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La copertura formale ed effettiva nel sistema di sicurezza sociale europeo e la sua inadeguatezza: le ripercussioni sul lavoro autonomo

Sezione II – Prospettive future in materia di sicurezza sociale

1. La copertura formale ed effettiva nel sistema di sicurezza sociale europeo e la sua inadeguatezza: le ripercussioni sul lavoro autonomo

La storia della sicurezza sociale europea, come visto nei precedenti paragrafi, ha subito numerosi interventi che ne hanno, negli anni, esteso l’applicabilità anche a lavoratori e status diversi da quelli originari: autonomi, part-time, stagionali, studenti fino ad arrivare alla figura dell’assicurato sociale. Per tali figure è stata prevista la portabilità dei propri diritti acquisiti e delle prestazioni da uno Stato membro ad un altro, garantendo equo trattamento con i cittadini e lavoratori domestici. Ciò è vero per gli Stati che, nel proprio sistema previdenziale, coprono lo stesso rischio sociale o prevedono l’accesso alla prestazione per il medesimo gruppo di persone o lavoratori.

Situazione ben più spinosa è invece quella nel quale uno Stato non preveda l’accesso a talune prestazioni per alcuni gruppi di lavoratori, come nel caso degli autonomi. Difatti, mancando il diritto a prestazioni in un determinato Paese, come ad esempio la disoccupazione o l’indennità per il congedo di paternità, il lavoratore autonomo non potrà esportare o far valere, all’interno di questo Stato membro, il diritto a tale precipua prestazione, pur se eleggibile ai sensi del sistema sociale del Paese da cui si sposta.

Seppur ben nota alla Commissione, tale situazione non ha avuto quella spinta regolamentativa che ha permesso, invece, il completamento del sistema di Coordinamento della sicurezza sociale in Europa. Si potrebbe asserire, dunque, che questo Coordinamento sia in parte ‘monco’, dato che garantisce assoluta esportabilità delle prestazioni ma non si interessa se queste siano o meno previste in ogni Stato membro.

I lavoratori subordinati, da sempre figura cardine attorno alla quale sono stati disegnati i sistemi di sicurezza sociale europei314, sono tradizionalmente

314 Wynn M., Paz-Fuchs A., Social Protection for Workers outside the Traditional Employment

Contract – a Swedish Example, in Westerveld M., Oliver M. (a cura di.), Social Security Outside the Realm of the Employment Contract: Informal Work and Employee-like Workers, Edward

100 coperti dalla maggior parte dei rischi sociali e tali protezioni sono rintracciabili, in misura diversa, in quasi tutti gli Stati membri; questo anche a causa della nota e generalizzata funzione protettiva del diritto del lavoro e della previdenza sociale nei confronti di questi lavoratori. Al contrario, la copertura previdenziale dei lavoratori autonomi è disomogenea all’interno dei vari Paesi europei. Difatti, si riscontrano diverse tipologie di regimi di sicurezza sociale che si caratterizzano per la maggiore o minore copertura sociale di questi lavoratori315. Si registrano Stati con un sistema previdenziale generoso ed

inclusivo, come Lussemburgo o Slovenia, dove il lavoratore autonomo è assicurato nel medesimo sistema di sicurezza sociale riservato ai lavoratori subordinati e con lo stesso onere contributivo, coprendo, dunque, la maggior parte dei rischi sociali connessi all’attività lavorativa e non solo, come malattia, pensione e reversibilità, infortuni sul lavoro e financo disoccupazione316. Al fianco di questi, poi, esistono Paesi dove il lavoratore autonomo è incluso nel regime di sicurezza sociale attraverso meccanismi obbligatori o volontari, potendo egli stesso decidere se assicurarsi o meno contro un determinato rischio317. A tal gruppo appartengono, per esempio, Spagna, Repubblica Ceca

315 Diversi studi hanno analizzato la natura dei regimi di sicurezza sociale presenti in Europa.

Pur scorgendo approcci e/o modalità di finanziamento differenti, questi studi hanno, comunque, cercato di tradurre gli aspetti comuni rintracciabili nei vari Paesi con la creazione di quattro clusters (macro-gruppi): sistemi inclusivi (all-inclusive), sistema di accesso opzionale, sistemi parzialmente esclusivi e il gruppo dei paesi con azioni e politiche sociali miste. Per approfondire questi studi si rimanda a Spasova S., Bouget D., Ghailani D., Vanhercke B., Access to social

protection for people working on non-standard contracts and as self-employed in Europe: A study of National policies, in European Social Policy Network, 2017; Matsaganis M., Ozdemir

E., Ward T., Zvakou A., Non-standard employment and access to social security benefits, in

Research note 8/2015, 2016.

