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Antonio da Borgonuovo e la vicenda dell’eredità di Antonio Belenzan

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

10. Gli altri clienti privat

10.1. Antonio da Borgonuovo e la vicenda dell’eredità di Antonio Belenzan

A completamento di quanto fi nora detto sulla clientela privata di ser Antonio è utile menzionare un episodio che, sia per i protagonisti coinvolti sia per l’enorme mole documentaria scaturita costituisce un importante spaccato sull’attività scrittoria del notaio all’inizio degli anni Trenta del Quattrocento.

Gli instrumenta che, in forma di imbreviatura o di esteso sul registro Instru-

menta capitularia 8bis o in forma di redactio in mundum, ser Antonio redasse fra

il 1430 ed il 1432, rappresentano infatti una fetta per nulla trascurabile della sua attività in quello scorcio d’anni. Considerando, ad esempio, l’intera produzione documentaria relativa al periodo giugno-dicembre 1430 registrata su Instrumenta

capitularia 8bis, si nota come dei 56 documenti ivi redatti, ben 30 siano relativi

alla vicenda di cui ora si tratterà194.

Per tale ragione si è scelto di inserire questo excursus a chiusura del paragrafo inerente ai clienti privati del notaio ma, a ben vedere, i fatti di cui fra breve si parlerà risultano rilevanti non soltanto per la scelta di Antonio quale autenticato- re e ‘registratore’ di negozi giuridici che da quegli stessi eventi scaturirono, ma soprattutto per la portata dei personaggi implicati: alcuni membri della nota famiglia Belenzani, il vescovo Alessandro di Masovia e, non ultimo per impor-

192 Cfr. Appendice, regesti nn. 5, 6, 7 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, nn. 47a-b-c). 193 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 392.

194 Il campione giugno-dicembre è stato scelto perché è dal giugno del 1430 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 395, datato 23 giugno 1430) che iniziano le registrazioni in originale

Stefano Malfatti

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Fra i principali clienti del notaio si ricordano anche il giurisperito e conte palatino Antonio da Molveno, per il quale si sono reperiti otto documenti rogati fra il 1424 ed il 1431183. Non mancano, anche in questo caso, refute, locazioni e

compravendite, che testimoniano altresì l’intensa attività speculativa messa in atto da alcuni fra i più importanti membri del ceto dirigente cittadino; tuttavia, nel caso di Antonio da Molveno si devono annoverare nuove tipologie documentarie, altrimenti poco rappresentate negli archivi trentini: le nomine a notaio. Subito dopo l’elezione a conte palatino da parte dell’imperatore Sigismondo184, come ricordato, Antonio

da Molveno nominò infatti notai e giudici ordinari Giovanni fi glio di Ermanno da Mori e Lorenzo del notaio Antonio de Castro185. Pochi mesi più tardi fu la volta di

Giovanni de Fraudental, già scriba presso il castello e cappellano in cattedrale186,

mentre, il 5 marzo 1431, venne scelto quale nuovo notaio e giudice Antonio fi glio di Guglielmo Gallo da Trento187.

Fra gli altri clienti di ser Antonio possono inoltre essere ricordati Odorico del fu Federico da Povo, Giovanni di ser Luca e il fi glio Luca de Lippi, Melchiorre

ab Oleo, Bonadomano de Accerbis, il notaio Nicolò de Capris, ser Pietro Iacob

e Gianpietro da Feltre. Nomi che ricorrono, iterati, non soltanto come auctores di negozi giuridici ma anche fra i testimoni di un largo numero di documenti redatti da Antonio e che furono fra loro legati anche da interessi di tipo economico. Una clientela che appare abbastanza stabile nel corso degli anni, anche se – come già evidenziato – mancano, almeno fi no al 1423-1424, registrazioni utili a ricostruire la clientela privata nei primi anni di attività del professionista.

