Antonio da Borgonuovo al lavoro Tracce di diplomatica notarile
7. Il registro Instrumenta capitularia 8 (1402-1434) Descrizione codicologica Instrumenta capitularia 8 è un codice costituito da 332 carte, della misura
7.1. L’impostazione della pagina scritta
Le carte non presentano segni di marginatura o di rigatura, tuttavia il profes- sionista predispose la mise en page attraverso una preventiva piegatura di ciascuna carta in quattro sezioni parallele al lato lungo. Le pieghe che si venivano così a formare costituivano le direttrici di giustifi cazione. Nei documenti redatti per esteso egli solitamente principia il testo del documento (a partire dall’invocazione alla divinità) in corrispondenza della prima piega; lascia cioè in bianco l’intero margine sinistro cui è riservata la rubrica, delimitata a sua volta da un tratto di penna che la incornicia, e da eventuali annotazioni, quali ad esempio le note relative all’estrazione del mundum o eventuali integrazioni al testo. Le rubriche, come in passato è già stato più volte messo in luce, non avevano probabilmente alcun scopo giuridico; esse servivano piuttosto a reperire più facilmente i documenti all’interno dei registri60.
Non è un caso, infatti, che il notaio utilizzasse per la loro redazione forme-tipo che egli ripeteva costantemente; così, ad esempio, nel caso delle refute il formulario di ser Antonio prevedeva un periodo così articolato: «Refutatio facta per [...] de [...] sito/a ad [...] pro [...] de qua investitus fuit [...] etc», con minime modifi che.
Il documento vero e proprio, come anticipato, viene solitamente introdotto dall’invocazione divina In Christi nomine, amen, ove I- incipitaria è realizzata in dimensioni notevolmente potenziate e sovente con i tratti raddoppiati. Il testo del rogito occupa quindi le ulteriori tre sezioni della pagina sino a toccare il margine destro. Per quanto riguarda i documenti che ser Antonio scelse di redigere sul registro in forma abbreviata61, essi presentano – come si è del resto già avuto
modo di ricordare – le caratteristiche di una rubrica più ricca di informazioni; il testo viene addossato direttamente al margine sinistro della carta e parzialmente incorniciato (sui margini destro e inferiore) da un tratto di penna. Da notare come, analogamente alle rubriche, nei casi di rogiti così presentati, il notaio scelse di far principiare il testo con termini o locuzioni che ne defi nivano immediatamente il contenuto: carta nis, creditum, carta resignationis etc. Qualora il professionista avesse dovuto aggiungere, anche a distanza di tempo, un documento che modifi cava quello redatto in prima battuta62, egli affi ancava o faceva seguire il nuovo rogito a
quello precedente, procedendo, se richiesto, anche alla cancellatura o alla semplice depennatura del vecchio documento. Fra le annotazioni di ser Antonio che maggior-
59 Piccard, Wasserzeichen Hirsch, cit., XV, 1, n. 385 (Colonia, 1406, 1407). Simile, ma non del tutto corrispondente, soprattutto nella forma delle corna, è anche l’esempio di testa di cervo riportato in Mošin, Traljič, Vodeni Znakovi, cit., I, n. 2234 (Monaco di Baviera, 1397).
60 Cfr., ad esempio, Costamagna, La triplice redazione dell’instrumentum genovese, cit., p. 33. 61 Si tratta, in molti casi, di documenti il cui contenuto si riallaccia dal punto di vista giuridico o contrattuale al testo del rogito precedente; nel tal caso il notaio scelse dunque di non ripetere alcune informazioni (come la data o i testimoni presenti) più facilmente ricavabili dal primo documento.
