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L’attività al servizio del vicario vescovile

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

2. L’attività al servizio del vicario vescovile

Fra la documentazione di Antonio da Borgonuovo una certa rilevanza, soprattutto

sotto il profi lo degli argomenti trattati, assumono le sentenze e gli atti giudiziari, rogati prevalentemente presso il palatium episcopi, già residenza vescovile, luogo deputato all’amministrazione della giustizia nel capoluogo.

Anche a Trento l’attività scrittoria in giudizio era affi data ai notai, che registrava- no sui propri protocolli gli atti relativi alle sedute giudiziarie; con l’emanazione dei nuovi statuti cittadini da parte del vescovo Alessandro di Masovia nel 1425-1427, tale compito divenne prerogativa esclusiva degli iscritti al Collegio dei giudici e notai della città di Trento32.

Come accennato, il primo documento sopravvissuto è proprio una sentenza, pronunciata nel palazzo vescovile nel 138633 dai notai Vigilio da Seregnano, fi glio

di Guglielmo da Roccabruna, Alberto di Negratus da Sacco e Federico fi glio di ser Ognibene da Povo, arbitri scelti per dirimere la controversia fra il canonico Morandino34 e Loisio detto dal Dosso35.

32 Cfr. Cagol, Il ruolo dei notai, cit., in particolare alle pp. 174-179.

33 Cfr. Appendice, regesto n. 3 (ASTn, APV, Sezione latina, capsa Miscellanea I, n. 126). 34 Sul canonico Morandino da Trento cfr. la scheda biografi ca in Curzel, I canonici e il Capitolo, cit., pp. 629-631.

35 I notai condannano il canonico Morandino «ad dandum et solvendum dicto Aloysio pro resto affi ctuum dicti Aloysii per dictos decem annos non exactorum, ut apparet in quaterno rationis recepto- rum dicti domini Morandini, infrascriptas bladorum quantitates aut sibi Aloysio consignare inquilinos obligatos secundum inventarium datum et consignatum dicto Aloysio per dictum dominum Morandinum, videlicet ...; item pro resto affi ctuum denariorum non exactorum octo ducatos auri aut sibi consignare ut supra; item dictus dominus Morandinus debeat restituere dicto Aloysio omnes suos libros, cartas et instrumenta quelibet spectantia ad dictum Aloysium, cum omnibus rebus mobilibus, ...».

Negli anni successivi non mancano altri esempi di sentenze con la sottoscrizione del professionista. Il 13 febbraio 1388, ad esempio, il notaio venne chiamato a re- gistrare una serie di acta al palazzo vescovile, «apud banchum iuris malefi ciorum», dove il vicario del vescovo Alberto di Ortenburg presiedeva la causa per i diritti di pascolo e di malga sul monte Bondone36. I notai che si alternavano nella verbaliz-

zazione delle sedute giudiziarie registravano gli atti sui propri protocolli, seguendo un sostanziale ordine cronologico per cui la documentazione giudiziaria era alternata a rogiti d’altro argomento. Oggi, vista la scarsa conservazione di registri notarili per buona parte del Trecento e del primo Quattrocento nella città di Trento, molta documentazione di natura giudiziaria risulta irrimediabilmente perduta, per cui ciò che rimane è rappresentato in gran parte dalle pergamene in mundum che furono estratte a partire dalle ‘matrici’ sui cartulari notarili perduti.

Ciò è vero anche per ser Antonio da Borgonuovo, del quale – come ricorda- to – si hanno alcune pergamene relative a sentenze emesse in episcopali palatio, conservate in ottica tesaurizzante prevalentemente nell’archivio vescovile; a partire dalla metà degli anni Venti del Quattrocento, tuttavia, con l’inizio delle registrazioni su Instrumenta capitularia 8bis, si hanno a disposizione otto scritture inerenti a processi e sentenze discusse dinanzi al vicario vescovile37.

Fra queste, si prenderà in esame quella datata fra il 26 e il 28 giugno 142638,

relativa al processo contro i ferarinos della val di Sole. L’atto non si svolge pres- so il palazzo del vicario ma al castello del Buonconsiglio, dove Alessandro di Masovia aveva spostato la discussione di alcune sedute giudiziarie da lui stesso presiedute o affi date a propri delegati39. Rappresenta il vescovo dinanzi ai giu-

