia Pozzi e Vittorio Sereni, come due poeti in cui "la tensione personale e la tensione civile passano in continuazione dall'uno all'altra. Però non tutta la poesia ha questa caratteristica. Poi ci sono stati dei poeti che, scavando in se stessi, hanno una testimonianza di resistenza etica. Il primo nome che mi viene in mente è il grandissimo maestro Montale. Tutta la sua opera ha un po' questa caratteristica. Però in questo caso è una resistenza etica che scaturisce dal testo, da un'elaborazione intima. Come vedi bisogna un po' procedere con qualche distinzione e cautela.".

Proprio perché stiamo discutendo di etica della parola, porto la riflessione verso la questione della lingua. La poesia, fra tutte le arti, è quella che più si rinchiude nel castello della lingua. Per tutte le altre arti è più facile uscire, diventare internazionali, un poeta è dentro la sua lingua. Riprendo la figura di Loi che addirittura decide di scendere nel profondo del dialetto. Mi rendo conto che anche in questo caso la domanda è "un po' al limite", gli chiedo infatti di ragionare, dal suo osservatorio, sulla stato della lingua italiana. "Fortunatamente la lingua italiana gode di ottima salute", afferma, "Questa è una mia impressione. I dati che ho mi dicono, che per quanto poco la sappiamo valorizzare, è una delle lingue più studiate nel mondo, è una lingua che continua a esser capace di produzione letteraria e poetica. Certo subisce, come tutte le lingue del mondo oggi, alcuni processi complessi legati alla globalizzazione... l'impatto continuo con le lingue. Basta girare per Milano... sono andato in Bocconi, l'altro giorno, era più l'inglese che sentivo, che l'italiano. Ci sono tantissimo studenti stranieri che sono arrivati. Un fatto positivo ovviamente. Prendi il metrò, in alcune ore non sai se si parla più l'italiano o un altra lingua. Però se guardi attentamente scopri anche – ed è una cosa affascinante, io la seguo sempre – quanti sono gli immigrati, magari di seconda, ma qualche volta anche di prima generazione che ormai comunicano fra di loro con la lingua italiana. È il segno più profondo di come la lingua italiana, nonostante tutti i processi che sono in corso, mantiene una sua forza, una sua vitalità.".

Proseguiamo in questa tematica, ampliando lo sguardo oltre, ma sempre accanto alla poesia, per parlare della letteratura che viene da altrove, ma che parla la nostra lingua: la letteratura degli immigrati che scrivono in italiano. "È uno dei fenomeni più interessanti", risponde, "lo sto seguendo attentissimamente, ed è uno dei fenomeni indici della nostra vitalità". Evochiamo Mihai Butcovan, poeta e scrittore che entrambi conosciamo personalmente. "Intorno a Butcovan", prosegue, "c'è un gruppo di amici... che hanno costituito un'associazione e una rivista, una rivista milanese e italiana che più si occupa di queste temi, si chiama Ghibli. Questa rivista ha raccolto e censito – il mio dato è vecchio di oltre due anni – oltre 600 scrittori ormai che sono madrelingua non italiana e che ormai usano l'italiano come la lingua della loro espressione artistica... lo ritengo un segno straordinario di vitalità e rinnovamento. Spesso ne abbiamo invitati anche qui alcuni... passa nuova linfa vitale, dentro la nostra letteratura... fenomeno interessantissimo... ha ormai molta consistenza. Mostra come l'insieme del paese, e quindi anche la lingua, sta dimostrando di saper elaborare, di saper mettere in circolazione, nuove energie vitali.". Di questo fenomeno anche molti eventi della Casa della Cultura ne danno conto e ne esplorano la consistenza come si può vedere nel programma. "Non siamo più nella letteratura di serie B.", ricorda Ferruccio, "Ci sono persone che hanno vinto premi letterari italiani. Il Premio Montale è stato vinto da un poeta albanese534, che scrive in lingua italiana. Scrive delle cose splendide". A partire dal fatto che questi autori sono fonte di una arricchimento straordinario della letteratura riflettiamo sui cambiamenti in corso, di cui il fenomeno della letteratura di migrazione è un espressione evidente. Prosegue Ferruccio, "Noi siamo dentro cambiamenti enormi! Che riguardano tutti gli aspetti della vita... anche le forme della produzione culturale stanno cambiando... questa dell'immissione delle altre culture, dentro la cultura nazionale, è una delle forma con cui si manifestano i cambiamenti che sono in corso... è un punto molto forte della nostra riflessione... Lo sforzo che noi facciamo è quello di tenere assieme lo scavo verso tutto ciò che sta accadendo, questo omnia mutantur delle cose, che ci stanno letteralmente trasformando sulle mani, ma cercare rispetto a questi di evitare sia la banale curvatura nuovista, sia quella di chi urla allo strepito contro i barbari che avanzano.".

