La formazione di Antonio da Borgonuovo
3. Dopo Antonio Tappe formative dei notai trentini attraverso i verbali dell’Almo collegio dei dottori e notai della città (1459-1546)
In assenza di ulteriori informazioni che consentano di chiarire il processo formativo dei giovani aspiranti notai trentini si deve attendere, come ricordato, la metà del Quattrocento per avere a disposizione qualche dato più preciso. Sebbene il Collegio notarile di Trento sia attestato nelle fonti dal 142549 e, in particolare,
l’intero capitolo 91 degli statuti masoviani riporti le norme statutarie della matrico- la50, soltanto dalla metà del XV secolo sono a disposizione le verbalizzazioni delle
sedute del Collegio dei notai e dei giudici di Trento, contenute nel manoscritto 4272 dell’Archivio storico del Comune di Trento51.
La lunga serie di norme e verbalizzazioni concernenti le procedure di ammissione al Collegio risultano di grande interesse per dedurre le modalità di apprendistato e formazione degli aspiranti notai. Va tuttavia sottolineato come ci si trovi ormai a quasi un secolo dagli anni in cui, presumibilmente, si formò Antonio da Borgonuovo; sarebbe dunque scorretto applicare il modus operandi in uso nella seconda metà del Quattrocento a quello, oggi sconosciuto, della seconda metà del Trecento. Nono- stante ciò, vista la quasi totale assenza di informazioni per il secolo precedente, si è costretti a prendere in considerazione le fonti del pieno Quattrocento, allorquando la documentazione disponibile rende manifesti una serie di percorsi che, al di là di specifi che norme, sostanzialmente non sembrano discostarsi da quelli in uso, già nel secolo precedente, presso altre città dell’Italia centro-settentrionale.
Il 17 dicembre 1459 il giurisperito e canonico trentino Gottardo Calepini, nipote di Antonio da Borgonuovo, si presentò in episcopali palacio, al banchum del vice rettore del Collegio notarile, Cristoforo da Molveno, chiedendo di essere immatricolato
a prefato domino Christoforo vice rectore ... in collegio notariorum civitatis Tridenti, offerens se stare examini et statuta collegii ... observare et manutenere et solvere libras viginti bone monete pro intratica dicti collegii ... et facere omnia que de iure facere tenetur verssus dictum collegium52.
Udita la richiesta, il vice rettore affi dò, con il consenso dei presenti, a se stesso o ad altro notaio il compito di sottoporre il candidato ad esame. Due giorni più tardi, il 19 dicembre, gli esaminatori incaricati di interrogare Gottardo, «unanimiter et concorditer», lo giudicarono idoneo a svolgere l’attività di pubblico notaio. Il Calepini procedette dunque al giuramento, promettendo di rispettare gli statuti del Collegio, il suo rettore e di pagare la tassa dovuta per l’ingresso nella matricola.
49 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, c. 53r, n. 142.
50 Liber I. De civilibus, capitolo 91; vi erano riportati gli Statuta collegii notariorum Tridenti. Edizione in Chemotti, La legislazione statutaria, cit., pp. 192-203 e, più recentemente, Bortoli, Per
un’edizione dei testi statutari del Comune di Trento, cit.
51 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4272, Almo collegio dei dottori e notai della città di Trento, Registri delle immatricolazioni; edito parzialmente e regestato integralmente in Ceraolo, Il collegio notarile di Trento, cit.; cfr., più recentemente, lo studio di Gian Maria Varanini basato sul suddetto registro: Varanini, Il Collegio notarile di Trento, cit. Come sottoli- nea Gian Maria Varanini, il Collegio dei notai di Trento non produsse un unico registro veicolante sia gli statuti, sia la matricola, cosicché ciò che si trova fra le carte del manoscritto 4272 è un alternarsi continuo di verbali per l’ammissione al Collegio, atti di ordinaria amministrazione e provvedimenti normativi (Ivi, p. 504).
