• Non ci sono risultati.

Quali tutele per i lavoratori autonomi dipendenti?

Sezione II: Il ruolo dell’Unione Europea: prospettive future

4. Quali tutele per i lavoratori autonomi dipendenti?

Individuata nel lavoro autonomo dipendente la nuova categoria intermedia in cui inquadrare, a livello europeo, tutti quei lavoratori al limite tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, risulta necessario interrogarsi su quali tutele e diritti estendervi. Un compito arduo data l’eterogeneità di questa nuova categoria e le sue intrinseche differenze con il tradizionale lavoro subordinato.

In passato, le diverse teorie che si sono interrogate sul tema dell’estensione delle tutele hanno proposto l’applicazione di alcuni istituti già previsti per il lavoro subordinato: una modalità sicuramente più facile, politicamente spendibile, ma difficilmente attuabile. Soprassedendo sulla proposta di Freedland e Countouris che mirava, appunto, ad estendere la quasi totalità degli istituti protettivi ai lavoratori semi-dipendenti, le altre ipotesi dottrinali trattate nei paragrafi precedenti, invece, hanno preferito un approccio più morbido, modellando alcuni istituti protettivi sulle caratteristiche di quella parte di lavoratori autonomi maggiormente vulnerabili e precari. Ne è un

520 Si è consci che l’introduzione di una terza categoria a livello europeo potrebbe portare ad un

abuso di lavoro sommerso per evitare di dover qualificare questi lavoratori come autonomi dipendenti. Difatti, ogni innovazione in ambito giuslavoristico dovrebbe essere accompagnata da un corposo investimento in termini di risorse a contrasto del lavoro sommerso. Una strada che l’UE sembra aver intrapreso con l’istituzione a livello europeo della European Labour Authority, mirata a coordinare le diverse agenzie ispettive nazionali per rendere effettiva l’applicazione delle norme euro-unitarie.

521 Risposte ai quesiti del Parlamento Europeo al Commissario designato al lavoro e alle

politiche sociali Nicholas Schmit, 2019. Si rimanda al seguente link, precisamente pag. 11:

https://ec.europa.eu/commission/commissioners/sites/comm-

184 esempio la proposta italiana di D’Antona che puntava ad applicare, ai lavoratori inquadrati nel lavoro sans phrase, alcuni istituti propri del lavoro subordinato ed altri disegnati proprio sulla figura di questi. Al primo gruppo di diritti appartenevano alcuni istituti presenti nello Statuto dei Lavoratori del 1970, quali la libertà di opinione, il diritto di associazione e di attività sindacale, e parte della normativa in materia di salute e sicurezza. Al secondo gruppo, invece, vi erano le tutele di natura codicistica, come quelle legate alla protezione in caso di recesso ad nutum o contro le clausole abusive, o quelle di natura prettamente salariale, come la proposta di equo compenso.

Ai fini della trattazione, l’ipotesi di modulare le tutele e modellarle sulla figura del lavoratore autonomo dipendente risulta essere la più interessante e percorribile. D’altronde, l’Unione Europea è ben conscia delle differenze tra i lavoratori subordinati e questa nuova ed ipotetica categoria di lavoratori, dunque, prevedere l’estensione della totalità delle tutele lavoristiche e sociali, senza aggiustamenti o modifiche, appare difficilmente realizzabile se non utopico. Inoltre, le istituzioni europee devono sempre tener conto delle possibili ripercussioni politiche da parte di quei Paesi non interessati a riformare il proprio mercato del lavoro522 - soprattutto se parte della loro attrattività derivi

