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I limiti incerti della tradizionale dicotomia tra lavoratore subordinato e autonomo

Sezione II: Lavoro autonomo nel diritto dell’Unione Europea

7. I limiti incerti della tradizionale dicotomia tra lavoratore subordinato e autonomo

In uno storico rapporto dal titolo profetico “Au-delà de l'emploi”239, finanziato dalla DG Lavoro e Politiche Sociali della Commissione Europea, Supiot - esaminando le trasformazioni del mercato del lavoro e dell’esecuzione dello stesso – teorizzava la rapida perdita di centralità del modello fordista e dell’archetipo tradizionale a cui esso è intimamente connesso: la figura del lavoratore subordinato. Nell’argomentare la propria posizione, Supiot indicava tre motivazioni che avrebbero influenzato il predominio, ormai quasi secolare, del lavoro subordinato.

In primis, riteneva che la crescente autonomia acquisita dai lavoratori subordinati, a causa dell’aumento del livello delle competenze e qualifiche professionali, avesse avuto un effetto negativo sul potere di controllo e direzione sui propri salariati da parte dei datori di lavoro. Ciò si notava soprattutto nei casi in cui il lavoro svolto dai dipendenti non consisteva più in una attività ripetitiva e spersonalizzata, resa celebre da un grande classico

238 Per una breve lettura critica della rivisitazione dell’ambito di applicazione delle tutele, sia in

ambito UE che nazionale si rinvia a Perulli A., Subordinate, Autonomous and Economically

Dependent Work: A Comparative Analysis of Selected European Countries, in Casale G. (a cura

di), The Employment Relationship: a Comparative Overview, OIL, Ginevra, 2011, pagg. 137- 138. Razzolini O., The need to go beyond the contract: “economic” and “bureaucratic”

dependence in personal work relations, in Comparative Labor Law & Policy Journal, 31, 2010.

239 Tale rapporto, diretto da Alan Supiot con la collaborazione di diversi giuslavoristi europei,

è stato pubblicato in diverse lingue e numerose ristampe. In lingua francese è conosciuto col titolo Au-delà de l'emploi; in inglese dal titolo Beyond Employment. Per la seguente trattazione è stata utilizzata la versione italiana, tradotta da Barbieri e Mingione. Si rimanda a Supiot A., Il

72 cinematografico quale “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin, ma essi divenivano “attori e non solo esecutori delle direttive e degli obiettivi dell’impresa”240. Questi, inoltre, risultavano essere inseriti in modo

partecipativo in quel “circuito innovativo”241 e produttivo che Giugni – già nel

1994 – reputava come spinta necessaria per rinnovare il diritto del lavoro e il suo territorio d’elezione.

La crisi del modello taylorista, altamente spersonalizzato e caratterizzato da una serie di azioni semplici, misurabili e ripetitive, pur non avendo avuto sul piano giuridico gli stessi effetti rintracciabili in altri ambiti accademici242, ha comunque evidenziato la crescente autonomia nella subordinazione da parte del lavoratore. Si pensi a tutti quei lavori in cui si è dinanzi ad una responsabilizzazione del lavoratore – dal tecnico informatico fino ai dipendenti del settore bancario – dove quest’ultimo svolge la propria attività con alti indici di autonomia; situazione che tradizionalmente investiva il lavoro dirigenziale. Una responsabilizzazione non “del tutto estranea alla logica del risultato”243, che come vedremo avvicina sempre più l’universo del

lavoro subordinato a quello autonomo.

Come seconda causa scatenante per la perdita di centralità del lavoro subordinato, Supiot poneva l’accento sulla “pressione costante della concorrenza su mercati più aperti”. L’apertura di nuovi mercati, con la conseguente delocalizzazione di unità produttive o l’esternalizzazione di alcune parti della produzione, ha influenzato lo storico rapporto tra dipendente e datore di lavoro. Avendo da un lato maggiori possibilità di profitto – date dall’apertura di nuovi sbocchi commerciali – contrapposte ad un’incalzante concorrenza basata sui prezzi di produzione, l’imprenditore si è ritrovato a dover sviluppare rapidamente delle strategie che potessero permettere un rapido adattamento alle

240 Perulli A., op. cit., 1997, 2, pag. 176.

241 Giugni G., Una lezione sul diritto del lavoro, in Giornale di Diritto del Lavoro e Relazioni

Industriali, 1994, 62, pag. 210.