Stefano Malfatti
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rinforzate mediante carta di fattura moderna. Tali danni non sono altrimenti rintrac- ciabili sulla coperta esterna che attualmente risulta in discreto stato di conservazione. Evidentemente la coperta originaria venne rimpiazzata con quella attuale oppure, al tempo in cui il registro fu danneggiato, i fascicoli non presentavano ancora una legatura; a tal proposito si deve rilevare la presenza di consistenti danni, quali ad esempio lacerazioni e perdite di supporto, alle prime carte di taluni fascicoli, il che farebbe presupporre una loro conservazione sciolta almeno in una prima fase53. Sul
piatto anteriore della coperta sono visibili due distinte etichette cartacee; la prima, più in alto, di forma rettangolare, è la più antica e rivela un breve testo non deci- frabile. La seconda, al centro, venne presumibilmente applicata nel XVIII secolo, in occasione del riordino dell’archivio capitolare da parte del canonico Francesco Felice Alberti d’Enno; essa presenta la dicitura: «Instrumenta capitularia Antonii | Bertolasii ab anno 1402 usque ad | annum 1433. | N. 8». Più in basso, una mano recente, forse attribuibile all’archivista Ivo Leonardi ha scritto a matita «C. 53», in riferimento alla capsa in cui era collocato il registro. Per quanto concerne la coperta inferiore, essa presenta al centro la dicitura «Bartolas», che una mano anonima da- tabile alla seconda metà del XV ha redatto direttamente sulla pelle con inchiostro di tonalità molto scura. Sul dorso si trovano invece ulteriori tre etichette; la prima, in alto, è databile al XIX secolo e recita: «Instrumenta | capitularia | ex notario | Antonio Bertolasio | ab anno 1402 ad annum 1433». La seconda appartiene alla mano dell’archivista Ivo Leonardi ed è stata con ogni probabilità applicata dopo il restauro del 1981: «Instrumenta | capitularia | notaio | Antonio fu Bertolasio | 1402-1434». In ultimo, più in basso, si trova un’etichetta di forma circolare, pure applicata nel corso degli anni Ottanta, con la segnatura «8». La carta impiegata per comporre i fascicoli del registro è uniforme per qualità, tuttavia si possono individuare due diverse tipologie di fi ligrana. La prima, riscontrabile su tutti i primi 19 fascicoli54,
misura 91 mm in altezza per 45 mm in larghezza. Essa rappresenta una testa di cervo, privo di occhi, sormontato da un tratto ‘stellato’, ovvero una sorta di croce. Il disegno è una variante del n° 15505 del repertorio di Moïse Briquet55 dal quale,
tuttavia, si distingue per una leggera differenza nella forma delle corna. Il disegno è molto simile anche a quello che si riscontra al n. 230 del repertorio di Gerhard Piccard, il quale riporta alla città di Vicenza e all’anno 140356, e al n. 2224 del
repertorio di Mošin e Traljič, dal quale si ricava come questo tipo di raffi gurazione sia riconducibile a produzioni italiane comprese fra il 1360 ed il 143757.
La seconda fi ligrana (93 mm in altezza per 45 mm in larghezza) veicolata dalle sole carte impiegate per confezionare il ventesimo fascicolo (T), rappresenta una testa di cervo con occhi sormontata da un tratto che termina con un fi ore a cinque petali. Il disegno è una variante simile al n. 15507 del repertorio di Briquet58, dalla
quale tuttavia si distingue per la posizione degli occhi che, nell’esempio di Briquet, 53 Questo dato è interessante alla luce di quanto si dirà, più avanti, in merito alla suddivisione in volumina (cioè gruppi di fascicoli), ciascuno dedicato ad un particolare cespite d’entrata, e preceduto
da relative tabule istrumentorum, per mano del notaio Antonio da Borgonuovo. 54 Ben visibile ad esempio al centro della c. 334.
55 C.M. Briquet, Les Filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu’en 1600, Hiersemann, Leipzig 1923, IV, n. 15505, p. 777 (Verona, 1422-38).
56 G. Piccard, Wasserzeichen Hirsch, W. Kohlhammer, Stuttgart 1961, XV, 1, n. 230.
57 V.A. Mošin, S.M. Traljič, Vodeni Znakovi XIII i XIV vijeka; Filigranes des XIII et XIV ss., Jugoslavenska akademija znanosti i umjetnosti. Historijski institut, Zagreb 1957, I, n. 2224.
58 Briquet, Les Filigranes, cit., IV, n. 15507, p. 777.
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toccano la circonferenza del muso, appena sotto le orecchie, mentre nelle carte del registro sono al centro del muso stesso, con l’occhio destro leggermente più in alto rispetto al sinistro. Il disegno è molto simile anche a quello che si riscontra al n. 385 della raccolta di Gerhard Piccard59. È importante ricordare che questa tipo-
logia di fi ligrana è quella che si ritrova nelle carte di tutti i fascicoli del registro
Instrumenta capitularia 8bis.
7.1. L’impostazione della pagina scritta
Le carte non presentano segni di marginatura o di rigatura, tuttavia il profes- sionista predispose la mise en page attraverso una preventiva piegatura di ciascuna carta in quattro sezioni parallele al lato lungo. Le pieghe che si venivano così a formare costituivano le direttrici di giustifi cazione. Nei documenti redatti per esteso egli solitamente principia il testo del documento (a partire dall’invocazione alla divinità) in corrispondenza della prima piega; lascia cioè in bianco l’intero margine sinistro cui è riservata la rubrica, delimitata a sua volta da un tratto di penna che la incornicia, e da eventuali annotazioni, quali ad esempio le note relative all’estrazione del mundum o eventuali integrazioni al testo. Le rubriche, come in passato è già stato più volte messo in luce, non avevano probabilmente alcun scopo giuridico; esse servivano piuttosto a reperire più facilmente i documenti all’interno dei registri60.
