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La menopausa come malattia: una visione culturalmente costruita

Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 94-97)

Come la tecnica medica agisce sul corpo femminile

5. Quando “essere donna” significa “essere malata”

5.6. La menopausa come malattia: una visione culturalmente costruita

«Come le donne vivono la fine della possibilità di procreare dipende in buona misura dal contesto culturale e sociale, dalla loro situazione individuale e dal rapporto con chi si prende cura di loro, sia esso un rapporto affettivo, medico o psicologico»95. È per questo che Franca Pizzini ritiene che non esista una maniera universale per reagire a questo evento e che «i sintomi e lo stato delle donne in menopausa dipendano dallo stile di vita, dalla concezione del corpo, dall’alimentazione»96. Torna centrale, qui, il concetto di

“corpo”: è il corpo a parlare per la donna, quel corpo che si modifica più volte nell’arco di una vita, quasi a scandire lo stesso scorrere dell’esistenza femminile97. Ancora oggi la cultura dominante può essere d’ostacolo per affrontare serenamente situazioni come la menopausa: la nostra società, ad esempio, impone ed esalta un modello di donna giovane, in ottima forma, sempre attraente98 (cfr. par. 2.7). «Se viviamo in una società che incoraggia le donne a pensare la facoltà riproduttiva come il loro contributo più importante, la menopausa viene ovviamente intesa come una morte, la morte delle ovaie

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Ivi, pp. 186-187.

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Ivi, pp. 188-189.

«Possono contribuire alla insorgenza dell’osteoporosi fattori […] legati alle abitudini di vita. Sono considerati fattori di rischio un inadeguato apporto alimentare di calcio, il fumo di sigarette, l’abuso di alcol e la vita sedentaria» (AA. VV., Salute. Dizionario medico MEN-OTT, RCS Libri 2006, voce Osteoporosi).

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F. Pizzini, Corpo medico e corpo femminile. Parto, riproduzione artificiale, menopausa, Franco Angeli 1999, p. 187. 95 Ivi, cit. p. 146. 96 Ivi, cit. p. 146. 97 Ivi, cit. p. 147. 98

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che segnala il concludersi dell’esistenza»99

in quanto fine della riproduttività. La menopausa viene raggiunta quando il corpo femminile invecchia, perciò le cause delle colpe che spesso le vengono attribuite andrebbero invece ricercate nel significato che la nostra società attribuisce all’invecchiamento e nei pregiudizi che essa, con il colpevole appoggio della medicina, diffonde100. In un contesto del genere, la menopausa è innegabilmente un momento di crisi, perché altera un equilibrio durato anni, ma se la donna ne è consapevole vivrà meglio il cambiamento, che sarà definitivo, e conquisterà per sé un nuovo ruolo101.

È doveroso notare come le conoscenze mediche sulla menopausa e sui suoi disturbi siano state elaborate basandosi esclusivamente sui sintomi riportati dalle donne europee o nordamericane e tali sintomi siano stati poi riconosciuti, a torto, universali. È bene ribadire, invece, che la menopausa vissuta come un problema di salute è un fenomeno tutto occidentale e che di fronte ad essa esistono anche reazioni diverse dall’approccio patologico tipico delle donne e dei medici occidentali102.

Prendiamo, ad esempio, il caso del Giappone. Sappiamo che l’idea di rivolgersi a un medico solo per il fatto di essere entrate in menopausa è un pensiero estraneo alla mentalità delle donne giapponesi103. Non solo: nella lingua giapponese nemmeno esiste un termine corrispondente a “menopausa”, parola che invece compare in tutte le lingue occidentali; il termine utilizzato dai giapponesi per indicare questo particolare momento della vita di una donna è konenki. La traduzione migliore che se ne può dare è “transizione”, “cambiamento”, inteso più come “cambiamento di vita” che come “cambiamento fisiologico”: il konenki, infatti, riassume in sé più eventi, dall’invecchiamento al mutamento delle condizioni familiari, sociali e affettive. Le donne giapponesi non interpretano la fine dell’età fertile solamente dal punto di vista biologico, troppo riduttivo, ma la intendono come un evento naturale che può sì comportare qualche disturbo, ma comunque di breve durata, e tendono a sottolineare maggiormente gli aspetti positivi, quasi liberatori, che il konenki regala, rispetto a quelli negativi, come invece