Stefano Malfatti
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monasteri e scuole cattedrali; esse rappresentano, infatti, il luogo privilegiato per la formazione non soltanto dei futuri ecclesiastici, ma anche dei laici che intendevano acquisire un’istruzione di base44. Ciò avvenne, con ogni probabilità, anche a Trento
ove, tuttavia, pur ritenendo verosimile la presenza di una scuola cattedrale, non si hanno attestazioni certe né di scolastici né di una vera e propria scuola prima della metà del XIII secolo, ovvero prima del IV Concilio lateranense45, che aveva
introdotto due gradi di insegnamento distinti: il primo, elementare e gratuito, era presente in tutte le chiese, comprese le cattedrali, e veniva fi nanziato dal Capitolo; un secondo grado, superiore, era invece riservato ai futuri ecclesiastici e prevedeva insegnamenti di carattere teologico e biblico. Ad impartire le lezioni era chiamato un teologo, spesso scelto fra gli stessi canonici, e denominato nelle fonti scolasticus. L’analisi svolta da Emanuele Curzel sulle fonti capitolari trentine mostra, almeno fi no alla metà del XV secolo, un’assoluta carenza di informazioni relativamente a questo secondo grado di istruzione; nessuno fra coloro che ricoprirono la carica di scolastico, infatti, lasciò tracce signifi cative, né dal punto di vista documentario né dal punto di vista culturale. Mancano, al contempo, anche scolares – termine che in area trentina designa quanti avevano a che fare, in vario modo, con la scuola, e dunque sia i magistri veri e propri sia gli studenti46 – che dichiarino esplicitamente
la loro appartenenza alla scuola cattedrale, con la sola eccezione di Giacomo da Cadore47. Nemmeno è possibile verifi care in alcun modo l’esistenza di rapporti fra
i numerosi magistri in gramaticalibus attivi in città nel corso del XIV secolo, e ancor prima, con la scola cathedralis, rispetto alla quale essi potevano esercitare l’attività in assoluta autonomia.
In conclusione, se da un lato la basilica di San Vigilio non sembra mostrare, per buona parte del basso medioevo, alcuna signifi cativa traccia di un insegnamento superiore, tale da rendere a Trento – per usare le parole di Emanuele Curzel – «a dir poco evanescente»48 il secondo livello di istruzione previsto dal IV Concilio
lateranense, dall’altro non si può negare la presenza in cattedrale di personaggi (canonici, cappellani ecc.) che senza dubbio portavano con sé un importante baga- glio culturale, derivante da una formazione che, in molti casi, avvenne presso le maggiori scole europee dell’epoca.
Non si può dunque escludere a priori qualsiasi attività di insegnamento e for- mazione rivolta agli aspiranti tabellioni che, come si deduce dalla documentazione capitolare, affollavano pressoché quotidianamente le navate della basilica wangiana, soprattutto considerando che alcuni fra questi notai, fra cui ad esempio Venturino
de Trechis, Alberto de Floriis e Alberto de Stanchariis, erano essi stessi canonici
oppure ricoprivano cariche all’interno del Capitolo.
44 Sul tema generale delle scuole cattedrali in Italia in età precomunale cfr. D.A. Bullough, Le scuole cattedrali e la cultura dell’Italia settentrionale prima dei comuni, in Vescovi e diocesi in Italia nel medioevo (sec. IX-XIII), Atti del II convegno di storia della Chiesa in Italia (Roma, 5-9 settembre
1961), Antenore, Padova 1964, pp. 111-143. In merito alla presenza, anche a Trento, di una scuola cattedrale cfr. E. Curzel, Scolastici e scolares nella cattedrale di Trento (secoli XII-XV), «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 9, 2002, pp. 191-204, ampiamente utilizzato per la redazione di questa parte dedicata alle scuole cattedrali.
45 Ivi, p. 193. 46 Ivi, p. 202.
47 Questi, nel 1377, dichiarò di essere stato pagato dal massaro del Capitolo per il servizio prestato ut scolaris presso la cattedrale: ivi, p. 200.
48 Ivi, p. 203.
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3. Dopo Antonio. Tappe formative dei notai trentini attraverso i verbali dell’Almo collegio dei dottori e notai della città (1459-1546)
In assenza di ulteriori informazioni che consentano di chiarire il processo formativo dei giovani aspiranti notai trentini si deve attendere, come ricordato, la metà del Quattrocento per avere a disposizione qualche dato più preciso. Sebbene il Collegio notarile di Trento sia attestato nelle fonti dal 142549 e, in particolare,
l’intero capitolo 91 degli statuti masoviani riporti le norme statutarie della matrico- la50, soltanto dalla metà del XV secolo sono a disposizione le verbalizzazioni delle
sedute del Collegio dei notai e dei giudici di Trento, contenute nel manoscritto 4272 dell’Archivio storico del Comune di Trento51.