dici Giovanni da Isny e Antonio de Civolis da Ledro il giurisperito Antonio da Molveno che presenta istanza per conto del presule contro i minatori della val di Sole, assistiti dal procuratore Guglielmo Saraceno. Oggetto del contenzioso è il mancato versamento della decima dovuta al vescovo di Trento per l’estrazione del ferro dal tempo della morte di Georg Liechtenstein. Il notaio rogatario Antonio da Borgonuovo registrò, consecutivamente, tutto il procedimento giudiziario, fi no alla sentenza, emessa il 28 giugno, con la quale i minatori furono condannati a pagare la decima per il periodo in cui non avevano versato quanto dovuto, ovvero dal 1419. Il documento brevemente riassunto permette di ricostruire, almeno in parte, i processi di produzione documentaria del tribunale vescovile. Come accennato in precedenza, il sistema di produzione e conservazione delle scritture giudiziarie era affi dato unicamente ai notai, i quali raccoglievano i verbali delle sedute dinanzi al vicario sui propri protocolli e registri; non è dunque casuale il fatto che l’intero procedimento processuale si trovi, oltre che nella redactio in mundum presso l’Ar- chivio vescovile, anche nel registro del notaio Antonio da Borgonuovo. Una nota dello stesso professionista informa inoltre che il testo del processo fu rilevato «ex quibusdam foliis ubi notatus erat per me». Si deve pertanto presumere che Antonio avesse inizialmente steso l’intero verbale della causa su fogli sciolti o su piccoli

36 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3347.

37 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, nn. 142, 213, 404a, 404b, 405, 351, 356a, 438. Del n. 213 si ha a disposizione anche la redactio in mundum in ASTn, APV, Sezione latina, capsa 66, n. 2.

38 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 213 e ASTn, APV, Sezione latina, capsa 66, n. 2. 39 Cagol, Il ruolo dei notai, cit., p. 178.

Stefano Malfatti

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verso forme di produzione della documentazione pienamente cancelleresche, tali da rendere superfl ua l’intermediazione della  des notarile, non sembra dunque ancora pienamente compiuto. Se da un lato, tuttavia, si deve constatare una diminuzione della documentazione rogata dai notai trentini su richiesta dei vescovi (in particolare Alessandro di Masovia), dall’altro la documentazione redatta per conto dei procura- tori vescovili continua a essere prodotta esclusivamente dai notai attivi sulla piazza di Trento; una buona porzione della produzione documentaria vescovile rogata da ser Antonio, come si vedrà, è redatta infatti per conto dei procuratori del vescovo. È all’interno di questo contesto che va collocata la fi gura del giovane Anto- nio da Borgonuovo. Sebbene la documentazione superstite prodotta dal notaio sia piuttosto esigua (poche unità per gli anni Ottanta e Novanta del Trecento), occorre piuttosto fare attenzione alla qualità e alla tipologia di quei documenti. Le dinamiche e gli incidenti conservativi possono infatti distorcere in modo sostanziale il profi lo professionale di un notaio trentino, proprio perché il notariato locale è debole, talvolta casuale, privo di coscienza professionale o di gruppo, e spesso legato alle mutevoli politiche documentarie dei vescovi. Ne è tangibile dimostrazione l’attività di Antonio che, sin da giovanissimo – a fi ne anni Ottanta doveva avere non più di 25-30 anni –, appare impegnato come notaio al servizio del vicario vescovile presso il palatium episcopi.

2. L’attività al servizio del vicario vescovile

Fra la documentazione di Antonio da Borgonuovo una certa rilevanza, soprattutto

sotto il profi lo degli argomenti trattati, assumono le sentenze e gli atti giudiziari, rogati prevalentemente presso il palatium episcopi, già residenza vescovile, luogo deputato all’amministrazione della giustizia nel capoluogo.

Anche a Trento l’attività scrittoria in giudizio era affi data ai notai, che registrava- no sui propri protocolli gli atti relativi alle sedute giudiziarie; con l’emanazione dei nuovi statuti cittadini da parte del vescovo Alessandro di Masovia nel 1425-1427, tale compito divenne prerogativa esclusiva degli iscritti al Collegio dei giudici e notai della città di Trento32.

Come accennato, il primo documento sopravvissuto è proprio una sentenza, pronunciata nel palazzo vescovile nel 138633 dai notai Vigilio da Seregnano, fi glio

di Guglielmo da Roccabruna, Alberto di Negratus da Sacco e Federico fi glio di ser Ognibene da Povo, arbitri scelti per dirimere la controversia fra il canonico Morandino34 e Loisio detto dal Dosso35.

32 Cfr. Cagol, Il ruolo dei notai, cit., in particolare alle pp. 174-179.

33 Cfr. Appendice, regesto n. 3 (ASTn, APV, Sezione latina, capsa Miscellanea I, n. 126). 34 Sul canonico Morandino da Trento cfr. la scheda biografi ca in Curzel, I canonici e il Capitolo, cit., pp. 629-631.