Nella documentazione redatta da ser Antonio per alcuni dei clienti citati sono, come visto, i matrimoni. Numerosi furono infatti i clienti che, fra il 1423 e il 1434 stipularono il proprio matrimonio davanti al notaio; molti fra questi sono nomi già noti perché membri della classe dirigente trentina di inizio Quattrocento, altri invece non compaiono così frequentemente fra le carte del notaio. Si tratta, complessiva- mente, di ventisette contratti matrimoniali con dote188 e di tredici doti189.

In ultimo, fra le tipologie documentarie redatte da Antonio si è riscontrato un certo numero di testamenti, diciannove per la precisione, che rinviano ad altret- tanti clienti. Il primo testamento prodotto è datato 4 settembre 1390190 e trasmette

le disposizioni testamentarie di Lola del fu ser Andrea dal Cantone di Trento che dettò le proprie ultime volontà al notaio mentre giaceva, malata, nel letto della sua abitazione nella contrada del Mercato. L’ultimo testamento è invece datato 12 ottobre 1422191 e fu dettato dal canonico, cappellano e pievano di Fiemme, nonché

priore dell’ospedale di San Martino, Giovanni de Austria.

Si tratta di documentazione reperita esclusivamente in fondi pergamenacei di enti quali il Capitolo, la confraternita dei Battuti, il convento degli Eremitani di

183 Ivi, nn. 27, 142, 210, 242, 283, 393, 467, 507.

184 Ivi, n. 208 (la nomina a conte palatino è datata 10 novembre 1426). 185 Ivi, n. 210 (19 novembre 1426). 186 Ivi, n. 209 (8 maggio 1427). 187 Ivi, n. 467. 188 Ivi, nn. 16bis, 17, 23, 34, 41, 47, 49, 79, 85, 86, 88, 100, 158, 176, 211, 219, 247, 250, 258, 272, 274, 312, 392, 433, 462, 522, 622a. 189 Ivi, nn. 321a, 20, 83, 103, 192, 197, 264, 349, 388, 401, 539, 627, 640. 190 ADTn, ACap, capsa testamenti, rotoli corti/a, n. 14.

191 ADTn, ACap, capsa testamenti, rotoli medi/b, n. 15.

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San Marco, che conservarono con ottica tesaurizzante le ultime volontà di perso- naggi che disposero a loro favore dei lasciti, richiedendo spesso la contestuale celebrazione di messe o la sepoltura nel cimitero della chiesa di pertinenza. Per tale ragione, si deve presumere che la reale produzione di testamenti da parte di Antonio fu superiore a quella fi no ad oggi conservata, tanto più che il notaio scelse di non registrare tale tipologia documentaria su Instrumenta capitularia 8bis, cosic- ché – in assenza di pergamene sciolte – dopo il 1422 non vi sono più testamenti redatti dal notaio.

A conclusione di questa rapida analisi sulla clientela privata di Antonio, si dedi- cherà un’ultima rifl essione ai luoghi scelti per la rogazione. A differenza di quanto riscontrato per le istituzioni, caratterizzate da una certa stabilità in questo senso, le date topiche dei committenti privati si contraddistinguono, come è logico, per la spiccata eterogeneità. Se infatti un buon numero di documenti furono richiesti al notaio proprio presso la sua abitazione nel Borgonuovo, molti altri furono commis- sionati in altre zone della città. In particolare, i matrimoni furono spesso celebrati presso l’abitazione di uno fra gli sposi; nel 1424, ad esempio, il matrimonio fra Aldrighetto del fu Giovanni Mezaoveta e Lucia fi glia di Guglielmo Gallo fu rogato «in contrata Sancte Marie Magdalene, in curtivo domus solite habitationis Guillelmi condam ser Delaiti Gali de Tridento»192. Nel 1430 l’unione nuziale fra Bartolomeo

del fu Blanchus detto de Sangue de Can da Nomi e Giovannina fu invece celebrato «in contrata Merchati veteris, in domo habitationis Dominigacii laboratoris patrigni infrascripte sponse»193.