La lunga serie di norme e verbalizzazioni concernenti le procedure di ammissione al Collegio risultano di grande interesse per dedurre le modalità di apprendistato e formazione degli aspiranti notai. Va tuttavia sottolineato come ci si trovi ormai a quasi un secolo dagli anni in cui, presumibilmente, si formò Antonio da Borgonuovo; sarebbe dunque scorretto applicare il modus operandi in uso nella seconda metà del Quattrocento a quello, oggi sconosciuto, della seconda metà del Trecento. Nono- stante ciò, vista la quasi totale assenza di informazioni per il secolo precedente, si è costretti a prendere in considerazione le fonti del pieno Quattrocento, allorquando la documentazione disponibile rende manifesti una serie di percorsi che, al di là di specifi che norme, sostanzialmente non sembrano discostarsi da quelli in uso, già nel secolo precedente, presso altre città dell’Italia centro-settentrionale.
Il 17 dicembre 1459 il giurisperito e canonico trentino Gottardo Calepini, nipote di Antonio da Borgonuovo, si presentò in episcopali palacio, al banchum del vice rettore del Collegio notarile, Cristoforo da Molveno, chiedendo di essere immatricolato
a prefato domino Christoforo vice rectore ... in collegio notariorum civitatis Tridenti, offerens se stare examini et statuta collegii ... observare et manutenere et solvere libras viginti bone monete pro intratica dicti collegii ... et facere omnia que de iure facere tenetur verssus dictum collegium52.
Udita la richiesta, il vice rettore affi dò, con il consenso dei presenti, a se stesso o ad altro notaio il compito di sottoporre il candidato ad esame. Due giorni più tardi, il 19 dicembre, gli esaminatori incaricati di interrogare Gottardo, «unanimiter et concorditer», lo giudicarono idoneo a svolgere l’attività di pubblico notaio. Il Calepini procedette dunque al giuramento, promettendo di rispettare gli statuti del Collegio, il suo rettore e di pagare la tassa dovuta per l’ingresso nella matricola.
49 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, c. 53r, n. 142.
50 Liber I. De civilibus, capitolo 91; vi erano riportati gli Statuta collegii notariorum Tridenti. Edizione in Chemotti, La legislazione statutaria, cit., pp. 192-203 e, più recentemente, Bortoli, Per
un’edizione dei testi statutari del Comune di Trento, cit.
51 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4272, Almo collegio dei dottori e notai della città di Trento, Registri delle immatricolazioni; edito parzialmente e regestato integralmente in Ceraolo, Il collegio notarile di Trento, cit.; cfr., più recentemente, lo studio di Gian Maria Varanini basato sul suddetto registro: Varanini, Il Collegio notarile di Trento, cit. Come sottoli- nea Gian Maria Varanini, il Collegio dei notai di Trento non produsse un unico registro veicolante sia gli statuti, sia la matricola, cosicché ciò che si trova fra le carte del manoscritto 4272 è un alternarsi continuo di verbali per l’ammissione al Collegio, atti di ordinaria amministrazione e provvedimenti normativi (Ivi, p. 504).
52 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4272, c. 4r-v. 63
La formazione di Antonio da Borgonuovo
Anche il Collegio notarile di Trento, dunque, non diversamente dai collegi di molte altre città, ammetteva i nuovi membri soltanto dopo uno specifi co esame che era previsto già negli statuti alessandrini del 1425-1427. Su cosa esattamente vertesse questo examen si dirà a breve.
Il 26 gennaio 1470 tre candidati, Antonio da Grigno, Andrea Gallo e Giovan- ni da Calavino fecero richiesta di ammissione «in cetum notariorum». Di essi il verbale specifi ca che, dopo aver mostrato i privilegi di notariato – che dunque il candidato alla matricola doveva già possedere al momento della richiesta di ammis- sione – furono sottoposti ad esame e pronunciarono il giuramento. La commissione esaminatrice stabilì tuttavia
quod hinc ad unum annum proxime venturum non valeant neque audeant scribere acta iudicialia seu processus a XXV libris superius, neque alia instrumenta nisi instrumenta procurationis et creditus, cum consilio tamen massarii ... collegii vel alterius notarii intelligentis et pratici sub pena privationis offi cio53.
I tre furono dunque ammessi alla matricola, ma con riserva: non potevano redi- gere atti giudiziari o processi il cui valore eccedesse le 25 lire, né altre tipologie di
instrumenta, con l’eccezione delle procure e dei crediti alla presenza, tuttavia, del
massaro del Collegio o di un altro notaio più esperto, pena la privazione dell’uffi cio. Norme così rigorose avevano senza dubbio lo scopo di impedire a notai non suffi - cientemente esperti di rogare documentazione di una certa complessità, tutelando al contempo la professionalità di quanti già esercitavano l’arte54 ed evitando in questo
modo il progressivo degrado del notariato pubblico. La commissione aggiunse infatti che i candidati avrebbero dovuto «scholas visitare et audire Notariam saltim per annum vel Institutam a domino potestate vel ab alio lectore iuxta posse suum»55.
