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Fra notariato e cancelleria Note sulla produzione documentaria vescovile fra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

1. Fra notariato e cancelleria Note sulla produzione documentaria vescovile fra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento

Antonio da Borgonuovo inizia a lavorare nella Trento degli anni Ottanta quando lentamente una cancelleria episcopale si stava strutturando e diventava un punto di riferimento per un giovane, intraprendente notaio che voleva fare carriera. Era- no trascorsi oltre sessant’anni da quando, ai primi del Trecento, Bongiovanni di Bonandrea aveva dato nuovo impulso ai sistemi di produzione e conservazione della documentazione vescovile2. L’opera innovatrice del bolognese proseguì nei

decenni successivi, con i notai Trentino di Zuccolino da Tuenno e, dal 1333, Enrico da Landsberg, che si sottoscrivevano utilizzando la qualifi ca di scriba episcopi, in quanto chiamati a svolgere una funzione di ‘supervisione’ e ‘coordinamento’ sui «prodotti documentari di altri notai»3.

Alla metà del Trecento, a più di un secolo dalla redazione, su richiesta del ve- scovo Federico Vanga, del Liber Sancti Vigilii (o Codex Wangianus Minor), venne portato a compimento il Codex Wangianus Maior4. Con esso furono riproposti,

senza mutazioni di rilievo, gli atti contenuti nel codice duecentesco cui, tuttavia, fu aggiunta una ulteriore serie di documenti, di tipologia eterogenea, legati pre- valentemente al periodo in cui il nuovo presule boemo Nicolò da Brno promosse quest’iniziativa5. Un’attenta analisi codicologica e testuale del Codex Maior per-

mette di rilevare come il codice trecentesco fu redatto quasi per intero dalla mano del notaio transalpino «Conradus natus Friderici Greusseri civis de Monte Kuctis imperiali auctoritate notarius»6; nella sottoscrizione di ogni documento da lui

esemplato, Corrado elenca dettagliatamente i propri dati ‘biografi ci’ e l’auctoritas imperiale che l’ha investito di publica  des, chiarendo inoltre quale sia il suo status professionale nella confezione del Codex, ovvero qualifi candosi quale scriba domi-

2 Cfr. D. Rando, M. Motter, Il «Quaternus rogacionum» del notaio Bongiovanni di Bonandrea (1308-1320), Il Mulino, Bologna 1997 (Storia del Trentino. Serie II. Fonti e testi, 1).

3 Ivi, p. 65. Enrico da Landsberg, «imperiali auctoritate notarius et ... domini episcopi scriba» (ASTn, APV, Sezione latina, capsa 61, n. 65), è attivo almeno dal 1333. Questi roga per il vescovo anche fuori della città di Trento; lo si ritrova, ad esempio, in molte occasioni a sottoscrivere documentazione datata a Bolzano fra il gennaio e il febbraio del 1339 (cfr., ad esempio, ASTn, APV, Sezione latina, capsa 57, nn. 3, 72, 73; capsa 61, nn. 67, 68; capsa 59, n. 118; capsa 57, nn. 44, 75) e, nel dicem- bre dello stesso anno, al seguito del vescovo Nicolò da Brno presso il castello di Tenno, ove redige l’investitura feudale di Riprando da Campo (ivi, capsa 68, n. 149). L’attività di Enrico da Landsberg, che dal 1336 è citato anche quale canonico della cattedrale (Curzel, I canonici e il Capitolo, cit., p. 514), prosegue almeno fi no al 1343 (lo si ritrova, in episcopali castro Boni Conscilii, a sottoscrivere un documento insieme ai notai Bonaventura del fu Pellegrino da Riva, Nicolò da Trento e Nicolò del fu Bonaventura da Volano [1343 gennaio 22]. È defi nito olim scriba il 14 gennaio 1344: ivi, p. 514).

4 D. Frioli, La “costruzione” di un registro vescovile: Nicolò da Brno, vescovo di Trento (1338- 1347) e il Codex Wangianus Maior, in G.G. Merlo (a cura di), Vescovi Medievali, Biblioteca francescana,

Milano 2003, p. 208; le datazioni esplicite riportate nel Codex non si riferiscono all’esemplazione del

corpus documentario, ma alla sola prassi di autenticazione del materiale stesso. 5 Ivi, p. 209.