35 I notai condannano il canonico Morandino «ad dandum et solvendum dicto Aloysio pro resto affi ctuum dicti Aloysii per dictos decem annos non exactorum, ut apparet in quaterno rationis recepto- rum dicti domini Morandini, infrascriptas bladorum quantitates aut sibi Aloysio consignare inquilinos obligatos secundum inventarium datum et consignatum dicto Aloysio per dictum dominum Morandinum, videlicet ...; item pro resto affi ctuum denariorum non exactorum octo ducatos auri aut sibi consignare ut supra; item dictus dominus Morandinus debeat restituere dicto Aloysio omnes suos libros, cartas et instrumenta quelibet spectantia ad dictum Aloysium, cum omnibus rebus mobilibus, ...».

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Negli anni successivi non mancano altri esempi di sentenze con la sottoscrizione del professionista. Il 13 febbraio 1388, ad esempio, il notaio venne chiamato a re- gistrare una serie di acta al palazzo vescovile, «apud banchum iuris malefi ciorum», dove il vicario del vescovo Alberto di Ortenburg presiedeva la causa per i diritti di pascolo e di malga sul monte Bondone36. I notai che si alternavano nella verbaliz-

zazione delle sedute giudiziarie registravano gli atti sui propri protocolli, seguendo un sostanziale ordine cronologico per cui la documentazione giudiziaria era alternata a rogiti d’altro argomento. Oggi, vista la scarsa conservazione di registri notarili per buona parte del Trecento e del primo Quattrocento nella città di Trento, molta documentazione di natura giudiziaria risulta irrimediabilmente perduta, per cui ciò che rimane è rappresentato in gran parte dalle pergamene in mundum che furono estratte a partire dalle ‘matrici’ sui cartulari notarili perduti.

Ciò è vero anche per ser Antonio da Borgonuovo, del quale – come ricorda- to – si hanno alcune pergamene relative a sentenze emesse in episcopali palatio, conservate in ottica tesaurizzante prevalentemente nell’archivio vescovile; a partire dalla metà degli anni Venti del Quattrocento, tuttavia, con l’inizio delle registrazioni su Instrumenta capitularia 8bis, si hanno a disposizione otto scritture inerenti a processi e sentenze discusse dinanzi al vicario vescovile37.

Fra queste, si prenderà in esame quella datata fra il 26 e il 28 giugno 142638,

relativa al processo contro i ferarinos della val di Sole. L’atto non si svolge pres- so il palazzo del vicario ma al castello del Buonconsiglio, dove Alessandro di Masovia aveva spostato la discussione di alcune sedute giudiziarie da lui stesso presiedute o affi date a propri delegati39. Rappresenta il vescovo dinanzi ai giu-

dici Giovanni da Isny e Antonio de Civolis da Ledro il giurisperito Antonio da Molveno che presenta istanza per conto del presule contro i minatori della val di Sole, assistiti dal procuratore Guglielmo Saraceno. Oggetto del contenzioso è il mancato versamento della decima dovuta al vescovo di Trento per l’estrazione del ferro dal tempo della morte di Georg Liechtenstein. Il notaio rogatario Antonio da Borgonuovo registrò, consecutivamente, tutto il procedimento giudiziario, fi no alla sentenza, emessa il 28 giugno, con la quale i minatori furono condannati a pagare la decima per il periodo in cui non avevano versato quanto dovuto, ovvero dal 1419. Il documento brevemente riassunto permette di ricostruire, almeno in parte, i processi di produzione documentaria del tribunale vescovile. Come accennato in precedenza, il sistema di produzione e conservazione delle scritture giudiziarie era affi dato unicamente ai notai, i quali raccoglievano i verbali delle sedute dinanzi al vicario sui propri protocolli e registri; non è dunque casuale il fatto che l’intero procedimento processuale si trovi, oltre che nella redactio in mundum presso l’Ar- chivio vescovile, anche nel registro del notaio Antonio da Borgonuovo. Una nota dello stesso professionista informa inoltre che il testo del processo fu rilevato «ex quibusdam foliis ubi notatus erat per me». Si deve pertanto presumere che Antonio avesse inizialmente steso l’intero verbale della causa su fogli sciolti o su piccoli

36 ASCTn, Comune di Trento, Antico regime, Sezione antica, ACT1-3347.

37 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, nn. 142, 213, 404a, 404b, 405, 351, 356a, 438. Del n. 213 si ha a disposizione anche la redactio in mundum in ASTn, APV, Sezione latina, capsa 66, n. 2.

38 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 213 e ASTn, APV, Sezione latina, capsa 66, n. 2. 39 Cagol, Il ruolo dei notai, cit., p. 178.

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

fascicoli per procedere poi alla trascrizione sul proprio registro degli estesi, ovvero in Instrumenta capitularia 8bis40.

