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La scrittura di Antonio da Borgonuovo

Antonio da Borgonuovo al lavoro Tracce di diplomatica notarile

9. La scrittura di Antonio da Borgonuovo

L’analisi degli esiti grafi ci di ser Antonio mette in rilievo l’utilizzo di una scrit- tura minuscola corsiva, comunemente impiegata dai notai, anche trentini, fra XIV e XV secolo, dalla quale tuttavia si discosta per alcuni elementi morfologici. Anzitutto l’impiego di s diritta ed f con aste fortemente rastremate e inclinate ottenute median- te un doppio tratteggio dall’alto verso il basso e viceversa. Si ottengono così due lettere dalla morfologia particolare, tipica di scritture transalpine più che cisalpine; ciò non è secondario e aggiunge senza dubbio nuovi elementi a quanto già eviden- ziato sulla formazione del notaio. Fra le lettere caratteristiche si notano anche una

a in forma corsiva, d in forma onciale con l’occhiello superiore molto sviluppato, g con l’occhiello superiore chiuso da un trattino orizzontale che talvolta lega con il

primo tratto della lettera seguente, i presenta solo raramente gli apici, r è bimorfa, solitamente diritta in inizio o in corpo di parola, tonda in fi ne oppure dopo lettera con convessità a destra (ad esempio, -or-). Particolare pure la morfologia di u/v dal primo tratto molto alto sul rigo che tende poi a ripiegarsi verso il basso conferendo alla lettera una tipica forma ‘a cuore’. Più semplice ed usuale la u in corpo o in fi ne di parola. Numerose sono le legature, sebbene, rispetto agli esiti documentari d’altri notai del periodo, sia qui riscontrabile una minore corsività; ciò è dovuto anche all’utilizzo di uno strumento scrittorio dalla punta temperata obliquamente, come si deduce dalla presenza di leggeri chiaroscuri determinati dal contrasto fra tratti pieni e fi letti sottili, ad esempio, nella realizzazione della nota tironiana et a forma di sette, con il tratto discendente visibilmente più sottile rispetto a quello orizzontale che lo sormonta. Allo stesso modo sembrano essere stati realizzati di frego i numerosi segni abbreviativi che, nella usuale forma del titulus ricurvo, risultano tanto sottili dall’essere talvolta appena percettibili.

86 Ivi, n. 417.

87 Ai casi suesposti si aggiungono i documenti nn. 321, 321a-b-c-d che datano al novembre del 1423 e si trovano fra rogiti del 1429. Essi infatti sono trasmessi da un foglio (c. 117) che, come si è già avuto modo di ricordare, è stato erroneamente rilegato in questa posizione, avendo invece dovuto trovare posto all’inizio del registro, subito dopo la tabula instrumentorum.

Stefano Malfatti

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Fig. 25. ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, sezione superiore della c. 161v. In alto, l’ultima parte del documento attestante la compravendita (n. 416). Segue il creditum cancellato (n. 416b) e, sulla destra nello spazio fra i due rogiti, con inchiostro di tonalità più chiara, la Canzelatio huius instrumenti debiti. In basso nuova compravendita redatta in forma abbreviata (n. 417) cui il notaio ha affi ancato alcuni dati relativi alla data topica e ai testimoni presenti.

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dovuto per l’acquisto di un broilo. Il rogito in questione è posto immediatamente dopo la relativa compravendita e rispetta la progressione cronologica. Il documento seguente, infatti, è datato 10 ottobre 143086. Ma in margine al creditum il notaio

aggiunse il 12 aprile 1431 un ulteriore rogito denominato «Canzelatio huius in- strumenti debiti». Esso rappresentava da un lato la quietanza di pagamento per il debito di 125 ducati rilasciata a Felicia da ser Pietro, dall’altro conferiva al notaio il compito di cancellare l’atto che attestava il debito. Il professionista non mancò infatti di cancellare quel documento annullandone così l’effi cacia giuridica; in seguito egli rilasciò il relativo mundum a Felicia la quale avrebbe così potuto dimostrare in futuro di essere libera da qualunque debito nei confronti di ser Pietro.