Le schole qui menzionate non si riferiscono necessariamente a vere e proprie scuole di notariato, sullo stile di quella istituita presso lo Studium bolognese; pur non essendovene certezza, potrebbe trattarsi di quelle già menzionate scuole laiche, a pagamento, in cui magistri e professores impartivano ai giovani aspiranti notai una conoscenza quanto più possibile solida della lingua latina oppure, più sempli- cemente, una sorta di «attività di formazione per opera di un notaio nella propria
statio, nei confronti di allievi, suoi coadiutori e futuri colleghi»56. D’altro canto,
non si può comunque escludere del tutto la presenza di corsi di ars notarie speci- fi camente dedicati ai giovani apprendisti notai considerato che, anche nella vicina città di Verona, nel 1462 era stato affi dato a un dottore del Collegio dei giudici e
53 Ivi, c. 15r.
54 Varanini, Il Collegio notarile di Trento, cit., p. 506. Alla luce di queste considerazioni va letta la disposizione del 1464 quando il Collegio presieduto dal rettore Calepino Calepini alzò a venticin- que anni l’età minima per accedere alla matricola; la seduta fu inoltre l’occasione per ammettere due nuovi membri, Federico fi glio del nobile Giovanni di Michele de Ceris da Pergine e Graziadeo del fu Nicolò Galego; non prima, tuttavia, di averli esaminati e dopo aver ricordato agli stessi l’importanza di mantenere un comportamento adeguato «ne scandalum eis incurat propter eorum iuventutem»: ASCTn,
Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4272, c. 14r. Per un confronto con l’età ri-
chiesta negli altri collegi notarili, G. Tamba, E. Tavilla (a cura di), Nella città e per la città. I notai a
Modena dal IX al XX secolo, Atti del convegno di studi (Modena, 16 ottobre 2010), Giuffrè, Milano
2013 (Collana del dipartimento di scienze giuridiche e della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Nuova serie, 89), p. 94, nota 60.
55 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4272, c. 15r. 56 Tamba, Formazione professionale del notaio, cit., p. 1276.
degli avvocati il compito di leggere pubblicamente e commentare le Istitutiones di Giustiniano, che forse corrispondono a quell’Institutam cui si riferisce la commis- sione esaminatrice trentina, la Summa di Rolandino e l’Aurora, due trattati di ars
notarie, ovvero quanto necessario a praticare la professione notarile57. Ciò che qui
è utile notare è che queste ‘lezioni’ furono affi date al podestà, che era per statuto uno iurisperitus, o ad altro lettore che avesse pari conoscenze («iuxta posse suum») e non a un semplice notaio58.
Il 21 gennaio 1459 il celebre notaio trentino Approvino Approvini chiese al Collegio di immatricolare il fratello Stefano, il quale aveva ricevuto l’investitura a tabellione dal conte palatino Giacomo Cariolo; avendolo tuttavia giudicato «ni- mis iuvenis», Antonio de Fatis, nuovo rettore del Collegio, decise di accogliere il candidato nella propria casa per metterlo alla prova, «quod interim ipse dominus rector vollebat eum examinare utrum esset suffi ciens»59. Dopo un congruo periodo
di apprendistato – poco meno di quattro mesi – ad aprile l’Approvini si presentò nuovamente dinanzi alla commissione che, dopo averlo giudicato «idoneum et bonum gramaticum», lo ammise nella matricola seppur con alcuni limiti nella redazione di instrumenta e testamenti. Un anno più tardi, il 20 febbraio 1460, dopo aver so- stenuto un «examen circa confectionem instrumentorum»60 ottenne l’autorizzazione
a redigere qualsiasi tipologia documentaria pur sotto il controllo, per un ulteriore periodo di dodici mesi, di almeno un membro del Collegio:
Item idem dominus rector ... cui comissum fuit examen infrascripti Stefani notarii ... dixit et approbavit dictum Stefanum suffi cientem et ydoneum notarium ad exercen- dum artem notarie quo ad scribendum acta, sed quo ad instrumenta confi ciendum videtur sibi quod non audeat reddigere in formam instrumenta aliqua hinc ad unum annum, nisi prius sint visa et lecta per ser Christoforum notarium de Molveno, ser Leonardum notarium a Sale, ser Antonium notarium de Brezio et ser Iesamantum notarium de Archo vel per unum eorum61.
