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La “frontiera” tra il lavoro subordinato e autonomo nel diritto del lavoro europeo

Sezione I: Il dibattito dottrinale ed il suo impatto sul diritto del lavoro europeo.

1. La “frontiera” tra il lavoro subordinato e autonomo nel diritto del lavoro europeo

Il lavoro autonomo ha tradizionalmente ricoperto un importante ruolo nel mercato del lavoro, seppur secondario rispetto alla figura del lavoratore subordinato. Uno sbilanciamento che, sin dagli albori del diritto del lavoro domestico e sovranazionale, si è tradotto in una costante produzione normativa a supporto e protezione di quest’ultima figura, ritenuta meritevole di tutele ed attenzioni. Gli ultimi due decenni, però, hanno evidenziato una notevole crescita del lavoro autonomo, che ha eroso l’area del lavoro subordinato, con una “proliferazione di nuovi lavoratori autonomi e accompagnata dal profondo mutamento delle sue caratteristiche strutturali”404 e dalla sua presenza in settori

del mercato del lavoro diversi da quelli tradizionalmente occupati.

Di questo mutamento ne dava conto Supiot nel suo profetico report “Au-

delà de l'emploi”405, adducendo come causa principale la terziarizzazione del

mercato del lavoro con il contemporaneo tramonto del modello fordista di organizzazione del lavoro incentrato sull’archetipo del lavoratore subordinato. Un tramonto sottolineato anche dalla Commissione Europea in un risalente Libro Verde dal titolo “Partenariato per una nuova organizzazione del

lavoro”406. Questo Libro Verde, meno conosciuto del successivo Libro Verde –

Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo,

404 Semenza R., Mori A., La crescita del lavoro autonomo e le nuove sfide sociali, in Zilio

Grandi G., Biasi M. (a cura di), Commentario breve allo Statuto del Lavoro Autonomo e del

Lavoro Agile, Padova, Cedam, 2018, pag. 13.

405 Supiot A., Il futuro del lavoro, Barbieri P, Mingione E. (tradotto da), Bari, Carocci Editore,

2003.

406 Commissione Europea, Libro Verde - Partenariato per una nuova organizzazione del lavoro,

138 segnalava una serie di processi aziendali che ormai erano rintracciabili nella maggior parte delle aziende europee, con il “passaggio da sistemi rigidi di

produzione a processi flessibili e continui di sviluppo organizzativo”407, con una maggior autonomia per i lavoratori subordinati rispetto al modello fordista ed una costante integrazione di “nuovi lavoratori”, anche autonomi, all’interno del processo di produzione.

Un cambio di paradigma, rispetto al passato, tale da portare la Commissione Europea ad interrogarsi sugli effetti di questa nuova organizzazione del lavoro, la quale avrebbe chiamato “in causa i fondamenti

stessi su cui si [basavano] il diritto del lavoro e le relazioni industriali”408. D’altro canto, le strutture normative e contrattuali del lavoro subordinato tradizionale rischiano, tutt’ora, di diventare “obsolete a fronte di questa crescente intellettualizzazione del lavoro operaio e impiegatizio”409, mentre il lavoro autonomo si pone come suo “sostituto funzionale”, integrato nei processi economici aziendali ma scevro da quella, seppur bilanciata, contrapposizione tra potere direttivo e protezioni garantite al lavoro dipendente.

Pur non avendo ricevuto molta considerazione, questo Libro Verde racchiudeva in sé tutta una serie di considerazioni sulla necessità di riconsiderare il Diritto del Lavoro – nazionale e sovranazionale – sulle quali la dottrina internazionale si stava già ampiamente interrogando. Infatti, il relativo stemperamento del criterio della subordinazione - passata dal recepimento e attuazione di ordini e direttive ad una maggiore libertà di azione del lavoratore dipendente - nonché l’avvicinamento delle situazioni giuridiche di questo lavoratore e di quello autonomo hanno “suscitato delle profonde riflessioni relative alla necessità di riconsiderare le rispettive posizioni del diritto del lavoro, del diritto civile e del diritto commerciale”410. Riflessioni che, a causa

della costante integrazione di questi ultimi con il Diritto Europeo, non possono che riguardarlo da vicino.

407 Ibid., pag. I. 408 Ibid., pag. 8.

409 Perulli A., op. cit., 1997, pag. 176.

410 Supiot A., Lavoro subordinato e Lavoro Autonomo, in Diritto delle Relazioni Industriali,

139 Ed è proprio sul piano del Diritto del Lavoro Europeo che questo avvicinamento tra le due frontiere del diritto del lavoro - subordinazione ed autonomia - ha mosso i suoi primi passi. D’altronde, usando le parole di Supiot, “il modo più semplice di affrontare questo problema è quello di considerarlo in termini di frontiere da muovere in una direzione o nell’altra”411. Difatti, il

Diritto del Lavoro Europeo è forse il punto di osservazione privilegiato da cui poter studiare questo continuo avvicinamento tra le due storiche frontiere del diritto del lavoro, essendo l’ambito dove alcune richieste di maggior tutela da parte del lavoro autonomo hanno trovato risposta.