522 Un esempio di questi Paesi sono quelli appartenenti al cosiddetto Blocco di Visengrad

(Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), insofferenti all’impatto europeo sui propri mercati, soprattutto in quello del lavoro. Proprio su tale paventata interferenza, Polonia e Ungheria si sono fermamente opposte alle recenti azioni delle istituzioni europee, tra cui la nuova Direttiva 2018/957/EU in materia di Distacco dei lavoratori che ha modificato la precedente Direttiva 96/71/CE. Entrambi i Paesi hanno, infatti, presentato due ricorsi contro il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea (C-620/18 e C-626/18) perché, secondo loro, le modifiche in materia di distacco dei lavoratori limiterebbero la libera prestazione di servizi di imprese polacche ed ungheresi all’interno dell’Unione, in quanto obbligati a garantire ai propri lavoratori sia la retribuzione che tutte le condizioni di lavoro previste nel Paese ospitante. Sempre secondo questi Paesi, le disposizioni previste dalla nuova direttiva non mirerebbero ad “agevolare l’esercizio di attività autonome (agevolare la

prestazione di servizi transfrontalieri), ma [sarebbero] contrarie a tale obiettivo” (secondo

motivo di ricorso da parte della Repubblica di Polonia). Recentemente, l’AG Sánchez-Bordona ha presentato le proprie conclusioni per il ricorso pendente dinanzi alla Corte, proponendo il rigetto di entrambi i ricorsi in quanto la nuova Direttiva, mirando ad aggiornare la normativa sul distacco a seguito della crisi finanziaria del 2008 e dell’allargamento dell’Unione Europea, ha cercato di perseguire una duplice finalità: protezione dei lavoratori distaccati e prevenzione della concorrenza sleale tra imprese e lavoratori, “derivante dai diversi livelli di tutela esistenti

fra gli Stati membri”. Tali finalità, sempre secondo l’AG Campos Sánchez-Bordona, sono state

raggiunte applicando il principio di proporzionalità, senza eccedervi. Si vedano le Conclusioni dell'Avvocato Generale Campos Sánchez-Bordona del 28 maggio 2020, C-620/18 e C-626/18, in Racc, 2020, pag. 392. Si rimanda anche alla

185 proprio da minori tutele lavoristiche e salariali523 – e da parte delle associazioni datoriali, poco avvezze a negoziare maggiori tutele per i lavoratori autonomi, come già visto nel caso del dialogo sociale in materia di sicurezza sociale nel 2017524.

In tale mosaico, dunque, risulta complesso, ma non impossibile, selezionare le materie in cui prevedere un’estensione del campo di applicazione che possa contenere anche i lavoratori autonomi dipendenti. Una spinta a tale complesso compito parrebbe arrivare dalle varie esperienze nazionali che, recentemente, hanno riguardato questo gruppo di lavoratori. Tra queste, ad esempio, l’esperienza italiana dello “Statuto del lavoro autonomo”, introdotto con la L. n. 81/2017, ha cercato di creare una base di norme e tutele, civilistiche e sociali, con l’obiettivo di migliorare la condizione precaria dell’intera categoria del lavoro non salariato, con alcune norme specificatamente dedicate ai lavoratori parasubordinati. Difatti, spazio è stato dedicato alle tutele di carattere civilistico, tra cui la nullità delle clausole abusive che avrebbero potuto perpetrare situazioni di vulnerabilità. Parimenti l’attenzione è stata posta anche sulle tutele sociali, svariando dal tema della maternità e possibile sospensione della prestazione senza ripercussioni per la lavoratrice (art. 13 L. n. 81/2017), a quello della stabilizzazione, per i lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata INPS, dell’indennità di disoccupazione DIS-COLL (art. 7): una misura che, in passato, difficilmente avrebbe visto la propria applicazione a questo gruppo di lavoratori. Indennità di disoccupazione prevista, seppur in modalità