Si tratta, dunque, di anomalie cronologiche perfettamente giustifi cabili derivanti in parte anche dal continuo aggiornamento del registro da parte del professionista87. In

conclusione rimane un ulteriore aspetto da chiarire relativo al modus operandi di ser Antonio: la sua scrittura. Si tratta di una componente che travalica le caratteristiche proprie di ogni singolo registro e che, per tale ragione, si tratterà singolarmente.

9. La scrittura di Antonio da Borgonuovo

L’analisi degli esiti grafi ci di ser Antonio mette in rilievo l’utilizzo di una scrit- tura minuscola corsiva, comunemente impiegata dai notai, anche trentini, fra XIV e XV secolo, dalla quale tuttavia si discosta per alcuni elementi morfologici. Anzitutto l’impiego di s diritta ed f con aste fortemente rastremate e inclinate ottenute median- te un doppio tratteggio dall’alto verso il basso e viceversa. Si ottengono così due lettere dalla morfologia particolare, tipica di scritture transalpine più che cisalpine; ciò non è secondario e aggiunge senza dubbio nuovi elementi a quanto già eviden- ziato sulla formazione del notaio. Fra le lettere caratteristiche si notano anche una

a in forma corsiva, d in forma onciale con l’occhiello superiore molto sviluppato, g con l’occhiello superiore chiuso da un trattino orizzontale che talvolta lega con il

primo tratto della lettera seguente, i presenta solo raramente gli apici, r è bimorfa, solitamente diritta in inizio o in corpo di parola, tonda in fi ne oppure dopo lettera con convessità a destra (ad esempio, -or-). Particolare pure la morfologia di u/v dal primo tratto molto alto sul rigo che tende poi a ripiegarsi verso il basso conferendo alla lettera una tipica forma ‘a cuore’. Più semplice ed usuale la u in corpo o in fi ne di parola. Numerose sono le legature, sebbene, rispetto agli esiti documentari d’altri notai del periodo, sia qui riscontrabile una minore corsività; ciò è dovuto anche all’utilizzo di uno strumento scrittorio dalla punta temperata obliquamente, come si deduce dalla presenza di leggeri chiaroscuri determinati dal contrasto fra tratti pieni e fi letti sottili, ad esempio, nella realizzazione della nota tironiana et a forma di sette, con il tratto discendente visibilmente più sottile rispetto a quello orizzontale che lo sormonta. Allo stesso modo sembrano essere stati realizzati di frego i numerosi segni abbreviativi che, nella usuale forma del titulus ricurvo, risultano tanto sottili dall’essere talvolta appena percettibili.

86 Ivi, n. 417.

87 Ai casi suesposti si aggiungono i documenti nn. 321, 321a-b-c-d che datano al novembre del 1423 e si trovano fra rogiti del 1429. Essi infatti sono trasmessi da un foglio (c. 117) che, come si è già avuto modo di ricordare, è stato erroneamente rilegato in questa posizione, avendo invece dovuto trovare posto all’inizio del registro, subito dopo la tabula instrumentorum.

Antonio da Borgonuovo al lavoro

Una menzione a parte meritano le lettere maiuscole che ser Antonio impiega con una certa frequenza ma senza rispettare alcun criterio; per quanto riguarda, anzitutto, la forma delle singole lettere, esse presentano spesso i tratti raddoppiati, come è tipico della gotica. Particolare è la morfologia di A maiuscola che il notaio riprende al centro del proprio segno tabellionale, come pure di R maiuscola che assume la forma di una V alta sul rigo tagliata da un trattino trasversale che le permette di legare con la lettera seguente. Come ricordato, non è possibile individuare alcun criterio nell’utilizzo della lettera maiuscola; talvolta essa trova infatti impiego nei nomi propri, talaltra nei nomi comuni o, addirittura, negli attributi, mentre lemmi che ne richiederebbero l’uso vengono scritti con la lettera minuscola (fi g. 26).