6 Precendenti al suo arrivo in area trentina sono i rapporti fra Corrado e il vescovo Nicolò; Corrado infatti è attestato quale notaio di Giovanni Volek, vescovo di Olmütz e, negli stessi anni, de- cano del Capitolo cattedrale è Nicolò da Brno. Corrado appare al fi anco di Carlo, il futuro imperatore Carlo IV, e dunque dello stesso Nicolò, in occasione del viaggio che, nel 1336, vide il conte in Tirolo per difendere gli interessi del fratello Giovanni Enrico. Sulla base dei rapporti già esistenti, il notaio transalpino può dunque ricondursi a quella familia episcopale che, abbandonati i luoghi di origine, si ricostituì nell’episcopio tridentino.

Stefano Malfatti

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Fig. 5. Edifi ci religiosi, spazi del potere civile e della vita economica a Trento in età me- dievale (tratto da: G. Albertoni, G.M. Varanini [a cura di], Il territorio trentino nella sto-

ria europea, II: L’età medievale, FBK Press, Trento 2011, p. 158. Elaborazione grafi ca di

G. Weber).

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1. Fra notariato e cancelleria. Note sulla produzione documentaria vescovile fra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento

Antonio da Borgonuovo inizia a lavorare nella Trento degli anni Ottanta quando lentamente una cancelleria episcopale si stava strutturando e diventava un punto di riferimento per un giovane, intraprendente notaio che voleva fare carriera. Era- no trascorsi oltre sessant’anni da quando, ai primi del Trecento, Bongiovanni di Bonandrea aveva dato nuovo impulso ai sistemi di produzione e conservazione della documentazione vescovile2. L’opera innovatrice del bolognese proseguì nei

decenni successivi, con i notai Trentino di Zuccolino da Tuenno e, dal 1333, Enrico da Landsberg, che si sottoscrivevano utilizzando la qualifi ca di scriba episcopi, in quanto chiamati a svolgere una funzione di ‘supervisione’ e ‘coordinamento’ sui «prodotti documentari di altri notai»3.

Alla metà del Trecento, a più di un secolo dalla redazione, su richiesta del ve- scovo Federico Vanga, del Liber Sancti Vigilii (o Codex Wangianus Minor), venne portato a compimento il Codex Wangianus Maior4. Con esso furono riproposti,

senza mutazioni di rilievo, gli atti contenuti nel codice duecentesco cui, tuttavia, fu aggiunta una ulteriore serie di documenti, di tipologia eterogenea, legati pre- valentemente al periodo in cui il nuovo presule boemo Nicolò da Brno promosse quest’iniziativa5. Un’attenta analisi codicologica e testuale del Codex Maior per-

mette di rilevare come il codice trecentesco fu redatto quasi per intero dalla mano del notaio transalpino «Conradus natus Friderici Greusseri civis de Monte Kuctis imperiali auctoritate notarius»6; nella sottoscrizione di ogni documento da lui

esemplato, Corrado elenca dettagliatamente i propri dati ‘biografi ci’ e l’auctoritas imperiale che l’ha investito di publica  des, chiarendo inoltre quale sia il suo status professionale nella confezione del Codex, ovvero qualifi candosi quale scriba domi-

2 Cfr. D. Rando, M. Motter, Il «Quaternus rogacionum» del notaio Bongiovanni di Bonandrea (1308-1320), Il Mulino, Bologna 1997 (Storia del Trentino. Serie II. Fonti e testi, 1).

3 Ivi, p. 65. Enrico da Landsberg, «imperiali auctoritate notarius et ... domini episcopi scriba» (ASTn, APV, Sezione latina, capsa 61, n. 65), è attivo almeno dal 1333. Questi roga per il vescovo anche fuori della città di Trento; lo si ritrova, ad esempio, in molte occasioni a sottoscrivere documentazione datata a Bolzano fra il gennaio e il febbraio del 1339 (cfr., ad esempio, ASTn, APV, Sezione latina, capsa 57, nn. 3, 72, 73; capsa 61, nn. 67, 68; capsa 59, n. 118; capsa 57, nn. 44, 75) e, nel dicem- bre dello stesso anno, al seguito del vescovo Nicolò da Brno presso il castello di Tenno, ove redige l’investitura feudale di Riprando da Campo (ivi, capsa 68, n. 149). L’attività di Enrico da Landsberg, che dal 1336 è citato anche quale canonico della cattedrale (Curzel, I canonici e il Capitolo, cit., p. 514), prosegue almeno fi no al 1343 (lo si ritrova, in episcopali castro Boni Conscilii, a sottoscrivere un documento insieme ai notai Bonaventura del fu Pellegrino da Riva, Nicolò da Trento e Nicolò del fu Bonaventura da Volano [1343 gennaio 22]. È defi nito olim scriba il 14 gennaio 1344: ivi, p. 514).