Non è un caso, infatti, che il notaio utilizzasse per la loro redazione forme-tipo che egli ripeteva costantemente; così, ad esempio, nel caso delle refute il formulario di ser Antonio prevedeva un periodo così articolato: «Refutatio facta per [...] de [...] sito/a ad [...] pro [...] de qua investitus fuit [...] etc», con minime modifi che.
Il documento vero e proprio, come anticipato, viene solitamente introdotto dall’invocazione divina In Christi nomine, amen, ove I- incipitaria è realizzata in dimensioni notevolmente potenziate e sovente con i tratti raddoppiati. Il testo del rogito occupa quindi le ulteriori tre sezioni della pagina sino a toccare il margine destro. Per quanto riguarda i documenti che ser Antonio scelse di redigere sul registro in forma abbreviata61, essi presentano – come si è del resto già avuto
modo di ricordare – le caratteristiche di una rubrica più ricca di informazioni; il testo viene addossato direttamente al margine sinistro della carta e parzialmente incorniciato (sui margini destro e inferiore) da un tratto di penna. Da notare come, analogamente alle rubriche, nei casi di rogiti così presentati, il notaio scelse di far principiare il testo con termini o locuzioni che ne defi nivano immediatamente il contenuto: carta nis, creditum, carta resignationis etc. Qualora il professionista avesse dovuto aggiungere, anche a distanza di tempo, un documento che modifi cava quello redatto in prima battuta62, egli affi ancava o faceva seguire il nuovo rogito a
quello precedente, procedendo, se richiesto, anche alla cancellatura o alla semplice depennatura del vecchio documento. Fra le annotazioni di ser Antonio che maggior-
59 Piccard, Wasserzeichen Hirsch, cit., XV, 1, n. 385 (Colonia, 1406, 1407). Simile, ma non del tutto corrispondente, soprattutto nella forma delle corna, è anche l’esempio di testa di cervo riportato in Mošin, Traljič, Vodeni Znakovi, cit., I, n. 2234 (Monaco di Baviera, 1397).
60 Cfr., ad esempio, Costamagna, La triplice redazione dell’instrumentum genovese, cit., p. 33. 61 Si tratta, in molti casi, di documenti il cui contenuto si riallaccia dal punto di vista giuridico o contrattuale al testo del rogito precedente; nel tal caso il notaio scelse dunque di non ripetere alcune informazioni (come la data o i testimoni presenti) più facilmente ricavabili dal primo documento.
62 È il caso, ad esempio, delle quietanze che annullavano precedenti attestazioni di debito. 169
Antonio da Borgonuovo al lavoro
mente si riscontrano sulle carte del registro63 si trovano, come detto, quelle relative
all’estrazione del o dei munda; esse si risolvono in locuzioni del tipo: «Facta extra», oppure, «Facta extra duplex locatori et conductori», nel caso di rilascio del mundum sia al locatore sia al conduttore, «Facta extra in publicam formam», «Facta extra in publicam formam ut moris est» etc. Scorrendo le carte del registro si nota come in alcuni casi il notaio abbia scelto di redigere i documenti in forma pressoché completa, tanto da aggiungervi anche il proprio signum e la propria sottoscrizione; sebbene non esista una motivazione univoca per spiegare questo modus operandi, in molti casi i segni convalidatori individuavano la presenza di un rogito cui il notaio voleva conferire maggiore solennità, vuoi per il contenuto dello stesso vuoi per i personaggi implicati. In altri casi ancora, signum e sottoscrizione, seppur non con costanza, venivano posti in calce al primo documento di ciascun anno.
Un ulteriore aspetto su cui è utile rifl ettere è quello relativo alla progressione cronologica dei documenti. Come noto, infatti, i rogiti raccolti in Instrumenta
capitularia 8 attestano l’attività di ser Antonio per un periodo di oltre trent’anni,
che va dal settembre del 140264 al gennaio del 143465. Il registro non presenta,
diversamente dal n. 8bis, alcuna intestazione di mano del notaio, sebbene diverse indicazioni ricavabili dai documenti in esso redatti defi niscano il volume come liber o quaternus. Mentre solitamente con il primo termine si indica l’unità perfettamente compiuta, spesso destinata a raccogliere i rogiti nella loro stesura defi nitiva e più completa, si è soliti chiamare quaterni i singoli fascicoli costituenti il registro66.
