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Aspetti bioetici della diagnostica prenatale: una questione di diritt

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 135-139)

Come la tecnica medica agisce sul corpo femminile

7. La diagnostica prenatale

7.8. Aspetti bioetici della diagnostica prenatale: una questione di diritt

Prendiamo ora in esame il terzo ambito, quello sociale. Connessi alla diagnostica prenatale sono la consulenza genetica91 e i programmi di screening genetico. La diagnostica prenatale si rivolge alle cosiddette coppie a rischio92, a donne che rientrano in

fasce a rischio per la loro età e a coppie appartenenti a comunità a rischio per determinate

malattie ereditarie (come ad esempio la talassemia in alcune aree del Mediterraneo)93. L’obbiettivo principale è innanzitutto prevenire le malattie genetiche, ma i quesiti etici che emergono sono molteplici94.

È auspicabile stilare una lista delle malattie ereditarie per le quali effettuare test genetici? O si tratta di un’intromissione inaccettabile nella vita della popolazione? Qualunque sia la risposta, la diagnostica prenatale ha preso piede perché vista dalla società in maniera positiva. Una delle cause è che oggi una percentuale sempre maggiore di gravidanze si conclude con successo, per cui si accetta sempre meno l’incertezza sul loro esito. Inoltre le donne vogliono un approccio sempre più consapevole alla gravidanza, perché solo conoscendo i rischi hanno modo di decidere come affrontarli. Ma se da un lato viene rivendicato il diritto all’informazione, dall’altro esiste anche il diritto all’ignoranza, intesa da Hans Jonas «come ignoranza relativa a chi si è, che sola renderebbe possibile l’esistenza come “autoscoperta”»95

.

Con la diagnostica prenatale sono stati messi in discussione la selezione naturale e il

90

Ivi, cit. p. 84.

91

La consulenza genetica fornisce «le indicazioni per l’intervento diagnostico sulla base della valutazione del rischio di prole affetta da anomalie» (L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle

sfide delle scienze della vita, Name 1999, cit. p. 84).

92

Coppie che in precedenza abbiano già avuto figli affetti da anomalie.

93

Ci sono Paesi, come la Cina, in cui la diagnostica prenatale è imposta per legge alle coppie a rischio; a Cipro, invece, tutti gli adulti sono sottoposti a uno screening per individuare i portatori sani di talassemia (L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, p. 84).

94

L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, p. 84.

95

Ivi, cit. p. 85.

Jonas auspica l’affermarsi del seguente precetto morale: «non violare il diritto a quell’ignoranza che è una condizione per un possibile, autentico, agire; in altri termini: rispettare il diritto di ogni vita umana a trovare

la propria strada e a essere una sorpresa per se stessa» (H. Jonas, L’ingegneria biologica: una previsione,

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caso “genetico”, che sono stati «per millenni, nella storia dell’umanità, i padroni incontrastati del destino di ogni feto umano»96. Oggi la tecnica ha dato all’uomo il potere di intervenire sul destino di chi deve ancora nascere, destino che così sfugge alle leggi della Natura. Proprio in risposta a questo, per contrastare lo strapotere della tecnologia, nell’età moderna emergono sempre più forti le istanze per quello che alcuni chiamano “il diritto al caso”, messo addirittura in relazione con i fondamentali diritti alla vita, all’uguaglianza e alla libertà. Vediamo come. Se riflettiamo sul diritto di ognuno a disporre della propria vita, ci appare chiaro che influenzare le possibilità di un individuo di nascere, basandosi sul suo corredo genetico, significa intervenire prepotentemente sulla sua vita. Inoltre, la selezione su base genetica pone inevitabilmente chi la effettua a un livello superiore rispetto a chi la subisce, violando in questo modo anche il diritto all’uguaglianza. Anche il principio della libertà personale viene intaccato, perché «qualunque intelligenza che si sostituisca al caso, nella scelta dei geni individuali, può farlo unicamente sulla base di un progetto, ma ciò toglie dignità alla persona che, da fine, viene degradata a mezzo»97.

Potremmo a questo punto chiederci se il caso genetico sia una condizione sempre necessaria «per la piena espressione dei diritti fondamentali dell’uomo e per la completa manifestazione della sua dignità»98. In realtà, nei casi in cui la manipolazione genetica ha come unico fine effettuare interventi correttivi che contrastino malattie gravi ed invalidanti, questi stessi interventi non compromettono l’esercizio dei diritti fondamentali della persona, ma possono anzi permetterle di avvalersene appieno: «la malattia, in effetti, peggiora la qualità della vita, rende meno eguali e anche meno liberi»99. Vanno tenuti ben distinti i due ambiti, quello degli interventi a livello somatico, che ha potenzialità puramente correttive, e quello degli interventi sulla linea germinale, che possono avere effetti sulle generazioni future. La correzione delle anomalie che colpiscono il singolo individuo, come detto, danno la possibilità di esercitare tutti i diritti della persona, senza che alcuna malattia ostacoli questa possibilità. Gli interventi di tipo migliorativo, invece, sollevano notevoli questioni etiche, tanto che la “Convenzione europea dei diritti dell’uomo” ha proclamato «il diritto di ereditare i caratteri genetici che non abbiano subito

96

L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, cit. p. 85. 97 Ivi, cit. p. 86. 98 Ivi, cit. p. 86. 99 Ivi, cit. p. 86.