La riflessione mi porta a chiedere di approfondire il suo pensiero in merito alla questione del "nuovo umanesimo" nella formazione che è stata al centro di molte sue riflessioni535, tema che, dal mio punto di vista, porta notevoli riflessioni sul ruolo che la poesia può esercitare in questa visione. "La poesia ovviamente è dentro questa riflessione generale" – dichiara – "È uno dei tasselli in cui

534 Si tratta di Gezim Hajadari, che ha vinto il Premio Montale nel 1997.

535 Cfr., Capelli, F. (2012). La formazione (è) umanistica Milano, Unicopli; ma anche, Cappelli F, “Prefazione”, in, Castiglioni M., 2014, Per una formazione umanistica, Op. cit.

può esprimersi questa nuova tensione umanistica... accentuo sia il sostantivo che l'aggettivo. Il sostantivo, perché io penso che ci sia un bisogno profondo di tornare a tematizzare l'opzione umanistica, per un problema semplicissimo, lo dico brutalmente: il post–umano è qualcosa che è all'orizzonte... le spinte di mutamento che nascono dalla rivoluzione tecnologica sempre più pressante nella nostra vita... dobbiamo ragionare che il post–umano è lì, dietro l'angolo. Per tanto, ritengo che bisogna aver il coraggio di riprendere in mano il nocciolo più profondo dell'opzione di tipo umanistico... trovare le strade perché la nostra attività sia finalizzata alla valorizzazione della dignità degli essere umani. Questo è il punto".

Anche l'aggettivo "nuovo" richiede un ragionamento, "C'è una diversità rispetto alla grande tradizione umanistica, italiana e occidentale, su due cose essenziali... Il governo dell'innovazione tecnologica è diventato qualcosa che ha una pressione immensa rispetto a prima. Pensiamo cosa vuol dire l'irruzione del computer in ogni aspetto della nostra vita. Qualcosa che cambia il modo di pensare... accelerazione dei tempi del pensiero, cambia il modo di esprimersi, di scrivere, gli sms sono una cosa diversa rispetto alle lettere... mi piacerebbe chiederlo a chi fa poesia. Con in mano la penna forse era più naturale, passare alla poesia, forse no, forse si può continuare a poetare anche con l'Iphone in mano... Son temi che devono essere affrontati. Nuovo umanesimo, perché c'è il problema di come stare dentro, come governare la spinta micidiale. E, nuovo umanesimo, perché non può essere solo quello dell'uomo bianco occidentale. L'interazione con le altre culture è ormai prepotente... dirompente."

Queste dense riflessioni, aprono a numerosi scenari, ma dato il tempo che abbiamo a disposizione indirizzo la conversazione verso una delle domande che sta al cuore di questo studio, e che si colloca coerentemente con quanto andiamo approfondendo. Se nuovo umanesimo significa, coltivare capacità umane, che rimangono umane al di là di quello che sta accadendo, la domanda "Che cosa educa la poesia?", ciò quali capacità la poesia permette di coltivare. Quale può essere il ruolo della poesia in questo nuovo umanesimo, quali capacità mette in gioco che meritano di essere coltivate. "La poesia è davvero attività umana, umanissima! Primo per lo scavo su se stessi, cosa c'è di più umano del riflettere su se stessi. Del non essere in balia di dove ti spingono le mode, dove ti spinge la pressione... l'umore mediatico. È un momento per staccare dal rumore, dal chiacchiericcio... per riconcentrarsi su se stesso o sulle cose a cui si è deciso di dare più importanza. Cosa c'è di più umano di questo? E poi cosa c'è di più umano nel fare in modo che le proprie riflessioni trovino una forma artistica elaborata? La parola... l'uso sapiente della parola. Cosa c'è di più umano di questo? Non c'è ombra di dubbio."

E nel mio andare di campo in campo a ogni passo è come

se mi avessi aspettato a ogni ritorno per tutti i miei ritorni.

Angela Cassola

11. Leggere insieme

Desideravo entrare in contatto con un gruppo di lettori di poesia. Mi interessava esplorare la dimensione collettiva della lettura, lo scambio umano e la crescita personale che si sviluppa quando si condivide un momento di lettura. Un atto semplice, alla portata di quasi tutti. Leggere poesia e ascoltarla insieme. Un atto denso di significati, implicazioni, emozioni.

L’atto della lettura è fondamentale per la scrittura. La poesia, come la letteratura, è uno strano “oggetto”, che non esiste se non in movimento, ci ricorda Jean Paul Sartre. Perché abbia vita è necessario un atto concreto, la lettura, che dura solo il tempo che può durare. Senza quest’atto ci sono solo tracce nere su un foglio di carta536.

L’occasione si è presentata durante una conversazione con un amico. Egli mi raccontò di partecipare con regolarità a certi incontri di lettura. Mi feci spiegare nei dettagli l’esperienza. Dalla descrizione sembrava essere una situazione ideale per il mio scopo: un gruppo di persone che si ritrova da qualche anno, circa una volta ogni mese, in una casa privata, per leggere testi poetici e commentarli insieme. Un’attività spontanea, gratuita, mossa dalla passione per la poesia e dalla voglia di condividerla.

Tramite questa mia buona conoscenza, sono entrato in contatto telefonico con la padrona di casa e ho ottenuto il permesso di partecipare agli incontri.