L’attenzione, da parte del Collegio notarile trentino, per la conoscenza della grammatica, fra i principali temi dell’examen cui venivano sottoposti i giovani candidati, si presenta in molteplici occasioni; essa potrebbe nascondere la volontà e l’esigenza di migliorare la qualità di un ceto, quello notarile, forse non all’altez- za dei gravosi compiti che gli venivano affi dati62. Così si trova, ad esempio, che
57 G. Sancassani, M. Carrara, L. Magagnato (a cura di), Il notariato veronese attraverso i se- coli. Catalogo della mostra in Castelvecchio, Collegio Notarile di Verona, Verona 1966, pp. 16-17.
Lorenzo Sinisi (Formulari e cultura giuridica notarile, cit., p. 171, nota 11) sottolinea «la signifi cativa connessione fra l’insegnamento della «Notaria» e quello relativo alle Institutiones [...] attestata anche nell’ambito degli «studia generalia».
58 Come sottolinea Marco Bellabarba, infatti, il podestà trentino «era un giurista a tutto tondo, un tecnico del diritto preparatosi negli studia universitari e cresciuto nell’applicazione rigorosa della dottrina romano-canonica; per occupare il tribunale vescovile, secondo quanto stabilivano le rubriche statutarie degli Alessandrini, il grado dottorale era un requisito indispensabile»: Bellabarba, Rovereto
castrobarcense, cit., p. 21. Diversamente da Trento, nella Rovereto veneziana del Quattrocento, il tribu-
nale cittadino non era presieduto da un legum doctor ma da un semplice funzionario delle magistrature veneziane, sostanzialmente privo di qualsiasi rudimento in materia.
59 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-4272, cc. 1v-2r. 60 Ivi, c. 5v.
61 Ivi, c. 6v.
62 Gian Maria Varanini sottolinea come «la defi nizione e l’applicazione delle regole, nella este- nuante ripetitività documentata dal registro, è essa stessa una circostanza rilevante; così come è rilevante
Stefano Malfatti
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Anche il Collegio notarile di Trento, dunque, non diversamente dai collegi di molte altre città, ammetteva i nuovi membri soltanto dopo uno specifi co esame che era previsto già negli statuti alessandrini del 1425-1427. Su cosa esattamente vertesse questo examen si dirà a breve.
Il 26 gennaio 1470 tre candidati, Antonio da Grigno, Andrea Gallo e Giovan- ni da Calavino fecero richiesta di ammissione «in cetum notariorum». Di essi il verbale specifi ca che, dopo aver mostrato i privilegi di notariato – che dunque il candidato alla matricola doveva già possedere al momento della richiesta di ammis- sione – furono sottoposti ad esame e pronunciarono il giuramento. La commissione esaminatrice stabilì tuttavia
quod hinc ad unum annum proxime venturum non valeant neque audeant scribere acta iudicialia seu processus a XXV libris superius, neque alia instrumenta nisi instrumenta procurationis et creditus, cum consilio tamen massarii ... collegii vel alterius notarii intelligentis et pratici sub pena privationis offi cio53.
I tre furono dunque ammessi alla matricola, ma con riserva: non potevano redi- gere atti giudiziari o processi il cui valore eccedesse le 25 lire, né altre tipologie di
instrumenta, con l’eccezione delle procure e dei crediti alla presenza, tuttavia, del
massaro del Collegio o di un altro notaio più esperto, pena la privazione dell’uffi cio. Norme così rigorose avevano senza dubbio lo scopo di impedire a notai non suffi - cientemente esperti di rogare documentazione di una certa complessità, tutelando al contempo la professionalità di quanti già esercitavano l’arte54 ed evitando in questo
modo il progressivo degrado del notariato pubblico. La commissione aggiunse infatti che i candidati avrebbero dovuto «scholas visitare et audire Notariam saltim per annum vel Institutam a domino potestate vel ab alio lectore iuxta posse suum»55.
Le schole qui menzionate non si riferiscono necessariamente a vere e proprie scuole di notariato, sullo stile di quella istituita presso lo Studium bolognese; pur non essendovene certezza, potrebbe trattarsi di quelle già menzionate scuole laiche, a pagamento, in cui magistri e professores impartivano ai giovani aspiranti notai una conoscenza quanto più possibile solida della lingua latina oppure, più sempli- cemente, una sorta di «attività di formazione per opera di un notaio nella propria