Analogo procedimento sembrò seguire il notaio quando, nel 1430, registrò la sentenza emessa «in episcopali palacio, ad banchum ubi ius civile redditur consue- te» dal giudice arbitro Vigilio de Trahugis da Povo41. Senza entrare nel merito del

contenuto della causa, si può constatare come, anche in quell’occasione, Antonio da Borgonuovo pose in margine al testo steso nel suo registro una nota relativa a una precedente redazione della sentenza: «Relevata ex foliis ubi primitus fuit notata».

Fra le attività riconducibili al palazzo vescovile c’era anche quella del giudice delle tutele che, come ricordato, aveva il compito di affi dare gli orfani a dei tutori, dopo aver ricevuto notifi ca della morte dei genitori. Il 7 maggio 143042 Antonio da

Borgonuovo, che aveva ricoperto analoga carica nel 1423 e nel 1426, fu chiamato dal giudice delle tutele, il notaio Martino del fu Francesco da Volano, a registrare la nomina di Marco da Lusiana, quale tutore di Guglielma, fi glia del fu Nicolò

Sardagnole, che era morto nelle Giudicarie durante la guerra fra Paride Lodron e

Alessandro di Masovia. Marco procedette quindi al giuramento dinanzi al giudice e al notaio impegnandosi anche a redigere un inventario dei beni dell’orfana. Il 18 settembre successivo43 il tutore presentò l’inventario al vicario vescovile Gioacchino

Mezzasoma e Antonio da Borgonuovo fu chiamato a metterlo per iscritto44.

Fra gli incarichi svolti dal professionista presso il palazzo vescovile va ri- cordato anche quella di procuratore, che aveva il compito di presentare davanti al giudice le istanze di una delle parti in causa. Tale mansione è documentata in modo preciso e dettagliato anche attraverso un piccolo registro cartaceo, composto da diversi fascicoli di provenienza eterogenea45, il primo dei quali trasmette le più

antiche registrazioni di cause in giudizio relative agli anni 1414-1417, con estratti di verbali redatti dalla mano del notaio Nicolò da Arco. Si tratta di un vero e proprio registro di acta, dove un unico notaio predispose in ordine cronologico i verbali di più procedimenti; il codice 2544 rappresenta pertanto un unicum, poiché dalla lettura di questi fascicoli è talvolta possibile ricostruire l’intero procedimento giudiziario, altrimenti frammentato fra le carte – in larga misura oggi disperse – dei notai chiamati di volta in volta a prenderne nota.

Ampiamente attestata è l’attività di ser Antonio come procuratore al servizio del Capitolo della cattedrale46; con le costituzioni sinodali emanate nel 1336 dal

40 La rubrica di mano del notaio che precede il documento recita: Processus factus per dominum nostrum contra ferarinos in valis Solis pretextu decime petite cum sententia ex inde lata ut infra, relevatus ex quibusdam foliis ubi notatus erat per me etc. La rubrica è preceduta dalla nota relativa

all’estrazione del mundum: Facta extra cum sententia in uno rodulo et data in castro etc. Il documento su pergamena presso l’Archivio del Principato vescovile non è di mano del notaio Antonio da Borgo- nuovo; si tratta di copia non autenticata di mano coeva che reca pure la sottoscrizione di Antonio (ma non di sua mano) con due sigilli pendenti da fi li serici. L’inventario di Ippoliti e Zatelli presenta alla Capsa 66 in APV, Sezione latina (mineralia) anche un documento n. 3 uguale al precedente n. 2 ma oggi mancante; poteva trattarsi dell’originale del notaio Antonio da Borgonuovo.

41 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, cc. 167v-168r, n. 438. 42 Ivi, n. 386.

43 Ivi, n. 387.

44 Il 9 marzo 1431 il notaio fu chiamato inoltre a stendere un’additio inventarii (ivi, n. 387a). 45 BCTn, BCT1, n. 2544.

46 Fra i molti esempi, cfr. ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 675b (senza data): di fronte a Giovanni Anhang in iure canonicus peritus, canonico e vicario in spiritualibus di Alessandro vescovo di Trento e duca di Masovia, il notaio Antonio di ser Bartolasio procuratore del Capitolo chiede di

vescovo Enrico di Metz, infatti, il Capitolo fu invitato a scegliere dei procuratori, salariati, «ad petendum, exigendum et recipiendum et bona possessiones et iura Capituli perdita, alienata illicite et distracta recuperandum cum clausolis opportu- nis»47; tale funzione, che veniva affi data a uomini di fi ducia, comportava quindi un

ulteriore guadagno per il procuratore, che aveva il compito di rappresentare l’ente presso il tribunale vescovile.

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