Fig. 26. ADTn, ACap, capsa 1, n. 8 (particolare). Dettaglio del signum e del protocollo in un

instrumentum di Antonio da Borgonuovo. Si noti come la lettera I- che apre l’invocatio sia

raddoppiata e allungata, quasi ad incorniciare, in corrispondenza del margine sinistro, tutti gli elementi costitutivi del protocollo (invocazione, datazioni cronica e topica ed elenco dei testimoni). Nei documenti in mundum il notaio predispose prima di tutto il testo, delimitando lo specchio di scrittura con una marginatura a secco e lasciando bianco lo spazio in cui, in un secondo momento, disegnò il suo signum: da evidenziare, al centro del segno tabellionare, la presenza di due teste zoomorfe (a destra e a sinistra), simili a teste d’uccello, nelle quali si distinguono il becco e gli occhi. Al centro, la lettera A maiuscola, iniziale del nome del notaio.

Se negli esiti grafi ci su pergamena sciolta e in buona parte della documentazione in esteso su registro ser Antonio tende a mantenere un modulo di scrittura piuttosto uniforme, con una tendenza tuttavia a inclinare le lettere verso destra procedendo negli anni88, l’esecuzione dei testi redatti su brogliacci o negli spazi rimasti bian-

chi fra le carte dei registri tende ad essere mediamente meno controllata; il ductus assume gradazioni diversifi cate, il modulo tende a rimpicciolirsi o ad ingrandirsi. Sono molti i casi in cui, non avendo lasciato uno spazio suffi ciente per accogliere, prima di un nuovo rogito, un ulteriore documento, egli fu costretto a scrivere il testo con un modulo di scrittura visibilmente più ridotto.

Come è tipico delle scritture documentarie, molto numerose sono le abbrevia- zioni; il generico titulus di forma più o meno arcuata o ripiegata viene utilizzato per segnalare la caduta delle desinenze in -m e -n, anche laddove le nasali siano in corpo di parola, oppure per indicare generiche abbreviazioni per contrazione. 88 Soprattutto negli ultimi anni di attività, corrispondenti al periodo 1435-1437, la scrittura di ser Antonio tende a slargarsi e diviene meno ‘controllata’. Ciò è rilevabile in buona misura soprattutto nella documentazione su registro ed è meno visibile negli esiti scritti delle pergamene in mundum.

Un segno a forma di fi occo che si ripiega verso il basso individua invece, in fi ne di parola, alcune abbreviazioni per troncamento. Ser Antonio predilige poi l’uso di

et tachigrafi co a guisa di 7 in luogo di et e del c converso per con/cum, anche in

corpo di parola. Si tratta di modalità operative tipiche delle scritture documentarie, impiegate comunemente anche fra i notai trentini dell’epoca.

Praticamente sconosciuto al notaio sembra invece essere un qualsiasi sistema di punteggiatura; l’esame sui registri e sulle pergamene sciolte non rivela l’impiego d’alcun particolare segno di interpunzione; non sono separati da punti fermi nemmeno i diversi periodi che, all’interno del dettato, rappresentano le diverse partizioni del documento. Un solo segno compare nei rogiti di ser Antonio: si tratta di due punti affi ancati da una sorta di doppia s allungata che ha probabilmente lo scopo, posta a chiusura del testo e della sottoscrizione, di non permettere alcuna aggiunta al dettato.

Se piuttosto ‘pulito’ è l’aspetto dei testi redatti su pergamena sciolta, maggior- mente diversifi cata è la situazione riscontrabile nei documenti in registro ; più vicini ai munda, per qualità del lavoro sono, ad esempio, una parte dei rogiti redatti per esteso in Instrumenta capitularia 8 e 8bis. Una porzione di questi, tuttavia, mostra evidenti interventi di correzione e integrazione attuati in seconda battuta dal notaio; probabilmente in fase di rilettura (come spesso si ricava dall’utilizzo di un inchiostro di diversa tonalità), ma talvolta anche in corso di stesura. Ser Antonio provvide infatti a depennare parti del testo o singoli lemmi integrandoli con i termini corretti in interlinea o in margine. Qualora le parti di testo da emendare fossero state tali da obbligare il notaio ad aggiungerle nel margine o in calce al documento, egli utilizzò coppie di segni di richiamo, mentre per la semplice inserzione di termini posti in interlinea impiegò l’usuale V capovolta. Numerose sono le occasioni in cui, forse a causa di una copiatura disattenta da precedenti stesure o da specifi ci formulari, egli iterò lo stesso termine. Meno praticata, quale tecnica di correzione, l’espunzione o, nel caso delle pergamene, la raschiatura mediante apposito strumento del termine errato e la sua sostituzione. Non mancano, infi ne, i casi in cui, non avendo a disposizione tutti i dati necessari a completare il rogito, Antonio lasciò intenzionalmente in bianco alcuni brevi spazi nel testo. Taluni di quegli spazi, che avrebbero dovuto essere completati, ad esempio, con informazioni relative al patro- nimico o al luogo di provenienza, non furono però colmati dal notaio il quale non aveva verosimilmente ricevuto in seguito le informazioni necessarie.