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alcuna manipolazione»100.

Partendo da questa riflessione sui diritti umani, Battaglia ci fa notare come sia chiaro che «i diritti non nascono tutti in una volta»101: al contrario, «non esiste la necessità di affermare un diritto fino a che questo non può essere violato»102. Ciò vale anche per il diritto all’informazione e per il suo contrario, il diritto al caso, di cui si è sentita la necessità «quando l’aumento del potere dell’uomo sull’uomo, indotto dal progresso tecnologico, [ha] crea[to] nuove minacce alla libertà individuale e a tali minacce si [è] cerca[to] di rispondere con richieste di limitare tale potere, attraverso interventi protettivi»103. Come sottolineava Norberto Bobbio, bisogna porre attenzione al linguaggio dei diritti, che nonostante la sua indubbia valenza pratica può risultare nocivo se «oscura o occulta la differenza tra il diritto rivendicato e quello riconosciuto e protetto»104.

La questione dei diritti in relazione alla diagnostica prenatale fa emergere un’altra problematica etica: il rapporto esistente tra gli specialisti e il largo pubblico. Dato che una conoscenza precisa dei meccanismi tecnico-scientifici alla base della diagnosi prenatale è alla portata di pochissime persone, si potrebbe temere il formarsi di una “dittatura degli esperti”, in cui ci si affida totalmente alle mani di medici specializzati per questioni che coinvolgono direttamente la vita e la salute dell’individuo. Per questo, secondo il sociologo Edgar Morin, è necessaria un’etica dell’informazione che rafforzi l’etica della responsabilità105.

È proprio Morin a sottolineare l’estremo divario riscontrabile oggi «tra una tecnoscienza esoterica, iperspecializzata e le conoscenze di cui dispongono i cittadini»106. Proprio dalla distanza tra “coloro che sanno” e “coloro che non sanno” emerge la necessità di una “democratizzazione della conoscenza” – Morin parla di democrazia

cognitiva – che favorisca un’acculturazione che vada al di là dell’obbligatorietà scolastica

e non si arrocchi nell’ambito universitario. Se continuiamo a concepire le questioni

100

G. Gerin (a cura di), Modificazioni genetiche e diritti dell’uomo, CEDAM 1987. Citato in: L. Battaglia,

Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, p.86.

101

L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, cit. p. 87. 102 Ivi, cit. p. 87. 103 Ivi, cit. p. 87. 104

N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi 1990. Citato in: L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia

morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, p. 87.

105

E. Morin, Scienza con coscienza, Franco Angeli 1987. Citato in: L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La

filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, pp. 87-88.

106

L. Battaglia, Dimensioni della bioetica. La filosofia morale dinanzi alle sfide delle scienze della vita, Name 1999, cit. p. 88.

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bioetiche come qualcosa di privato, o le destiniamo ai sofisticati dibattiti tra filosofi, scienziati e psicologi, è impossibile che esse riescano a entrare nel dibattito culturale e da qui nella coscienza pubblica. Naturalmente, per consentire alle persone comuni di intervenire in modo consapevole sulle scelte poste in essere dalle ricerche genetiche, vanno creati degli idonei modelli di partecipazione107.

Uno dei timori più diffusi sulla diagnosi prenatale è che il ricorso sempre più frequente a questo particolare tipo di analisi possa contribuire a un sentimento di rifiuto verso quei soggetti considerati non completamente “normali”. Ma le definizioni di cosa sia “normale” e cosa “patologico” sono molto relative e i loro confini labili, sfumati: siamo assai lontani da una delimitazione incontestabile tra le due nozioni. Eppure la riflessione su normalità e patologicità è centrale per risolvere i dubbi etici che la diagnosi prenatale solleva, per cui chiediamoci: qual è il nostro livello di tolleranza nei confronti dell’handicap, fisico o mentale, e come ci rapportiamo con la differenza?108

Indubbiamente dietro la diagnostica prenatale può nascondersi lo spettro nero dell’eugenetica, ma se usata nel modo corretto essa permette di intervenire per il meglio, ad esempio prima che una eventuale malattia si manifesti. Per evitare di scadere nell’eugenetica, suggerisce Battaglia, dobbiamo impedire l’imporsi di pratiche “collettive” che definiscano in maniera unilaterale ciò che è normale e ciò che invece è patologico. «Attualmente il rispetto per l’individuo ci porta, da un lato, a lasciare la coppia libera di decidere, in nome dell’autodeterminazione, e, dall’altro, a favorire […] l’accoglienza del bimbo handicappato»109. È l’accettazione vera e autentica di quest’ultimo, sia a livello individuale che sociale, la migliore difesa contro l’eugenetica110

. 107 Ivi, p. 88. 108 Ivi, pp. 89-90. 109 Ivi, cit. p. 91. 110 Ivi, p. 91.

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Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 135-139)

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