10.1. Antonio da Borgonuovo e la vicenda dell’eredità di Antonio Belenzani

A completamento di quanto fi nora detto sulla clientela privata di ser Antonio è utile menzionare un episodio che, sia per i protagonisti coinvolti sia per l’enorme mole documentaria scaturita costituisce un importante spaccato sull’attività scrittoria del notaio all’inizio degli anni Trenta del Quattrocento.

Gli instrumenta che, in forma di imbreviatura o di esteso sul registro Instru-

menta capitularia 8bis o in forma di redactio in mundum, ser Antonio redasse fra

il 1430 ed il 1432, rappresentano infatti una fetta per nulla trascurabile della sua attività in quello scorcio d’anni. Considerando, ad esempio, l’intera produzione documentaria relativa al periodo giugno-dicembre 1430 registrata su Instrumenta

capitularia 8bis, si nota come dei 56 documenti ivi redatti, ben 30 siano relativi

alla vicenda di cui ora si tratterà194.

Per tale ragione si è scelto di inserire questo excursus a chiusura del paragrafo inerente ai clienti privati del notaio ma, a ben vedere, i fatti di cui fra breve si parlerà risultano rilevanti non soltanto per la scelta di Antonio quale autenticato- re e ‘registratore’ di negozi giuridici che da quegli stessi eventi scaturirono, ma soprattutto per la portata dei personaggi implicati: alcuni membri della nota famiglia Belenzani, il vescovo Alessandro di Masovia e, non ultimo per impor-

192 Cfr. Appendice, regesti nn. 5, 6, 7 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, nn. 47a-b-c). 193 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 392.

194 Il campione giugno-dicembre è stato scelto perché è dal giugno del 1430 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 395, datato 23 giugno 1430) che iniziano le registrazioni in originale

relative alla vicenda.

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

tanza, ser Pietro di Nanni da Siena, fi gura altrimenti poco nota alla storiografi a trentina.

Gli eventi vanno collocati in un periodo cronologicamente piuttosto limitato, compreso fra la fi ne di giugno del 1430 e il gennaio del 1432; altrettanto importanti, per la ricostruzione dell’episodio, sono tuttavia gli antefatti, riconducibili a quasi cinquant’anni prima, esattamente al 1383.

Si inizierà a narrare questi fatti non dal principio, ma dal 23 giugno 1430, allorquando Alessandro di Masovia chiese a ser Antonio di registrare una compra- vendita195: il vescovo, infatti, vendette a ser Pietro di Nanni da Siena, civis Triden-

tinus ac civis et habitator Verone, lì rappresentato dal procuratore ser Pietro Iacob,

una serie di affi tti e redditi pagati annualmente al fu Antonio Belenzani e, dopo la morte di questi, ai suoi eredi, il tutto per il considerevole prezzo di 1.200 ducati d’oro. Come era entrato in possesso il vescovo di Trento dei beni che facevano parte dell’eredità di Antonio Belenzani?

Membro della nota famiglia Belenzani, Antonio, un lontano parente del più noto Rodolfo, era fi glio di Giovanni e Todeschina del fu Guglielmo da Trento196.

L’11 settembre del 1383, corpore in rmus, costretto a letto nella sua abitazione della contrada dei Belenzani, dettò testamento dinanzi a un nutrito gruppo di te- stimoni, fra cui la moglie Giacoma. Il giorno successivo alla morte del testatore197

si presentò dinanzi al vicario vescovile Giovanni de Pugnis da Parma il notaio ser Francesco da Molveno, in rappresentanza di tutti i legatari. Costui dichiarò che Antonio Belenzani aveva espresso le sue ultime volontà in punto di morte dinanzi a testimoni fededegni; si rendeva tuttavia necessaria la redazione in for- ma pubblica delle disposizioni del defunto. Al contempo ser Francesco chiese al vicario l’assegnazione di un curatore idoneo ai due fi gli di Antonio, Guglielmo e Giovanni, che erano minori di sette anni. Udite tali richieste, il vicario assegnò i due fanciulli alla cura del notaio Giacomo da Ravazzone, che prestò giuramento; per quest’ultimo si costituì al contempo fi deiussore il notaio Marco del fu ser Odorico da Spormaggiore.