4 D. Frioli, La “costruzione” di un registro vescovile: Nicolò da Brno, vescovo di Trento (1338- 1347) e il Codex Wangianus Maior, in G.G. Merlo (a cura di), Vescovi Medievali, Biblioteca francescana,

Milano 2003, p. 208; le datazioni esplicite riportate nel Codex non si riferiscono all’esemplazione del

corpus documentario, ma alla sola prassi di autenticazione del materiale stesso. 5 Ivi, p. 209.

6 Precendenti al suo arrivo in area trentina sono i rapporti fra Corrado e il vescovo Nicolò; Corrado infatti è attestato quale notaio di Giovanni Volek, vescovo di Olmütz e, negli stessi anni, de- cano del Capitolo cattedrale è Nicolò da Brno. Corrado appare al fi anco di Carlo, il futuro imperatore Carlo IV, e dunque dello stesso Nicolò, in occasione del viaggio che, nel 1336, vide il conte in Tirolo per difendere gli interessi del fratello Giovanni Enrico. Sulla base dei rapporti già esistenti, il notaio transalpino può dunque ricondursi a quella familia episcopale che, abbandonati i luoghi di origine, si ricostituì nell’episcopio tridentino.

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

ni episcopi7. Ed è proprio la diversa facies che caratterizza i due cartulari, quello

duecentesco dalla struttura grafi ca e codicologica più variegata, e quello trecentesco più unitario, a rendere palesi le tracce di un’evoluzione documentaria legata alla progressiva specializzazione e fi delizzazione dei notai attivi per l’episcopio. Federico Vanga ricorse alle prestazioni di vari notai, i cui nomi ricorrono numerose volte, replicati, fra i fascicoli del Codex Minor, tuttavia nessun vincolo sembrava legare quei professionisti a Federico o all’episcopato. Un secolo più tardi, la prestazione prioritaria di Corrado Greusser nel Codex Maior è indice di maggiore stabilità nei rapporti tra i notai di curia e il vescovo di Trento. Ciò rappresenta indubbiamente un primo tentativo da parte dell’episcopato di stringere un legame più saldo con i notai attivi nella propria curia; un gruppo di professionisti che, tuttavia, risulta ancora scarsamente articolato8.

Le dinamiche connesse con la produzione e la conservazione delle carte vescovili fra Tre e Quattrocento necessitano di ricerche più approfondite9, che possono essere

svolte soltanto attraverso lo spoglio e lo studio sistematico della documentazione relativa a quegli anni. Tuttavia, pur senza trarre conclusioni defi nitive, è possibile individuare alcune linee di tendenza per il periodo che intercorre fra gli episcopati di Alberto di Ortenburg (1360-1390) e Alessandro di Masovia (1423-1444).

Proprio a partire dall’episcopato di Alberto di Ortenburg fanno la comparsa documenti che, sotto il profi lo diplomatistico, sono pienamente ascrivibili alla ca- tegoria del documento notarile, redatti transversa charta, con la datazione topica e cronica in protocollo, il signum e la sottoscrizione del notaio rogante. Tuttavia, queste pergamene presentano la particolare caratteristica di essere dotate di sigil- lo cereo pendente. Si tratta di documentazione rogata prevalentemente presso il Buonconsiglio, spesso «in stupa parva superiori», ove il vescovo agisce quale auctor dell’azione giuridica (fi g. 6).