523 In alcuni Paesi dell’Unione Europea, il costo del lavoro è la strategia utilizzata per attrarre

investimenti e delocalizzazioni. Alcuni Paesi, come Bulgaria, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno salari talmente bassi da creare problemi di distorsione concorrenziale interna all’UE. Un problema ben noto all’attuale Commissione Europea e che spiega il tentativo di introdurre un salario minimo nell’Unione. Per un’analisi dei dati salariali dei Paesi UE si rimanda al seguente link Eurostat (2015):

https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-

explained/index.php?title=File:Annual_net_earnings,_2015_(EUR)_YB17.png

524-BusinessEurope, Council Recommendation on access to social protection - A

186 differenti, anche in Svezia525 e Spagna526, mostrando, dunque, un maggior impegno sul tema dell’estensione verso il lavoro autonomo di istituti protettivi, tradizionalmente previsti solo per i lavoratori subordinati, da parte dei diversi Stati. Proprio con questo spirito innovatore, le istituzioni europee dovrebbero intervenire e rivedere alcune materie, già trattate a livello euro-unitario dai Trattati o da altri atti dell’Unione, che ad oggi non trovano applicazione verso il lavoro autonomo, o almeno includervi la figura del lavoro autonomo dipendente. Tra queste materie ne esistono alcune dove si intravede una maggior predisposizione da parte della Commissione Europea, o per via giurisprudenziale, richiamando l’approccio teleologico proposto nel precedente paragrafo, a rivederne i confini, puntando ad una loro estensione verso questi lavoratori. Contrattazione collettiva, orario di lavoro e sicurezza sociale, infatti, sembrano essere le materie privilegiate in cui intervenire a supporto di questi lavoratori, sia a causa delle esperienze nazionali in questi ambiti che possono fare da apripista per l’intervento europeo527, sia per le richieste di intervento da

parte delle parti sociali, tra cui l’ETUC, da diversi anni in prima linea per un miglioramento delle condizioni di questo gruppo528.

525 Come riportato, dopo le modifiche all’art. 237 dello Swedish Unemployment Insurance Act,

da Westregård A., Social Protection for Workers outside the Traditional Employment Contract

– a Swedish Example, in Westerveld M., Oliver M. (a cura di.), Social Security Outside the Realm of the Employment Contract: Informal Work and Employee-like Workers, Edward Elgar

Publishing, Cheltenham, 2019, pag. 209.

526 Art. 327, Real Decreto Legislativo 8/2015, de 30 de octubre, por el que se aprueba el texto

refundido de la Ley General de la Seguridad Social. Si rimanda a Talens Visconti, E.E., El nuevo régimen jurídico de la Prestación por Cese de Actividad, Tirant Lo Blanch, Valencia,

2015, p. 28,

527 Le differenze tra i vari Paesi europei sono ingenti, ma non si può negare una maggior

attenzione verso il lavoro autonomo da parte di ognuno di essi. Esperienze di azione collettiva stanno prendendo luogo in Italia e Spagna, spinte, soprattutto, dal fenomeno del lavoro tramite piattaforma. Non a caso in Italia ha avuto i natali il primo esperimento di contrattazione collettiva, in Europa, tra un’organizzazione sindacale (UGL) e Assodelivery, associazione che rappresenta l’industria italiana del food delivery. Allo stesso tempo, esperienze in materia di orario di lavoro sono rintracciabili in Spagna per i lavoratori economicamente dipendenti, iscritti al RETA, per i quali è previsto il pagamento di 18 giorni di ferie annui e la necessità di garantire orari in cui prestare l’attività lavorativa utili a garantire una vita privata e familiare dignitosa (art. 14, “Jornada de la actividad profesional”, Ley n. 20/2007).

528 Da diversi anni l’ETUC sta lavorando per un miglioramento delle condizioni lavorative e

sociali dei lavoratori autonomi, puri, parasubordinati o gig-workers che siano, cercando di mobilitare l’attenzione delle istituzioni su questi ultimi. Per l’ETUC, il coinvolgimento dei lavoratori autonomi nella contrattazione collettiva, vista come modalità per migliorarne le condizioni, è ormai necessario. Difatti, è arrivato il momento di adattare l’azione sindacale alle nuove dinamiche del mercato del lavoro, con l’obiettivo di cercare di difendere i diritti dei

187

Outline

Documenti correlati