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L’applicazione strumentale del concetto di lavoratore subordinato al di fuori dell’art 45 TFUE Il rinvio alla definizione nazionale di lavoratore:

applicazione e preoccupazioni

Nell’evidenziare l’esistenza di una nozione di lavoro subordinato in materia di libera circolazione, applicabile al di fuori della materia, non si può prescindere da una valutazione teleologica della stessa. Ponendosi ciò come obiettivo e secondo un costante orientamento dottrinale82, il fine unico della

nozione di lavoratore subordinato dovrebbe solo essere inteso come strettamente necessario all’esercizio dei diritti disposti dall’art. 45 TFUE e quindi confinato alle situazioni in cui tali garanzie meritano di essere preservate. Infatti, secondo tale dottrina, la portata comunitaria di questa nozione esaurirebbe il proprio impatto definitorio se venisse trasposta in una diversa materia, venendo meno quelli che sono gli obiettivi per i quali questa è stata espressa dalla Corte: permettere la più ampia attuazione di una delle quattro libertà fondamentali.

A dimostrazione di ciò si potrebbe richiamare quello che accade in altre materie lavoristiche, regolate da parte dell’Unione Europa tramite lo strumento della direttiva, mediante la quale mira a “realizzare un’armonizzazione in senso forte della materia giuslavoristica”83. Alcune delle materie così adottate, a cui

tale posizione dottrinale fa riferimento, riguardano il trasferimento d’impresa, regolato dalla direttiva n. 2001/23/CE84, le tutele per i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, disposte dalla direttiva n. 2008/94/CE85 ed infine i lavoratori atipici ai quali si applica la direttiva n. 1999/70/CE86.

82 Hepple B., The crisis in EC Labour Law, in Industrial Law Journal, 1987, pagg. 77-80;

Luzzana M., Nozione comunitaria di lavoratore subordinato e rinvio alla normativa degli Stati

membri, in Orientamenti della giurisprudenza del lavoro, 1999, IV, pag. 84; Giubboni S., op. cit., 2017, pagg., 158-162.

83 Picardi L., Il lavoratore subordinato, in Lipari N. (a cura di), Trattato di Diritto privato,

Cedam, Padova, 2003, pag. 187.

84 Direttiva n. 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001 concernente il riavvicinamento

delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.

85 Direttiva n. 2008/94/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 relativa

alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro.

86 Direttiva n. 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES,

26 Queste mirano a raggiungere, all’interno del mercato comune, standard minimi di tutela, preservando la discrezionalità del legislatore nazionale di individuare le modalità migliori per la successiva applicazione. Tale discrezionalità risiede nella sussidiarietà garantita da questi documenti in materia di qualificazione del lavoratore, beneficiario unico delle disposizioni. Difatti, la nozione di lavoratore ed il campo di applicazione di queste direttive non sono direttamente disposte a livello euro-unitario, tramite norma o disposizione di diritto derivato, ma sono rinviate all’ordinamento nazionale. Il rinvio ivi citato si può ritrovare nell’art. 2, comma 1, lettera d della direttiva sul trasferimento di impresa, nella quale per lavoratore si intende “ogni persona che nello Stato membro

interessato è tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro”. A

rafforzare questo rinvio, va aggiunto anche il secondo comma del medesimo articolo nel quale il legislatore europeo ha espressamente chiarito come tale direttiva non avrebbe potuto in alcun modo ledere la funzione dell’ordinamento nazionale di definire il proprio concetto di contratto e di rapporto di lavoro87. Similmente a quanto disposto per il trasferimento d’impresa, ritroviamo questa posizione anche nell’art. 2, comma 2, della direttiva n. 2008/94/CE.

Il motivo che ha portato il legislatore a rinviare tali nozioni al diritto nazionale deve essere interpretato alla luce del fine ultimo di queste direttive: un’armonizzazione parziale della materia che garantisca al lavoratore, nel caso del trasferimento d’impresa, la continuazione del rapporto di lavoro ed il mantenimento, ove possibile, delle medesime condizioni di lavoro. Dunque, ai sensi di tali motivazioni, non si profilava come necessaria alcuna definizione centralizzata di lavoratore subordinato, stante l’obiettivo minimo del riavvicinamento di questi istituti in tutti gli Stati membri.