Il 2 febbraio 1368 il vescovo Alberto fa redigere una investitura di alcune de- cime esatte presso la villa di Stenico; roga il documento Gioacchino Mezzasoma, «imperiali auctoritate notarius» il quale, tuttavia, prima di sottoscrivere il rogito scrive: «in quorum omnium testimonium et ad maius robur presentes fi eri fecit et sui sigilli appensione muniri mandavit», annunciando così il sigillo vescovile che si trova infatti appeso alla plica10. In altri casi, pure caratterizzati dalla presenza del

7 Sulla qualifi ca di scribae episcopalis curiae cfr. G. Chittolini, “Episcopalis curiae notarius”. Cenni sui notai di curie vescovili nell’Italia centro-settentrionale alla  ne del Medioevo, in Società, istituzioni, spiritualità. Studi in onore di Cinzio Violante, CISAM, Spoleto 1994, pp. 221-232.

8 F. Cagol, Il ruolo dei notai nella produzione e conservazione degli atti delle cancellerie giudiziarie della città di Trento (secoli XIII-XVI), in A. Giorgi, S. Moscadelli, C. Zarrilli (a cura di), La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo-medievale e moderna, Atti del convegno

(Siena, 15-17 settembre 2008), Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma 2012 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 109), I, p. 178.

9 È attualmente in corso una specifi ca ricerca condotta da Rossella Ioppi destinata a ricostruire la fi sionomia dell’archivio vescovile fra medioevo ed età moderna, inerente anche alle caratteristiche della cancelleria vescovile. Quanto si riassume in questo paragrafo, dunque, non può che avere natura provvisoria, essendo frutto di un primo censimento sulla documentazione episcopale Tre- e Quattro- centesca. Le ricerche di Ioppi consentiranno senza dubbio di chiarire al meglio l’argomento.

10 ASTn, APV, Sezione latina, capsa 62, n. 98. Per un caso analogo cfr. ivi, capsa 59, n. 132: si tratta di un documento notarile redatto da Sicherio del fu Michele da Vezzano, vergato tuttavia

transversa charta, ove però manca il sigillo sebbene prima della sottoscrizione si legga: «In cuius

rey testimonium hec publicum instrumentum quod fi eri et conscribi fecit per me Sicherium notarium

Fig. 6. ASTn, APV, Sezione latina, capsa 58, n. 40 (1365 dicembre 4). Il vescovo Alberto di Ortenburg rinnova l’investitura a Lianardo e Antonio fi gli del fu ser Bertoldo da Sant’Ippolito. Documento no- tarile sottoscritto da Pietro del fu Alessandro da Nanno, notaio per autorità imperiale, ulteriormente convalidato da sigillo cereo del presule trentino, annunciato in escatocollo dalla formula: «in quorum fidem omnium premis- sorum sigillum prefati domini ellecti et confirmati, quo huc usque ussus est et ad presens utitur publice huic in instrumento est apensum». La data topica, in pro- tocollo, recita: «Tridenti, in castro Boni Conscilii, in stupa a fornello parva superiori».

Stefano Malfatti

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ni episcopi7. Ed è proprio la diversa facies che caratterizza i due cartulari, quello

duecentesco dalla struttura grafi ca e codicologica più variegata, e quello trecentesco più unitario, a rendere palesi le tracce di un’evoluzione documentaria legata alla progressiva specializzazione e fi delizzazione dei notai attivi per l’episcopio. Federico Vanga ricorse alle prestazioni di vari notai, i cui nomi ricorrono numerose volte, replicati, fra i fascicoli del Codex Minor, tuttavia nessun vincolo sembrava legare quei professionisti a Federico o all’episcopato. Un secolo più tardi, la prestazione prioritaria di Corrado Greusser nel Codex Maior è indice di maggiore stabilità nei rapporti tra i notai di curia e il vescovo di Trento. Ciò rappresenta indubbiamente un primo tentativo da parte dell’episcopato di stringere un legame più saldo con i notai attivi nella propria curia; un gruppo di professionisti che, tuttavia, risulta ancora scarsamente articolato8.

Le dinamiche connesse con la produzione e la conservazione delle carte vescovili fra Tre e Quattrocento necessitano di ricerche più approfondite9, che possono essere

svolte soltanto attraverso lo spoglio e lo studio sistematico della documentazione relativa a quegli anni. Tuttavia, pur senza trarre conclusioni defi nitive, è possibile individuare alcune linee di tendenza per il periodo che intercorre fra gli episcopati di Alberto di Ortenburg (1360-1390) e Alessandro di Masovia (1423-1444).