Volendo altresì dimostrare la veridicità delle ultime disposizioni del defunto, avvenute – si presume – in sola forma orale e temendo la morte dei testimoni

propter pestem yminentem, ser Francesco e ser Giacomo chiesero al vicario la

convocazione dei testes che il giorno precedente avevano presenziato al testamento, affi nché potessero essere interrogati su una serie di capitula.

Fra i convocati fi guravano i legatari ser Simone de Cambo, sindico dei Battuti di Trento, Biagio del fu ser Franchetto da Pomarolo, sindaco della chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento, Giacoma, moglie del defunto Belenzani, la madre di costui Todeschina, e Ottolino sartor del fu ser Paolo cursor abitante a Trento. Il 15 settembre, interrogati uno dopo l’altro, i testimoni confermarono tutti i capitoli

195 Ibidem.

196 Sulla famiglia Belenzani cfr. Bettotti, La nobiltà trentina nel medioevo, cit., e, in particolare, l’albero genealogico (tavola n. 1) allegato alla pubblicazione.

197 La morte di Antonio Belenzani avvenne quello stesso giorno, l’11 settembre 1383 (cfr. Appen- dice, regesti nn. 1, 2). Ne danno conferma, all’interrogatorio del vicario vescovile, gli stessi testimoni nel momento in cui furono chiamati a confermare le ultime volontà del Belenzani. Come si ricava da G. Tovazzi, Malographia Tridentina. Cronaca dei fatti calamitosi avvenuti nel Trentino e regioni

adiacenti dai primi anni d.C. al 1803, Lions Club, Trento 1986, p. 49; nel settembre del 1383 a Trento

scoppiò una grave pestilenza (è possibile che Tovazzi avesse ricavato tale informazione sulla pestilenza proprio dal documento poc’anzi citato).

stilati da Francesco da Molveno e Giacomo da Ravazzone. Essi dichiarono cioè che Guglielmo e Giovanni, fi gli di Antonio, erano stati scelti come eredi universali; un affi tto perpetuo di 10 lire di denari piccoli era stato lasciato alla chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento perché vi si celebrasse il suo anniversario; un affi tto perpetuo di 10 lire di denari era stato assegnato ai Battuti; a Giacoma sua moglie egli aveva la- sciato invece 100 ducati come disposto nell’istrumento dotale; a sua madre Todeschina 300 lire di denari piccoli; al magister Ottolino 100 lire di denari piccoli; al notaio Francesco da Molveno, che era stato scelto quale fi deicommissario, aveva invece assegnato 1.000 ducati d’oro, che avrebbe ottenuto dopo la morte di Guglielmo e Giovanni. Aveva disposto inoltre che, se i suoi fi gli fossero morti, l’intera eredità sarebbe andata ai pauperes Christi egenos. Dopo aver così espresso le sue ultime volontà ser Antonio era morto.

Tralasciando gli ulteriori dettagli espressi super capitulis dai testimoni, è inte- ressante annotare quanto affermò il prete Pietro da Parma, pievano della chiesa di Santa Maria Maggiore il quale, interrogato super nono capitulo, disse:

Quod tempore et loco proxime suprascriptis in dicto primo capitulo contentis, dictus Antonius volebat et ordinabat et disponebat si contingeret dictos suos fi lios mori sine heredibus legitimis, deductis et extractis mille ducatis legatis dicto ser Francisco de Molveno notario, quod reliqua sua bona deberent dari et distribui inter pauperes Christi egenos per dictum ser Franciscum notarium de Molveno et hiis omnibus presens fuit et audivit198.

L’affermazione non è irrilevante, soprattutto alla luce degli eventi occorsi pochi anni più tardi.

