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L’equiparazione del lavoratore autonomo all’impresa nel diritto europeo

Sezione II: Lavoro autonomo nel diritto dell’Unione Europea

3. L’equiparazione del lavoratore autonomo all’impresa nel diritto europeo

L’interesse delle istituzioni europee, come visto sin dal Trattato di Roma, è sempre stato quello di creare, e poi rendere stabile, il mercato comune

166 Perulli A., Il lavoro autonomo, contratto d'opera e professioni intellettuali, Giuffrè, Milano,

1996, pag. 3.

167 Ajani G., Rossi P., Coerenza del diritto privato europeo e multilinguismo, in Jacometti V.,

Pozzo B. (a cura di), Le politiche linguistiche delle istituzioni comunitarie dopo l’allargamento.

Redazione, traduzione e interpretazione degli atti giuridici comunitari e il loro impatto sull’armonizzazione del diritto europeo, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 16.

168 In ambito civilistico la più nota è la nozione di contratto, anch’essa non rintracciabile in

alcun documento ufficiale delle istituzioni europee. Per un approfondimento sulle scelte linguistiche e terminologiche nel Diritto Europeo si veda Ajani G., Rossi P., op. cit., pag. 18.

169 Corte di Giustizia Europea, 27 giugno 1996, Asscher v. Staatssecretaris van Financiën, in

Racc., p. 3121.

170 Corte di Giustizia Europea, 20 novembre 2000, C-268/99, Aldona Malgorzata Jany e altri

v. Staatssecretaris van Justitie, in Racc., pag. 8615.

171 Corte di Giustizia Europea, 4 dicembre 2014, C-413/13, FNV Kunsten Informatie en Media

52 attraverso l’interazione e la libera circolazione di beni, capitali, servizi e lavoratori.

Per quanto concerne la circolazione di un cittadino comunitario intenzionato a svolgere un’attività economica all’interno di un Paese membro, i Trattati concedono due diverse opportunità. In primo luogo, tale attività economica può rientrare nel Capo del TFUE relativo alla libera circolazione dei lavoratori subordinati se svolta in qualità di lavoratore dipendente; una situazione che rimanda alla già citata libera circolazione dei c.d. “worker” e alla proficua giurisprudenza della Corte di Giustizia. In secondo luogo, va notato come la medesima attività economica possa essere eseguita ai sensi del secondo Capo del Titolo IV del TFUE relativo al diritto di stabilimento o in quello relativo ai servizi, dunque, in qualità di lavoratore autonomo. Come fatto notare in Gebhard172, i capi qui citati “si escludono reciprocamente”, dato che la medesima prestazione può essere svolta come autonomo ovvero come subordinato, portando con sé, se svolto nella seconda modalità ivi citata, ad una serie di istituti protettivi che lo Stato membro deve porre in essere per tutelare il lavoratore dipendente.

Infatti come anticipato, il libero accesso al mercato europeo è garantito sia per gli autonomi che per i subordinati, in qualità di soggetti economicamente attivi, ma la differenza tra le due tipologie lavorative consta nelle disposizioni, applicabili solamente ai lavoratori dipendenti, riguardanti l’impiego, la remunerazione e le altre condizioni lavorative che devono essere uguali a quelle dei lavoratori subordinati domestici, come riportato nell’art. 45 TFUE e sottolineato dal divieto di discriminazione in materia di retribuzione sancito dall’art. 157 TFUE. Al contrario, non esistono disposizioni simili per i lavoratori autonomi. Ciò deriva dagli artt. 49-56-57 TFUE, i quali non richiedono allo Stato membro ospitante di garantire un compenso non inferiore a quello di un lavoratore autonomo nazionale, né di garantirgli condizioni di lavoro comparabili. Questi articoli richiedono soltanto che “le restrizioni alla

libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un

172 Corte di Giustizia Europea, 30 novembre 1995, C-55/94, Reinhard Gebhard v. Consiglio

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altro Stato membro vengano vietate” (art. 49 TFUE). Alla luce di ciò, una

disposizione simile a quella garantita al lavoratore subordinato, in termini di condizioni di lavoro o remunerazione, sarebbe inconciliabile con la libertà di prestazione di servizi e stabilimento, dato che queste implicano la libertà assoluta dei lavoratori autonomi di offrire i propri servigi nel modo più economico possibile, senza aver limiti retributivi che possano minarne una sana concorrenza.

Tale scelta del legislatore europeo poggia le basi sulla qualificazione del lavoro autonomo nel diritto dell’Unione Europea, più propriamente nelle disposizioni in materia di diritto alla concorrenza. Secondo questa branca del diritto europeo, il lavoratore autonomo, qualora svolgesse la propria attività come professionista, freelancer o come autonomo con dipendenti, sarebbe equiparato ad un’impresa (undertakings). Per la giurisprudenza comunitaria, dato che anche in questo caso non era disponibile alcuna definizione derivante dai Trattati, rientra nella nozione di impresa “qualsiasi entità che esercita

un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta attività e dalle sue modalità di finanziamento”173. Ai sensi di questa nozione, non rileva né la forma giuridica né il tipo di attività svolta, né l’organizzazione interna o le finalità perseguite dal soggetto; a rilevare è soltanto l’attività economica posta in essere, la quale permette di “caratterizzare la nozione in senso funzionale e quindi dare uno spettro applicativo assai più esteso alla disciplina comunitaria”174. Più nello specifico, all’interno della nozione di attività

economica si rintraccia “qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi

in un determinato mercato”175. Da questo discende, come sottolineato da Galgano176 in materia di professioni ma estendibile anche agli autonomi senza

173 Corte di Giustizia Europea, 23 aprile 1991, C-41/90, Klaus Höfner e Fritz Elser v. Macroton

GmbH, in Racc., 1991, pag. 1979, para. 21; Corte di Giustizia Europea, 19 febbraio 2002, C-

309/99, Wouters e a. v. Algemene Raad van de Nederlandse Orde van Advocaten, con

l'intervento di: Raad van de Balies van de Europese Gemeenschap, in Racc., 2002, pag. 1577,

para. 46.

174 Adam R., Tizzano A., Manuale di Diritto dell’Unione Europea, Giappichelli, Torino, 2017,

pag. 616.

175 Corte di Giustizia Europea, 16 giugno 1987, C-118/85, Commissione delle Comunità

europee contro Repubblica italiana, in Racc., 1987, pag. 2599, para. 7.

176 Galgano F., Le professioni intellettuali e il concetto comunitario di impresa, in Contratto e

54 dipendenti, che le attività svolte da queste tipologie di lavoratori sono “attività organizzate per la produzione di servizi, ossia per l’esecuzione di prestazioni di fare”, rinviando al “facere” delle fonti giustiniane e della più nota locatio

conductio operis177.

Non sorprende, dunque, che all’interno del diritto europeo, la figura del prestatore d’opera senza dipendenti risulti solo un mero aspetto del più ampio insieme rintracciabile nel concetto di lavoratore autonomo. Infatti, quest’ultimo non contempla un’unica fattispecie unitaria, bensì una serie di discipline differenziate che transitano dal citato prestatore d’opera senza dipendenti, al piccolo imprenditore sino alla grande azienda. A maggior ragione va sottolineato, dunque, che, data la varietà degli attori che compongono l’alveo del lavoro autonomo, una sua concettualizzazione in un’unica nozione sarebbe stata difficile, se non superflua dal punto di vista euro-unitario.

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