L’analisi sulla terminologia adottata da ser Antonio, tuttavia, porta a far corrispon- dere liber e quaternus; in molti casi, infatti, il notaio chiama il registro del Capi- tolo quaternus Capituli 67, mentre altrove la locuzione è sostituita da liber 68. Non è
possibile sapere con certezza se i venti fascicoli costituenti il volume fossero già rilegati all’epoca in cui vi lavorava Antonio da Borgonuovo; tuttavia, osservando la scansione temporale dei rogiti, immediatamente ci si rende conto che essi non 63 Si è scelto di non menzionare le numerose altre mani che dal XV secolo in poi si alternarono nella redazione di annotazioni, appunti ecc., a margine dei documenti su Instrumenta capitularia 8. Si tratta, in larga misura, di note di tipo massariale redatte probabilmente da canonici o massari capitolari con fi nalità ricognitive. Si ricordano, invece, le segnature numeriche attribuite ai documenti redatte a matita da Vigilio Zanolini sul fi nire degli anni Trenta del secolo scorso. Ogni documento è inoltre preceduto dall’indicazione del millesimo in cui il rogito fu redatto; queste note sono attribuibili alla mano dell’archivista Ivo Leonardi.
64 ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8, n. 1.
65 Ivi, n. 695b. In realtà esiste un ulteriore documento, per la precisione una solutio debiti, datata al 18 gennaio 1435 che è stata aggiunta successivamente. Si è tuttavia scelto di considerare concluso il registro nel 1434, allorquando il notaio registrò in esso l’ultimo documento su richiesta dei canonici.
66 Cfr., ad esempio, Imbreviature. I registro (1294-1296). Ser Matteo di Biliotto notaio, a cura di M. Soffi ci, F. Sznura, SISMEL, Firenze 2002 (Memoria scripturarum, 1), p. XX.
67 Cfr., ad esempio, ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 93 ove, riferendosi all’odierno Instrumenta capitularia 8, ser Antonio afferma: «Nota ad memoriam quod infrascriptum instrumentum
supra quaterno Capituli continuare non potui quia dominus Iohannes Zeiss ipsum habuit et dimisit in castro». Il termine liber è impiegato dal notaio anche in riferimento ai registri pergamenacei della Prepositura, come si ricava da ADTn, ACap, Instrumenta capitularia 8bis, n. 230, dove nella nota relativa all’estrazione del mundum si legge: «Facta extra distincte ipsi conductori et posita con- tinua cum (ipse) signo et subscriptione super libro auctentico instrumentorum continuatorum dicte prepositure etc».
68 Allo stesso modo il notaio chiama i registri redatti per il Capitolo dai notai attivi per l’ente nel corso del XIV secolo: l’attuale Instrumenta capitularia 7 (ASTn, ACD, n. 1398-01) è ad esempio defi nito «Quaternus instrumentorum dicti Capituli».
sono disposti in semplice ordine cronologico; la datazione, infatti, sembra tornare indietro per ben cinque volte. Si hanno così, per le cc. 1r-72v, i documenti relativi agli anni 1402-1431, per le cc. 73r-112/3r i documenti relativi agli anni 1423-1432, per le cc. 112/3v-193v quelli relativi al periodo 1402-1423, per le cc. 194r-263v quelli inerenti agli anni 1402-1430 e, in ultimo, per le cc. 264r-335r i rogiti ine- renti agli anni 1402-1434. Cinque distinti gruppi di fascicoli trasmettono, dunque, documentazione disposta secondo blocchi cronologici non consecutivi così che ogni gruppo sembra principiare ogni volta dal 1402 (con la sola eccezione del secondo che presenta documenti redatti dal 1423).
Un’analisi più dettagliata del registro ha portato ad una spiegazione del mo-
dus operandi del notaio. Egli infatti, sin dall’inizio, concepì blocchi di fascicoli
differenziati; su ciascuno di questi blocchi, che egli defi nisce volumina, redasse gli instrumenta i cui censi spettavano rispettivamente o all’intero Capitolo, ossia alla mensa (universitas) comune, o alle prebende individuali, o agli anniversari, o alle cappellanie e alla fabbrica della cattedrale. Ciascun volumen veniva poi fatto precedere da un apposito indice, denominato tabula instrumentorum, su cui il professionista redigeva i titoli dei documenti, corrispondenti alle relative rubriche, con il numero della carta su cui erano posti. Ciò avrebbe facilitato, in un secondo momento, il reperimento dei rogiti nel volumen. Mentre in alcuni casi ser Antonio provvide a lasciare un numero suffi ciente di carte bianche all’inizio del fascicolo con cui principiò il volumen, così da redigervi a mano a mano l’elenco dei documenti cronologicamente disposti, in altri casi queste carte non furono suffi cienti, tanto da obbligare il notaio ad allegare un certo numero di fogli sciolti o bifolia, spesso di dimensioni ridotte rispetto a quelle delle carte del registro, su cui proseguì le
tabulae degli instrumenta.