316 Il primo cluster, chiamato all-inclusive, è l’unico in cui i lavoratori autonomi sono obbligati

ad assicurarsi nello stesso schema di sicurezza sociale dei lavoratori subordinati. Ciò comporta una protezione maggiore dai diversi rischi connessi al lavoro ma anche un onere contributivo molto alto richiesto ai lavoratori autonomi, con evidente difficoltà delle fasce più vulnerabili. Questo sistema è noto per garantire una facile transizione tra i diversi status lavorativi e permettere flessibilità del mercato del lavoro. A titolo esemplificativo, i lavoratori autonomi all’interno di tale schema assicurativo sono coperti da rischi di malattia comune, come garantito in Lussemburgo o Croazia. Matsaganis M., Ozdemir E., Ward T., Zvakou A., op. cit., 2016, pag. 17.

317 Al gruppo dei Paesi con schemi assicurativi ad accesso opzionale appartengono, per citarne

alcuni, Spagna, Austria, Svezia e Repubblica Ceca. I lavoratori autonomi appartenenti a tali Stati non hanno accesso diretto al medesimo schema assicurativo dei subordinati ma possono decidere di assicurarsi volontariamente per uno o più rischi. Contemporaneamente, sono comunque obbligati ad iscriversi ad una gestione previdenziale ad hoc, come nel caso spagnolo, per contribuire personalmente alla propria pensione futura o essere coperti in caso di congedo

101 ed Austria. Infine, esistono regimi di sicurezza sociale europei dove l’autonomo è escluso, totalmente o parzialmente, dall’accesso, anche solo volontario, dalla maggior parte delle tutele sociali, come avviene in Italia, Francia e Grecia, per citarne alcune318.

Sia che sia garantito l’accesso obbligatorio o volontario, sia che questo sia parzialmente esteso ad alcune categorie di autonomi - come avvenuto per i parasubordinati italiani o per i quasi-employees tedeschi - comunque è lampante come il sistema di Coordinamento europeo si scontri con questo problema di copertura sociale.

Quando si parla di copertura previdenziale si fa riferimento alla situazione in cui un determinato individuo o gruppo di persone sia protetto verso uno specifico rischio. In questo caso la copertura è detta “formale” o “legale”. Per copertura formale si intende una situazione di “uno specifico settore di

protezione sociale (ad esempio protezione da vecchiaia, disoccupazione, maternità o paternità) in cui la normativa o i contratti collettivi esistenti stabiliscono che gli appartenenti ad un gruppo hanno diritto di partecipare al sistema di protezione sociale di un settore specifico”319. Dunque, nel caso degli autonomi, questi sono coperti formalmente quando una determinata prestazione li vede all’interno del campo di applicazione soggettivo. Si pensi all’art. 10 della Direttiva 2010/41320, il quale rende le lavoratrici autonome destinatarie di una

di paternità. Una delle critiche maggiori a tale tipologia di schema assicurativo risiede nella natura volontaria dell’accesso. Difatti, i lavoratori autonomi, soprattutto i più vulnerabili o coloro che risultano essere in monocommittenza, sono caratterizzati da alta volatilità dei guadagni, insicurezza lavorativa e difficoltà nel contribuire volontariamente. Alla luce di ciò, sono molti i lavoratori che decidono di non assicurarsi, essendo, dunque, sprovvisti di coperture in caso di malattia o infortunio sul lavoro (a meno di assicurazioni private, per le quali, comunque, esiste la stessa problematica di cui sopra).

318 Il terzo cluster è definito parzialmente esclusivo. In tale gruppo l’autonomo non è protetto

nei confronti della maggior parte dei rischi sociali legati al lavoro. Tra i Paesi appartenenti a tale cluster si possono includere Italia, Francia e Grecia, dove comunque il diritto alla pensione è garantito tramite contribuzione del lavoratore ma dove lo stesso lavoratore è escluso dal regime della malattia o dalla disoccupazione. Il quarto cluster si avvicina molto a quello appena esposto, soprattutto per la possibilità di escludere un lavoratore dall’accesso ad una determinata prestazione. Contemporaneamente, però, è caratterizzato dalla valutazione delle reali necessità e contingenze del lavoratore, a seguito del quale vengono garantite alcune tutele a quest’ultimo se necessarie per evitarne l’esclusione sociale (il cosiddetto means test benefit).

319 Raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 sull’accesso alla protezione sociale

per i lavoratori subordinati e autonomi, (2019/C 387/01), punto 7, lett. e.

320 Direttiva 2010/41/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010

sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio.