Stefano Malfatti

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Una menzione a parte meritano le lettere maiuscole che ser Antonio impiega con una certa frequenza ma senza rispettare alcun criterio; per quanto riguarda, anzitutto, la forma delle singole lettere, esse presentano spesso i tratti raddoppiati, come è tipico della gotica. Particolare è la morfologia di A maiuscola che il notaio riprende al centro del proprio segno tabellionale, come pure di R maiuscola che assume la forma di una V alta sul rigo tagliata da un trattino trasversale che le permette di legare con la lettera seguente. Come ricordato, non è possibile individuare alcun criterio nell’utilizzo della lettera maiuscola; talvolta essa trova infatti impiego nei nomi propri, talaltra nei nomi comuni o, addirittura, negli attributi, mentre lemmi che ne richiederebbero l’uso vengono scritti con la lettera minuscola (fi g. 26).

Fig. 26. ADTn, ACap, capsa 1, n. 8 (particolare). Dettaglio del signum e del protocollo in un

instrumentum di Antonio da Borgonuovo. Si noti come la lettera I- che apre l’invocatio sia

raddoppiata e allungata, quasi ad incorniciare, in corrispondenza del margine sinistro, tutti gli elementi costitutivi del protocollo (invocazione, datazioni cronica e topica ed elenco dei testimoni). Nei documenti in mundum il notaio predispose prima di tutto il testo, delimitando lo specchio di scrittura con una marginatura a secco e lasciando bianco lo spazio in cui, in un secondo momento, disegnò il suo signum: da evidenziare, al centro del segno tabellionare, la presenza di due teste zoomorfe (a destra e a sinistra), simili a teste d’uccello, nelle quali si distinguono il becco e gli occhi. Al centro, la lettera A maiuscola, iniziale del nome del notaio.

Se negli esiti grafi ci su pergamena sciolta e in buona parte della documentazione in esteso su registro ser Antonio tende a mantenere un modulo di scrittura piuttosto uniforme, con una tendenza tuttavia a inclinare le lettere verso destra procedendo negli anni88, l’esecuzione dei testi redatti su brogliacci o negli spazi rimasti bian-

chi fra le carte dei registri tende ad essere mediamente meno controllata; il ductus assume gradazioni diversifi cate, il modulo tende a rimpicciolirsi o ad ingrandirsi. Sono molti i casi in cui, non avendo lasciato uno spazio suffi ciente per accogliere, prima di un nuovo rogito, un ulteriore documento, egli fu costretto a scrivere il testo con un modulo di scrittura visibilmente più ridotto.

Come è tipico delle scritture documentarie, molto numerose sono le abbrevia- zioni; il generico titulus di forma più o meno arcuata o ripiegata viene utilizzato per segnalare la caduta delle desinenze in -m e -n, anche laddove le nasali siano in corpo di parola, oppure per indicare generiche abbreviazioni per contrazione. 88 Soprattutto negli ultimi anni di attività, corrispondenti al periodo 1435-1437, la scrittura di ser Antonio tende a slargarsi e diviene meno ‘controllata’. Ciò è rilevabile in buona misura soprattutto nella documentazione su registro ed è meno visibile negli esiti scritti delle pergamene in mundum.

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Un segno a forma di fi occo che si ripiega verso il basso individua invece, in fi ne di parola, alcune abbreviazioni per troncamento. Ser Antonio predilige poi l’uso di

et tachigrafi co a guisa di 7 in luogo di et e del c converso per con/cum, anche in

corpo di parola. Si tratta di modalità operative tipiche delle scritture documentarie, impiegate comunemente anche fra i notai trentini dell’epoca.

