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L’involuzione etica della medicina

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 52-55)

L’invadenza della medicina e le sue implicazioni etiche

3. Cosa è giusto e cosa è sbagliato: l’etica in medicina

3.3. L’involuzione etica della medicina

In medicina, applicare e rispettare i basilari princìpi etici «permette il corretto rapporto fra medico e paziente e la corretta espressione di questo legame nel realizzare il mantenimento della salute»23. L’etica, però, non può essere limitata a questo rapporto duale e nemmeno essere chiamata in causa solo quando fa comodo: essa deve essere sempre presente, deve essere la base imprescindibile dell’azione del medico mentre svolge il suo dovere sociale24 (cfr. par. 3.4). Alla luce di questo, Chiechi si domanda come possa essere così facile trasgredire i princìpi cardine della bioetica (cfr. par. 3.5) e perché si continui a tollerare che ciò avvenga25. Per lui la risposta risiede nella progressiva “perdita etica” cui la medicina è andata incontro nel corso della sua storia. Ciò che Chiechi

19 Ivi, cit. p. 15. 20 Ivi, cit. p. 16. 21 Ivi, cit. p. 16. 22 Ivi, p. 16.

D’altronde, neanche la malattia è solo il frutto di un susseguirsi di eventi, ma spesso e volentieri ciò che più la influenza è il nostro stesso comportamento, come un’alimentazione scorretta o uno stile di vita dedito a questo o quel vizio.

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L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, cit. p. 88.

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Ivi, p. 88.

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denuncia è lo smarrimento dei valori etici fondanti, nonostante la scienza medica possa al contempo vantare traguardi scientifici e tecnologici impensabili in passato. Al giorno d’oggi, infatti, le potenzialità tecnico-scientifiche che i medici hanno a disposizione sono innumerevoli26.

Come detto nella parte introduttiva di questa Tesi (cfr. Cap. 1) a proposito della tecnica moderna e di come questa, seguendo le sue regole interne, riesca ad autoalimentarsi, allo stesso modo la tecnica medica ha iniziato a tendere autonomamente verso ciò che richiedono le leggi del mercato. Sotto questo aspetto essa si è perfettamente integrata nella società che l’ha creata. Nell’opinione di Chiechi «la medicina, come scienza terapeutica, ha in gran parte esaurito le sue potenzialità, ha esaurito la sua spinta positiva»27: essa ha ormai intrapreso un percorso regressivo, che la porta a focalizzarsi sulla normalità piuttosto che sulla malattia, a guardare al profitto economico e ai desideri della società piuttosto che al benessere degli individui. Si impongono nuovi valori che rimpiazzano quelli del passato, ormai considerati superati.

Chiechi è molto duro nei confronti della medicina moderna e parla apertamente di una sua involuzione rispetto al passato. Ovviamente egli non si riferisce alle capacità terapeutiche – notevolmente aumentate – o alla tecnologia che nel tempo le si è affiancata; pone piuttosto la sua riflessione sul piano umano e valoriale. Ricorda come un tempo la medicina mirasse solo a guarire il malato, mentre oggi punta anche al guadagno, alla vendita di prodotti e servizi, alla creazione di nuovi bisogni. Oggigiorno a distogliere il medico dalla guarigione del paziente concorre tutta una serie di interessi, dalle pressioni delle case farmaceutiche all’ambizione del medico stesso di fare carriera (cfr. par. 3.7); alcuni di questi atteggiamenti fanno ormai parte dell’esperienza quotidiana al punto da essere addirittura considerati normali. Chiechi afferma che è invece necessario far emergere con forza l’ingiustizia insita in tali comportamenti28. Ogni medico dovrebbe

sentire il dovere etico di svelare e, se possibile, limitare le influenze socio-economiche che trasformano la cura delle malattie in un “marketing della salute”. Per farlo, però, il medico per primo deve compiere un percorso di maturazione etica che gli permetta di

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La specializzazione e il continuo sviluppo della ricerca medica hanno come logica conseguenza la necessità di compiere delle scelte tra le varie opzioni di intervento disponibili: è essenziale saper scegliere bene e

saper utilizzare al meglio i mezzi scelti; per farlo serve una guida etica (L. M. Chiechi, Donna, etica e salute,

Aracne 2006, p. 15).

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L. M. Chiechi, Donna, etica e salute, Aracne 2006, cit. p. 17.

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evitare qualunque conflitto di interessi e di riacquistare gradualmente la fiducia della società29; c’è bisogno, in altre parole, di «un medico eticamente equipaggiato e consapevole»30 che persegua quali unici obbiettivi della sua “missione” il benessere psico- fisico della persona e il mantenimento del suo stato di salute. È necessario che la classe medica recuperi le radici antropologiche della medicina: la solidarietà e l’empatia.

Se lamentiamo una carenza di valori etici nella medicina moderna, se li percepiamo non come un elemento accessorio, ma fondamentale, è perché già 2500 anni fa, ai tempi della medicina ippocratica, si affermava l’importanza dell’etica medica (cfr. par. 3.4), pur senza darle già questo nome. Lo stesso giuramento di Ippocrate testimonia questa considerazione; esso consiste di pochi punti, ma molto chiari:

«Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dèi e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò questa arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.

Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa.

Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.

Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.

In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l’altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.

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Ivi, p. 17.

Nel caso dei ginecologi, la fiducia da riconquistare è quella delle donne.

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Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell’esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.

E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro»31.

Si avverte, per la medicina di oggi, la necessità di un riscatto, di un ritorno a queste sue nobili origini. E l’unica strada percorribile è proprio quella indicata dall’etica, perché «la medicina non è solo conoscenza biologica; una diffusa perdita bioetica medica e sociale è in grado di influire sulla salute umana più delle influenze patologiche immodificabili e proprio la donna è quella maggiormente esposta alle influenze socio-culturali invalidanti in virtù della sua fisiologia e della sua debolezza sociale»32.

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 52-55)

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