Dopo questi fatti, le fonti disponibili non sembrano fornire ulteriori notizie, fi n quando, il 9 giugno 1426, ser Bonadomano de Accerbis, ser Marco Belenzani e il notaio Iosio, in qualità di procuratori di Felicia, moglie del fu Giovanni Belenzani, di ser Michele a Plata e dei fratelli Erasmo e Guglielmo Thun, eredi del detto Giovanni, vendettero al notaio Antonio da Nogaredo un affi tto perpetuo per il prezzo di 15 ducati d’oro che ad essi servivano per pagare le spese del funerale di Giovanni199.

Meno di un mese dopo, il 3 luglio 1426, la stessa Felicia, insieme a ser Michele a

Plata ed Erasmo Thun, «causa solvendi et satisfaciendi funeralia et expensas factas

ad sepeliendum ipsum Iohannem de Belenzanis», vendettero a Michele, fi glio di ser Domenico da Cortesano, un ulteriore affi tto perpetuo al prezzo di 36 ducati d’oro200. Pochi mesi più tardi, precisamente l’11 febbraio 1427, gli stessi Michele

ed Erasmo, alla presenza della vedova Felicia, vendettero a Palamidesio, fi glio del fu ser Giacomo di Palamidesio da Trento, un affi tto perpetuo di 16 grossi carentani, al prezzo di 40 lire di denari trentini201. Alla morte di Giovanni Belenzani, dunque,

gli eredi e la moglie sembravano aver ottenuto piena disponibilità sui suoi averi. Non trascorse, tuttavia, molto tempo prima che, fra il giugno e l’ottobre del 1427, fosse intrapresa una causa contro gli eredi del defunto, i quali non avevano 198 Cfr. Appendice, regesto n. 2 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8 bis, cc. 188r-190r. n. 498 [b]).

199 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 184.

200 Cfr. Appendice, regesto n. 31 (ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 190). Lo stesso giorno, essi vendono a magister Pietro a caminis un ulteriore affi tto perpetuo di 15 soldi di denari trentini al prezzo di 3 ducati d’oro (ivi, n. 191).

Stefano Malfatti

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tanza, ser Pietro di Nanni da Siena, fi gura altrimenti poco nota alla storiografi a trentina.

Gli eventi vanno collocati in un periodo cronologicamente piuttosto limitato, compreso fra la fi ne di giugno del 1430 e il gennaio del 1432; altrettanto importanti, per la ricostruzione dell’episodio, sono tuttavia gli antefatti, riconducibili a quasi cinquant’anni prima, esattamente al 1383.

Si inizierà a narrare questi fatti non dal principio, ma dal 23 giugno 1430, allorquando Alessandro di Masovia chiese a ser Antonio di registrare una compra- vendita195: il vescovo, infatti, vendette a ser Pietro di Nanni da Siena, civis Triden-

tinus ac civis et habitator Verone, lì rappresentato dal procuratore ser Pietro Iacob,

una serie di affi tti e redditi pagati annualmente al fu Antonio Belenzani e, dopo la morte di questi, ai suoi eredi, il tutto per il considerevole prezzo di 1.200 ducati d’oro. Come era entrato in possesso il vescovo di Trento dei beni che facevano parte dell’eredità di Antonio Belenzani?

Membro della nota famiglia Belenzani, Antonio, un lontano parente del più noto Rodolfo, era fi glio di Giovanni e Todeschina del fu Guglielmo da Trento196.

L’11 settembre del 1383, corpore in rmus, costretto a letto nella sua abitazione della contrada dei Belenzani, dettò testamento dinanzi a un nutrito gruppo di te- stimoni, fra cui la moglie Giacoma. Il giorno successivo alla morte del testatore197

si presentò dinanzi al vicario vescovile Giovanni de Pugnis da Parma il notaio ser Francesco da Molveno, in rappresentanza di tutti i legatari. Costui dichiarò che Antonio Belenzani aveva espresso le sue ultime volontà in punto di morte dinanzi a testimoni fededegni; si rendeva tuttavia necessaria la redazione in for- ma pubblica delle disposizioni del defunto. Al contempo ser Francesco chiese al vicario l’assegnazione di un curatore idoneo ai due fi gli di Antonio, Guglielmo e Giovanni, che erano minori di sette anni. Udite tali richieste, il vicario assegnò i due fanciulli alla cura del notaio Giacomo da Ravazzone, che prestò giuramento; per quest’ultimo si costituì al contempo fi deiussore il notaio Marco del fu ser Odorico da Spormaggiore.