Proprio a partire dall’episcopato di Alberto di Ortenburg fanno la comparsa documenti che, sotto il profi lo diplomatistico, sono pienamente ascrivibili alla ca- tegoria del documento notarile, redatti transversa charta, con la datazione topica e cronica in protocollo, il signum e la sottoscrizione del notaio rogante. Tuttavia, queste pergamene presentano la particolare caratteristica di essere dotate di sigil- lo cereo pendente. Si tratta di documentazione rogata prevalentemente presso il Buonconsiglio, spesso «in stupa parva superiori», ove il vescovo agisce quale auctor dell’azione giuridica (fi g. 6).

Il 2 febbraio 1368 il vescovo Alberto fa redigere una investitura di alcune de- cime esatte presso la villa di Stenico; roga il documento Gioacchino Mezzasoma, «imperiali auctoritate notarius» il quale, tuttavia, prima di sottoscrivere il rogito scrive: «in quorum omnium testimonium et ad maius robur presentes fi eri fecit et sui sigilli appensione muniri mandavit», annunciando così il sigillo vescovile che si trova infatti appeso alla plica10. In altri casi, pure caratterizzati dalla presenza del

7 Sulla qualifi ca di scribae episcopalis curiae cfr. G. Chittolini, “Episcopalis curiae notarius”. Cenni sui notai di curie vescovili nell’Italia centro-settentrionale alla  ne del Medioevo, in Società, istituzioni, spiritualità. Studi in onore di Cinzio Violante, CISAM, Spoleto 1994, pp. 221-232.

8 F. Cagol, Il ruolo dei notai nella produzione e conservazione degli atti delle cancellerie giudiziarie della città di Trento (secoli XIII-XVI), in A. Giorgi, S. Moscadelli, C. Zarrilli (a cura di), La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo-medievale e moderna, Atti del convegno

(Siena, 15-17 settembre 2008), Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma 2012 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 109), I, p. 178.

9 È attualmente in corso una specifi ca ricerca condotta da Rossella Ioppi destinata a ricostruire la fi sionomia dell’archivio vescovile fra medioevo ed età moderna, inerente anche alle caratteristiche della cancelleria vescovile. Quanto si riassume in questo paragrafo, dunque, non può che avere natura provvisoria, essendo frutto di un primo censimento sulla documentazione episcopale Tre- e Quattro- centesca. Le ricerche di Ioppi consentiranno senza dubbio di chiarire al meglio l’argomento.

10 ASTn, APV, Sezione latina, capsa 62, n. 98. Per un caso analogo cfr. ivi, capsa 59, n. 132: si tratta di un documento notarile redatto da Sicherio del fu Michele da Vezzano, vergato tuttavia

transversa charta, ove però manca il sigillo sebbene prima della sottoscrizione si legga: «In cuius

rey testimonium hec publicum instrumentum quod fi eri et conscribi fecit per me Sicherium notarium

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Fig. 6. ASTn, APV, Sezione latina, capsa 58, n. 40 (1365 dicembre 4). Il vescovo Alberto di Ortenburg rinnova l’investitura a Lianardo e Antonio fi gli del fu ser Bertoldo da Sant’Ippolito. Documento no- tarile sottoscritto da Pietro del fu Alessandro da Nanno, notaio per autorità imperiale, ulteriormente convalidato da sigillo cereo del presule trentino, annunciato in escatocollo dalla formula: «in quorum fidem omnium premis- sorum sigillum prefati domini ellecti et confirmati, quo huc usque ussus est et ad presens utitur publice huic in instrumento est apensum». La data topica, in pro- tocollo, recita: «Tridenti, in castro Boni Conscilii, in stupa a fornello parva superiori».

L’attività professionale di Antonio da Borgonuovo

vescovo quale auctor, si hanno invece semplici documenti notarili, privi di sigillo e di relativa corroborazione11.

Un’ulteriore tipologia che, in analogo scorcio d’anni, viene prodotta per conto di Alberto di Ortenburg è quella del documento redatto recta charta, privo in apertura della invocazione tipica del rogito notarile e con il datum in escatocollo (fi g. 7). Apre il protocollo l’intitulatio «Nos Albertus de Ortenburg electus et confi rmatus»,

auctor dell’azione giuridica, cui fa seguito un dettato redatto in forma soggettiva,

senza l’intermediazione della mano di un pubblico notaio. L’investitura registrata nel documento è valida in quanto emessa dall’autorità vescovile, lì rappresentata dal sigillo cereo pendente12 (fi g. 8).