Praticamente sconosciuto al notaio sembra invece essere un qualsiasi sistema di punteggiatura; l’esame sui registri e sulle pergamene sciolte non rivela l’impiego d’alcun particolare segno di interpunzione; non sono separati da punti fermi nemmeno i diversi periodi che, all’interno del dettato, rappresentano le diverse partizioni del documento. Un solo segno compare nei rogiti di ser Antonio: si tratta di due punti affi ancati da una sorta di doppia s allungata che ha probabilmente lo scopo, posta a chiusura del testo e della sottoscrizione, di non permettere alcuna aggiunta al dettato.

Se piuttosto ‘pulito’ è l’aspetto dei testi redatti su pergamena sciolta, maggior- mente diversifi cata è la situazione riscontrabile nei documenti in registro ; più vicini ai munda, per qualità del lavoro sono, ad esempio, una parte dei rogiti redatti per esteso in Instrumenta capitularia 8 e 8bis. Una porzione di questi, tuttavia, mostra evidenti interventi di correzione e integrazione attuati in seconda battuta dal notaio; probabilmente in fase di rilettura (come spesso si ricava dall’utilizzo di un inchiostro di diversa tonalità), ma talvolta anche in corso di stesura. Ser Antonio provvide infatti a depennare parti del testo o singoli lemmi integrandoli con i termini corretti in interlinea o in margine. Qualora le parti di testo da emendare fossero state tali da obbligare il notaio ad aggiungerle nel margine o in calce al documento, egli utilizzò coppie di segni di richiamo, mentre per la semplice inserzione di termini posti in interlinea impiegò l’usuale V capovolta. Numerose sono le occasioni in cui, forse a causa di una copiatura disattenta da precedenti stesure o da specifi ci formulari, egli iterò lo stesso termine. Meno praticata, quale tecnica di correzione, l’espunzione o, nel caso delle pergamene, la raschiatura mediante apposito strumento del termine errato e la sua sostituzione. Non mancano, infi ne, i casi in cui, non avendo a disposizione tutti i dati necessari a completare il rogito, Antonio lasciò intenzionalmente in bianco alcuni brevi spazi nel testo. Taluni di quegli spazi, che avrebbero dovuto essere completati, ad esempio, con informazioni relative al patro- nimico o al luogo di provenienza, non furono però colmati dal notaio il quale non aveva verosimilmente ricevuto in seguito le informazioni necessarie.

Antonio da Borgonuovo al lavoro

Struttura dei fascicoli del registro “Instrumenta capitularia” 8







Non cartulato Bifolio singolo

Aspetto del fascicolo Cartulazione attuale Caratteristiche del fascicolo

A cc. 1-14 docc. 1-26 Ottonione privo delle 2 cc. ini- ziali B cc. 15-30 docc. 27-60 C cc. 31-46 docc. 61-94 D cc. 47-62 docc. 94-133 F cc. 78-96 docc. 172b-205 G cc. 97-112 docc. 205-237 J cc. 145-160 docc. 290-315 K cc. 161-176 docc. 315-350 L cc. 177-192 docc. 351-388 N cc. 209-224 docc. 418-445 O cc. 225-240 docc. 446-481 Q cc. 263-278 docc. 539-568 R cc. 279-294 docc. 569-599 S cc. 295-309 docc. 599-636 Ottonioni completi E cc. 63-77

+ 77bis docc. 134-172a Ottonione + 1 c. (tabula in-strumentorum)

H cc. 113-125 docc. 238-262 Sette bifolia: 14 cc.

     

I cc. 126-142 docc. 262-289 Ottonione privo dell’ultima carta cc. 192 bis (tabula instru- mentorum) + cc. 193-208 1 c. (tabula instrumentorum) + ottonione M P cc. 241-262 docc. 482-538b docc. 389-417 11 bifolia: 22 cc. T cc. 310-335 docc. 638-695 12 bifolia: 24 cc.