Volendo altresì dimostrare la veridicità delle ultime disposizioni del defunto, avvenute – si presume – in sola forma orale e temendo la morte dei testimoni

propter pestem yminentem, ser Francesco e ser Giacomo chiesero al vicario la

convocazione dei testes che il giorno precedente avevano presenziato al testamento, affi nché potessero essere interrogati su una serie di capitula.

Fra i convocati fi guravano i legatari ser Simone de Cambo, sindico dei Battuti di Trento, Biagio del fu ser Franchetto da Pomarolo, sindaco della chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento, Giacoma, moglie del defunto Belenzani, la madre di costui Todeschina, e Ottolino sartor del fu ser Paolo cursor abitante a Trento. Il 15 settembre, interrogati uno dopo l’altro, i testimoni confermarono tutti i capitoli

195 Ibidem.

196 Sulla famiglia Belenzani cfr. Bettotti, La nobiltà trentina nel medioevo, cit., e, in particolare, l’albero genealogico (tavola n. 1) allegato alla pubblicazione.

197 La morte di Antonio Belenzani avvenne quello stesso giorno, l’11 settembre 1383 (cfr. Appen- dice, regesti nn. 1, 2). Ne danno conferma, all’interrogatorio del vicario vescovile, gli stessi testimoni nel momento in cui furono chiamati a confermare le ultime volontà del Belenzani. Come si ricava da G. Tovazzi, Malographia Tridentina. Cronaca dei fatti calamitosi avvenuti nel Trentino e regioni

adiacenti dai primi anni d.C. al 1803, Lions Club, Trento 1986, p. 49; nel settembre del 1383 a Trento

scoppiò una grave pestilenza (è possibile che Tovazzi avesse ricavato tale informazione sulla pestilenza proprio dal documento poc’anzi citato).

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stilati da Francesco da Molveno e Giacomo da Ravazzone. Essi dichiarono cioè che Guglielmo e Giovanni, fi gli di Antonio, erano stati scelti come eredi universali; un affi tto perpetuo di 10 lire di denari piccoli era stato lasciato alla chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento perché vi si celebrasse il suo anniversario; un affi tto perpetuo di 10 lire di denari era stato assegnato ai Battuti; a Giacoma sua moglie egli aveva la- sciato invece 100 ducati come disposto nell’istrumento dotale; a sua madre Todeschina 300 lire di denari piccoli; al magister Ottolino 100 lire di denari piccoli; al notaio Francesco da Molveno, che era stato scelto quale fi deicommissario, aveva invece assegnato 1.000 ducati d’oro, che avrebbe ottenuto dopo la morte di Guglielmo e Giovanni. Aveva disposto inoltre che, se i suoi fi gli fossero morti, l’intera eredità sarebbe andata ai pauperes Christi egenos. Dopo aver così espresso le sue ultime volontà ser Antonio era morto.

Tralasciando gli ulteriori dettagli espressi super capitulis dai testimoni, è inte- ressante annotare quanto affermò il prete Pietro da Parma, pievano della chiesa di Santa Maria Maggiore il quale, interrogato super nono capitulo, disse:

Quod tempore et loco proxime suprascriptis in dicto primo capitulo contentis, dictus Antonius volebat et ordinabat et disponebat si contingeret dictos suos fi lios mori sine heredibus legitimis, deductis et extractis mille ducatis legatis dicto ser Francisco de Molveno notario, quod reliqua sua bona deberent dari et distribui inter pauperes Christi egenos per dictum ser Franciscum notarium de Molveno et hiis omnibus presens fuit et audivit198.

L’affermazione non è irrilevante, soprattutto alla luce degli eventi occorsi pochi

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