Non a caso, sia nel diritto della sicurezza sociale che in quello antidiscriminatorio, come trattato nel precedente capitolo, è possibile evidenziare una tendenza verso una generalizzazione delle tutele a supporto di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla prestazione che questi svolgono e dal loro nomen iuris. In entrambe le materie, infatti, i lavoratori autonomi sono rimasti per molto tempo ai margini, venendo esclusi dal campo di applicazione delle tutele disegnato sul ritratto del lavoratore dipendente, visto come contraente debole e bisognoso di tutele. Con gli anni, però, questa posizione ha perso vigore essendo supportata anche dal mutamento di bisogni e necessità del lavoratore autonomo, soprattutto nel campo della sicurezza sociale. Non è un caso che proprio in quest’ultima materia si sia definitivamente abbandonata la dicotomia subordinato-autonomo per l’accesso ai sistemi di sicurezza sociale, puntando ad avere come unico beneficiario il più generico “assicurato sociale”. Un concetto talmente esteso che non dà rilevanza a nessuno dei criteri di qualificazione noti nel campo del lavoratore subordinato, quali attività economica non marginale/subordinazione/remunerazione, essendo talmente neutro da poter comprendere subordinati, autonomi e financo chi non svolge attività lavorativa. Per tali ragioni Supiot412, rifacendosi agli scritti di Lyon-

Caen413, definiva il diritto della sicurezza sociale europea come il luogo

migliore da cui osservare l’approssimarsi della situazione giuridica dei

411 Supiot A., op. cit. 2000, pag. 230. 412 Supiot A., op. cit. 2000, pag. 227.

413 Lyon-Caen G., Le droit du travail non-salariè, Sirey, Parigi, 1990 ma anche Lyon-Caen G.,

La transition d’une situation à une autre en droit du travail, in Revue Internationale du Travail,

140 lavoratori subordinati ed autonomi, avvicinando ed andando anche oltre la binaria distinzione a cui il diritto del lavoro è abituato.

Con la medesima spinta inclusiva, il diritto antidiscriminatorio ha esteso il proprio campo di applicazione alla figura del lavoratore autonomo. Da un lato ha cercato di tutelarne la posizione nel mercato, con grande attenzione alla protezione della genitorialità e maternità, e dall’altro, a causa della sua elevazione a diritto universale, ha garantito la propria applicazione a tutti i lavoratori, dipendenti e autonomi. Questi ultimi inclusi, a maggior ragione, dopo che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ampiamente dedicata al tema della non discriminazione414, è stata equiparata giuridicamente ai Trattati a seguito del Trattato di Lisbona.

Due materie, la sicurezza sociale e il diritto antidiscriminatorio, che possono essere definite, dunque, “innovatrici” rispetto al dualismo subordinato- autonomo. Queste, pur necessitando anni per raggiungere tale ampiezza di applicazione e pur mantenendo alcune zone d’ombra415, sono state le prime materie a recepire quei mutamenti insiti nel mercato del lavoro. Il quadro delle esigenze protettive di chi lavora è divenuto più variegato e complesso e si è fatta strada, tra gli interpreti, la consapevolezza che anche i lavoratori autonomi fossero caratterizzati da condizioni di debolezza e che fosse ormai indispensabile predisporre un sistema di garanzie che non fosse soltanto rigidamente dicotomico.

414 Il terzo capo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, originariamente

proclamata a Nizza nel 2000, tratta il tema dell’uguaglianza. L’art. 21 sulla non discriminazione vieta ogni forma di discriminazione fondata sul sesso, razza, colore della pelle o origine etnica, convinzioni personali o religiose, politiche, handicap, età e tendenze sessuali. Invece, l’art. 23 si occupa della parità tra uomini e donne, la quale va assicurata in tutti i campi tra cui occupazione, lavoro e retribuzione. Non è un caso, infatti, che l’art. 23 sia così specifico in materia di lavoro. Come visto nel precedente capitolo, l’esperienza europea sulla parità di trattamento è stata ampiamente veicolata da questioni giuridicamente legate al mercato del lavoro. Situazioni che hanno visto intervenire costantemente la Corte di Giustizia Europea a supporto della più ampia partecipazione, senza discriminazioni, al mercato del lavoro. Dapprima, garantendo alle lavoratrici il medesimo trattamento retributivo e poi, da questo, allargandosi ad ogni altro aspetto concernente l’occupazione, l’accesso al mercato del lavoro, le condizioni lavorative fino ad estendersi ad ogni sfaccettatura della vita dei cittadini europei con le Direttive di seconda generazione dell’inizio degli anni Duemila.

415 Per le criticità che ancora caratterizzano il campo di applicazione della sicurezza sociale

europea verso i lavoratori autonomi si veda (supra, Cap. 2, para. 3). Invece, per quanto concerne il diritto antidiscriminatorio, le perplessità riguardano la sbilanciata attenzione verso la tutela della maternità (supra., Cap. 3, para. 3).

141 Un punto di partenza da cui sia la Commissione Europea che diversi accademici hanno cominciato ad interrogarsi sulla necessità di riformare, totalmente o gradualmente, il sistema di tutele e diritti garantito dal Diritto del lavoro tradizionale, spingendosi anche verso il superamento delle due storiche e contrapposte frontiere. Ciò anche alla luce delle diverse esperienze europee di lavoratori autonomi economicamente dipendenti, delle nuove figure inserite nei processi di esternalizzazione e di tutti quei lavoratori che, in alcuni Paesi, hanno trovato il loro posizionamento all’interno di quella zona grigia tra subordinazione ed autonomia: situazioni che, come riportato dal noto Libro Verde - Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI

secolo, non fanno che aggravare il rischio di insicurezza giuridica di questi

lavoratori nel mercato.

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