102 serie di tutele e disposizioni in materia di maternità: disposizioni poi tradotte nei vari ordinamenti nazionali.

Come visto sopra, però, non tutti i regimi di sicurezza sociale prevedono una copertura formale di tutti i rischi sociali quando si parla di lavoratori autonomi. In Svezia, per esempio, è garantita, anche ai lavoratori autonomi, la possibilità di richiedere un’indennità di disoccupazione per una reiterata mancanza di compensi, sospendendo temporaneamente la propria attività321;

situazione possibile anche in Spagna, previa cessazione dell’attività autonoma322. Al contrario, l’ordinamento italiano non prevede tale prestazione per i lavoratori autonomi, i quali dovranno ricorrere a risorse personali o assicurazioni private per affrontare periodi di mancato guadagno e diminuzione delle attività. Dunque, per quanto riguarda l’Italia, si è nella situazione di un’assenza di copertura formale, per il gruppo dei lavoratori autonomi, nei confronti di una determinata prestazione (disoccupazione).

Dato il concetto di copertura formale qui esposto, parrebbe che, per garantire una soddisfacente protezione previdenziale per gli autonomi, sia sufficiente inserire questi nell’ambito di applicazione soggettivo di una determinata prestazione. Ciò è vero tanto quanto l’eventuale difficoltà per questi lavoratori di poter versare i contributi richiesti per beneficiare di tale protezione. Stante ciò, le difficoltà nel versare contributi, così come rispettare i minimi contributivi323 e le condizioni di eleggibilità richieste, sono tra i

321 Lag (2010:2030) om ändring i lagen (1997:238) om arbetslöshetsförsäkring, tradotto in

inglese: Swedish Unemployment Insurance Act, precisamente art. 145, 2010. Questa normativa, adottata nel 2010, ha modificato la precedente disposizione che garantiva agli autonomi l’indennità di disoccupazione ma soltanto nel caso in cui ci fosse una cessazione totale dell’attività. Al contrario, l’attuale normativa prevede uno “hiatus”, cioè una temporanea sospensione delle attività fino ad una eventuale ripresa. Per un approfondimento si veda

https://www.ilo.org/dyn/natlex/natlex4.detail?p_lang=en&p_isn=88577&p_count=96229&p_ classification=15.04&p_classcount=1775

322 Da gennaio 2019, per i lavoratori autonomi è prevista un’indennità di disoccupazione in caso

di cessazione dell’attività per mancanza di clienti o motivazioni legate al mercato. Una simile prestazione era presente, precedentemente, soltanto per i lavoratori autonomi economicamente dipendenti TRADE (supra 4.4). L’importanza di tale innovazione normativa risiede nella natura obbligatoria di tale indennità, per la quale gli autonomi devono versare una quota contributiva nelle casse previdenziali di competenza. Per maggiori informazioni si rimanda all’art. 7 del Real Decreto Ley n. 28/2018 del 29 Dicembre 2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sez. 1, 129892:

https://boe.es/boe/dias/2018/12/29/pdfs/BOE-A-2018-17992.pdf

323 Basti pensare che in alcuni Paesi europei, quali Spagna, Bulgaria e Romania, un ampio

103 problemi più comuni per alcune tipologie vulnerabili di lavoratori autonomi324. Difatti, la sola copertura formale non garantisce che il lavoratore sia effettivamente coperto da un determinato rischio, sia per motivi di carattere contributivo che per un’intrinseca difficoltà dei sistemi di sicurezza sociale di adattarsi alla natura eterogenea del lavoro autonomi. Inoltre, i problemi di ordine contributivo derivano dall’onere richiesto ai lavoratori autonomi. Questo è spesso parametrato a quanto previsto per i lavoratori subordinati. Seppur ragionevole dal punto di vista contributivo, ciò non appare concettualmente equo, in quanto il versamento dei contributi per il lavoratore, nella maggior parte dei Paesi325, è a carico del datore di lavoro ed in minima parte del soggetto protetto326. Prevedere anche per l’autonomo il medesimo onere contributivo provocherebbe per lui minori entrate nette o un innalzamento dei costi per il cliente; situazione che, alla lunga, comporterebbe una contrazione del compenso per molti lavoratori autonomi, soprattutto per quelli che già faticano ad avere entrate regolari nel tempo, che si trovano in mercati ad alta percentuale di sub-fornitura di servizi o che hanno una bassa capacità negoziale con i propri

sicurezza sociale, non per garantirsi un margine di profitto maggiore ma in quanto non capaci di contribuire maggiormente. Si rimanda a Spasova S., Wilkens M., The social situation of the

self-employed in Europe: labour market issues and social protection, in Vanhercke B., Ghailani

D., Sabato S. (a cura di), Social policy in the European Union: state of play 2018, ETUI, Bruxelles, 2018, pag. 104.