242 Numerosi sono stati i modelli studiati da parte dei teorici dell’organizzazione, con proposte

di valutazione delle iniziative personali dei lavoratori e delle loro competenze. Senza presunzione di completezza ma a solo scopo illustrativo si rimanda a Carretta A., Dalziel M. M., Mitrani A., Dalle risorse umane alle competenze. Metodi, strumenti e casi in Europa per

una gestione e sviluppo delle risorse umane basata su un modello comune di competenze,

Franco Angeli, Milano, 2008.

73 nuove opportunità. Di qui l’uso sempre maggiore di forme di lavoro atipiche – dai contratti a tempo determinato, a quelli stagionali sino ai c.d. contratti a zero ore – che hanno contribuito, insieme all’arrivo di lavoratori migranti intenzionati ad accettare basse remunerazioni pur di lavorare e migliorare la propria condizione di partenza, “all’erosione dei modelli di regolazione del lavoro fondati sullo scambio tra subordinazione e sicurezza e allo sviluppo di altri modelli di organizzazione/regolazione del lavoro”244.

Terzo, ma non meno importante, fattore di influenza per la crisi della tradizionale fattispecie della subordinazione è l’accelerazione del progresso tecnico e tecnologico. La maggior autonomia dei lavoratori subordinati non dipende soltanto dalla loro maggior formazione ma anche dalle possibilità tecniche che si sono lentamente integrate nell’ordinaria attività di impresa. Le esigenze produttive del modello just in time – che in molte industrie ha sostituito il modello just in case - hanno impattato sulla pianificazione della produzione aziendale, soprattutto in quei settori ad alta presenza di manodopera, sottoponendo le imprese a nuove strategie flessibili per rispondere alle ondivaghe richieste del mercato. Questo modello di produzione ha investito anche i meccanismi di coordinamento tra i vari reparti industriali interni all’azienda, obbligando questa ad investire sull’alta specializzazione dei propri lavoratori – si pensi agli operai altamente specializzati del settore automotive o i designer dello stesso– nel quale al lavoratore non viene più richiesto un compito prestabilito ma quest’ultimo viene continuamente investito di responsabilità che possono avere impatti sulla produzione stessa e quindi anche sul proprio lavoro.

Oltre al modello just in time – i cui effetti sono per lo più in settori altamente produttivi – è nel settore dei servizi digitali compresi quelli a supporto delle aziende che il progresso tecnico e tecnologico ha avuto la propria influenza sulla tradizionale figura del lavoratore subordinato. Dalle prime esperienze di Telelavoro sino alla nuova figura, di italiani natali, del “Lavoratore Agile” o Smart worker- introdotto dalla legge n. 81/2017- , abbiamo assistito ad una “de-materializzazione dell’impresa [dove] assumono

74 una rilevanza del tutto diversa le variabili di tempo e luogo di lavoro tradizionalmente intese245”. Infatti, pur essendo regolata come prestazione di lavoro dipendente, la subordinazione nel lavoro agile “si affranca dalle tradizionali categorie kantiane dello spazio (all’interno dell’impresa) e del tempo (ovvero la sequenza temporale unica) di lavoro, per poter essere finalmente resa secondo modalità più libere nella forma ma non meno vincolate nella sostanza, perché ancorate alla necessita di rendere il risultato atteso dal datore di lavoro”246. Il lavoratore agile, pur subordinato, guadagna una propria

sfera di autonomia, sia per quanto concerne l’attività lavorativa che con riguardo alle modalità della stessa; questo, infatti, è chiamato a decidere sullo svolgimento della prestazione tramite un accordo con il datore di lavoro ricreando così una situazione simile a quella che avrebbe un prestatore d’opera con il proprio committente. Appare, quindi, che il Legislatore italiano - tra i primi a regolare questa modalità lavorativa già prevista in alcune prassi aziendali247 o in alcuni CCNL248 - sembri intenzionato a valorizzare l’autonomia delle parti – allontanandosi dall’idea del lavoratore salariato come mero contraente debole - e adeguare la monolitica fattispecie della “subordinazione alle nuove esigenze derivanti dal mutato contesto di organizzazione del lavoro”249; adeguamento, quest’ultimo che ha inficiato il potere di controllo, cambiandone di fatto i connotati tipici. Il potere di controllo sul lavoratore agile, non dovendo questi svolgere la propria prestazione nei locali aziendali, non dovrà più essere incentrato sul rispetto delle regole organizzative e di esecuzione delle direttive ma si baserà esclusivamente sul risultato di queste, rendendo sempre più incerto il discrimen tra subordinato e autonomo.

245 Martone M., Lo smart working nell’ordinamento italiano, in Diritto Lavori Mercati, 2018,

2, pag 296.