Stefano Malfatti

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Struttura dei fascicoli del registro “Instrumenta capitularia” 8







Non cartulato Bifolio singolo

Aspetto del fascicolo Cartulazione attuale Caratteristiche del fascicolo

A cc. 1-14 docc. 1-26 Ottonione privo delle 2 cc. ini- ziali B cc. 15-30 docc. 27-60 C cc. 31-46 docc. 61-94 D cc. 47-62 docc. 94-133 F cc. 78-96 docc. 172b-205 G cc. 97-112 docc. 205-237 J cc. 145-160 docc. 290-315 K cc. 161-176 docc. 315-350 L cc. 177-192 docc. 351-388 N cc. 209-224 docc. 418-445 O cc. 225-240 docc. 446-481 Q cc. 263-278 docc. 539-568 R cc. 279-294 docc. 569-599 S cc. 295-309 docc. 599-636 Ottonioni completi E cc. 63-77

+ 77bis docc. 134-172a Ottonione + 1 c. (tabula in-strumentorum)

H cc. 113-125 docc. 238-262 Sette bifolia: 14 cc.

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I cc. 126-142 docc. 262-289 Ottonione privo dell’ultima carta cc. 192 bis (tabula instru- mentorum) + cc. 193-208 1 c. (tabula instrumentorum) + ottonione M P cc. 241-262 docc. 482-538b docc. 389-417 11 bifolia: 22 cc. T cc. 310-335 docc. 638-695 12 bifolia: 24 cc. 185

Antonio da Borgonuovo al lavoro

Struttura dei fascicoli del registro “Instrumenta capitularia” 8bis









Aspetto del fascicolo Cartulazione attuale Caratteristiche del fascicolo Ottonione privo dell’ultima carta; le prime 2 cc. sono occupate dalla tabula instru- mentorum 7 bifolia: 14 cc. A cc. 1-17 docc. 1a-50 B Dcc. 18-31 docc. 51-89cc. 51-64 docc. 135-179 C cc. 32-50 docc. 90-134[b] E cc. 65-82 docc. 180-232[b] G cc. 99-116 docc. 272-321 L cc. 181-198 docc. 476-518 O cc. 231-248 docc. 605-645 10 bifolia: 20 cc. 9 bifolia: 18 cc.      F cc. 83-98 docc. 233-271 I cc. 133-148 docc. 356-388 M cc. 199-214 docc. 518-572[b] N cc. 215-230 docc. 573-604[b] P cc. 249-264 docc. 647-665 H cc. 117-132 docc. 321-355 J cc. 149-163 docc. 389-428 K cc. 164-180 docc. 429-475 8 bifolia: 16 cc. 1 c. (117) + 8 bifolia (cc. 118- 132)

Ottonione mancante della dodicesima carta

(struttura: 4 bifolia + 1 c. + 3 bifolia)

Struttura: 2 bifolia + 1 c. + 6 bifolia

Stefano Malfatti

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Struttura dei fascicoli del registro “Instrumenta capitularia” 8bis









Aspetto del fascicolo Cartulazione attuale Caratteristiche del fascicolo Ottonione privo dell’ultima carta; le prime 2 cc. sono occupate dalla tabula instru- mentorum 7 bifolia: 14 cc. A cc. 1-17 docc. 1a-50 B Dcc. 18-31 docc. 51-89cc. 51-64 docc. 135-179 C cc. 32-50 docc. 90-134[b] E cc. 65-82 docc. 180-232[b] G cc. 99-116 docc. 272-321 L cc. 181-198 docc. 476-518 O cc. 231-248 docc. 605-645 10 bifolia: 20 cc. 9 bifolia: 18 cc. 187      F cc. 83-98 docc. 233-271 I cc. 133-148 docc. 356-388 M cc. 199-214 docc. 518-572[b] N cc. 215-230 docc. 573-604[b] P cc. 249-264 docc. 647-665 H cc. 117-132 docc. 321-355 J cc. 149-163 docc. 389-428 K cc. 164-180 docc. 429-475 8 bifolia: 16 cc. 1 c. (117) + 8 bifolia (cc. 118- 132)

Ottonione mancante della dodicesima carta (struttura: 4 bifolia + 1 c. + 3 bifolia) Struttura: 2 bifolia + 1 c. + 6 bifolia 187

Capitolo 5

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