324 Uno studio del 2013, finanziato dal Parlamento Europeo, aveva intervistato un campione di

lavoratori autonomi, chiedendo loro, quali fossero le motivazioni per le quali avrebbero cambiato il proprio lavoro e rinnegato la propria carriera. Tra le varie motivazioni, tra cui la volatilità degli introiti o la difficoltà nel reperire clienti, un decimo degli intervistati ha sottolineato sia la difficoltà nel rispettare i limiti contributivi richiesti per essere coperti dal punto di vista previdenziale, sia la mancanza di tutele sociali (malattia comune, congedi parentali indennizzati, disoccupazione). Si veda Parlamento Europeo, Self-employment and

social security: Effects on innovation and economic growth, 2013.

325 La Svezia, tra i Paesi dell’UE, è uno di quelli che prevede per i lavoratori autonomi il

medesimo livello di contribuzione richiesto per i subordinati. L’alto onere contributivo, però, corrisponde ad un alto livello di servizi e tutele e la composizione della forza lavoro autonoma comprende professionisti specializzati, sia che questi siano consulenti o artigiani. Il problema dei freelance o dei lavoratori autonomi vulnerabili è limitato in questo Paese data l’alta facilità a trovare lavoro dipendente, dunque quello autonomo è più una scelta che una decisione dettata dalle difficoltà occupazionali, come in Italia o in Spagna.

326 Il problema della doppia contribuzione è poco studiato in letteratura, sebbene possa apparire

semplice pensare che “il lavoratore autonomo debba versare la propria contribuzione sia in qualità di datore di lavoro che di lavoratore” (traduzione dell’Autore). Al contrario, una simile presunzione si imbatterebbe in diversi ostacoli, soprattutto per quei lavoratori che sono in situazioni di monocommittenza economica o si trovano in mercati dove la fissazione del prezzo non dipende da loro. Organization for Economic Cooperation and Development (OECD), The

104 committenti. Ulteriori difficoltà sono da rintracciare nell’eterogenea forza lavoro degli autonomi, composta da professionisti, artigiani, freelance e gig- workers: soggetti con necessità diverse e situazioni economiche disomogenee tra loro. Si pensi alle difficoltà di un freelance o di un gig-worker, a causa della volatilità dei propri compensi, di poter rispettare le eventuali scadenze contributive dei lavoratori subordinati; oppure l’impatto che il mancato pagamento di un’opera da parte di un committente possa avere sia sulle entrate del lavoratore che sulla sua capacità di versare contributi in finestre di contribuzione fisse e non mobili. Dunque, pur essendo tra i soggetti tutelati, la mancata o altalenante contribuzione potrebbe provocare problemi di protezione o di reale copertura dai rischi. In materia previdenziale, questo fenomeno è noto come “copertura effettiva”: la situazione in cui “gli appartenenti ad un gruppo

hanno la possibilità di maturare diritti a prestazioni, e al verificarsi del rischio corrispondente, di accedere a un determinato livello di prestazioni”327. Alla luce di ciò, la copertura effettiva dipende, per quanto riguarda le prestazioni previdenziali non assistenziali, dal versamento dei contributi che permette di maturare il diritto a talune prestazioni. Appare chiaro, quindi, che in caso di mancata contribuzione si avrebbe una limitata copertura effettiva nei confronti di un determinato rischio sociale.

I due problemi di copertura, formale ed effettiva, sono inevitabilmente presenti ed attuali nella situazione dei lavoratori autonomi. Questo deriva dal ritardo della loro inclusione come soggetti protetti nel campo della sicurezza sociale nonché dall’inadeguatezza del sistema previdenziale tradizionale nell’occuparsi di questa categoria di lavoratori; situazione di cui la Commissione Europea è conscia da anni e per la quale, con Raccomandazioni e Atti dell’Unione328, ha cercato di focalizzare l’attenzione dei Paesi Membri.

327 Raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 sull’accesso alla protezione sociale

per i lavoratori subordinati e autonomi, (2019/C 387/01), punto 7, lett. f.

328 Come si vedrà in seguito, attraverso la solenne proclamazione del Pilastro Europeo dei Diritti

Sociali, avvenuta a Göteborg il 17 novembre 2017, la Commissione Europea ha sottolineato la necessità di garantire un’adeguata pensione ai lavoratori autonomi.

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2. La Raccomandazione del Consiglio n. 92/441/CEE ed il primo utilizzo

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