246 Martone M., op. cit., 2018, pag. 295. In dottrina si è addirittura parlato di “progressivo

dissolvimento del tradizionale spazio lavorativo”. Si rimanda a Malzani F., Il lavoro agile tra

opportunità e nuovi rischi per il lavoratore, in Diritti Lavori Mercati, 2018, 1, pag. 17.

247 Le prime forme di lavoro agile si sono viste nelle aziende Barilla, Zurich, Finmeccanica e

nel settore bancario sin da 2010 con Unicredit e Intesa San Paolo.

248 Diversi sono stati i Contratti Collettivi Nazionali che hanno regolato il lavoro agile,

anticipando l’intervento legislativo del 2017. Senza presunzione di completezza si segnala il CCNL Agrindustria del 23 marzo 2016; CCNL del settore alimentare del 5 febbraio 2016; CCNL del settore gas-acqua del 18 maggio 2017 e quello del settore bancario (ABI) del 2013.

75 Pur essendo solo una modalità speciale di svolgere la prestazione come subordinato, il lavoro agile evidenzia, una volta ancora, l’avvicinamento delle due categorie storiche del lavoro, suscitando, come anticipato da Supiot venti anni prima, “profonde riflessioni relative alla necessità di riconsiderare le rispettive posizioni del diritto del lavoro, del diritto civile e del diritto commerciale in materia di attività professionale”250.

Se da un lato vi è un chiaro stemperamento del criterio della subordinazione che ha reso il confine del lavoro subordinato più incerto, dall’altro – come visto nel caso del lavoro autonomo economicamente dipendente – il lavoro indipendente si è trasformato. Un numero sempre maggiore di lavoratori non salariati è caratterizzato da alti indici di subordinazione, con livelli di ingerenza nell’attività professionale che mettono in discussione la loro autonomia.

Il loro rapporto di lavoro si “struttura in forme di lavoro continuative e coordinate, subordinate funzionalmente ad un’organizzazione del lavoro altrui”251, finendo nel tempo per essere eseguito “secondo il programma

preordinato dal committente”252.

L’incertezza circa i confini della subordinazione e la crescita di numerose figure autonome integrate nell’impresa, porta ad interrogarsi su quelle che Supiot – supportato da altrettanto noti studiosi, tra cui D’Antona - chiama “frontiere della subordinazione” o in altre parole, il campo di applicazione del diritto del lavoro domestico ed Europeo.

D’altronde, agli inizi degli anni Novanta, Ghezzi e Romagnoli si interrogavano sul “processo di logoramento cui è sottoposto il predominio non solo quantitativo del lavoro dipendente su quello autonomo”253, configurando, già allora, una possibile rivisitazione del classico paradigma binario subordinato-autonomo, dove, ad oggi, al primo è garantito uno status lavorativo in grado di assicurare l’accesso ai sistemi di protezione e sicurezza sociale

250 Supiot A., Lavoro subordinato e Lavoro Autonomo, in Diritto delle Relazioni Industriali,

2000, 2, pag. 230.

251 Perulli A., op. cit., 1997, pag. 177.

252 Ghezzi G., Itinerari in atto e percorsi di riforma del mercato del lavoro, in Lavoro e Diritto,

1996, 4, pag. 660.

76 mentre il secondo - tutelato solo da istituti civilistici e commerciali – viene escluso dalla maggior parte delle tutele. Alla luce di tutti i mutamenti intercorsi nel modo di lavorare odierno, dell’incertezza dei confini sostanziali tra autonomi e subordinati e dell’aumento di coloro che sono intrappolati in quel limbo giuridico denominato “zona grigia”254, non risulta fuori luogo ripensare

ad una possibile estensione di talune tutele (di cui si dirà ampiamente nei capitoli successivi) anche alla sfera del lavoro indipendente con l’obiettivo finale di proporre quel “floor of rights”255 – o zoccolo duro di diritti

fondamentali su cui si era ampiamente speso D’Antona256 – per il quale la Commissione Europea e diversi accademici si sono fatti promotori257.

254 Countouris N., The concept of worker in European Labour Law, in Industrial Law Journal,

2017, pag. 3.

255 Commissione Europea, Libro Verde: Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle

sfide del XXI secolo, 2006, pag. 13.

256 Biagi M., Tiraboschi M., Istituzioni di diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 2007, pag. 137. 257 Biagi M., Sacconi M., et al., Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia: Proposte per una

Capitolo 2

Le tutele già estese al lavoratore autonomo in ambito di

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