L’analisi sulla scrittura e sull’inchiostro con cui furono vergati i testi dei do- cumenti in Instrumenta capitularia 8 ha confermato questa modalità operativa; la documentazione relativa ai primi anni di attività (ad esempio quella redatta nel 1402) presenta, in ogni volumen, una tonalità d’inchiostro piuttosto chiara, mentre scrittura e mise en page risultano alquanto accurate, essendo quasi del tutto assenti correzioni ed integrazioni. Con il procedere degli anni, l’inchiostro tende a divenire più scuro, la scrittura si fa più trasandata, e aumentano visibilmente correzioni e integrazioni; sembra quasi che per i primi anni il notaio abbia riversato nei vari
volumina tematici gruppi di documenti già pronti, frutto di un’attività di cernita e
messa a libro già impostata e precostituita; col tempo, invece, il registro sembra essere divenuto sede di registrazione progressiva dei documenti che i canonici, di volta in volta, chiedevano al notaio di rogare. Per tale ragione, ad atti in esteso, perfettamente compiuti dal punto di vista formulare, si affi ancano rogiti solo par- zialmente conclusi o soltanto abbozzati; allo stesso tempo, come già evidenziato, aumentano il numero delle correzioni e degli interventi sui testi già scritti, frutto di una successiva attività di revisione.
Stefano Malfatti
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mente si riscontrano sulle carte del registro63 si trovano, come detto, quelle relative
all’estrazione del o dei munda; esse si risolvono in locuzioni del tipo: «Facta extra», oppure, «Facta extra duplex locatori et conductori», nel caso di rilascio del mundum sia al locatore sia al conduttore, «Facta extra in publicam formam», «Facta extra in publicam formam ut moris est» etc. Scorrendo le carte del registro si nota come in alcuni casi il notaio abbia scelto di redigere i documenti in forma pressoché completa, tanto da aggiungervi anche il proprio signum e la propria sottoscrizione; sebbene non esista una motivazione univoca per spiegare questo modus operandi, in molti casi i segni convalidatori individuavano la presenza di un rogito cui il notaio voleva conferire maggiore solennità, vuoi per il contenuto dello stesso vuoi per i personaggi implicati. In altri casi ancora, signum e sottoscrizione, seppur non con costanza, venivano posti in calce al primo documento di ciascun anno.
Un ulteriore aspetto su cui è utile rifl ettere è quello relativo alla progressione cronologica dei documenti. Come noto, infatti, i rogiti raccolti in Instrumenta
capitularia 8 attestano l’attività di ser Antonio per un periodo di oltre trent’anni,
che va dal settembre del 140264 al gennaio del 143465. Il registro non presenta,
diversamente dal n. 8bis, alcuna intestazione di mano del notaio, sebbene diverse indicazioni ricavabili dai documenti in esso redatti defi niscano il volume come liber o quaternus. Mentre solitamente con il primo termine si indica l’unità perfettamente compiuta, spesso destinata a raccogliere i rogiti nella loro stesura defi nitiva e più completa, si è soliti chiamare quaterni i singoli fascicoli costituenti il registro66.
L’analisi sulla terminologia adottata da ser Antonio, tuttavia, porta a far corrispon- dere liber e quaternus; in molti casi, infatti, il notaio chiama il registro del Capi- tolo quaternus Capituli 67, mentre altrove la locuzione è sostituita da liber 68. Non è
possibile sapere con certezza se i venti fascicoli costituenti il volume fossero già rilegati all’epoca in cui vi lavorava Antonio da Borgonuovo; tuttavia, osservando la scansione temporale dei rogiti, immediatamente ci si rende conto che essi non 63 Si è scelto di non menzionare le numerose altre mani che dal XV secolo in poi si alternarono nella redazione di annotazioni, appunti ecc., a margine dei documenti su Instrumenta capitularia 8. Si tratta, in larga misura, di note di tipo massariale redatte probabilmente da canonici o massari capitolari con fi nalità ricognitive. Si ricordano, invece, le segnature numeriche attribuite ai documenti redatte