Tipologie documentarie eterogenee, analoghe a quelle poc’anzi descritte, conti- nuano ad essere impiegate durante l’episcopato di Alberto di Ortenburg il quale, pur privilegiando il documento sigillato, con o senza l’intermediazione notarile, fa anche sporadico utilizzo del tradizionale documento redatto da pubblici professionisti13.

Esclusivamente notarile è invece la documentazione redatta su commissione dei procuratori del vescovo, i quali si servono di un ristretto gruppo di notai, probabil- mente legati da un qualche rapporto di fi ducia con l’autorità vescovile, per rogare i propri documenti. Così, ad esempio, il procuratore vescovile Francesco da Molveno, egli stesso un notaio, che agì in rappresentanza di Alberto di Ortenburg dal 136714

al 138315, si servì nel tempo di un certo numero di notai: Guglielmo ab Equabus,

Rodolfo del fu ser Basino da Trento, Antonio del fu Michele da Ranzo, Antonio da Pomarolo, Giacomo del fu Bartolomeo da Ravazzone, Giovanni del fu Enrico da Viarago, Pietro Mezzasoma, Francesco del fu Pietro da Isera, Alberto del fu ser

Negratus da Sacco, Marco del fu Odorico del fu Giacomo da Spormaggiore. Costo-

ro non sembrano tuttavia esplicitare, attraverso la sottoscrizione, alcun particolare rapporto con il procuratore vescovile, dichiarandosi costantemente e semplicemente notai d’autorità imperiale. Per quanto concerne, invece, la documentazione in cui il vescovo fi gura come auctor, nei casi in cui tali documenti furono redatti dalla mano di professionisti, si rileva la presenza di un ristretto gruppo di tabellioni che, in alcuni casi, esplicitano la loro qualifi ca di «notarius et domini episcopi scriba».

Nel 1368, ad esempio, il notaio di origini lagarine Francesco del fu magister Martino da Volano, si fi rma in sottoscrizione «publicus imperiali auctoritate notarius et offi cialis curie Tridentine»16 sottolineando un rapporto di tipo burocratico-fun-

zionariale con la curia vescovile. Come del resto è già stato ben messo in rilievo da Daniela Rando per l’inizio del Trecento, anche con l’episcopato di Alberto di Ortenburg la fi gura dello scriba episcopi si confi gura come preminente rispetto a un gruppo più ampio di notai che, più o meno saltuariamente, prestano servizio per l’episcopato.

infrascriptum sigili hereditatis sue quo utitur de presenti idem dominus episcopus appensione muniri mandavit et absque ipsius sigili apensione nulam roboris fi rmitatem habere voluit imo nulius fore momenti et efi cacie».

11 ASTn, APV, Sezione latina, capsa 59, n. 131 (1364 gennaio 7).

12 Ivi, capsa 58, n. 50 (1364 gennaio 26). Per un caso analogo si veda, ad esempio, ivi, capsa 10, n. 41 (1364 febbraio 2).

13 Ivi, capsa 37, n. 41 (1364 febbraio 4), redatto dal notaio Antonio del fu Filippo da Mori. 14 Ivi, capsa 64, n. 190 (1367 ottobre 31).

15 Ivi, capsa 64, n. 228 (1383 dicembre 6). 16 Codicis Clesiani, cit., pp. 192-193 (II, cc. 36-37).

Fig. 8. ASTn, APV, Sezione latina, capsa 58, n. 50 (particolare).

Fig. 7. ASTn, APV, Sezione latina, capsa 58, n. 50 (1364 gennaio 26). Il vescovo Alberto di Ortenburg investe il nobile Ramperto de Heithele da Scenna dei feudi che già anticamente la sua famiglia teneva dall’episcopato. In escatocollo, dopo l’annuncio del sigillo, l’actum e il

datum («in castro nostro Boniconscilii, in stupa superiori»), seguiti dall’elenco dei testimoni.

Stefano Malfatti

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vescovo quale auctor, si hanno invece semplici documenti notarili, privi di sigillo e di relativa corroborazione11.

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