Una posizione espressa anche dai Giudici del Lussemburgo nella sentenza nota come Danmols Inventar88, concernente un’indennità come

87 Va comunque precisato come il legislatore comunitario abbia inserito una lista tassativa di

situazioni in cui lo Stato non può appellarsi per escludere un lavoratore dall’ambito di applicazione di detta direttiva e dalla conseguente applicazione di tali diritti. Tali situazioni, chiamate nella direttiva come motivazioni, riguardano: il numero di ore prestate e da prestare e la tipologia del rapporto di lavoro, in questo caso concernente anche i contratti a tempo determinato.

88 Corte di Giustizia Europea, 11 luglio 1985, C-105/84, Foreningen af Arbejdsledere i

27 creditore per il fallimento di un’impresa presso la quale il signor Mikkelesen, ricorrente, aveva prestato servizio. Il punto rilevante ai sensi della trattazione riguarda la decisione della Corte di evidenziare la parziale armonizzazione a cui puntava la direttiva n. 77/187/CEE, sostituita dalla più recente direttiva in materia di trasferimento d’impresa che ne mantiene espressamente le medesime finalità. Tale volontà può essere rintracciata nel paragrafo 26 della sentenza citata, in cui si afferma che “la direttiva 77/187/CE mira solo

all'armonizzazione parziale della materia, estendendo essenzialmente la tutela garantita ai lavoratori in modo autonomo dal diritto dei vari Stati membri anche all'ipotesi del trasferimento dell'impresa”. La Corte, inoltre, ribadiva che

la direttiva avesse come scopo quello “di garantire, nei limiti del possibile, la

continuazione del contratto o un rapporto di lavoro senza modifiche, con il cessionario, onde impedire che i lavoratori coinvolti nel trasferimento dell'impresa[fossero] collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento”. Ancora più significativo è il paragrafo 27 in cui i

Giudici del Lussemburgo evidenziavano come l’ambito di applicazione della direttiva sul trasferimento di impresa fosse confinato solo a “coloro che sono,

in un modo o nell'altro, protetti in quanto lavoratori dalle norme dello Stato membro di cui trattasi”.

Questa posizione è stata lungamente utilizzata dalla Corte per ricostruire l’ambito di applicazione delle diverse direttive89 che, similmente a quella sul

trasferimento di azienda, rimandano ad una nozione nazionale di lavoratore subordinato, sebbene in dottrina ci siano preoccupazioni, di tenore simile a quelle già vista in materia di libera circolazione, su tale rinvio90. Queste preoccupazioni si riferiscono alla possibilità per lo Stato membro di escludere a piacimento più o meno ampie categorie di lavoratori dalle garanzie delle direttive poc’anzi citate. Dello stesso avviso è stata anche la Corte, occupandosi di altre materie di prioritaria rilevanza, come parità di trattamento tra uomini e

89 Corte di Giustizia Europea, 19 maggio 1992, C-29/91, Redmond Stichting v Hendrikus Bartol

e a., in Racc., p. 3218, para. 18; Corte di Giustizia Europea, 10 dicembre 1998, cause riunite C-

173/96 e C247/96, Hidalgo e a., in Racc., p. 8249, para. 24; Corte di Giustizia Europea, 14 settembre 2000, C-343/98, Collino e Chiappero v. Telecom Italia S.p.A., in Racc., p. 6659, para. 36.

28 donne, salute e sicurezza, maternità ed orario di lavoro, nelle quali ha evidenziato come tale potere discrezionale degli Stati avrebbe potuto minare la più ampia applicazione del Diritto dell’Unione Europea, data la mancanza di una chiara nozione di lavoratore in tali discipline. In queste materie, che verranno trattate nel prosieguo del lavoro, la stessa ha ritenuto necessario intervenire richiamando l’unica nozione di portata euro-unitaria presente nel Diritto dell’Unione Europea, seppur di elaborazione giurisprudenziale: la definizione di lavoratore subordinato affermata ai sensi dell’art. 45 TFUE.

4. La nozione euro-unitaria derivante da Lawrie-Blum in materie diverse

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