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F. Pizzini, Corpo medico e corpo femminile. Parto, riproduzione artificiale, menopausa, Franco Angeli 1999, cit. p. 166. 100 Ivi, p. 166. 101 Ivi, p. 148. 102

G. Ranisio, Corpo femminile e medicalizzazione, in D. Cozzi (a cura di), Le parole dell’antropologia medica.

Piccolo dizionario, Morlacchi 2012, pp. 67-84.

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fanno la medicina e, su suo condizionamento, le donne occidentali104. Nella nostra visione della menopausa prevale il riferimento agli aspetti strettamente biologici del corpo femminile: il nostro è uno sguardo scientifico, che non permette un’interpretazione del fenomeno nella sua totalità. Potremmo invece definire quello giapponese uno sguardo “olistico”, tipico di una cultura contemplativa, più attenta al lato spirituale dell’esistenza – caratteristica che l’accomuna a molte altre culture orientali. Una delle differenze maggiori è che le donne giapponesi considerano il loro corpo un’entità “sociale” piuttosto che un’entità “biologica” – come invece fanno le occidentali – per cui i cambiamenti per loro più rilevanti sono quelli a livello sociale105.

Nonostante la moderna medicina occidentale si stia diffondendo sempre più anche in Giappone, continua ad esistere tra le donne giapponesi un’attenzione particolare all’equilibrio tra il corpo e lo spirito e tra il corpo e l’ambiente circostante; è importante che tali equilibri non vengano spezzati, perché se questo avvenisse il corpo ne soffrirebbe. Un corpo malato, per la cultura giapponese, è un corpo “non in equilibrio”; per questo il

konenki non può essere definito una malattia, come avviene in Europa e in Nord America,

quanto piuttosto la ricerca di un nuovo equilibrio da parte del proprio corpo. Il concepire il corpo in un continuo fluire da uno stato di equilibrio all’altro, separati da temporanei squilibri come nella fase del konenki, impedisce ai giapponesi di ascrivere la menopausa tra le malattie femminili e alla sua medicalizzazione di imporsi da loro come ha fatto da noi106.

Una concezione della menopausa così diversa dalla nostra aiuta a comprendere come l’universalizzazione dei suoi “sintomi” sia qualcosa di forzato, di indotto, che non rispecchia affatto la realtà delle cose107.

104

F. Pizzini, Corpo medico e corpo femminile. Parto, riproduzione artificiale, menopausa, Franco Angeli 1999, p. 173.

105

M. Lock, Encounters with aging. Mythologies of menopause in Japan and North America, University of California Press 1993. Citato in: F. Pizzini, Corpo medico e corpo femminile. Parto, riproduzione artificiale,

menopausa, Franco Angeli 1999, pp. 173-174.

106

F. Pizzini, Corpo medico e corpo femminile. Parto, riproduzione artificiale, menopausa, Franco Angeli 1999, p. 176.

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Un altro esempio in questo senso emerge da una ricerca realizzata da Dona Davis confrontando l’atteggiamento verso la menopausa delle abitanti di un villaggio di pescatori dell’isola di Terranova, in Canada. Il cambiamento avvenuto nella piccola comunità tra gli anni Settanta e gli Ottanta è stato radicale. Se prima l’esperienza della menopausa veniva condivisa con le altre donne e la rete dei rapporti interpersonali femminili era molto fitta, pochi anni dopo la menopausa era già diventata un evento privato, personale, da gestire sotto controllo medico e l’impatto della medicalizzazione era ormai irreversibile (G. Ranisio, Corpo femminile e medicalizzazione, in D. Cozzi (a cura di), Le parole dell’antropologia medica.

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Nel documento La medicalizzazione del corpo della donna (pagine 94-97)

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